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Autore: Enchalott    10/05/2021    8 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a tutti! :)
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Dopo una guerra ventennale, i Salki vengono sottomessi dalla stirpe demoniaca dei Khai. Negli accordi di pace figura una clausola non trattabile: la primogenita del re sconfitto dovrà sposare uno dei principi vincitori. La prescelta è tanto terrorizzata da implorare la morte, ma la sorella minore non ne accetta l'ingiusto destino. Pertanto propone un patto insolito a Rhenn, erede al trono del regno nemico, lanciandosi in un azzardo del quale si pentirà troppo tardi.
"Nessuno stava pensando alle persone. Yozora non sapeva nulla di diplomazia o di trattative militari, le immaginava alla stregua di righe colorate e numeri su una pergamena. Era invece sicura che nessuna firma avrebbe arginato i sentimenti e le speranze di chi veniva coinvolto. Ignorarli o frustrarli non avrebbe garantito alcun equilibrio. Yozora voleva bene a sua sorella e non avrebbe consentito a nessuno di farla soffrire."
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La minore
 
Il mormorio dei convenuti oltrepassava i broccati che dividevano la porzione privata del palazzo reale di Seera dalla sala delle udienze. La trattativa tirava per le lunghe ma senza diatribe a giudicare dai toni pacati.
Yozora si tormentò le dita, divisa tra nervosismo e curiosità. Sistemò per la centesima volta il mantello di pelliccia e dondolò il piede, giocando con la scarpetta dorata.
Gettò un’occhiata alla sorella maggiore, compita sul divano, bellissima come sempre. I capelli biondi erano raccolti in un’acconciatura elaborata, l’abito rosa si abbinava alla carnagione chiara, il trucco leggero evidenziava il turchese degli occhi. Tuttavia il pallore superava l’artificio del belletto e la tensione delle spalle rivelava il suo reale stato d’animo.
Per ottenerne l’attenzione fu costretta a sfiorarle il braccio. La giovane sussultò come a un’ustione. Sollevò il volto: le labbra tremavano.
«Scusami» balbettò.
«È possibile che i Khai rifiutino l’accordo. Coraggio, Hyrma.»
«Gli dèi non vogliano. Da oltre vent’anni abbiamo perduto il senso del termine pace, ne abbiamo bisogno.»
Yozora annuì mesta: da quando era venuta al mondo, non rammentava giorno in cui suo padre non fosse stato costretto a decisioni estreme o dolorose.
Come arrendersi.
«Magari non siglano i patti secondo i nostri costumi.»
Hyrma scosse la testa, disillusa.
«Da che mondo è mondo le principesse dei regni sconfitti vanno in spose ai vincitori. È una definizione garbata, che mitiga quella di ostaggio. Oggi tocca a me, non voglio aggrapparmi a pietose aspettative, spero di valere abbastanza come sugello. Noi Salki abbiamo diritto di vivere.»
Yozora pensò che ne avessero parimenti gli invasori che avevano trasformato la sua terra in un desolato campo di battaglia.
Minacce incarnate di un futuro d’orrore, erano apparsi come vomitati dalla bocca degli inferi. Simili ai demoni delle leggende, non provavano sentimenti, vivevano per combattere e obbedivano a un rigido codice nel quale la pietà non trovava spazio. Apparivano, sparivano, sottoponevano gli avversari a uno scontro impari, non si ritiravano e non potevano essere sconfitti.
La scelta era stata tra accettarli come dominatori o morire. Il rifiuto opposto da suo padre aveva provocato immediate ritorsioni. Yozora era convinta che, se lo avessero desiderato, avrebbero spazzato via l’intera Salki in un giorno. Se la guerra si era protratta per due decenni, era perché l’avevano trovata divertente.
Non li aveva mai incontrati di persona, ma le descrizioni erano bastate a darle i brividi. Quella mattina però, come membro maggiorenne della famiglia reale, le sarebbe stato permesso di conoscere la delegazione Khai.
E dirò addio a Hyrma.
«Chi ti prenderà in moglie?»
«Chiunque sia, mi tratterà come un animale o una concubina, se sarò fortunata.»
All’umiliata rassegnazione della sorella, nel computo dei sentimenti che provava Yozora inserì una discreta dose di rabbia.
«Invece lo è. Il principe Rhenn è l’erede al trono, suo fratello Mahati è il generale delle armate. Non lo vedresti mai, impegnato com’è a massacrare il prossimo.»
Hyrma la fissò sconcertata. Non conosceva il nome di chi aveva distrutto le loro vite.
«E tu come lo sai?»
«Non è un segreto. Mi sono letta vari trattati a tema Khai con la ferma convinzione che fossero utili. Ho domandato a nostro padre, ma mi ha sempre ricacciata nelle mie stanze giudicandolo un argomento inadatto. In qualche modo ho rimediato.»
La maggiore si abbandonò a un sorriso, all’espressione buffamente decisa della più giovane.
«Papà ha cercato di preservarci dall’idea stessa dei demoni finché ha potuto. Da oggi non ci sarà permesso considerarli nemici. Ricordalo.»
Yozora accettò il blando rimprovero. Sapeva che il matrimonio indesiderato turbava Hyrma soprattutto perché era innamorata di un altro uomo.
«Hai parlato con Hoshi?»
«È stato un commiato.»
«Sai che non accetterà!»
«Deve. L’ho costretto giurare sul sacro Ariun, non intenterà colpi di testa.»
La minore scosse la testa, indocile: pace e giustizia erano inestricabili, mentre quella che avrebbe dovuto essere una ricorrenza festosa la stava disilludendo. Le nozze obbligate costituivano una garanzia terribilmente ingiusta.
Tutti parlavano di dovere, di sacrificio, di accettazione come se durante la guerra ogni rinuncia, ogni perdita, ogni preghiera non fosse stata che un’inutile farsa. Nessuno stava pensando alle persone. Non s’intendeva di diplomazia o di trattative militari, le immaginava alla stregua di numeri tracciati su una mappa. La carta non avrebbe arginato i sentimenti, le speranze di chi veniva coinvolto. Ignorarle o frustrarle non avrebbe assicurato alcun equilibrio.
«Pregherò il divino Reshkigal, affinché mi conceda una morte dolce» sussurrò Hyrma «Se non mi sveglierò, non sarò costretta a concedermi a un Khai e non si verificherà violazione agli accordi.»
«Che dici!?»
«Per Hoshi e per papà sarebbe meglio sapermi cenere piuttosto che preda di un demone» continuò Hyrma «Non sono un soldato, ma voglio conservare l’onore.»
«A me non pensi? Ti preferisco viva! Se la metti così, pregherò una divinità più potente! Mi rivolgerò al sommo Kalemi, signore degli Immortali!»
La maggiore non riuscì a trattenere le lacrime. Strinse la più piccola con la forza della disperazione.
«Sei come la mamma. Anche lei non si sarebbe piegata, non lo avrebbe permesso! Ma ora, se mi vuoi bene, prega che io muoia stanotte!»
Il riferimento alla madre arrestò ogni opposizione. Rimasero abbracciate finché la tenda non venne aperta.
 
I Khai erano pochi, a sottolineare lo scarso interesse per l’evento. Forse era un segno di disprezzo per rimarcare quanto un pugno di loro fosse in grado di tenere testa all’intero esercito salki.
Volsero la testa all’ingresso delle principesse, ma tanto bastò a impietrirle.
Erano alti e prestanti, feroci nelle corazze di cuoio fregiate con gli stemmi dei clan. Le corna, ornate di catenelle e pietre preziose, svettavano dai diademi elaborati sulla fronte. Quella che aveva l’aspetto di una coda spuntava dai mantelli a sfiorare il pavimento. La carnagione aveva una sfumatura rossastra, la pelle scoperta esibiva tatuaggi bruni. Gli occhi allungati erano dipinti con un bistro nero che rendeva gli sguardi penetranti. Scambiarono alcune parole e le zanne aguzze balenarono tra le labbra imbronciate.
«Mancano i prìncipi» bisbigliò Yozora «È un segno positivo.»
Hyrma rispose con uno sguardo atterrito, domandandosi quanto fosse favorevole l’assenza di quei due mostri in particolare.
«Entrano dopo di noi» continuò la minore «Permettono che tu sieda al loro cospetto. Se fossero qui dovrebbero alzarsi e non è contemplato dal loro codice.»
«Magari agiscono per procura.»
«No. I vessilli hanno lo stemma reale, lo espongono in loro presenza.»
Le dita di Hyrma sul suo braccio divennero una morsa.
Ritto accanto al re e inguainato nell’uniforme di generale, Hoshi la osservava. Le bende al braccio destro erano un residuo della ferita rimediata nell’ultimo scontro, gli occhi verdi un crogiolo di collera.
Yozora aiutò la sorella ad accomodarsi. Gli sguardi feroci dei Khai le esaminarono con minuzia e disistima.
«Mi piacerebbe sapere che borbottano» sospirò la maggiore.
«Se non ho capito male, hanno detto che non pensavano che le aristocratiche salki fossero così… formose.»
Hyrma avvampò, aggiustando l’abito con palese disagio.
«Da quando comprendi la loro lingua!?»
«Non l’ho mai udita dal vivo, però l’ho studiata come potevo. Parlano di te.»
«D-di me?»
«Io non sono né prosperosa né bionda.»
Hyrma serrò febbrile i lacci del mantello.
Il battere dei tamburi interruppe il dialogo e le chiacchiere lascive dei vincitori, annunciando l’ingresso del principe Khai.
I guerrieri piegarono il ginocchio destro, genuflettendosi all’incedere del loro signore. Gli artigli neri luccicarono dai pugni confitti a terra nell’atto di ossequio.
Yozora curiosò oltre la linea delle loro spalle possenti.
«È l’erede al trono» mormorò.
Hyrma tenne gli occhi rivolti al suolo e impallidì.
 
«Sua altezza Rhenn, primogenito di Kaniša, principe della corona, signore delle terre del tramonto, vincitore dei Salki e padrone del circostante, porge il suo interesse alla principessa reale» tradusse l’interprete, ingoiando il fastidio per l’inopportuna sequenza di titoli che era costretto a snocciolare.
Yozora sollecitò la sorella, che era congelata nella posa a testa bassa.
«Hyrma, guardalo!»
«N-non posso. Si accorgerebbe della mia paura.»
«Se n’è già accorto! Non indurlo a credere che sia alterigia o ribrezzo!»
«Forse a Seera una giovane donna intimidisce al cospetto di un guerriero?» riferì il traduttore.
Rhenn attese la trasposizione, allontanando una ciocca che gli ombreggiava il volto. La folta chioma argentata, stretta in una coda di cavallo, piovve lungo la schiena. Il sorriso affilato divenne beffardo.
«Hyrma!» soffiò Yozora, mentre nella sala delle udienze scendeva il gelo.
«Mia figlia è molto riservata» mitigò il re «Perdonatela, qui è ritenuta una virtù.»
«Come dite voi, Entin» ribatté il demone, omettendo il titolo dello sconfitto.
Approfittando dello scambio, Yozora rifilò una gomitata alla sorella.
«Hyrma! È bello da morire, vuoi alzare il viso!?»
Lo sguardo glaciale del principe Khai inchiodò la ragazza che aveva parlato, che si affrettò a recuperare il contegno formale. L’altra si decise, pungolata dall’improbabile appunto, e non poté che convenire: nonostante le caratteristiche della sua stirpe, Rhenn era attraente. Ma le sue iridi viola non emanavano alcun calore.
Quando rispose al saluto, gli animi si rilassarono e l’attenzione tornò alla politica.
Yozora osservò il nemico apporre la firma sulla serie infinita di documenti che gli venivano sottoposti: obiettava e apportava le correzioni senza rivolgersi ai Salki, esibendo una competenza fuori dal comune.
«Hanno scritto un cumulo di stupidaggini» borbottò.
«A che ti riferisci?» domandò Hyrma, sforzandosi di non ricambiare gli sguardi infelici di Hoshi.
«Al concetto di Khai ignoranti e privi di intelletto.»
«Non è così?»
«Rhenn sigla le carte senza il sigillo e discute in modo sensato ciò che non gradisce.»
«Magari confuta per partito preso.»
«Niente affatto. Ah, non so che darei per ascoltare!»
Lo sguardo implacabile del demone si posò ancora una volta sulle due ragazze.
«Io per fuggire» sospirò affranta Hyrma.
Yozora strinse le mani una nell’altra.
Mia sorella non reggerà. Devo trovare una soluzione alternativa. Sommo Kalemi, intelletto del pantheon, ispiratemi! Adesso, vi supplico. Adesso!
La preghiera fu interrotta dal Primo Consigliere: era il momento della separazione.
Sottostare all’iniquo potere di una pila di scartoffie, a una tradizione odiosa e ottusa! Secondo quale regola una donna piena di sogni deve prestarsi, infima propaggine di una catena della quale non è stata principio? Perché uno degli impettiti dignitari non chiede in sposa una guerriera Khai?
Yozora accelerò il passo a precedere il compassato cortigiano che sorreggeva la futura sposa. Li scansò, fronteggiando il condottiero straniero.
«Principe Rhenn, permettete una parola?»
La corte rumoreggiò esterrefatta, più che per l’ardire perché la richiesta era formulata nell’idioma del nemico.
Questi aggrottò la fronte: seppur in modo stentato, quella ragazzina lo aveva appena interpellato nella sua lingua madre e, a giudicare dalle espressioni dei Salki, la cosa non era preparata. Sogghignò al singolare diversivo.
«Come dirvi di no» ribatté caustico.
Gli artigli scarlatti balenarono alla luce delle lampade, togliendo cortesia al gesto. Yozora riprese fiato, pungolata dal suo sguardo affilato.
«In privato.»
Rhenn si accigliò, squadrandola con diffidenza.
Quando l’interprete riferì il dialogo, il sovrano dei Salki divenne terreo.
«È fuori questione!» tuonò «Yozora, porgi le tue scuse a sua altezza e ritirati!»
«No, padre. Non gli ho mancato di rispetto.»
«Inaudito! Mio signore, domando venia per l’increscioso capriccio e…»
«Placatevi, Entin» lo interruppe il Khai «Secondo la legge, i membri della casa reale hanno diritto di parola. Non intendo mangiarmi vostra figlia, se è ciò che temete. È troppo magra.»
I guerrieri Khai sghignazzarono al sarcasmo del loro signore, ma sui volti balenò un incuriosito rispetto per la giovane.
Il sovrano Salki deglutì. La legge. Quella dei vincitori. Fu obbligato ad acconsentire.
 
Yozora trotterellò dietro al demone, sollevando stizzita l’orlo della veste che le impediva di pareggiare le lunghe falcate. Non le aveva offerto il braccio e non l’aveva degnata di una parola, limitandosi a precederla. Gli si affiancò caparbia.
Rhenn proseguì impassibile. Nulla trapelava dallo sguardo adamantino, le braccia muscolose erano rilassate lungo i fianchi, lontane dalle spade. Dallo scollo della casacca nera si intravedeva il petto fregiato con lingue di fiamma.
Si arrestò al centro della loggia, come se il palazzo di Seera fosse il suo mondo. La luce del sole invernale creò su di lui uno bizzarro contrasto. Gli orecchini d’oro rosso scintillarono al riverbero soffuso e la giovane rimase a fissarlo più del dovuto. Lui appoggiò un gomito alla balaustra.
«Avete smarrito la baldanza?»
Yozora pensò che fosse tardi per ammettere la pessima idea.
«Vi riferirò una circostanza di cui nessuno è al corrente con l’intenzione di supportare la pace conquistata a caro prezzo.»
Rhenn inarcò un sopracciglio, decisamente spiazzato. La ragazzina non se la cavava male con la parlata khai, ma aveva usato il termine iwatha – armonia – anziché yakuwa, pace militare. La corresse all’istante.
«Non ho sbagliato, se tenete a entrambe» ritentò lei.
«Dipende. Cosa intendete per “tenere”? Considerarne la rilevanza o l’utilità?»
Lei divenne paonazza: era passato con estrema disinvoltura all’idioma salki. Si domandò imbarazzata se avesse inteso il commento sul suo aspetto fisico o quello sulla sua intelligenza.
«Hyrma non è la scelta giusta. La guerra si riaccenderebbe e - chiamatela come vi pare - non è ciò per cui siamo qui.»
Gli occhi d’ametista di Rhenn si accesero.
«Avete la mia attenzione.»
«Giurate su quanto vi è sacro che rimarrà tra me e voi.»
«Belker mi è testimone.»
Yozora sospirò. Il brutale dio della Battaglia sarebbe andato bene comunque.
«Hyrma è innamorata di un uomo.»
«Commovente.»
«È già stata sua. Mio padre non lo sa, non mira a oltraggiarvi combinando le nozze con una donna non illibata.»
«Non potrebbe importarmene di meno.»
Yozora sbalordì, chiedendosi quali fossero per i Khai le virtù irrinunciabili. Forse non aveva appreso abbastanza. Rincarò la dose.
«Hyrma è incinta. I Khai riterranno il bambino frutto del vostro sangue reale. La sua diversità si giustificherebbe con una preponderante somiglianza materna, ma prima o poi la verità verrebbe a galla. Apparirebbe un complotto ordito ai vostri danni e mia sorella ne pagherebbe l’ingiusto scotto. Tace per vergogna, non per spregio.»
Il demone riuscì a contenere la sorpresa. Sorrise come se la faccenda lo intrigasse, tuttavia lasciò intendere un ponderato ragionamento.
«Suppongo vantiate una proposta alternativa.»
«Sì. Prendete me.»
Rhenn strinse le palpebre, gelandola lo sguardo.
«Non sono attraente come Hyrma e l’accordo era diverso» seguitò lei «Fa differenza per voi? Siamo entrambe figlie del re, lo scopo è una garanzia duratura, non selezionare una sposa desiderabile. Prometto che non vi deluderò!»
«Conoscete quanto risulta allettante per un Khai?»
«Imparerò come ho fatto con la vostra lingua.»
Le zanne acuminate di Rhenn balenarono tra le labbra piene mentre si spendeva in un’espressione indulgente.
«Non ho mai stretto uno yakuwa con una mocciosa e non lo farò ora. Vostro padre pretenderebbe di conoscere le ragioni della rettifica. Per non parlare del mio.»
«Ho diciotto anni! E poi da quando gli sconfitti possono pretendere? Siete voi a comandare, citate qualche norma khai.»
Il principe la fulminò. Si avvicinò quasi a sfiorarla e Yozora dovette sollevare il viso, tale era la differenza di altezza.
«La vostra mano. Avete più fegato del vostro scalcinato esercito, ma nessuna idea della realtà.»
«Significa che non accettate anche se vi sono simpatica?»
La stretta di lui era forte, rovente, come se nelle vene gli scorresse il fuoco.
«Che ve ne pentirete.»
   
 
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