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Autore: Saigo il SenzaVolto    10/05/2021    3 recensioni
AU, CROSSOVER.
Sequel de 'Il Pianto del Cuore' e de 'La Battaglia di Eldia'
Il Villaggio della Foglia ha una lunga serie di precedenti nella formazione di alcuni dei più pericolosi e famigerati Ninja Traditori che abbiano mai messo piede sulla Terra: Orochimaru, Kabuto, Obito, Itachi, Sasuke... era solo questione di tempo quindi prima che ne producessero un altro. Ma nessuno, specialmente Naruto, si era aspettato che il prossimo Nukenin sarebbe stato Boruto Uzumaki, il prodigio di Konoha. Questa è la conclusione della sua storia, e di tutto ciò che ha generato. Una nuova Guerra sembra aleggiare inevitabilmente all'orizzonte. La Quinta Guerra Mondiale.
Una Guerra per porre fine a tutte le Guerre.
Uno scontro tra Bene e Male. Tra Luce e Oscurità. Tra Shinobi e Guerrieri. Tra Famiglia e Famiglia.
Riuscirà Naruto a rimettere insieme la sua famiglia spezzata? Oppure la sua storia terminerà così, schiacciata sotto la morsa crudele ed implacabile del Destino?
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boruto Uzumaki, Himawari Uzumaki, Naruto Uzumaki, Sarada Uchiha, Sasuke Uchiha | Coppie: Hinata/Naruto, Sasuke/Sakura
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
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LA STRADA PER L’INFERNO (1)
 

 


THIS IS WAR
(Thirty Seconds to Mars)
 
A warning to the people,
The good and the evil:
This is War.
To the soldier, the civilian,
The martyr, the victim:
This is War.
 
It's the moment of truth, and the moment to lie.
The moment to live and the moment to die.
The moment to fight, the moment to fight.
To fight! To fight! To fight!
 
To the right, to the left!
We will fight to the death!
To the edge of the earth!
It's a brave new world!
From the last to the first!
To the right, to the left!
We will fight to the death
To the edge of the earth!
It's a brave new world!
It's a brave new world!
 
A warning to the prophet,
The liar, the honest:
This is War.
To the leader, the pariah,
The victor, the messiah:
This is War.
 
It's the moment of truth, and the moment to lie.
The moment to live and the moment to die.
The moment to fight, the moment to fight.
To fight! To fight! To fight!
 
To the right, to the left!
We will fight to the death!
To the edge of the earth!
It's a brave new world!
From the last to the first!
To the right, to the left!
We will fight to the death!
To the edge of the earth!
It's a brave new world!
It's a brave new world!
 
I do believe in the light.
Raise your hands into the sky.
The fight is done, the war is won.
Lift your hands toward the sun.
 
To the right, to the left!
We will fight to the death!
To the edge of the earth!
It's a brave new world!
From the last to the first!
To the right, to the left!
We will fight to the death!
To the edge of the earth!
It's a brave new world!
It's a brave new world!
 
A brave new world!
Un messaggio per la gente,
Per i buoni e per i cattivi:
Questa è Guerra.
Per il soldato, per il civile,
Per il martire, e per la vittima:
Questa è Guerra.
 
È il momento della verità, ed il momento per mentire.
Il momento per vivere ed il momento per morire.
Il momento di combattere, il momento di combattere.
Combattere! Combattere! Combattere!
 
A destra, a sinistra!
Combatteremo fino alla morte!
Fino ai confini della terra!
È un nuovo mondo!
Dal primo all’ultimo!
A destra, a sinistra!
Combatteremo fino alla morte!
Fino ai confini della terra!
È un nuovo mondo!
È un nuovo mondo!
 
Un messaggio per il profeta,
Per il bugiardo, per l’onesto:
Questa è Guerra.
Per il leader, per il pariah,
Per il vincitore, per il messia:
Questa è Guerra.
 
È il momento della verità, ed il momento per mentire.
Il momento per vivere ed il momento per morire.
Il momento di combattere, il momento di combattere.
Combattere! Combattere! Combattere!
 
A destra, a sinistra!
Combatteremo fino alla morte!
Fino ai confini della terra!
È un nuovo mondo!
Dal primo all’ultimo!
A destra, a sinistra!
Combatteremo fino alla morte!
Fino ai confini della terra!
È un nuovo mondo!
È un nuovo mondo!
 
Io credo nella luce.
Alzate le mani verso il cielo.
La battaglia è finita, la guerra è vinta.
Alzate le mani verso il sole.
 
A destra, a sinistra!
Combatteremo fino alla morte!
Fino ai confini della terra!
È un nuovo mondo!
Dal primo all’ultimo!
A destra, a sinistra!
Combatteremo fino alla morte!
Fino ai confini della terra!
È un nuovo mondo!
È un nuovo mondo!
 
È un nuovo mondo!
 


03 Giugno, 0022 AIT
Occhio della Tempesta
07:00

Toneri sfondò la porta con un calcio, buttandola giù da cardini e staccandola prepotentemente dal telaio. Con un cipiglio preoccupato, entrò subito nella stanza, correndoci praticamente dentro, in effetti. Una volta entrato, si guardò attorno con occhi sgranati e ricolmi di tensione, studiando ogni singolo oggetto a partire dalla scrivania, al letto, al televisore, fino alla libreria intoccata. Ed i sospetti che avevano iniziato ad insinuargli la mente sin da quella mattina, a quella visione, si rivelarono fondati.

La stanza di Lucy era vuota.

I suoi pugni si serrarono con forza non appena i suoi palmi iniziarono a sudare copiosamente. Dietro di lui, le marionette adibite alla sicurezza del Castello erano già pronte e in posizione, con le armi sguainate in caso di pericolo. Ma, ormai, era troppo tardi.

Lucy era scomparsa.

Gli occhi di Toneri si aggrottarono furiosamente.

“…dannazione.”
 


03 Giugno, 0022 AIT
Terra del Ghiaccio
Tundra Abbandonata
07:00


BATTAGLIA IN NOME DELLA VENDETTA
 
L’Energia Naturale del mondo iniziò a scorrerle furiosamente nelle vene. Himawari respirò profondamente, bloccando le sue emozioni e fissando il suo avversario con occhi da rospo. All’improvviso, il freddo smise di gelarle le ossa, ed i suoi sensi sbocciarono e coprirono tutta la vastità del campo di battaglia innevato. Era la brezza gelida del vento, era la montagna inflessibile e insormontabile, era il fiume impetuoso che scorreva nel ghiaccio. Era ovunque, e da nessuna parte. Contemporaneamente. Non c’era più limite alla percezione dei suoi sensi, in quel momento.

Lucy Heartphilia, invece, era avvolta in una cappa di fuoco ribollente. Himawari poteva vedere gli echi degli insegnamenti di suo fratello nella posizione di attacco e nell’Armatura Esplosiva del suo avversario. Tuttavia, quella giovane avrebbe ben presto ricevuto una sonora lezione se pensava seriamente di essere anche solo lontanamente paragonabile a suo fratello. Himawari aveva combattuto Boruto solo una volta, quando era piccola. Non aveva mai combattuto contro il Dio del Fulmine in persona, se non brevemente durante gli eventi del Summit. Ma grazie a suo padre e ai suoi insegnamenti, la sua Modalità Eremitica era migliorata in maniera indescrivibile rispetto a quel giorno. Non avrebbe più ceduto come allora. Questa volta sarebbe stata inflessibile. Questa volta ne sarebbe uscita vincitrice.

E questa era una promessa.

Himawari si lanciò in avanti. Lucy allungò una mano e fece schioccare le dita. La giovane Uzumaki poté letteralmente sentire il modo in cui l'aria prese a scoppiettare e sibilare orribilmente mentre veniva separata ed infusa di chakra, innestando una scintilla esplosiva. Grazie alla Modalità Eremitica dei Rospi, poteva percepire il cambio drastico nell’aria come una raffica di vento sulla sua stessa pelle. Himawari si abbassò, schivando abilmente la scintilla di fuoco, e da qualche parte dietro di lei l’aria esplose, illuminando il campo di battaglia innevato con una raffica di luce e calore.

La successiva raffica di esplosioni arrivò con una velocità allarmante. Fu un susseguirsi di esplosioni dopo esplosioni, senza tempo per respirare. Alla fine, Himawari non ebbe più spazio per schivare. La prima esplosione la colpì di sbieco, lasciandole la pelle arrossata e piena di vesciche, facendola volare all’aria. Non poteva vedere, non poteva distinguere la differenza tra alto e basso, tra sinistra a destra, fino a quando non colpì violentemente il terreno. La neve face poco e nulla per alleviare il bruciore della sua pelle ustionata o ammorbidire la caduta. Tuttavia, Himawari si alzò in un istante. Non doveva fermarsi, pensò, non doveva rallentare mai. Doveva essere infinita, sconfinata, inflessibile; proprio come l’Energia Naturale nel suo corpo. Come un fiume che solca la roccia, incanalò rapidamente il chakra della Terra nella sua pelle, indurendola, rinforzandola.

Lucy stava urlando furiosamente, spezzata dalla rabbia, dal dolore e dall'euforia, scatenando innumerevoli esplosioni che stavano mano a mano cambiando sempre di più il paesaggio. Quello che era stato fino ad ora un campo di battaglia innevato, adesso divenne rapidamente un deserto in rovina di macerie rovesciate e pozze d'acqua gelida.

Himawari scattò in avanti, le braccia sollevate in una guardia rozza mentre resisteva all'assalto e si lanciava alla carica. Lucy era implacabile, incapace di trattenersi, felice di continuare a scatenare la sua ira. Di questo passo, la principessa degli Hyuuga sapeva che avrebbe dovuto porre fine al combattimento il prima possibile. Dopotutto, Lucy era stata scelta da suo fratello in persona per far parte della sua crociata contro il mondo. Era forte. Indiscutibilmente forte. Himawari non si aspettava niente di meno da lei. Se voleva sopravvivere, doveva finirla in fretta. 

Quando fu abbastanza vicina al bersaglio, Himawari inalò. L'aria nelle narici le ardeva per via del calore delle esplosioni, ma il fuoco nei suoi polmoni era ancora più forte. Esalò una potente vampata di fuoco, intrisa di Energia Naturale, dieci volte più calda di qualsiasi fiamma normale. Scoppiettava, sibilava e bruciava con un'intensità ardente e risoluta. Il muro di fiamme le oscurò gli occhi, ma non fece nulla per nascondere Lucy alla vista del suo Byakugan. La giovane criminale esitò per un momento mentre scagliava esplosioni alla cieca, prima che Himawari irrompesse tra le sue fiamme con un ruggente grido di battaglia.

Lucy guardò in alto, con gli occhi spalancati, e ci fu un guizzo di astuzia che balenò nei suoi occhi affogati in un mare di rabbia. Quando Himawari si scagliò verso di lei con un palmo aperto tipico del Pugno Gentile, rimase sinceramente scioccata nel vedere la giovane avversaria attaccarla a sua volta, deviando il suo assalto con una rozza ma ancora riconoscibile imitazione dello stile di lotta del suo clan. Sembrava che Boruto le avesse insegnato molto più della sua semplice Armatura Esplosiva.

Ma anche se l’imitazione di Lucy era visibilmente grezza, la ragazza riuscì ugualmente a sferrare un pugno. Nel punto in cui i loro pugni si scontrarono per il più breve degli istanti, un'esplosione scoppiò immediatamente dopo; grande e terribile, che fece ruotare entrambe all'indietro mentre un pennacchio di fuoco e fumo s’innalzava verso il cielo. Himawari scrollò via il suo dolore e si rialzò in piedi. Doveva sfruttare il vantaggio, lo sapeva. Lucy non poteva essere resistente come lei. Dopotutto, a differenza sua, non aveva la Modalità Eremitica a proteggerla.

Himawari saltò attraverso il fumo e trovò la sua avversaria che si rialzava barcollando. Non era a terra, non era fuori gioco, neanche per sogno, e la sua armatura esplosiva ribolliva più furiosamente che mai. Unì assieme i palmi delle mani, formando una sfera di chakra tra le dita, e Himawari trattenne un respiro quando si rese conto di quanto a fondo dovesse impegnarsi per riuscire a sconfiggere quella donna assoldata da suo fratello. Lucy urlò, agitandosi selvaggiamente e scagliandole contro un’ennesima esplosione ronzante nel tentativo di allontanarla.

Ma la giovane Uzumaki non si arrese. Himawari portò entrambe le mani in avanti, guidata dall'istinto e dalla Modalità Eremitica, e spinse rapidamente in avanti la sua Tecnica, spingendola contro l’esplosione avversaria. “SENPOU: Oodama Rasengan!” (Arte Eremitica: Rasengan Gigante) urlò furiosamente.

Le due Tecniche di Fuoco si collegarono con un terribile scoppio esplosivo ed un fragore di fuoco. L'aria le venne violentemente tolta dai polmoni mentre le fiamme la divoravano, e Himawari divenne cieca al mondo mentre si perdeva in un vuoto di luce bianca e blu. L'unica consolazione che aveva era che poteva ancora sentire il dolore – il che significava che non era morta – fino a quando il pensiero reale della morte e della conseguente perdita di Boruto e Shikadai la costrinsero a riaprire gli occhi.

Il campo di battaglia era stato cancellato da una colossale esplosione. Fuoco liquido lambiva la roccia esposta del terreno, adesso divenuta quasi fusa e levigata. Solo uno stretto cono di terra nella sua direzione era rimasto relativamente indenne. Il resto era saltato all’aria in maniera quasi terrificante. Himawari espirò bruscamente, realizzando con orrore che la potenza eccessiva del suo Rasengan esplosivo era stata l’unica ragione per cui era riuscita a resistere alla Tecnica dell’avversario.

Eppure, Lucy si stava rialzando, di nuovo, con la mano destra che cullava un braccio sinistro ustionato pieno di vesciche e quasi carbonizzato in alcuni punti. I suoi occhi erano selvaggi e l'astuzia che Himawari aveva visto prima in essi adesso era scomparsa completamente. In mezzo a quelle iridi piene di rabbia e di dolore... apparve qualcosa. Qualcosa di nuovo. Una stanchezza, uno sfinimento improvviso. E non appena la vide, di colpo, Himawari sentì tutto il fuoco che ardeva dentro al suo cuore attenuarsi. Lucy non era solo un misero nemico, non era solo una persona che minacciava di portarle via suo fratello ed il suo clan. Era... Era come lei. Una ragazza che stava soffrendo. Una ragazza che aveva perso una persona cara. Una ragazza che aveva perso suo fratello. Himawari conosceva bene quel dolore. Conosceva benissimo quanto fosse straziante per l’animo.

Le sue labbra si mossero da sole. "Io... m-mi dispiace così tanto," provò a dire, deglutendo nervosamente. "N-Non riuscirò mai ad esprimere davvero quanto sia addolorata per averti portato via Shizuma. Io… Io non volevo ucciderlo. Credimi, se potessi riportarlo indietro, lo farei. Ma non posso. E non posso neanche permetterti di attaccare e distruggere il mio clan e la mia famiglia."

Himawari sperò, pregò con tutto il cuore di riuscire a toccarla. Di riuscire a trovare un modo per porre fine alla loro faida senza dover spargere altro sangue. Ma le sue parole caddero nel vuoto. Il fuoco della rabbia bruciò ancora una volta negli occhi di Lucy, e un urlo di rabbia senza parole le sfuggì dalle labbra mentre il suo chakra esplodeva intorno a lei. Scintille di energia saettarono avanti e indietro in modo casuale e caotico. Dove caddero le scintille, non rimase altro che fumo e vapore.

Himawari corse via, scegliendo di concentrarsi sulla percezione dell'assalto con le sue abilità da Eremita ed abbandonando ogni pretesa di attacco. Lucy stava letteralmente bruciando le sue riserve di chakra ad un ritmo allarmante, senza esitazione. Se avesse continuato in questo modo, sarebbe... sarebbe di sicuro…

Sarebbe morta, si rese conto Himawari, sgranando gli occhi con orrore. Quella donna aveva lanciato la sua sfida con solo due risultati in mente: la vittoria; o la morte. Era pronta a dare la vita, a spendere ogni singola goccia del suo chakra alla ricerca della sua vendetta. Lucy si fermò nel suo assalto, un animalesco ringhio sulle sue labbra, e sollevò entrambe le braccia verso il cielo mentre una sfera ronzante di chakra esplosivo si fondeva sulla sua testa.

Himawari si morse la lingua, rafforzò la sua decisione, ed iniziò a formare un secondo Rasengan. Non poteva rischiare di essere colpita da un altro attacco del genere, o sarebbe morta di sicuro. Il suo chakra iniziò a fondersi perfettamente con l’Energia Naturale del mondo, formando una miscela di chakra ancora più forte, e ne alterò la composizione, evocando un fuoco primordiale. Prese vita nel palmo della sua mano con un sibilo ruggente e focoso, ardente di un colore rosso arancio e scintillante come una stella. L'aria attorno ad esso brillò di luce, ed Himawari riversò quanto più chakra poté nella sua Tecnica. La sentì divorare la sua energia e, proprio come l'elemento che imitava, il fuoco crebbe e crebbe e crebbe mano a mano che la sua fame veniva saziata.

Poi, con un ruggito ricolmo di dolore e determinazione, Himawari scagliò il suo attacco in avanti. “KATON: Rasengoen!” (Arte del Fuoco: Rasengan Esplosivo)

Passarono due secondi di silenzio. Poi, In un colossale lampo di luce, calore e pressione, le due varianti della Tecnica del Quarto Hokage si scontrarono con un boato gigantesco.

La giovane Himawari strinse furiosamente gli occhi mentre il suo Jutsu esplodeva, illuminando il paesaggio distrutto con un caldo bagliore più accecante del sole. Sul terreno, quella poca neve che era rimasta iniziò a trasformarsi in vapore bollente, e la pietra e la roccia divennero entrambe di un colore rosso ciliegia. Le esplosioni detonarono tutt'intorno a lei, illuminando il cielo come i fuochi d'artificio nella notte di Capodanno. L'aria divenne insopportabilmente calda, come respirare acqua bollente. Himawari soffocò, trattenendo il fiato. Non riusciva a vedere dove fosse Lucy, né se fosse ancora viva.

Poi, un’ennesima esplosione la colpì al petto ed Himawari sentì la sua pelle gemere e rischiare di squarciarsi. E sarebbe sicuramente successo, se l’Energia Naturale non l’avesse protetta. Urlò, rimasta completamente senza fiato per il dolore, con la vista accecata e resa bianca dall'agonia. Poi, alla fine, crollò a terra contorcendosi, quasi scottandosi per via del calore intollerabile della pietra fusa sotto di lei.

Ma Himawari resistette. E dopo quella che parve un’eternità di dolore, la luce svanì e la sua vista tornò a strisciare nei suoi occhi. La giovane grugnì affannosamente, rialzandosi in piedi, trasalendo a malapena quando sentì le ultime vestigie della Modalità Eremitica dissolversi dal suo corpo. Con un respiro affannoso, si rimise lentamente in piedi e marciò in avanti per cercare il suo avversario.

La trovò dopo due minuti di ricerche. Lucy era ancora viva. Come? Himawari non lo sapeva. E, sinceramente, non aveva nessuna intenzione di saperlo. Stentava a crederci lei stessa. Ma non poté evitare di provare una fitta di dolore e compassione dinanzi allo spettacolo che la accolse a quella visione.

L’aspetto bello e aristocratico di Lucy era stato completamente rovinato. Sparita era la sua bellezza precedente, con la sua pelle – solitamente bianca e liscia come la porcellana – adesso grottescamente insanguinata e rossa, piena di ustioni e macchie nere di cenere e fumo. I suoi capelli, una volta lunghi e fluenti, erano ora bruciati e carbonizzati, ridotti a poco più di qualche ciuffo e ciocco annerito. Tuttavia, nonostante quell’aspetto, Lucy stava sorridendo; con le labbra incurvate in un ghigno, anche mentre cercava di risollevarsi goffamente da terra usando un braccio grondante di sangue.

Himawari trattenne un respiro nello sforzo di guardarla. Era… dura, se doveva essere sincera. Questa, questa era la prima volta in cui si ritrovava in una situazione del genere. La prima volta in cui era costretta a fare i conti con le conseguenze delle sue azioni. Aveva sconfitto un avversario, lo aveva sconfitto in battaglia… e ne aveva causato quasi la morte. Con Shizuma era stato simile, certo… ma questo era diverso. Prima, era stata un’azione involontaria. Adesso, invece, doveva vivere con la coscienza di aver causato volutamente la morte di un nemico.

Perché, se doveva essere sincera, era assolutamente impensabile che Lucy potesse sopravvivere in quelle condizioni.

Eppure, nonostante tutto, Himawari si meravigliò a quel pensiero, sfoggiando un piccolo e cupo sorriso di soddisfazione. Lucy poteva essere forte, ma c'era una differenza immensa tra lei ed Himawari. E questo dimostrava che era diventata più forte. Che i suoi sacrifici non erano stati vani. Che era ancora più vicina a poter raggiungere suo fratello e riportarlo a casa. Certo, Boruto era sempre e comunque su un piano di forza completamente diverso. Aveva un livello tutto suo. Era un disastro naturale in carne ed ossa… ma c’era speranza.

E questo pensiero bastò a rinfrancarla.

Lucy smise di combattere, crollando a terra e tossendo penosamente. Senza più il chakra della sua Armatura Esplosiva a proteggerla, il dolore che aveva ignorato fino a quel momento tornò a perseguitarla ancora una volta. Himawari sentì i suoi occhi prudere quando la udì emettere un gemito affranto di dolore. Si morse la lingua, cercando disperatamente di non piangere. Doveva essere forte. Doveva tenere alta la testa. Non poteva pentirsi delle sue azioni. Non più ormai.

"È finita..." sussurrò lentamente Lucy. Una piccola risata sommessa le uscì fuori dalle sue labbra spaccate. "Finalmente è finita."

Himawari si inginocchiò accanto a lei e le rimase vicino.

"S-Speravo di poter rivedere un’ultima volta Boruto… ma immagino che dovrò accontentarmi di te," scherzò ancora la bionda, la sua voce grondante più di sangue che di sarcasmo.

“M-Mi dispiace. Io non-“

“Non dirlo,” la interruppe lei, tossendo sangue dalla bocca. Ansimò per diversi secondi prima di riprendere a parlare. “È… È stata una mia scelta. V-Volevo andarmene… col botto…”

Himawari annuì, senza aggiungere altro, guardandola con gli occhi pieni di lacrime mai versate. Tentativamente, le mise una mano sopra la spalla nella speranza di trasmetterle le sue emozioni. Non funzionò, ma il sorriso privo di vita della giovane bastò a calmare il suo senso di angoscia crescente.

“…va’, adesso,” sussurrò Lucy, senza fiato, socchiudendo appena le palpebre. “T-Tuo fratello… si trova nella Foglia. Fermalo… prima che faccia troppi danni…”

La giovane Uzumaki trattenne il fiato all’udire ciò.

"Prendilo… a calci… anche per me…" esalò ancora Lucy, fissandola di sbieco con dolore.

Himawari sentì le lacrime iniziare a colarle furiosamente sulle guance. Le sue spalle tremolarono per la fatica di trattenere i singhiozzi. Poi, senza aggiungere altro, si alzò di scatto e prese a correre alla massima velocità lontano da lì, diretta verso il Villaggio della Foglia. Scomparve alla vista dopo un paio di secondi, senza mai voltarsi indietro neanche una volta.

La giovane morente chiuse gli occhi con un sorriso.
 


. . .
 


Il suono di piccoli passi leggeri la risvegliò dopo un po' di tempo.

“Ehi… Lucy.”

La ragazza sorrise. I suoi occhi si riaprirono a fatica.

“…Toneri…”

“…”

“…”

Il silenzio si protrasse per diversi minuti.

“…m-mi dispiace…”

“Lo so.”

“…heh… come sei dolce…”

L’essere bianco non parlò per diverso tempo.

“Non posso fare niente per salvarti, Lucy. Il tuo corpo-”

“…lo so… è quello che volevo… non dire niente…”

“Ok.”

“…ok…”

“…”

“…”

“…”

“…”

“…Toneri...”

“Hmh?”

“…ho… ho paura…”

"..."

Un paio di braccia forti la raccolsero dolcemente da terra.

“Starò con te, fino alla fine.”

Lucy chiuse gli occhi.

“Te lo prometto.”

Lucy sorrise.

"…grazie..." esalò con un sospiro. "…questo è…  bello…"

La stanchezza ed il buio la reclamarono per sempre.
 


.

.

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.

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ASSALTO AL VILLAGGIO DELLA FOGLIA

03 Giugno, 0022 AIT
08:05


Villaggio della Foglia, Terra del Fuoco
Distretto Nord
Ufficio e Segreteria del Dipartimento di Intelligence e Tortura


Shizune sapeva che la situazione era critica.

Era stata una settimana lenta e tranquilla, pensò con rammarico, fino a quando la notizia non era andata in onda. La scomparsa del Settimo Hokage e l’improvviso stato d’allerta imposto da Konohamaru avevano messo in subbuglio ogni cosa. L’intero Villaggio era piombato nel caos, ed un impressionante numero di Shinobi e soldati erano stati richiamati in servizio. Tra questi ultimi c’era anche lei. Shizune sapeva che la cosa era preoccupante.

Solamente negli ultimi due giorni infatti, intere orde di civili e di persone di ogni età avevano lasciato la Foglia sotto espresso ordine dell’Hokage. La donna provò una fitta acuta di dolore a quel pensiero. Non poteva nemmeno immaginare come si sentisse tutta quella povera gente, costretta da un giorno all’altro ad abbandonare le loro case, il loro lavoro, la loro vita di sempre e trovare rifugio presso la Captale. Eppure, la parte più razionale della sua mente sapeva che era stata la cosa giusta da fare. Senza Naruto a difendere il Villaggio, era solo questione di tempo prima che i Kara e l’Impero decidessero di assaltare Konoha. Per cui, la salvaguardia della popolazione e dell’esercito delle Nazioni Alleate era la priorità assoluta, per tutti. Il Villaggio poteva anche cadere, ma la sua gente no.

Perché fino a quando la gente fosse rimasta, la Foglia non sarebbe mai morta.

La donna serrò i denti, sfogliando rapidamente le innumerevoli risme di rapporti compilati nelle ultime ventiquattr’ore. Konohamaru e Shikamaru avevano raccolto e condiviso ogni minima informazione sul piano di difesa a tutte le forze Ninja attualmente in servizio nel Villaggio. La Foglia era stata quasi completamente sgomberata dai civili, diventando letteralmente un campo militare, e adesso… adesso si stava a preparando a divenire un campo di battaglia.

I suoi occhi si assottigliarono. Stava cercando di pensare a qualcosa, qualunque cosa, per aiutare Konohamaru a gestire questa situazione allarmante. Com’era stato con Lady Tsunade prima di lui, era suo dovere aiutare l'Hokage, adesso più che mai.

Shizune emise un sospiro stanco. Per quanto si scervellasse, non riusciva a trovare nulla di buono. "Vado a prendere un'altra scatola," disse a Ino con pesantezza. Organizzò rapidamente i rapporti, li mise in ordine nella loro scatola e si diresse verso il piano inferiore della struttura. Era lì che il Dipartimento di Intelligence e Tortura teneva al sicuro i registri privati del Villaggio, nascosti sotto terra in un caveau ampio e ben difeso.

Shizune inciampò sull'ultimo gradino delle scale. Dannazione. Poi si accigliò nervosamente quando vide un po' di polvere cadere dal soffitto. Strano. Si trovava almeno a trenta metri sotto terra. Le vibrazioni della superficie non avrebbero dovuto protrarsi così in basso. Shizune si strinse nelle spalle ed annotò mentalmente di chiedere ad una delle guardie se qualcosa non andava. Girò la maniglia della porta ed entrò in un lungo corridoio che portava alla prima di molte volte messe in fila.

Un brivido gelido le attraversò improvvisamente la schiena.

Si fermò di botto, con gli occhi spalancati ed una paura gelida e torbida nello stomaco. Era un terrore così viscerale da sembrare come se fosse stata pugnalata al ventre da una spada di ghiaccio. Due persone erano in piedi in fondo al corridoio, proprio davanti alla porta chiusa a chiave che dava alla sezione successiva delle volte. Un giovane alto e corpulento ed una ragazza minuta, più bassa e più snella rispetto al compagno. Entrambi avevano i volti coperti da un cappuccio scuro, ed entrambi indossavano le vesti scure ed ammantate tipiche dell’Organizzazione Kara.

Ma furono i loro occhi celati sotto a quei cappucci neri che le inondarono la testa di terrore. Shizune poteva già sentire la mano fredda e gelida della paura che le stringeva il cuore con la sua stretta micidiale. Le ricordava l'agonia e l’ansia che aveva provato da giovane, quando non era altro che una bambina, abbandonata a sé stessa e costretta a cibarsi di spazzatura. Le ricordava l'abisso insondabile del vuoto che aveva sperimentato prima che Tsunade-sama la trovasse e la prendesse sotto la sua ala, salvandola da una vita in mezzo alla strada.

Ed entrambi gli intrusi la stavano guardando minacciosamente. "Ci penso io, Kairi," disse il maschio in tono trepidante.

La ragazza più piccola semplicemente abbassò la testa in segno di riconoscimento e continuò a giocherellare con la porta. Shizune sentì i suoi occhi sgranarsi ulteriormente quando realizzò che stava annullando il Sigillo che teneva chiusa la porta del caveau.

"Buongiorno..." iniziò a dire il giovane, ma lei non gli diede tempo di fare altro. Shizune corse. Corse come non aveva mai corso prima in vita sua. Lasciò cadere la scatola, girò l’angolo da cui era venuta, uscì dalla porta in fondo al corridoio e raggiunse le scale. Fece un gradino, poi cinque, poi dieci, raggiungendo il secondo piano e-

Shizune si gettò di lato mentre una raffica di frecce di ghiaccio squarciò l'aria alle sue spalle. Si premette contro il muro, maledicendosi da sola per non aver portato con sé i suoi strumenti Ninja. "No. No!" gridò freneticamente. Dietro di lei, i passi del nemico si fecero sempre più vicini.

"Non è stato molto carino," sogghignò il membro dei Kara con quella sua voce sprezzante.

Poi, una vocina alle spalle del nemico cominciò a canticchiare. Shizune non sapeva perché, e non voleva nemmeno scoprirlo. Invece, iniziò a tessere alcuni rapidi segni con le dita, e le sue mani iniziarono a brillare di chakra... verde? Si lanciò in avanti, confusa, superando la distanza tra lei e l’intruso in un istante, e mirò al collo dell'intruso. Quest’ultimo si piegò all'indietro, evitando con disinvoltura l'attacco, mentre quella voce continuava a canticchiare una strana melodia che riecheggiò nella sua mente.

Shizune vide le sue mani brillare ancora di verde. Poi guardò in alto per vedere un muro di aria gelata partire dai piedi dell'intruso ed andare a sbattere contro di lei. Sollevò entrambe le braccia sul viso e sul petto, bloccando il colpo peggiore, ma sentì comunque delle lame di ghiaccio che le tagliavano le gambe, lo stomaco e le braccia.

Mentre crollava a terra in preda al dolore, la ragazza più bassa di prima apparve in fondo al corridoio, intenta a canticchiare sommessamente. "Non essere impulsivo, Gray," disse, rivolgendosi al suo compagno.

I denti di Shizune si strinsero per il dolore. Gray Fullbuster e Kairi Uzumaki: questi erano i loro nomi. Ora, le loro capacità. Il primo possedeva il rarissimo Hyoton (Arte del Ghiaccio) e probabilmente anche un altro Elemento nascosto se era alla pari degli altri membri Kara, e sembrava avere una particolare propensione per gli attacchi a distanza. La seconda invece era la rinomata figlia dell’Uzukage del Vortice, e sembrava possedere tutte le abilità nel Fuuinjutsu (Arte dei Sigilli) tipiche del loro clan. Shizune fece un respiro profondo per calmarsi. Nonostante il dolore, sentì la porta alla fine del corridoio dietro di lei aprirsi e capì che erano arrivati ​​i rinforzi.

Ino e Sai apparvero nel suo raggio visivo, accompagnati da tre guardie. Dal pallore della loro pelle, Shizune capì che erano rimasti scioccati quanto lei nel trovare due membri dell’Organizzazione Kara nelle viscere dell’edificio del Dipartimento di Intelligence e Tortura. "F-Fate attenzione," disse ai suoi compagni di squadra, indicando le abilità dei nemici con dei gesti meccanici delle dita.

Per tutto il tempo, Kairi Uzumaki continuò con quel suo mormorio inquietante di prima. Ino, a quanto pareva, sapeva cosa stava facendo. "Fermatela! Sta per attivare un Genjutsu! (Illusione)"

Sai sfilò un grande rotolo bianco dalla schiena e scarabocchiò frettolosamente un disegno ad inchiostro che prese vita in un secondo. Ma prima che la sua creazione potesse balzare fuori dalla pergamena, l’uomo avversario lanciò in avanti una mano e fece schioccare le dita. Sai trascinò il suo pennello sulla pagina, ma fu tutto inutile. La bestia che ne uscì era deformata e zoppicava su gambe instabili. Poi, subito dopo, scoppiò in una pioggia d'inchiostro mentre una raffica di aghi ghiacciati lo lacerava dalla testa ai piedi.

Una seconda raffica di aghi li investì subito dopo. Shizune premette il suo corpo ferito contro il muro, aiutata da Ino, mentre Sai balzò fino al soffitto e vi si aggrappò tramite il chakra. Una delle guardie riuscì a sfrecciare attraverso il corridoio fino al muro di fronte a lei, ma l'altra non fu così fortunata. Venne infarcita da decine di aghi e cadde sul pavimento mentre si contorceva ancora. Le altre due guardie rimaste si misero prontamente sulla difensiva.

Un attimo dopo, dall'oscurità venne fuori una massa pesante, un burattino umano, con arti sottili come ramoscelli. La sua mascella si mosse su e giù e riempì tutta l'aria con un inquietante chiacchiericcio metallico. Degli strani pannelli lungo il suo petto si aprivano e chiudevano continuamente, rivelando un macchinario nascosto all'interno, pronto a lanciare aghi e kunai contro di loro.

Altri suoni metallici riempirono l'aria subito dopo. "Merda," imprecò Ino, abbastanza forte da far preoccupare Shizune. Altre tre marionette umane erano apparse nel corridoio.

Shizune sentì i suoi occhi diventare pesanti. Ammiccò lentamente le palpebre. Che cosa stava... Giusto. La lotta. I Kara. Formulò dei Sigilli con le mani ed esalò una nuvola viola di gas nocivo. Nei recessi della sua mente, sentì la voce di Sai che urlava freneticamente qualcosa. "Shizune! Fermati!"

Perché aveva bisogno di fermarsi? Il nemico era proprio lì e... e i suoi alleati non erano resistenti al veleno come lo erano lei e Lady Tsunade! C-Come aveva fatto a dimenticarsene? Shizune sentì i suoi occhi prudere e le sue palpebre farsi sempre più pesanti. Era così stanca. La sua vista stava diventando verde. Aspetta, verde? No, non aveva senso. Avevo solo... avevo solo bisogno di...

Shintenshin no jutsu!” (Tecnica del Trasferimento Mentale) gridò Ino accanto a lei. Shizune la fissò, completamente confusa. Ino si afflosciò e cadde a terra, ma fu solo per un momento. Si svegliò di scatto e lanciò all’aria un gemito acuto.

"Ino!" urlò Sai, abbattendo uno dei burattini con una spada prima di andare in aiuto di sua moglie. Shizune cercò di alzarsi, cercò di aiutare, ma scoprì ben presto che le sue gambe sembravano essere diventate di piombo. Cadde in avanti e cercò di strisciare a terra. C-Che cosa le stava succedendo? Come si chiamava questa Tecnica? Qualcosa a che fare con le sue mani, sì... un’illusione? No, non era giusto. C'era un po' di... luce – chakra, non luce, chakra – coinvolta. Era... viola? No, non viola. Blu? Blu! No, aspetta, quello era chakra normale. Questo doveva essere...

"N-Non è umana! Quella ragazza non è umana!" Ino stava urlando freneticamente, indicando la giovane intenta a canticchiare alla fine del corridoio.

"Verde!" gridò vittoriosamente Shizune. Verde! La Tecnica aveva reso le sue mani verdi! Questo avrebbe aiutato! Questo era utile!

La sua vista si oscurò non appena pronunciò quella parola. Udì un suono costante di urla e grida frenetiche, assieme alle voci di Ino e Sai che urlavano verso di lei, ma in quel momento non era nelle condizioni di curarsene. Si sentiva letargica, come se si fosse appena svegliata dopo un lungo pisolino in un pomeriggio caldo. Poi, dopo quella che parve un’eternità, silenzio. Silenzio benedetto.

"Dovremmo inseguirli?" sentì dire la voce profonda di Gray alle sue spalle. Era importante! Shizune sapeva che era importante! Semplicemente non sapeva perché! Perché stavano interrompendo il suo pisolino?

"No," rispose Kairi con una voce morbida e musicale. "Non sono loro il nostro obiettivo. Ma faresti meglio a sbarazzarti della donna."

L’altro brontolò visibilmente. Shizune aprì gli occhi per spiarlo. “Tsk. Come sei noiosa. Juvia almeno mi avrebbe permesso di sfogarmi un po'.”

Shizune si guardò alle spalle mentre i due intrusi la ignoravano e tornavano ai livelli inferiori di... di cosa? Non importava. Le loro vesti le erano stranamente, sinistramente, familiari. Mantelli neri e cappucci oscuri. Lei… Lei conosceva quelle vesti. Le aveva già viste da qualche parte. Ne era certa. Forse un vecchio dipinto che le aveva mostrato Lady Tsunade? O forse-

I suoi occhi videro una saetta bianca piovere improvvisamente verso di lei. Poi, rosso. Tanto, tantissimo rosso.

Shizune sorrise e si raggomitolò su sé stessa. Poi chiuse gli occhi e tornò al suo sonnellino.
 


03 Giugno, 0022 AIT
08:10


Villaggio della Foglia, Terra del Fuoco
Distretto Centrale
Torre dell’Hokage

 
Shikamaru aveva appena finito di compilare gli ultimi moduli di dimissioni che Naruto avrebbe dovuto completare otto giorni prima. Davvero, persino adesso, in questa situazione di merda in cui si trovavano, il Nara rimase stupito mentre si chiese per l’ennesima volta come avesse fatto Naruto a diventare Hokage in passato. Era estremamente qualificato in modo unico sia in forza che nel carisma, ma tristemente inadeguato quando si trattava di strategia, astuzia e perseveranza nel finire le scartoffie e i docume-

Il terreno iniziò a vibrare rumorosamente.

I suoi occhi si sgranarono all’istante. Fece per precipitarsi fuori dall’ufficio, ma fu allora che iniziarono le esplosioni. Il cuore prese a martellargli nel petto mentre si alzava di scatto dalla sedia, nascondendosi istintivamente sotto alla scrivania e lontano dalla finestra. Un istante dopo, un muro di fuoco e fiamme squarciò il vetro rinforzato della stanza e riempì l’ufficio come una marea avrebbe fatto con un canale. L’aria calda e le fiamme inondarono ogni cosa dall’esterno, colpendo tutto con un muro invisibile di aria ustionante che per poco, veramente poco, non lo fece morire soffocato.

Tossendo furiosamente, Shikamaru riprese fiato e riaprì gli occhi. Vetri rotti, legno bruciato e metallo fuso accolsero la sua visione. Il fuoco aveva invaso completamente la stanza, distruggendo quasi del tutto l’ufficio ed incenerendo la maggior parte dei dannati moduli che aveva appena compilato.

"…che seccatura," sibilò sottovoce. Non sarebbe stato assolutamente piacevole spiegare a Konohamaru e Naruto che l’ufficio dell’Hokage e tutti i documenti al suo interno erano ora poco più che cenere.

Shikamaru sbirciò sopra i resti carbonizzati della scrivania che aveva servito la Foglia sin dalla sua fondazione. Era stata creata dal legno di una quercia secolare, piantata e curata personalmente dal Primo Hokage in persona. Ora, invece, era ridotta ad una misera maceria di legno bruciato e fumante. Un vero peccato, le sarebbe mancata. Al di là della scrivania, invece, non c'era altro che aria. Una bella, anche se ampia e ventosa, finestra vuota che dava sulla Foglia. Poteva vedere le nuvole, bianche e prive di pioggia, molto al di sopra nel cielo. Shikamaru le preferiva così, bianche e soffici. Ancora, in lontananza, i suoi occhi videro un'ondata di fuoco liquido consumare e distruggere un ristorante che piaceva tanto a Choji.

In quel momento, la logica e la ragione lo raggiunsero ancora una volta.
 
Un'ondata di fuoco liquido aveva consumato un ristorante che piaceva a Choji = Qualcuno aveva appena bombardato la Torre dell'Hokage = Il Villaggio era sotto attacco...

MERDA!

Shikamaru si ritrovò a respirare affannosamente ed avvinghiarsi il petto con una mano. La sua mente si riordinò in un istante mentre si malediceva da solo per essersi lasciato cogliere impreparato nonostante avesse previsto un’eventualità del genere da giorni. Ma adesso non era tempo di insultarsi da solo. Doveva pensare, doveva ragionare, doveva reagire, esattamente come aveva pianificato per tutto questo tempo.

Fase uno: identificare gli aggressori. Alzò lo sguardo. Non alle nuvole, ma all’oggetto che volava molto al di sotto di loro. Un uccello molto più grande di qualsiasi altro che avesse mai visto, con un piumaggio del colore del sangue. Sul suo dorso c'era una donna vestita con un mantello nero ed una cappa oscura... una veste dell’Organizzazione Kara.

Il giovane consigliere trattenne l’istinto di imprecare a quella visione. Fase due: raccogliere più informazioni. Moegi e Udon irruppero nella stanza con le armi sguainate. Ah, bene. Tempismo perfetto. "Udon! Trovami Choji e Ino! Moegi, organizza una squadra di assalto e ricognizione con qualunque ANBU rimasto ancora nella Torre! Devo sapere contro cosa abbiamo a che fare!"

I due sottoposti si affrettarono ad obbedire senza perdere un solo secondo. Era fatta. Fase tre: capire quante e dove fossero le forze nemiche. Al momento, era impossibile dirlo. Fase quattro: Massima operazione. Bisognava trovare Konohamaru. Era lui che avrebbe dettato le linee di azione successive e avrebbe deciso se dare priorità ai civili non ancora evacuati e alle forze non combattenti, o allo stesso tempo organizzare un gruppo di assalto scelto per colpire e tenere occupate le forze nemiche mentre i civili continuavano ad evacuare...

Shikamaru non ce la fece più a trattenersi. Imprecò con forza. "Che cazzo di seccatura!" Era attualmente impossibile riuscire a fare tutto. Come cazzo avevano fatto i Kara ad apparire così velocemente e senza preavviso? Anche se possedevano i mezzi per aggirare la barriera di difesa che circondava il Villaggio, avrebbero almeno dovuto segnala-

In quel momento, Udon tornò nella stanza con un gruppo al seguito. Il Nara sospirò di sollievo quando vide tra di loro sua moglie, Choji, Rock Lee e diversi ANBU esperti e veterani.

"Shikamaru!" esclamò Temari mentre correva verso suo marito, pronta a controllare se fosse ferito.

"Sto bene," la rassicurò lui senza esitazione. Choji gli fece un cenno teso col capo. Dietro di lui, sua moglie Karui tremava per la rabbia e il timore in egual misura. Tra i ranghi degli altri Ninja presenti, il consigliere vide molti giovani che stavano tremando a loro volta, con occhi cauti che saettavano avanti e indietro per il nervosismo. Shikamaru si sentì immensamente dispiaciuto per tutti loro. Aveva sperato, pregato, che i loro figli e le giovani generazioni non dovessero mai vivere il tipo di combattimento che lui ei suoi amici avevano vissuto in passato. Purtroppo però, sembrava invece che quel desiderio non si sarebbe avverato.

Moegi arrivò subito dopo con altri volti più familiari. "Konohamaru," sussurrò Shikamaru, ringraziando il cielo che fosse arrivato così presto. Qualcuno lassù aveva ascoltato le sue preghiere. Suo padre e Asuma, molto probabilmente. Dietro Konohamaru, il Nara notò subito che c'era anche Mirai. Shikamaru non voleva vederla in pericolo, ma sapeva che non c’era altro modo. Senza l’esercito riunito e sicuro nella Capitale – esercito che al momento non potevano usare a meno che non volessero condannare Mei Terumi, Yurui e la salvaguardia delle Nazioni Alleate – loro erano le ultime forze rimaste nel Villaggio, e l’unico fronte di difesa che la Foglia poteva utilizzare. Con mani tremanti, Shikamaru ritirò una sigaretta e l'accese col vecchio accendino del suo sensei. Un lungo tiro gli calmò immediatamente i nervi.

"Okay," iniziò allora Shikamaru. "Konohamaru, tu sei l’Hokage, e in quanto tale devi essere tu a decidere. Cosa facciamo?”

L’Ottavo Hokage, con suo grande merito, non palesò nessuna traccia di esitazione dopo quelle parole. Neanche quando gli sguardi di tutti caddero unicamente sulla sua figura. “Proprio come sospettavamo, il nemico ci ha infine raggiunti per distruggerci,” dichiarò con rabbia e decisione. “Dobbiamo impedire loro di riuscirci e tenerli a bada, almeno fino a quando i civili ancora rimasti nella città non saranno evacuati. Fino a quando tutto il personale non combattente verrà messo in salvo, questa è la nostra sola ed unica priorità.”

Il consigliere lo guardò con orgoglio. “Molto bene. In quanto Hokage, il tuo dovere è difendere il Villaggio in prima linea per garantire la sicurezza dei civili. Perciò, ho bisogno che tu prenda una squadra di ANBU d’élite e vi dirigiate contro il nemico: l’Organizzazione Kara.” vedendo l’espressione decisa del Sarutobi durante quel discorso, si arrischiò a continuare. “Ho visto almeno due fronti di attacco nemico prima dell’esplosione. Una di queste era a dorso di una cavalcatura volante in mezzo al cielo. Le posizioni degli altri sono, attualmente, ancora da localizzare."

"…se abbiamo a che fare con l'Impero e i Kara, non possiamo farci cogliere impreparati,” disse a quel punto Temari. “Dobbiamo presumere che stiamo affrontando il meglio del meglio. Non possiamo correre rischi."

Konohamaru annuì. "Prenderò Mirai e le squadre Due e Tre e vedrò cosa posso fare," disse risolutamente.

Shikamaru annuì a sua volta. "Prendi anche Moegi e Udon. Temari, Choji e Karui — voi siete con me. Come stabilito dal protocollo Delta indetto ieri, dobbiamo aiutare con le evacuazioni il prima possibile," ordinò acutamente. Choji e tutti gli altri coinvolti annuirono in risposta.

L’Ottavo Hokage si fece solenne. "Abbiamo notizie di Ino, Sai e Sakura?" domandò subito dopo.

Rock Lee scosse la testa. "Ino e Sai stavano aiutando Shizune, ma Sakura dovrebbe essere ancora all’ospedale..."

"Diamine," imprecò Konohamaru, praticamente masticando la sua rabbia mentre cercava di mantenere il controllo. Si rivolse direttamente ai suoi sottoposti. "Moegi, Udon, andate a cercarli, immediatamente! E mandate anche una squadra di stanza al Distretto Nord. Saranno un obiettivo prioritario se..."

Un'esplosione improvvisa squarciò il suolo sotto di loro. Shikamaru urlò quando il pavimento scomparve sotto i suoi piedi. Poi si ricordò che se non avesse fatto nulla sarebbe caduto in una fossa di fuoco scoppiettante e sarebbe morto. Così, d’istinto, balzò via e si lanciò fuori dalla finestra. Con la coda dell’occhio, vide Konohamaru e tutti gli altri seguire il suo esempio e lanciarsi via da lì in tutte le direzioni.

Atterrò in mezzo ad un mare di macerie e delirio. La Foglia si era trasformata in un campo di battaglia. Letteralmente. Il membro dei Kara che volava in aria aveva attaccato alle ali del suo volatile lunghe file di pergamene che si trascinavano dietro di esso, le quali facevano puntualmente piovere etichette esplosive sulla città. Il Nara dovette stringere i denti con rabbia a quella visione. C'erano diverse pozze di lava che si stavano formando nelle strade, e molti edifici erano già stati distrutti completamente o schiacciati sotto lastre di roccia vulcanica. Innumerevoli esplosioni scuotevano regolarmente la città, interrotte solo dalle urla dei feriti e dei civili non ancora evacuati.

Mantenendo la calma e dando una rapida occhiata, il Nara vide che il nemico aveva preso di mira gli edifici più alti. Shikamaru non riusciva a vedere alcun danno agli edifici più piccoli. Probabilmente un attacco in linea di vista. Forse basato su un Rilascio del Fuoco che-

Un momento…

Rilascio di Fuoco... Esplosioni continue... Distruzione su scala immensa... Potere immenso...

A parte Boruto, c’era solo un’altra persona nei ranghi dei Kara capace di compiere una strage del genere: Mikasa Ackerman. Doveva essere così. Non poteva che essere così. Shikamaru imprecò sottovoce. Quei maledetti bastardi si stavano rivelando più subdoli, crudeli e stronzi del solito.

Choji atterrò accanto a lui con un tonfo pesante. "Shikamaru! Stai bene?"

"Sì. Sto bene," lo rassicurò lui. Sua moglie e Karui arrivarono subito dopo, fissando la distruzione con occhi sgranati ed increduli. Shikamaru si ritrasse dai suoi pensieri. "Abbiamo ricevuto i nostri ordini. Dobbiamo andare!" disse solennemente. "Facciamo pentire a questi bastardi di aver invaso la nostra casa!"

Choji si accigliò furiosamente. Karui annuì con decisione. Temari sfoggiò un cipiglio che grondava di sete di vendetta.

Dovevano darsi una mossa ad evacuare i civili per poter passare il prima possibile al contrattacco.
 


03 Giugno, 0022 AIT
08:17


Villaggio della Foglia, Terra del Fuoco
Distretto Centrale
Via Principale

 
Crunch. Crunch. Crunch. Clang. Clang. Clang.

Crunch. Clang.

Caos. Urla. Esplosioni. Caos. Panico. Terremoto. Caos.

Silenzio. Buio. Silenzio. Buio. Buio. Buio. Buio.

Rumore! Rumore forte. Forte. Più forte, più forte, più forte! Altre esplosioni. Altre urla. Altro caos.

Crunch. Clang.

“Bastardi!”

Juvia uccise l’ennesimo ANBU assalitore con una contrazione delle dita, ignorando l’incessante susseguirsi di urla e rumori perenni dei combattimenti. Si era ormai abituata da tempo all’ebbrezza del caos e del panico causati dalla guerra. E la guerra, aveva imparato sin da piccola nella Nebbia, la guerra era una costante nel loro mondo. Non c’era modo di evitarla, non c’era modo di sfuggirle. Potevi odiarla, potevi rifuggirla e cercare di nasconderti come volevi, ma essa sarebbe arrivata ugualmente. La natura umana ricercava lo scontro, e non c’era modo di sfuggire al destino dell’uomo.

Le sue lance d’acqua pressurizzata impalarono una ventina di Shinobi alle sue spalle. Juvia li guardò con superiorità mentre morivano affogati nel loro stesso sangue. I loro volti erano schiumanti di rabbia e terrore, anche nell’istante prima della loro morte. Uno spettacolo veramente patetico. Non capivano che era tutto inutile? Non capivano che si sforzavano invano? La loro fine era giunta, il loro momento terminato. Avrebbero fatto meglio ad arrendersi, almeno per mantenere integra la loro dignità.

Ah, giusto. Questi erano Shinobi. Erano Ninja. Uomini e donne d’onore, dediti unicamente alla loro casa e ai loro ideali. Non c’era modo di convincerli ad arrendersi. Non avevano dignità. Sarebbero morti, si sarebbero sacrificati fino alla fine, incuranti di tutto e tutti. Molto bene, allora. Lei li avrebbe accontentati. Juvia aveva ricevuto ordini precisi, dopotutto. Il loro biondino era stato espressamente chiaro con loro.

“Uccideteli tutti. Non lasciate nessuno in vita.”

Juvia era più che contenta di eseguire gli ordini alla lettera. Senza nemmeno formulare sigilli, con un semplice comando mentale, l’acqua nascosta nel sottosuolo guizzò alla vita attorno a lei, inondando le strade come una marea improvvisa. Per diversi secondi, solo il boato delle onde si udì per tutta l’aria. Innumerevole vite vennero travolte in meno di un istante. Shinobi e civili indistintamente, investiti ed affogati da un maremoto improvviso. Ai fianchi delle strade principali, colpiti dalle onde e dalle scosse, i palazzi e gli edifici più piccoli caddero a pezzi in un susseguirsi di crolli e terremoti senza fine.

Sangue denso e coagulante prese a macchiare l’acqua attorno a lei. Sì, sangue. La cerulea poteva vederlo, poteva sentirne l’odore metallico nelle narici. Così vicino, così pesante. Sangue non suo. Uomini, donne, bambini, nessuno venne risparmiato dalla marea che aveva evocato. Innumerevoli corpi stavano galleggiando a questo punto attorno a lei. I sopravvissuti, quei pochi che erano rimasti, stavano urlando freneticamente per il terrore, correndo all’impazzata per le vie allagate. Juvia non li avrebbe risparmiati, non avrebbe mostrato pietà. Li avrebbe uccisi. Li avrebbe uccisi tutti.

Questi erano Shinobi. Questi erano nemici. Inutili, patetici oppressori e conformisti incapaci di accettare il cambiamento e la pace portati dal loro Impero. Non avevano diritto d’esistere, da ora in poi.

Una raffica di vento sibilò alle sue spalle. Juvia uccise un’altra dozzina di uomini con un getto d’acido alla sua destra, e fece appena in tempo a voltarsi per vedere un’ondata elettrica guizzare minacciosamente verso di lei. Sorrise. Non aveva nemmeno bisogno d’intervenire. Infatti, come aveva previsto, un muro di terra e fango schizzò improvvisamente fuori dall’acqua che aveva evocato, schermandola dall’esplosione cinguettante che scoppiò subito dopo. Alle sue spalle, sui tetti dei palazzi, le voci furiose dei nemici urlavano al vento la loro rabbia e la loro frustrazione.

La ragazza sorrise al suo salvatore appena apparso sulla sinistra. “Ti devo un favore, Sora.”

Il moro si limitò a sfoggiarle un ghigno, facendola ridacchiare. Onestamente, non aveva idea di come facesse Sora a restare sempre così allegro e spensierato, anche nel bel mezzo di una battaglia. Persino mentre abbatteva un’altra ondata di assalitori con lance d’acqua e getti di fango continuava a tenere un sorriso cupo sulle sue labbra. Juvia lo aiutò ad attaccare, tranciando il busto di una donna che aveva provato ad avvicinarsi a loro con una lama di acqua perforante. Subito dopo, in meno di un istante, i nemici nascosti sopra i tetti vennero travolti da una raffica di esplosioni.

“Non abbassare la guardia,” la ammonì il suo compagno. Mentre parlava, il suo bastone da battaglia aveva già decapitato un ANBU con un movimento istintivo. “I Ninja della Foglia sono potenti. Molto presto questa farsa giungerà a termine, e i nostri veri avversari usciranno allo scoperto.”

Juvia trattenne un ghigno, uccidendo a sua volta un altro Ninja alla sua destra. “Che vengano pure. Saranno potenti quanto vogliono, ma senza il Settimo e l’Eremita non sono più niente contro di noi.”

“La falsa arroganza non ti si addice, Juvia.”

“Heh, non c’è gusto a scherzare con te. Avremmo dovuto mantenere i gruppi originali. Almeno mi sarei divertita di più se fossi rimasta con Gray,” sospirò la cerulea.

Sora ridacchiò amaramente. “Il nostro leader ha deciso così, e sai bene quanto me quanto siano astuti i suoi piani. Limitiamoci a svolgere i nostri compiti, e tutto andrà per il meglio. Dopotutto, ricordati, abbiamo un dio dalla nostra parte.”

Le labbra di Juvia si tirarono in un sorriso crudele a quelle parole. Non potevano negarlo. Boruto era un dio nel campo di battaglia. Un dio malevolo, certo. Un dio crudele, spietato e inarrestabile, anche. Ma pur sempre un dio. E la sua parola, il suo volere, erano legge. Né lei, né nessun altro nei Kara o nell’Impero avrebbe mai pensato di andare contro al suo volere. Non solo perché era potente, ma perché era loro amico. Era il loro leader. Si fidavano di lui. E se il loro leader aveva deciso così, era così e basta.

E ben presto, questo stesso dio sarebbe sceso in campo a sua volta. Sarebbe disceso sul piano mortale, onorando i loro nemici con la sua presenza ed investendo ogni cosa col suo dono fatto di dolore ed agonia. Juvia non vedeva l’ora di assistere a quella scena.

Sora sputò un getto di catrame dalle labbra, abbattendo un palazzo di almeno venti piani. Innumerevoli vite vennero travolte dal crollo e l’esplosione. “Tieni gli occhi aperti,” le disse semplicemente. Poi, rapido com’era venuto, si librò in aria con un balzo, precipitandosi verso una via secondaria e continuando a fare strage coi suoi attacchi elementali.

La ragazza scosse la testa, evitando casualmente un kunai esplosivo con uno scudo d’acqua compatta. Il suo aggressore venne tranciato da una dozzina di proiettili liquidi prima che potesse anche solo ammiccare. I suoi pensieri tornarono su Sora. Pur essendo stata la sua casa, di certo quel tipo non si faceva problemi a distruggere il Villaggio come niente. Beh, meglio così. Non che a lei importasse, ovvio. La Foglia era solo un ostacolo come un altro per lei. Uno degli ultimi ostacoli, per di più. Con la sua scomparsa, gli unici nemici rimasti da abbattere sarebbero stati i Kage nella Capitale ed il loro esercito alleato. Niente che il loro leader o Mikasa da soli non potessero gestire.

Per cui, la loro vittoria era vicina. E niente e nessuno poteva fermarli arrivati a questo punto.

Juvia sorrise feralmente.

Gatsūga!” (Zanne Perforanti)

I suoi occhi si sgranarono all’istante. La cerulea grugnì appena due… due cose – non c’era altro modo di descriverle – le si schiantarono letteralmente addosso con una potenza disarmante. Delle trombe d’aria rotanti dalla forza indescrivibile sbucate fuori dalle sue spalle. Juvia serrò i denti, resistendo al meglio delle sue capacità ai danni grazie alla sua abilità di mutare il proprio corpo in acqua, ma non poté evitare di essere completamente travolta dalla Tecnica a causa della sua inaspettata comparsa. Venne prepotentemente fatta esplodere in un ammasso di liquido e schizzi confusi, riformandosi dopo pochi secondi nei pressi di una fontana zampillante.

Mentre il suo corpo si riformava, la ragazza vide i suoi aggressori con nitida chiarezza. Un uomo incappucciato e dai capelli bruni, assieme a quello che sembrava essere in tutto e per tutto un vecchio e grosso cane ninja. La stavano fronteggiando alla sua sinistra, snudando le zanne e fissandola con occhi bestiali.

“Avete commesso un errore ad attaccare la mia casa,” ringhiò feralmente l’uomo, chiaramente un membro del clan Inuzuka. “Adesso la pagherete cara!”

Juvia non lo degnò di una risposta. Invece, puntò una mano in avanti ed una gigantesca lancia d’acqua scrosciante coagulò dinanzi alle sue dita, prima di schizzare alla massima velocità verso i due bersagli. L’uomo sgranò i suoi occhi sottili e bestiali e balzò lontano dalla traiettoria. “Schiva, Akamaru!” urlò al suo compagno a quattro zampe.

Il grosso segugio emise un ringhio e, nonostante la sua stazza pesante e l’età palesemente avanzata, saltò prontamente a sua volta, atterrando al fianco del suo padrone con le zanne tirate in un ringhio perenne. Juvia fissò il duo con occhi accigliati, uccidendo nel mentre una coppia di giovani Chuunin che stavano tentando di colpirla alle spalle con un semplice schiocco di dita ed un’esplosione di acido corrosivo. I due caddero a terra, gemendo e straziandosi le membra fumanti e corrose oltre ogni salvezza.

I suoi avversari sembrarono infuriarsi ancora di più a quella scena. “Jūjin: Bunshin no Justu!” (Arte Selvaggia: Moltiplicazione Selvatica) sibilò l’uomo con occhi selvaggi. Poi, nemmeno un attimo dopo, sia lui che il segugio vennero improvvisamente avvolti da una nuvola di fumo, e Juvia osservò con sguardo interessato mentre dalla coltre di nebbia sbucarono fuori due copie esatte dell’uomo, ma con occhi, artigli e fattezze molto più animalesche di prima.

Le sue labbra si tirarono in un sorriso sarcastico. “Patetico,” si limitò a dire.

Le due copie assottigliarono gli occhi e latrarono come cani, prima di balzarle addosso con una rapidità inaudita. Tuttavia, Juvia non si mosse, continuando a sorridere senza curarsene. Esattamente come aveva dedotto, i membri del clan Inuzuka erano molto prevedibili. La loro mente veniva sempre alterata dalle Tecniche Selvagge che utilizzavano assieme ai loro cani, e per questo erano vulnerabili agli impulsi e agli scatti istintivi tipici degli animali. In altre parole: facevano troppo affidamento sulle cariche selvagge e non sull’astuzia.

Proprio per questo motivo, fu estremamente facile per lei ingannarli. Mentre erano quasi riusciti a raggiungerla, infatti, il corpo di Juvia esplose ancora una volta in un ammasso di liquido, svanendo completamente alla vista. I due arrestarono di colpo il loro assalto, confusi e intenti a fiutare l’aria per cercare di individuarla, ma si accorsero troppo tardi del gigantesco drago d’acqua che la cerulea aveva evocato col pensiero alle loro spalle, restando impreparati quando esso si abbatté su di loro con tutta la potenza e l’ineluttabilità di un maremoto.

La Via Principale del Villaggio venne inondata a causa dell’esplosione che susseguì la Tecnica immediatamente dopo. L’aria, le strade, i palazzi e tutte le persone che si trovavano nelle vicinanze vennero completamente travolte da un’esplosione di acqua inarrestabile, distruggendo ogni cosa e facendo tremare tutta la parte orientale della città per un raggio di almeno settecento metri. Quando le cose iniziarono a calmarsi, ormai più della metà del distretto era rimasta distrutta quasi del tutto.

Juvia riapparve dopo un paio di secondi nel mezzo di una pozzanghera, fissando la distruzione che la circondava con un sorrisetto soddisfatto. A causa dell’impatto improvviso e del peso dell’acqua di prima, la strada si era completamente spaccata a metà, creando un dislivello di diversi gradi di profondità per tutta l’estensione della Via Principale. Mentre si osservava attorno, i suoi occhi notarono immediatamente il cane ninja di prima, accasciato a terra vicino a lei ed intento a guaire di dolore, sputando acqua delle sue fauci semiaperte. Dall’altra parte della strada semi-distrutta, il suo compagno umano stava cercando invano di riprendersi e rimettersi in piedi, accerchiato da diversi cadaveri che galleggiavano inerti in pozze d’acqua accumulate nelle fosse.

La cerulea non perse tempo. Mise fine alle sofferenze dell’animale con una mera contrazione delle dita. Una lancia d’acqua trafisse in pieno il cane, centrandolo proprio sopra il cuore. La povera bestia emise un guaito sommesso, prima di spirare silenziosamente con un’ultima contrazione delle zampe.

L’uomo non la prese per niente bene. Iniziò ad urlare come un forsennato. “No, Akamaru! NO! Malede-”

Una seconda lancia d’acqua lo colpì alle spalle, perforandogli il petto mentre stava ancora parlando. I suoi occhi si sgranarono con orrore, prima di abbassarsi per osservare il foro zampillante che gli si era formato sullo sterno, boccheggiando come un animale. Dietro di lui, Sora apparve alle sue spalle e lo finì con un colpo di bastone in piena testa. L’uomo cadde di peso in una pozza di sangue, il suo cranio spaccato a metà e la sua espressione congelata nell’istante prima della morte.

“Ehi! Chi ti ha detto di interferire?” brontolò Juvia al nuovo arrivato.

Sora la guardò con un cipiglio, limitandosi a rinfoderare il suo bastone insanguinato. “Stavi perdendo troppo tempo,” si limitò a spiegare.

“Volevo solo divertirmi un po',” si difese schiettamente lei.

Sora scosse la testa. Poi posò lo sguardo verso Ovest, assottigliando gli occhi oltre le macerie. “Dovremmo muoverci. Riesco a percepire i miei cloni e quelli di Boruto e Mikasa a poca distanza da qui. Stanno iniziando ad entrare in azione. Muoviamoci, prima che facciano detonare la bomba,” ordinò con disinvoltura.

Juvia lo osservò in silenzio mentre scompariva di nuovo, dirigendosi verso i tetti degli edifici rimasti per continuare la sua missione di distruzione. Poi sorrise, tramutando il suo corpo in acqua e svanendo a sua volta dentro ad un tombino.
 


03 Giugno, 0022 AIT
08:30


Villaggio della Foglia, Terra del Fuoco
Margine del Confine Orientale
Distretto Popolare (Interno)

 
Shino sentì una gelida goccia di sudore colargli dal viso. L’intera squadra di ricognizione rimase nascosta dietro il vicolo, le loro dita strettamente attaccate ai manici delle loro armi. Anche così, nessuno riusciva a placare il tremore delle loro braccia, a parte lui. La tensione e il panico nell’aria erano quasi tangibili, accompagnate dalle raccapriccianti urla di dolore dei malcapitati e dal suono acuto dell’acciaio che trancia e cozza contro il metallo.

I suoi occhi nascosti dagli occhiali scoccarono un’occhiata frenetica di lato, senza staccare la schiena dalla parete dietro cui era nascosto. Ebisu e la sua squadra di Jonin erano di posizionati sul fianco sinistro della strada, mentre il Comandante Ibiki Morino e gli altri ANBU stavano coprendo il fianco destro. Sulla strada, al centro del viale, una quantità incalcolabile di civili stava correndo all’impazzata, cercando inutilmente di sfuggire alla morte incombente sotto alle frenetiche direttive dei Chuunin che tentavano di guidarli verso i punti di evacuazione. Tra di essi, anche la sua anziana Sensei – Kurenai – ed il vecchio Iruka Umino si stavano dando da fare nonostante l’età, correndo a loro volta e guidando quante più persone possibili verso le uscite segrete. Shino poté solo sperare e pregare per il loro successo.

Il giovane Aburame sentì la rabbia invadergli il corpo, scorrendo nelle sue vene come fuoco liquido. Innumerevoli cadaveri erano già ammassati lungo i bordi delle vie, carbonizzati, lacerati o ridotti a brandelli. Il pianto delle donne e dei bambini era assordante come il tuono. Mai, ma proprio mai, avrebbe desiderato rivedere la Foglia, la sua casa, la sua gente, attaccate e distrutte dal nemico. Nei suoi meri trentotto anni di vita era già successo una volta, e adesso stava avvenendo di nuovo. Quel pensiero per poco non lo fece piangere.

Shino chiuse gli occhi e si ritrasse dal mondo. Ignorò la rabbia, ignorò il dolore, e si concentrò sul proprio obiettivo. Con un pensiero, la sua mente tornò a focalizzarsi sui suoi insetti posizionati lungo tutto il distretto. Gli comunicarono silenziosamente col chakra, inviandogli le informazioni che necessitava. “Un solo bersaglio. Maschio. Estremamente potente,” riferì a bassa voce, comunicando ai suoi alleati in posizione. “Indossa una veste strana. Una forma di Fuuinjutsu (Arte dei Sigilli) che non mi permette di studiare il suo chakra. Posizione: trecentoventitre metri, direzione Nord-Est,” disse, ancora con gli occhi chiusi.

Dall’altra parte della strada, Ibiki ed Ebisu annuirono nervosamente. I loro uomini sguainarono le armi.

Un’esplosione improvvisa squassò l’aria ed il suolo. Ci furono altre urla agghiaccianti, seguite da una folata di vento caldo che investì la strada come un fiume in piena, sbalzando i fuggitivi e i cadaveri buttati a terra senza distinzione. Il palazzo su cui poggiava si crepò visibilmente. Shino trasalì per lo spavento quando vide il cadavere di un Jonin crollargli davanti, la sua faccia insanguinata contorta in una smorfia di sgomento. In alto, sopra la sua testa, altri cadaveri stavano volando all’aria come uccelli che migrano.

Il Comandante Ibiki ed il suo squadrone sbucarono fuori dal vicolo con dei ruggiti di rabbia e furia, caricando frontalmente con le armi sguainate. Shino li vide correre lungo la strada, svanendo oltre il bordo dell’edificio, verso l’inferno e le fiamme. Solo pochi ANBU rimasero nel suo raggio visivo, le loro mani che s’intrecciavano in Sigilli mentre sputavano fiamme, vento e fulmini verso la posizione del nemico. Nei recessi della sua mente, il giovane Aburame sapeva che non avrebbero avuto effetto.

Tuttavia non si diede per vinto. Facendosi coraggio, unì assieme le mani ed infuse chakra nel suo sistema. “Kikaichū no Jutsu!” (Tecnica degli Insetti Devastatori) sibilò.

Gli artropodi reagirono al suo comando. Uno sciame incommensurabile di insetti sbucò dalle vesti che indossava, strisciando fuori dalle sue maniche, dal suo colletto, dai pantaloni, e persino dai suoi occhiali. Si riversarono per le strade, formando un ammasso compatto e in continuo movimento, fino ad assumere la forma di un gigantesco animale a quattro zampe, composto interamente da invertebrati. Poi, con un cenno delle sue dita, la formazione vivente di insetti spiccò il volo con una rapidità inaudita, sfrecciando verso il bersaglio con un ronzio assordante simile a quello dei calabroni.

L’attacco frontale si rivelò fallimentare. Shino riuscì chiaramente ad udire il nemico in fondo alla strada mentre inalava aria nei polmoni, prima di sputare una gigantesca sfera di fuoco che investì ogni cosa. Jonin, ANBU, insetti… tutto ciò che si trovava nella sua traiettoria venne prontamente investito e carbonizzato senza pietà. Shino sentì il suo chakra dimezzarsi mentre tutti gli insetti cadevano a terra in fiamme, morti stecchiti. Quelli ancora in vita, quelli nascosti per le strade, presero ad allontanarsi prontamente alla vista delle fiamme.

Poi, la sfera di fuoco esplose, ed il mondo venne abbagliato da lampi accecanti di fuoco, bianco e calore. Quando si riscosse, Shino posò gli occhi nascosti dagli occhiali verso l’artefice di tale distruzione: Shirou Emiya, il secondo spadaccino dell’Organizzazione Kara. Vestito con la solita cappa scura dei Kara, se ne restava fermo in fondo al viale principale, reggendo in mano una lunga katana da samurai correntemente conficcata nel petto di un ANBU mascherato. Era immobile, con uno sguardo solenne in volto, ed apparentemente illeso dalla raffica che lo aveva investito fino ad ora. Attorno a lui, un mare di cadaveri fatti a brandelli e sviscerati grottescamente erano buttati in mezzo alla strada.

Tra di essi, Ebisu era presente, con il corpo senza braccia ed il volto affondato nel fango.

Shino deglutì nervosamente. Alla sua sinistra, vide un trio di giovani Chuunin che tentarono di attaccarlo, ma fecero una brutta fine. Ebbero appena il tempo di raggiungere il nemico prima di essere letteralmente affettati dalla lama del samurai con un movimento istantaneo, facendoli a brandelli tutti e tre contemporaneamente. La testa di uno di loro rotolò per la strada fino ai suoi piedi, e Shino serrò impotentemente i pugni mentre osservava il volto privo di vita del giovane.

Si fece coraggio, sbucando fuori dal suo nascondiglio e fronteggiando l’invasore con forza e determinazione.

“Non ti permetterò di andare oltre,” disse seriamente l’Aburame, richiamando a sé i suoi insetti. Sfidò il suo avversario a testa alta, anche mentre sentiva il sudore colargli copiosamente dalle tempie. “Perché? Perché hai invaso e distrutto la mia casa. Hai ucciso i miei fratelli ed alleati. Un crimine del genere non può restare impunito.”

“…non sono io il tuo avversario,” ribatté Shirou con noncuranza, rinfoderando la sua spada.

Le urla del resto della squadra di ricognizione e degli ANBU gli trafissero le orecchie come un rombo di tuono. Shino si voltò di scatto, stravolto, puntando gli occhi verso la direzione delle urla: i tetti. Lassù, i suoi occhi riuscirono a vedere intere orde di Shinobi morti piovere verso il basso, coi corpi fulminati, fumanti ed ustionati in maniera orribile. Caddero sul terreno ciottoloso della strada, macchiandolo irrimediabilmente di rosso. Mano a mano che cadevano, l’odore del sangue impregnò sempre di più l’aria con il suo tanfo metallico.

E il responsabile di quella strage era ben in vista: un giovane incappucciato e minaccioso, intento a stringere una mano attorno al collo spasimante del Comandante Ibiki.

Shino sentì il panico e l’orrore inondarlo come un fiume in piena. “No! Non farlo!” urlò disperatamente.

Il nemico non lo ascoltò. Con uno schiocco secco, il possente corpo di Ibiki smise di agitarsi sotto la presa dell’uomo incappucciato, per poi essere subito dopo buttato senza ritegno in mezzo alla strada. E quella fu la fine del Comandante del Dipartimento di Intelligence e Tortura. Un ennesimo corpo in mezzo ad un mare crescente di cadaveri. L’Aburame sentì la bile risalirgli lentamente su per la gola.

“Shino-sensei,” disse gelidamente il nuovo arrivato, atterrando a sua volta in mezzo al viale in fiamme. “Che sorpresa trovarla qui. Mi dispiace di averle fatto assistere ad una scena del genere.”

I suoi occhi si sgranarono dietro gli occhiali. Shino impallidì visibilmente. Aveva riconosciuto all’istante quel tono di voce. “B-Boruto,” esalò, cercando di mantenere la calma dinanzi allo stesso giovane che un tempo – durante un passato che sembrava ormai essere infinitamente lontano – era stato uno dei suoi allievi migliori e più brillanti dell’Accademia.

Il giovane Uzumaki non si rimosse il cappuccio, fissandolo con il suo volto nascosto dall’oscurità. “Mi dispiace,” ripeté di nuovo. Shino non aveva modo di dire se fosse, effettivamente, dispiaciuto o meno. “Non ho mai avuto niente di personale contro di lei, e le sono sinceramente grato per tutto ciò che mi ha insegnato durante la mia infanzia. È un vero peccato doverla affrontare così come nemico, stando su due fazioni completamente opposte.”

“Non avrei mai immaginato di vedere uno dei miei studenti migliori diventare un mostro,” dichiarò a sua volta Shino. Un sorriso privo di luce gli contornò le labbra. “Ma immagino che questa sia la vita. Non c’è altro di cui discutere con un criminale.”

Il sorriso del biondo era percepibile anche senza essere visibile. “…saggio ed irremovibile fino alla fine, eh?” la sua voce suonò, incredibilmente, triste mentre parlava. “Come desidera, dunque. Le concederò una fine rapida ed indolore da parte del mio fidato Shirou.”

Il suono di una spada che si sguainava lentamente alle sue spalle lo fece trasalire. Shino si voltò di scatto, restando a bocca aperta appena vide lo spadaccino dei Kara scattare verso di lui con una rapidità indescrivibile a parole. Reagì istintivamente, portando una mano in avanti ed accumulando chakra alla massima velocità. “Mushi Kame no Jutsu!” (Tecnica dell’Entomosfera)

Un esercito di Kikaichu ronzò alla vita attorno a lui, avvolgendolo completamente e formando uno scudo difensivo e ronzante per proteggerlo. Ma, purtroppo, fu tutto inutile. Shirou si limitò ad avvolgere la sua spada con una coltre di fuoco – l’unica, vera debolezza degli insetti del clan Aburame – tranciando completamente il suo scudo vivente di artropodi e dissolvendolo con un’esplosione di fiamme e luce.

Shino ebbe a malapena il tempo di ammiccare, prima di ritrovarsi disteso a terra in una pozza di sangue cremisi, con il petto lacerato da uno squarcio profondo e zampillante. Lottò faticosamente per mantenere le palpebre aperte, notando solo dopo un secondo che i suoi amati occhiali non erano più sulla sua faccia, ma bensì buttati a terra accanto a lui, lasciandolo completamente scoperto per la prima, e ultima, volta in tutta la sua vita.

Non riuscì più a vedere nulla. Non sentì nemmeno dolore. Solo, un attimo prima era sveglio e lucido, e quello dopo tutto il suo mondo era diventato nero e confuso. Tuttavia, prima che l’oscurità lo avvolgesse completamente, delle voci ovattate risuonarono debolmente alle sue orecchie.

“Bel lavoro, Shirou,” a giudicare dal tono, doveva essere Boruto.

La risposta dell’altro arrivò dopo un solo secondo. “Stai indossando il cappuccio. Questo vuol dire che sei uno dei cloni.”

Shino non riusciva a vederlo, ma aveva la distinta sensazione che il biondo fermo davanti al suo corpo morente stesse annuendo sotto al suo manto oscuro.

“L’originale è quasi in posizione. Mikasa, Sora ed io abbiamo sparpagliato i cloni per tutti i Distretti principali. Una volta recuperati gli anelli, entreremo in azione.”

“…capisco.”

“Adesso dirigiti verso il prossimo obiettivo. Sai cosa fare. E tieni gli occhi aperti, Shirou. Gli Hyuuga non sono avversari da sottovalutare.”

“Come desideri, Boruto.”

Non si udirono più altre voci a quel punto. Solo silenzio, ed il rumore delle esplosioni e delle fiamme che echeggiavano in lontananza. Passarono diversi secondi di immobilità assoluta. Poi, infine, tutti i suoi sensi vennero recisi completamente.

Shino sorrise, abbandonandosi al sonno eterno.
 


03 Giugno, 0022 AIT
08:39


Villaggio della Foglia, Terra del Fuoco
Zona Esterna al Confine Occidentale
Foresta del clan Nara

 
Shikamaru si passò una mano tremante tra i capelli. I suoi occhi si stavano sgranando a dismisura mentre osservavano la distruzione che stava avvenendo nel centro della città. Anche dalla sua posizione attuale non era difficile intuire l’enormità dei danni e della distruzione che stava intravedendo così da lontano. I palazzi e gli edifici in lontananza stavano crollando uno ad uno, e la terra era scossa sempre più da terremoti e scosse incessanti. L’aria era ormai pervasa incessantemente dalle urla e dal suono delle esplosioni. E come se non bastasse, in alto nel cielo, appena al di sotto delle nuvole, quel maledetto uccello rosso di prima continuava a bombardare ogni cosa, incurante della devastazione che lui ed il suo padrone stavano causando sopra la città.

Il giovane consigliere sentì ogni fibra del suo essere tremare per la rabbia dinanzi a quella scena. Questa, questa era la sua casa, la sua gente. I Kara ed il loro leader le stavano letteralmente calpestando come niente… di nuovo. Prima il suo clan, e adesso il suo Villaggio. Questo era inammissibile. Ovunque guardasse, per quanto lontano il suo sguardo si perdesse oltre le fronde degli alberi, il paesaggio fino a poco fa pacifico e familiare del Villaggio della Foglia stava venendo sempre più rimpiazzato da un’immensa estensione di macerie ed edifici distrutti. Nient’altro che macerie ed edifici distrutti.

Shikamaru si chiese dove cazzo fossero Naruto, Sasuke e Sentoki, ora più che mai. Era certo che sarebbero esplosi dalla rabbia ad una visione del genere.

“Ehi! Non distrarti, Shikamaru! Datti una mossa!”

Il Nara si riscosse all’udire la voce di sua moglie. Veloci com’erano arrivati, i suoi dubbi vennero immediatamente rimpiazzati dalla determinazione, e la sua mente tornò a posarsi sul compito che doveva svolgere in quel momento: evacuare quante più persone poteva fuori dalle mura. Alle sue spalle, centinaia di civili e Shinobi lo stavano seguendo a ruota, tutti organizzati in file ordinate e con le espressioni miste tra l’orrore, la rabbia e il dolore. Assieme a lui, ovviamente, Temari, Choji, sua moglie e diversi Shinobi di ogni rango ed età erano presenti a loro volta, tutti intenti a dettare ordini ed istruzioni e a cercare di mantenere la calma nella folla di fuggitivi.

Le foreste del clan Nara che stavano attraversando erano silenziose come la tomba. Nessun uccello cantava sugli alberi, e nessun cervo si vedeva da nessuna parte. L’aria era perennemente scossa dalle esplosioni e dai tremori del suolo mentre Shikamaru guidava la sua gente verso una delle uscite segrete del Villaggio, correndo a passo spedito nel sottobosco. Persino gli alberi sembravano a malapena resistere all'impulso di gemere e ondeggiare, percossi da un vento incessante causato delle ondate calde delle esplosioni in lontananza.

Shikamaru deglutì la sua agitazione crescente. Di questo passo, era certo che la situazione sarebbe degenerata in un batter d’occhio. Non avevano ancora evacuato nemmeno la metà dei civili presenti nella città, e questo senza contare quelli già morti o andati perduti nelle esplosioni e nei crolli. E se c’era una cosa che il Nara aveva imparato osservando le stragi precedenti dei Kara, essa era che il nemico non si sarebbe fatto scrupoli a puntare gli occhi sugli indifesi per riuscire a distruggere lui e gli altri che li difendevano. Se volevano avere una chance di sopravvivenza, dovevano riuscire ad allontanare i civili da qui, il più in fretta possibile.

Choji e sua moglie Karui stavano furiosamente perlustrando il perimetro alla ricerca di eventuali nemici, ma fino ad ora senza successo. Il che era un bene, da una parte, ma dall’altra questa cosa lo preoccupava a morte. Se fosse improvvisamente successo qualcosa, se fossero cascati in un’imboscata inattesa, la situazione sarebbe precipitata rapidamente. C’erano innumerevoli varianti, diverse possibilità, e in mezzo ad un caos come questo era impossibile riuscire a trovare una soluzione efficace per tutti. E per quanto Shikamaru si stesse sforzando di ragionare sin dall’inizio dell’assalto, in quel momento non era nelle condizioni di poter-

“Shikamaru.”

Il Nara trasalì, voltandosi e trovandosi faccia a faccia con il volto pallido e sudato di Temari. Lo stava guardando dritto negli occhi. “Calmati. Fai un respiro profondo. Ti stai perdendo nuovamente nei tuoi pensieri,” gli sussurrò sua moglie, andando prontamente in suo soccorso.

Lui deglutì, annuendo ed imprecando. Ma Temari lo conosceva meglio di tutti e notò la sua tensione. Gli mise subito una mano sulla spalla. “Cerca di stare calmo. Mi sono sentita allo stesso modo quando quel folle ha attaccato il nostro clan. E proprio per questo ho fallito quella notte. Ma adesso non possiamo commettere gli stessi errori di prima. Non possiamo lasciarci accecare dalla paura. Questa volta deve essere diverso. Questa volta SARÀ diverso. Dobbiamo portare in salvo queste persone, allontanarle da qui. Sei con me?” domandò seriamente, cercando di trattenere il suo tumulto interiore.

Shikamaru annuì, cercando di sgomberare la mente. “Grazie, Temari,” la ringraziò sinceramente. Un sorriso determinato si diffuse sul suo volto. “Ce la faremo. Insieme.”

Sua moglie annuì e sorrise a sua volta. “Diamoci una mossa.”

Shikamaru aumentò il passo, guidando i civili e la sua gente verso l’uscita segreta.

“Konohamaru… cerca di resistere il più possibile.”
 


03 Giugno, 0022 AIT
08:40


Villaggio della Foglia, Terra del Fuoco
Distretto Centrale
Strada Secondaria per la Piazza Centrale

 
Nella sua breve vita, Konohamaru aveva già visto la Foglia cadere in rovina una volta, durante l’attacco di Pain. E ora, questa era la seconda. Ancora peggio: stava rivivendo una scena simile da adulto, e da Hokage. Da piccolo aveva sperato, pregato e supplicato il cielo di non rivedere mai più la sua casa in uno stato simile. Ma, ahimè, il Destino si stava rivelando, ancora una volta, un padrone crudele e senza alcuna compassione per lui e per la sua casa.

Era il caos. Puro e semplice caos. Le esplosioni e il fuoco stavano devastando tutto, generando nell’aria un odore di legno bruciato, metallo fuso, morte e cadaveri anneriti in decomposizione. Una sensazione opprimente di angoscia e terrore sembrava aleggiare nei cuori di tutti. E, per alcuni di loro, per quelli che non avevano mai visto una vera battaglia prima d’ora, quelle erano le uniche sensazioni che si potevano percepire tra i ranghi delle forze di difesa. Ma per tutti gli altri, per quelli come lui, questa visione era un orribile ricordo dei tempi passati. Un ricordo della Quarta Guerra Mondiale. Un ricordo della morte, del terrore, del dolore di quel giorno. Konohamaru certamente non avrebbe mai, mai potuto dimenticare quelle visioni passate.

Un'esplosione squassò l'isolato che stavano attraversando. Guardò il cielo attraverso i tetti delle due case che si stagliavano su entrambi i lati del vicolo attraverso cui lui e la sua squadra erano sgattaiolati. Il membro dei Kara che stava volando nel cielo a dorso dell'uccello – la stessa bestia che, ne era certo, aveva assaltato il Villaggio della Nuvola diversi anni prima – si sarebbe rivelato un problema. Nessuno di loro aveva la gittata e la portata necessaria per attaccarlo da terra, né la capacità di volare a differenza di Naruto. Fortunatamente però, chiunque fosse quel tipo, sembrava contento di far semplicemente piovere etichette esplosive su di loro senza fare altro. Konohamaru poteva occuparsene più tardi.

L'altra fonte delle esplosioni, invece, era ad un miglio e diversi isolati di distanza ad Est, nel Distretto Commerciale. Il problema? Una terra di nessuno, fatta di macerie e fuoco, si stagliava tra lui e quell’obiettivo. Era una trappola mortale, una che si era formata nel Villaggio in meno di pochi minuti a causa delle azioni dei Kara e dei bombardamenti continui. Fortunatamente, Rock Lee ed uno squadrone di Jonin erano diretti in quella direzione. Tenten possedeva e gestiva un negozio di armi in quella zona, e Konohamaru aveva abbastanza fiducia su loro due. Avrebbero potuto cavarsela da soli per un po', prima di dover mandare dei rinforzi.

Al momento invece, per lui erano più preoccupanti i brevi lampi di luce rossa e blu verso cui lui e Mirai si stavano dirigendo. Konohamaru aveva inviato la maggior parte della Squadra Due verso l’edificio del Dipartimento di Intelligence e Tortura. Shikamaru aveva ragione, dopotutto. Il quartier generale dell’Intelligence per la strategia militare della città sarebbe stato un bersaglio primario per i loro nemici. Inoltre, era abbastanza sicuro della sua forza e di quella della figlia di Asuma. Chiunque avessero incontrato da qui in poi, si sarebbe pentito amaramente di aver attaccato la Foglia.

"SHANNAROOOO!!!"

L’Ottavo Hokage sorrise. Avrebbe potuto riconoscere quella voce ovunque. Un suono simile a quello di un tuono rimbombò nell'aria subito dopo. Sbirciò dietro l'angolo dell'edificio. Sakura – il giovane Kage la benedì mentalmente – stava furiosamente sferrando dei pugni portentosi sopra ad una... una barriera scintillante di chakra rosso. La donna stava sfruttando la sua immensa forza per cercare di infrangerla. Sakura sbatté di nuovo un pugno contro la barriera, ma essa non cedette neanche un pò. Un altro fragore di tuono echeggiò nel vuoto quando un soffio d'aria si propagò verso l'esterno a causa dell'impatto.

Questo sarebbe stato un problema. Konohamaru non aveva mai combattuto contro un nemico che usava attivamente le Arti del Fuuinjutsu (Sigilli). Avrebbe dovuto adattarsi alla situazione ed improvvisare al volo. "Muoviamoci," sussurrò a Mirai. La ragazza annuì, i suoi occhi cremisi fissi sui loro nemici.

Mentre si muovevano in una posizione più vantaggiosa, l’Ottavo Hokage osservò il loro unico avversario in vista. Un giovane uomo, alto e muscoloso, con la tipica veste scura ed ammantata dell’Organizzazione. Indossava – stranamente – il suo cappuccio sopra la testa, rendendo impossibile scrutarne il volto, ma la sua aura di energia ed il potere oscuro che il suo corpo emetteva con la sua stessa presenza erano inconfondibili ai suoi occhi, anche senza la Modalità Eremitica. Chiunque avesse visto Boruto Uzumaki in carne ed ossa almeno una volta, non sarebbe mai più riuscito a dimenticare il suo aspetto, indipendentemente da tutto il resto. 

Per cui, il loro avversario sarebbe stato il leader stesso dell’Impero.

Intorno a loro, la città bruciava. Colonne immense di fumo e detriti si sollevavano verso il cielo mentre la terra tremava sotto le esplosioni. In mezzo alla strada, Konohamaru vide Boruto sputare dalle labbra una lama d'acqua verso Sakura. La madre di Sarada riuscì ad evitarla, ma essa continuò la sua traiettoria e tagliò i supporti di un palazzo alle spalle della donna. L’intero edificio crollò su sé stesso in pochi istanti. Konohamaru strinse furiosamente i denti e i pugni quando sentì le urla e le grida di terrore dei coinvolti. Non aveva il tempo né la capacità di salvarli, a differenza di Naruto. Avevano scelto di vivere nel cuore della Foglia, nel Distretto Militare, durante un tempo di guerra. Era un rischio che si erano presi consapevolmente. Eppure, lui era attualmente l’Hokage. Era suo dovere fare tutto il possibile per riuscire a salvarli.

Ma, a differenza di Naruto, lui non possedeva né il potere né l’esperienza necessari per colpire il nemico frontalmente. Per cui, se voleva fermare Boruto ed impedire una strage, doveva giocare d’astuzia.

Konohamaru si riscosse e condusse Mirai verso un cumulo di macerie che era stato incendiato delle fiamme. Stavano cercando di avvicinarsi il più possibile al combattimento senza essere visti. Poteva letteralmente sentire il suono dei pugni di Sakura che sbattevano rabbiosamente contro la barriera. L’Ottavo Hokage segnalò un codice a Mirai con un guizzo delle dita: agguato, fuoco, io, vento, tu. Mirai annuì con decisione. Insieme, i due Sarutobi agirono come una persona sola, tessendo una serie di Sigilli con le mani ed aggirando il cumulo di macerie. Konohamaru prese fiato ed esalò una ruggente ondata di fuoco dalle labbra. Di fronte a lui, Mirai espirò a sua volta una folata d'aria pressurizzata che alimentò il fuoco fino a raggiungere un livello di calore e potenza micidiale.

Boruto non si voltò nemmeno verso di loro. Il guerriero incappucciato sollevò semplicemente una mano verso l’attacco incombente, tenendo lo sguardo fisso e puntato su Sakura, che si era lanciata in avanti e aveva sbattuto un ennesimo pugno contro la barriera rossa. Il giovane Hokage vide l'aria brillare all’improvviso mentre un clone di Boruto apparve alla vita, evocando dalle mani una seconda barriera di chakra blu che entrò in funzione in quel momento. La loro Tecnica combinata si infranse sulla barriera blu come le onde fanno sopra le rocce, prima di appassire e morire senza scopo.

Konohamaru osservò le due barriere con gli occhi aggrottati. Probabilmente, realizzò, erano una coppia abbinata, un set unico: quella rossa per bloccare gli attacchi fisici, e quella blu per gli attacchi elementali.

Non ebbe modo di studiarle oltre. L’Hokage imprecò sottovoce quando fu costretto a schivare un improvviso proiettile d'acqua lanciatogli dal clone. Il vero Nukenin non si era nemmeno voltato verso di lui, eppure lo aveva già notato ed attaccato con una precisione sconcertante. Forse, realizzò in quel momento il Sarutobi, lo aveva notato sin dall’inizio grazie al suo Jougan, ancora prima di averlo attaccato con Mirai.

L’Ottavo trattenne l’impulso di ringhiare a quel pensiero. Era come combattere contro Naruto. O meglio, contro una versione più giovane, più crudele e più spietata di Naruto. Per quanto odiasse ammettere il solo pensiero di ciò, nessuno al mondo poteva negare che Boruto Uzumaki fosse uno dei Ninja più potenti mai esistiti sul loro pianeta. Ed il pensiero di doverlo affrontare adesso, nel bel mezzo della sua casa in fiamme, non era per niente allettante.

Il Nukenin rivolse la sua cappa oscura verso di lui mentre il clone si ritirava al suo fianco. “Vedo che finalmente ha deciso di unirsi alle danze, Ottavo Hokage,” disse, pronunciando quel termine con scherno e sarcasmo. Konohamaru e gli altri notarono che stava facendo qualcosa con la sua voce, probabilmente un Jutsu del Vento, per farla echeggiare meglio nell’aria. “Stavo cominciando ad annoiarmi qui.”

Il giovane Hokage sbucò fuori dalle macerie in fumo, solenne e imperioso. “…Boruto Uzumaki,” disse a sua volta, cercando di nascondere quanto fosse realmente nervoso. “Vorrei poter dire che è bello rivederti… ma sappiamo entrambi che non è così.”

Il sorriso crudele sulle labbra del biondo era percepibile anche senza essere visibile. “Il nostro disprezzo è reciproco, Sarutobi,” canticchiò.

Sakura sbatté un ennesimo pugno sulla barriera davanti al Ninja traditore, interrompendo il loro discorso. Come tutti gli attacchi precedenti, non fece alcun effetto. “Non riuscirai a scamparla dopo quello che hai fatto oggi,” ringhiò rabbiosamente la donna. “Ti ho già steso ben due volte in passato. Questa volta farò in modo che tu non possa nemmeno restartene in piedi dopo la batosta che stai per subire!”

“L’unico motivo per cui non ti ho ancora uccisa è perché Sarada e Sasuke-sensei non me lo perdonerebbero mai,” ribatté gelidamente il ragazzo, guardandola torvo da sotto al suo cappuccio. Gli occhi verdi della donna lampeggiarono di collera alle sue parole. “Ma non ho certo dimenticato il dolore che mi hai inferto. Stai sicura che oggi farò in modo di ricambiarti il favore, Uchiha.”

“Non farai niente di tutto questo, invece,” s’intromise nuovamente l’Ottavo, facendo un passo in avanti e parlando con tutta la forza e la decisone degne del suo titolo. Si portò più vicino a Sakura, affiancato alle spalle da Mirai e da una dozzina di ANBU e Shinobi dalle armi sguainate. “Hai invaso e ferito la Foglia... lo stesso Villaggio dove sei nato e cresciuto. Lo stesso Villaggio che è stata la tua casa per ben dodici anni! Pensi che un affronto del genere possa restare impunito?”

Il Nukenin incappucciato inclinò la testa verso di lui. “Pensi davvero di potermi minacciare, Sarutobi?” ridacchiò ironicamente. “Io ho già sconfitto il Settimo Hokage in battaglia… cosa pensa di poter fare un insetto come lei al confronto di quell’uomo?”

Quella dichiarazione fece raggelare il sangue a tutti quanti.

Konohamaru sentì il terrore più puro e acuto di sempre iniziare ad insediargli le ossa. Persino Sakura e Mirai trasalirono come se fossero state fisicamente colpite. S-Se quello che Boruto aveva appena detto era vero, allora Naruto… Naruto era…

Ma Boruto non aveva finito. “Inoltre, questo posto non è mai stata la mia casa,” continuò a dire, incurante come sempre. “La Foglia non rappresenta più niente per me e la mia gente, se non un ennesimo ostacolo da eliminare per riuscire ad unire il mondo e portare la pace sulla Terra.”

“Sei un maledetto e pazzo assassino!” sibilò un ANBU in mezzo alla calca.

“E voi un branco di insetti incapaci di adattarvi alle leggi della natura,” ribatté prontamente il clone, parlando per l’originale.

“…noi ti fermeremo, Boruto,” dichiarò ancora l’Ottavo Hokage. La sua voce suonò tremante, ma indiscutibilmente decisa e ferma persino nel suo terrore. “Non ci arrenderemo senza combattere.”

Il biondo incappucciato lo fissò col suo sguardo nascosto. “E come, di grazia, avreste intenzione di fermarmi? I vostri attacchi non sono riusciti neanche a scalfire le mie deboli barriere. Se non siete nemmeno in grado di superare un ostacolo del genere, allora la Foglia e tutta la sua gente cadranno molto prima di quel che pensate,” dichiarò senza un minimo di emozione.

Era vero. Konohamaru sapeva che era vero. Ma, nonostante tutto, il giovane Hokage nutriva una speranza in fondo al suo cuore. Nessuna Tecnica era impeccabile. Nessuna persona era priva di falle o limitazioni. Come tutte le Tecniche e tutte le cose esistenti, anche Boruto e i suoi Justu avevano delle debolezze. E Konohamaru era più che deciso a scoprire quali fossero per riuscire a fermarlo. Doveva farlo, come Ninja, come uomo, e come Hokage. Era il suo dovere. Doveva riuscire a fermarlo, per impedirgli di calpestare il sogno per cui Naruto, Kakashi e tutti gli altri Hokage prima di lui si erano sacrificati fino ad oggi. La sconfitta non era un’opzione.

Non ci furono altre parole dopo quello scambio di battute. Sprecare il fiato in mezzo ad una battaglia era inutile.

Il giovane Sarutobi fece un cenno con le mani. "Copritemi,” sussurrò ai suo compagni e subordinati. Mirai e Sakura annuirono, mentre la prima evocava le sue tipiche lame di chakra e la seconda faceva schioccare le dita. Alle sue spalle, gli ANBU e gli Shinobi al suo seguito lanciarono un grido d’assalto e partirono alla carica. Konohamaru si tuffò nella pietra e nuotò in avanti, nascosto sotto le macerie del Villaggio. Chiuse gli occhi ed iniziò ad accumulare Energia Naturale nel suo corpo. Se le sue stime fossero state corrette, allora l’unico modo per annullare le barriere era...

Mentre avanzava, sentì improvvisamente le sue dita sfiorare uno strano chakra estraneo. Era denso, come un liquido, e splendente di un blu brillante che illuminava il tunnel sotterraneo. Pulsava, inoltre, come se fosse vivo ed indipendente. Come se avesse un battito cardiaco tutto suo. Era... un ciclo di reazione. Konohamaru attivò la sua Modalità Eremitica dei Rospi e si tuffò di lato mentre una raffica di frecce acquose squarciava il terreno nel tentativo di eviscerarlo. Era difficile schivare sottoterra in modo efficace, quindi si ritirò frettolosamente verso la superficie. Lì, il neo Hokage saltò lontano dal raggio di attacco nemico e scagliò un kunai contro il bersaglio.

Una barriera di chakra rosso brillò nuovamente alla vita e fermò il proiettile. Un istante dopo, la bomba a gas invisibile attaccata all'elsa del kunai esplose silenziosamente. Konohamaru sorrise sotto i baffi. Anche se l’attacco sembrava aver fallito, i suoi occhi da rospo videro chiaramente il gas velenoso che attraversava la barriera con facilità.

Aggiunse mentalmente quell'informazione al conteggio nella sua testa. Le barriere erano permeabili all'aria e quella rossa, in particolare, permetteva il passaggio di gas velenosi inosservati.

L'unico problema era che Boruto ed il suo clone non sembravano preoccuparsene. Si limitarono a scrollarsi di dosso il gas senza fare alcuna mossa per evitarlo. Magari stavano trattenendo il respiro sotto al cappuccio, oppure stavano lentamente disperdendo il gas a sua insaputa. Konohamaru si accigliò a quel pensiero. La Foglia usava un particolare tipo di gas velenoso creato da poco, la cui composizione era stata classificata e rivelata solamente ai Kage e agli ANBU di alto livello. Se Boruto ne era davvero immune, significava che in qualche modo doveva averne scoperto l'antidoto. Che ci fossero delle possibili spie tra i loro ranghi? Il giovane Hokage non voleva intrattenere il pensiero che uno dei suoi amici, dei suoi compagni, avrebbe tradito consapevolmente la Foglia per allearsi con l’Impero. L’unico precedente era stato con Annie Leonhardt, e quello era successo più di tre anni prima.

"Sakura!" abbaiò allora Konohamaru, indicandole le sue intenzioni con un cenno delle dita. Un vecchio codice utilizzato esclusivamente dal Team 7 ed i suoi fedeli alleati. Sakura reagì all’istante, calpestando il terreno e sollevando una nuvola di detriti. Poi sbatté un pugno contro un masso grande quanto il suo cranio. Volò nell'aria con un sibilo udibile verso il clone del Nukenin che aveva appena evocato la barriera blu per difendersi dagli assalti incessanti degli ANBU.

Il secondo Boruto si voltò di scatto e creò di nuovo una barriera di chakra rosso per proteggere il clone. Konohamaru sorrise mentre schizzava fuori dal suo nascondiglio. Un guizzo di chakra azzurro gli attraversò il pugno mentre si lanciava in avanti, puntando il suo Rasenshuriken verso la schiena del clone, proprio sul punto dove c’era il cuore. Senza la barriera blu a difenderlo alle spalle, la Tecnica l’avrebbe colpito di certo, e non c'erano possibili schivate a questa distanza quando l'attacco proveniva da un punto cieco.

Perciò, quando i suoi occhi videro il clone chinarsi casualmente in avanti per permettere al suo Rasenshuriken di navigare innocuamente sopra la sua testa, il Sarutobi sentì qualcosa di freddo e appuntito iniziare ad agitarsi dentro al suo stomaco: terrore. Il tempo rallentò istantaneamente. Con grande riluttanza, Konohamaru alzò gli occhi per fissare il secondo Boruto appena apparso istantaneamente dinanzi a lui, talmente veloce da risultare invisibile. Lo stava fissando intensamente sotto a quel cappuccio oscuro. Poi, il neo Hokage grugnì di dolore quando uno stivale si collegò malamente alle sue costole.

Si schiantò pesantemente contro una casa o un negozio in rovina e l'edificio crollò tutt’intorno a lui. Konohamaru ansimò quando il suo istinto prese il sopravvento. Saltò lontano dalle macere appena un secondo prima che un'ondata d'acqua si abbattesse sull'edificio. Poi, i suoi sensi aumentati dalla Modalità Eremitica udirono il suono dell'elettricità urlante in lontananza. Poteva ancora sentire gli spruzzi d'acqua sul suo viso. Chiuse gli occhi, aspettandosi di essere colpito dal morso aspro del fulmine…

Ma non avvenne. Vide che Mirai stava danzando in cerchio attorno al clone di Boruto, assaltandolo con le sue lame sbrilluccicanti di chakra. Sakura, nel frattempo, stava facendo del suo meglio per schiacciare il secondo Boruto nascosto dietro alla barriera rossa e ridurlo in poltiglia. Era forte, ma non abbastanza veloce da tenergli testa, e di questo passo non sembrava che avrebbe fatto grandi progressi. Il Sarutobi tirò un sospiro di sollievo mentre si rassegnava ad effettuare una nuova strategia. Si riunì in fretta alla sua squadra, preparandosi a raddoppiare i suoi sforzi.

"Sakura!" gridò Konohamaru, osservandola ansimare dopo l’ennesima raffica andata a vuoto. "Fermati! Cercare di colpirli in questo modo è inutile."

Poté sentire il momento esatto in cui la madre di Sarada borbottò la sua imprecazione, allontanandosi di scatto dalla barriera. Fu soffocata da un feroce grido di battaglia mentre Mirai mandava un calcio rotante verso il clone di Boruto, mirando alla testa. La copia schivò abilmente l’attacco, ma un’ondata di vento generato dal colpo andato a vuoto lo fece sollevare da terra e lo scagliò all'indietro per diversi metri.

Konohamaru si spremette furiosamente il cervello alla ricerca di una strategia. Sapeva di non possedere né la forza, né la velocità e nemmeno l’abilità combattiva necessarie per tenere testa al loro avversario. Quindi, affrontarlo da solo in uno scontro diretto sarebbe stato un suicidio. Era un po' spaventoso, davvero, realizzare appieno il fatto che lo stesso ragazzo che un tempo sarebbe potuto essere un suo allievo era diventato infinitamente più potente di lui in meno di sette anni. Ma comunque, se voleva avere una chance di colpirlo, doveva trovare un modo per superare quelle maledettissime barriere.

Riflettendo, l’Ottavo Hokage ripensò a come Sakura avesse sferrato i suoi pugni sulla barriera rossa. Conoscendo quella donna, era improbabile che si fosse trattenuta molto negli attacchi, e quindi era ragionevole presumere che infrangere la barriera fosse quasi impossibile. E se la stessa forza doveva essere applicata anche alla barriera blu, ciò significava che nessun attacco basato sul chakra sarebbe stato in grado di distruggerla. Almeno, nessun attacco che Konohamaru era in grado di creare. Quindi, avevano bisogno di invertire le cose. Doveva provare a mettere Sakura contro la barriera blu ed attaccare lui stesso quella rossa.

Konohamaru intessé dei sigilli con le mani. Grazie al suo chakra, un muro colossale di terra venne improvvisamente eretto tra loro tre ed il Nukenin nemico. Il giovane Hokage scelse di immaginare che ci fosse uno sguardo di frustrazione sotto a quel cappuccio oscuro, ma sapeva che era improbabile. Tuttavia, aveva visto chiaramente il modo in cui l’originale ed il suo clone stessero costantemente girando intorno ai loro avversari per cercare di avvicinarsi l'uno all'altro. Volevano coprirsi a vicenda. Probabilmente, erano più forti insieme che separati. O, forse, stavano cercando di nascondere qualcosa.

Gli occhi arancioni del Sarutobi si assottigliarono con sospetto.

Il clone voltò il suo cappuccio oscuro a fissarlo. Konohamaru si lanciò all’attacco e spinse il braccio in avanti. Un piccolo Rasengan guizzò alla vita tra le sue dita ed urlò la sua furia, crescendo rapidamente.

Il suo bersaglio balzò via da lui, dirigendosi verso la cima del muro di terra. Konohamaru era proprio dietro di lui, altrettanto veloce, e stava già tessendo dei segni con le mani. Esalò un ruggente inferno di fiamme sul clone prima che quest’ultimo potesse piantare i piedi in cima al muro. Sperò e pregò mentalmente per un successo, ma non fu affatto sorpreso quando si ritrovò davanti ad un altro fallimento. L'uomo incappucciato alzò la testa e sputò un'ondata ribollente e schiumosa d’acqua senza nemmeno formulare sigilli. Fuoco e acqua si incontrarono in un'esplosione di vapore che appannò il campo di battaglia per diverse decine di metri.

Il giovane Sarutobi imprecò. Era proprio in momenti come questi che gli mancava davvero avere Shikamaru al suo fianco. Senza di lui e la sua astuzia, era ancora inesperto ed incapace di formulare un piano d’attacco decisivo. E senza il potere infinito del Kyuubi dalla sua parte, Konohamaru era ben consapevole di essere, in quel momento, un Hokage più debole del necessario rispetto a Naruto. Poteva praticamente sentire il sorriso di scherno che il suo avversario gli stava rivolgendo, sfidandolo nella sua debolezza. Attorno al campo di battaglia, l'aria del Villaggio sibilava mentre veniva squarciata dal rumore dell'acciaio, delle esplosioni e delle urla di battaglia.

Una potente folata di vento spazzò il campo di battaglia in quel momento. Konohamaru ammiccò con le palpebre mentre il mondo gli veniva di nuovo schiarito. Sakura era stata... letteralmente scagliata contro un pilastro di cemento. Mirai invece respirava affannosamente e si teneva le mani contorte nel Sigillo del Topo. E Boruto ed il suo clone erano, ancora una volta, in piedi uno accanto all’altro. Attorno a loro due, il resto degli ANBU e degli Shinobi della Foglia erano stati ridotti a brandelli.

Sakura e Mirai si unirono ancora una volta a lui per fronteggiare nuovamente il leader dell’Impero.

"C-Cosa facciamo?" chiese nervosamente Mirai. Stava stringendo le dita così forte attorno all’elsa dei suoi kunai che la pelle le era diventata bianca come la neve e le sue nocche stavano iniziando a schioccare.

"Sembra che non saremo in grado di separarli facilmente," mormorò Konohamaru. "Sono troppo intelligenti, troppo forti, per poterli sopraffare individualmente. Dobbiamo scoprire quale sia la loro debolezza. La barriera rossa blocca gli attacchi fisici, quella blu gli attacchi elementali. Proviamo a colpirle entrambe allo stesso tempo."

Sakura e Mirai annuirono. Konohamaru prese fiato e si preparò ad attaccare.
 


03 Giugno, 0022 AIT
09:07


Villaggio della Foglia, Terra del Fuoco
Zona Periferica Sud-Est
Campo di Addestramento n°32

 
Ora che i civili erano stati evacuati, era ora della controffensiva.

Shikamaru trattenne il fiato, nascosto dietro il tronco di un abete, osservando di soppiatto i suoi bersagli: un ragazzo ed una ragazza, entrambi rivestiti dalle cappe dell’Organizzazione Kara e coi volti coperti, intenti a camminare lentamente nel bel mezzo del campo di addestramento, diretti verso il Distretto Commerciale.

I suoi occhi incontrarono il suo fidato compagno di squadra nascosto dall’altra parte della radura. Choji annuì silenziosamente, prima che lui ed un altro membro del suo clan – Chobee, si ricordò Shikamaru – iniziassero a crescere a vista d’occhio; diventando sempre più alti, sempre più pesanti, sempre più larghi. I loro muscoli s’incresparono sotto il loro tipico strato di grasso. Shikamaru rivolse loro un cenno del capo. Vedendolo, i due membri del clan Akimichi balzarono verso il cielo con sorprendente grazia e furtività, prendendo la mira verso il loro obiettivo designato senza fare nemmeno un singolo rumore.

Shikamaru scoccò un’occhiata alla destra. Temari stava preparando in fretta il suo ventaglio da battaglia, nascosta a sua volta dentro al tronco cavo di un pino secolare, mentre lui era intento a tenere le mani contorte nel Sigillo del Ratto. Shikamaru poteva sentire le ombre crescere e svanire ai suoi piedi mentre il suo chakra scorreva attraverso di lui, unendosi a quello di sua moglie. L'oscurità, il mondo delle ombre che rispecchiava quello fisico, rispose alla sua chiamata; esattamente come aveva fatto con ogni membro del suo clan sin da tempo immemorabile.

I suoi occhi sottili videro uno dei loro bersagli irrigidirsi e le sue orecchie lo udirono abbaiare un ordine. Un istante dopo, sia Choji che Chobee sbatterono i pugni – ora diventati più larghi di quanto fosse alto Shikamaru – sui due membri dell’Organizzazione, con una precisione quasi chirurgica.

Il ragazzo incappucciato reagì, veloce in una maniera quasi innaturale. Mosse la testa con uno scatto rapido come quello di un uccello, effettuando brevi raffiche di movimento che erano troppo difficili da seguire ad occhio nudo. Si dileguò dal luogo dell’impatto appena un secondo prima che Chobee potesse colpirlo, svanendo in mezzo ai detriti con una rapidità che era quasi spaventosa.

La ragazza? Non reagì rapidamente come il compagno, ma fece qualcosa di altrettanto terrificante. Gli Akimichi, nelle loro forme giganti, erano molto più forti degli uomini e delle donne normali. Fisicamente parlando, era quasi palese e scontato. Ma nonostante questo, la donna affondò i talloni nel terreno, si voltò di scatto e sferrò un pugno verso il cielo. Choji incontrò il pugno della donna con il suo, generando un boato fragoroso. Shikamaru ammiccò, aspettandosi di vedere il suo amico che aveva facilmente la meglio sull’avversario più piccolo e più debole in termini di forza.

Ma non accadde. Ci fu un rumore sordo e agghiacciante di ossa rotte che si spezzavano, seguito subito dopo da un urlo di dolore mentre le nocche di Choji si piegavano e si laceravano su loro stesse sotto la forza del colpo della ragazza. Il terreno sotto i suoi piedi venne completamente ricoperto di crepe. Shikamaru sentì la rabbia, calda e bollente e furibonda, ribollirgli nello stomaco. La sua ombra si scagliò, rispecchiata da quella di sua moglie.

"Schiva!” gridò il ragazzo, rivolgendosi alla sua compagna.

La ragazza – quella maledetta – abbandonò la sua gara di forza per saltare lontano dal percorso della sua ombra. Ma Shikamaru non aveva intenzione di abbandonare la sua preda così facilmente. Non dopo che aveva osato ferire Choji. La sua ombra scivolò in avanti, sfilacciandosi ai bordi e disfacendosi in molteplici tentacoli di oscurità, simili a serpenti con vita propria. I viticci balzarono in avanti con una densità tangibile mentre Shikamaru cercava di lanciarli contro il tronco di un albero per dirigerli verso il bersaglio. Questo era l’unico punto debole del saltare in aria: non potevi schivare.

La ragazza incappucciata sferrò un calcio all’aria che fu echeggiato da uno scroscio di tuono. La forza del calcio generò un’ondata di vento che la scagliò in salvo, ben fuori dalla portata delle sue ombre. 

…a quanto pareva, si poteva comunque schivare a mezz'aria. "Che seccatura," borbottò Shikamaru.

"Attento!" gridò Temari, allarmata.

Il Nara girò di scatto la testa. Poi imprecò. "Merda." L'altro membro dei Kara aveva completamente cancellato la distanza tra loro ed il punto in cui si trovava prima nello spazio di tempo tra un respiro e l'altro. Schivò abilmente ogni raffica di vento che sua moglie tentò di inviargli, puntando sempre e solo a lui come un treno che correva imperterrito sui binari.

Shikamaru mandò la sua ombra a trattenere l’assalitore mentre teneva d'occhio la ragazza che stava schivando tutti gli alberi ed i massi che Choji e Chobee stavano sradicando con grandi calci dei loro stivali. Il giovane consigliere deglutì nervosamente quando vide la ragazza prendere a pugni un macigno grande quanto un tavolo da cucina solo per ridurlo in polvere e ciottoli in meno di un secondo.

Alla fine, gli ANBU ed il resto dello squadrone rimasto in agguato uscirono fuori dai loro nascondigli e si unirono alla mischia. Due Jonin, alti il ​​doppio della sua altezza e con una muscolatura che avrebbe reso invidioso qualunque Raikage, emersero dal bosco e si lanciarono alla carica. Shikamaru lanciò al giovane nemico un sorriso sciatto quando lo vide vacillare a metà passo in mezzo a due ombre danzanti, mentre i due uomini giganti si schiantavano su di lui.

Uno dei Jonin sbatté un pugno verso il basso e non colpì nient'altro che aria e sporcizia. L'altro si scagliò in avanti con un calcio e sradicò un albero mentre il ragazzo incappucciato si chinava sotto all’attacco. Shikamaru comandò alla sua ombra di avanzare, soggiogare, intrappolare. Il nemico balzò via, ancora più veloce di prima, e si fermò slittando mentre travolgeva un gruppo di tre ANBU come se fossero miseri birilli in una gara di bowling. Subito dopo, Shikamaru sussultò e si gettò di lato mentre il membro dell'Organizzazione gli scagliava contro una raffica di shuriken con una tale velocità da essere impossibile da registrare ad occhio nudo. Riuscì ad evitarne quattro, ma gli ultimi due gli fecero guadagnare uno squarcio sulla guancia e sulla spalla.

D’improvviso, uno sciame di ANBU neri come l'inchiostro sgattaiolò fuori dal sottobosco. Shikamaru tirò un sospiro di sollievo. Con un comando mentale, lanciò un altro tentacolo di oscurità che strisciò via dalla sua ombra. Allungò una mano dietro la sua schiena, tirando fuori una lama di chakra da una sacca sulla cintura, prima di farla scivolare nell'ombra di un albero e serpeggiare nella foresta. Fu un gioco da ragazzi per lui far passare l'ombra dietro la schiena del giovane nemico, puntandogli la lama contro. Tuttavia, un getto di fuoco e fiamme – cortesia della ragazza di prima – lo fece desistere dall’idea di attaccare. La Tecnica di Fuoco avanzò oltre la sua ombra in attesa, tagliando in due lo squadrone di ANBU in carica mentre la giovane schivava un altro gigantesco pugno di Choji. Con un pensiero, Shikamaru ordinò alla sua ombra di colpire.

La lama di chakra veleggiò verso l'ombra del giovane incappucciato con un’etichetta esplosiva dietro di essa. Ci fu un lungo momento di silenzio, un momento in cui Shikamaru pregò qualunque divinità esistente affinché quella mossa potesse mettere fine al combattimento. Anche se avesse schivato la lama, era comunque estremamente difficile per la maggior parte delle persone normali evadere un’esplosione imprevista con così poco raggio di reazione. Tuttavia, il membro dell'Organizzazione si mosse con una prontezza non ancora manifestata in battaglia. Evitò con precisione la lama di chakra, e poi contorse il corpo in modo tale che la sua ombra fosse proiettata in una direzione diversa, bloccando l’etichetta prima che potesse esplodere. Shikamaru imprecò. Quel bastardo sembrava avere occhi anche dietro la testa. Non c’erano dubbi su quale fosse la sua identità, a questo punto.

Boruto – lui od un suo clone, era difficile dirlo senza poterlo vedere in faccia – balzò al sicuro su un ramo di un albero. "SUITON;" lo udirono esclamare. Shikamaru e Temari sgranarono gli occhi. "Dai Bakusui Shōha!" (Arte dell’Acqua: Grande Onda Esplosiva)

Un'ondata d'acqua imponente e schiumosa fu sputata in avanti. Era talmente grossa da eclissare persino il più alto degli alberi in mezzo a quella radura. "Operazione T-9!" ordinò Shikamaru mentre afferrava sua moglie per il braccio, scattando lontano dal loro nascondiglio e correndo al riparo. Una coppia di ANBU veterani corse davanti a loro ed iniziò a scarabocchiare furiosamente su due strani rotoli. Shikamaru lanciò un'occhiata all'indietro. "Adesso!" gridò, osservando mentre l'onda guadagnava terreno su di loro.

Gli ANBU reagirono all’istante. “Kuchiyose no Jutsu!” (Tecnica del Richiamo)

Dalle pergamene sbucò fuori una grande tartaruga color pece, alta almeno sette metri. Shikamaru spinse sua moglie in avanti e loro due balzarono contemporaneamente. Con una mano, aiutò i due ANBU a salire a bordo della loro evocazione proprio un istante prima che l'ondata potesse investirli. Il giovane Nara strinse i denti mentre la forza dietro la Tecnica avversaria minacciò di farlo cadere dal guscio della tartaruga, togliendogli l’equilibrio. Un'applicazione generosa di chakra alle sue gambe gli assicurò che i suoi piedi rimanessero ben piantati e fermi.

"Quanto cazzo di chakra hanno questi bastardi?!" imprecò Temari, reggendosi al guscio anche con le mani.

Shikamaru fece una smorfia mentre il nemico continuava a pompare altre ondate d'acqua senza nemmeno avere l'aiuto di una fonte d'acqua naturale. Ovviamente, Boruto Uzumaki si dimostrava essere tanto mostruoso quanto dicevano le leggende. “Se non di più,” pensò amaramente.

"Fate spazio!" gridò una voce familiare.

Shikamaru alzò lo sguardo quando sentì un'ombra proiettarsi su di loro. Choji cadde giù dal cielo, atterrando sull’enorme tartaruga assieme a suo zio Chobee che lo reggeva di peso. Era debole, insanguinato e contuso, ma Shikamaru poteva vedere il suo petto muoversi su e giù. Il suo amico atterrò allo stesso tempo in cui uno scroscio d'acqua esplosivo colpì la carne della tartaruga. Un'altra ondata d'acqua, creata dall’assalto nemico, si sollevò in avanti e capovolse la tartaruga senza pietà. Shikamaru chiuse gli occhi e fece un respiro profondo.

Quando si riprese, la foresta del campo di addestramento era stata inondata da un lago e si era trasformata in un deserto paludoso. Niente più foresta, niente più alberi, niente più cervi. Temari, Choji, Chobee ed alcuni ANBU giacevano a terra a diversi metri da lui. Sembravano incolumi, e Shikamaru poteva vedere che stavano ancora respirando, ma non significava molto. Choji era tornato alle sue dimensioni normali e suo zio era in lacrime mentre si lamentava, cercando di sostenerlo. Il Nara strinse i denti e fece un Sigillo con la mano.

Il rumore di due paia di stivali che calpestavano l’acqua gli fece contrarre le orecchie. Il suo cuore iniziò a martellargli nel petto. I due membri dell'Organizzazione avanzarono a grandi passi, fianco a fianco, muovendosi sopra il fango e l’acqua con una facilità disarmante. Non si erano ancora tolti i cappucci delle teste, e Shikamaru assottigliò gli occhi a quella visione. Che senso aveva celare i loro volti, arrivati a questo punto? Era palese che fossero Boruto e Mikasa. Che ci fosse un qualche motivo dietro a quella scelta? Una Tecnica segreta? Una possibile-

La giovane donna incappucciata guardò il suo compagno di sbieco. "Vuoi che li uccida io?" chiese con voce monotona.

Il respiro di Shikamaru gli si bloccò in gola. No, non poteva permettere ai suoi amici di morire. Non poteva permetterlo per nessuna ragione al mondo. "Aspettate!"

Dietro la sua schiena, la sua mano continuò a contrarsi impercettibilmente.

"No," disse l'uomo, Boruto, parlando con voce solenne e priva di emozione. "Occupati di inseguire gli altri ancora nascosti. Qui ci penso io.”

La ragazza incappucciata annuì prima di svanire nel nulla, alla ricerca degli ANBU e degli Shinobi ancora in vita sparsi per tutta la radura ed intenti a cercare rinforzi.

Il volto oscuro di Boruto era insondabile sotto al suo cappuccio. “…Tu," Boruto lo guardò. Shikamaru deglutì nervosamente sotto a quello sguardo senza volto. "Tu, Shikamaru Nara, sei pericoloso. Troppo pericoloso per essere lasciato ancora in vita." Il Nara serrò i denti, cercando disperatamente di capire perché quel pazzo stesse continuando a nascondere il suo volto. "Perciò, in nome della Pace, devi morire qui ed ora."

Shikamaru ringhiò rabbiosamente. "Pazzo bastardo fastidioso." Non poteva permettersi di morire qui. Non così, non ancora.

"Addio," disse il Nukenin, spingendo una mano in avanti. Nemmeno un secondo dopo, una lancia di fulmini gli squarciò all’improvviso il petto.

E poi, il mondo di Shikamaru divenne completamente nero.
 


03 Giugno, 0022 AIT
09:22


Villaggio della Foglia, Terra del Fuoco
Distretto Commerciale
Negozio di Tenten

 
Rock Lee imprecò mentalmente mentre arrestava di colpo la sua corsa in mezzo alle strade distrutte. Con un respiro affannoso, assunse una posizione di difesa che consentiva una maggiore libertà di movimento. Non aveva senso cercare di bloccare fisicamente il fulmine o il vento. Schivare era semplicemente la scelta migliore. Accanto a lui, un anziano e spossato Gai-sensei lo rispecchiò nei movimenti, le sue gambe sorrette dalla prostesi che lo reggevano a malapena in piedi con forza tremante. Ma nonostante l’età e la situazione tesa, sfoggiava un piccolo sorriso orgoglioso sulle sue labbra. Quella visione bastò a rassicurarlo leggermente. Era da anni che non aveva più lottato fianco a fianco assieme al suo Sensei. Sembrava che oggi il momento fosse arrivato di nuovo, finalmente.

Tenten se ne restava in piedi dietro di loro, davanti alle rovine in fiamme del suo negozio, stringendo una grossa pergamena sotto ad ogni braccio. All'interno dei rotoli, Lee sapeva che c'erano migliaia e migliaia di armi e strumenti ninja pronti ad essere sfoderati.

I loro nemici, giovani e mostruosamente potenti, erano davanti a loro. Due ragazzi, i cui volti restavano stranamente nascosti sotto a delle cappe oscure, celando alla vista le loro fattezze. Ma sia lui che i suoi compagni avevano capito da tempo le loro identità: Boruto Uzumaki e Sora Hikari, Lee lo sapeva. Non potevano che essere loro due, viste l’impareggiabile velocità del primo e gli assalti elementali del secondo. Erano loro i responsabili della distruzione che stava avvenendo tutt’attorno a lui. Il loro potere era pari solo alla loro crudeltà.

Uno dei due – il leader, Boruto, senza ombra di dubbio – si asciugò un rivolo di sangue che gli scorreva lungo la mano. Sangue, pensò Lee con rimorso, non dovuto ad una ferita subìta, ma ad un attacco sferrato. La sua mano destra si mosse a tamponare lo squarcio che gli aveva aperto la spalla sinistra. Il figlio reietto di Naruto aveva quasi rischiato di impalarlo con un Raikiri (Taglio del Fulmine) appena un minuto fa. Rock Lee sapeva di non poter più abbassare la guardia, a questo punto. Un altro errore del genere sarebbe potuto essere fatale.

Boruto alzò un braccio in avanti e Lee assottigliò gli occhi. Accanto a lui, Gai-sensei e Tenten si irrigidirono a loro volta. Ma, invece di sferrare un attacco, la mano del Nukenin si limitò a formare il Sigillo del Toro. "Qui è B-3, boss," disse Boruto, rivolgendosi telepaticamente a qualcuno. La sua voce suonò stranamente più distorta e cupa del solito. "Obiettivo prioritario in vista. Richiedo di ricevere rinforzi," dichiarò, con un tono che sembrava grondare di un grande disgusto.

Di solito, Rock Lee sarebbe stato orgoglioso di questo. Costringere degli avversari potenti come i Kara a richiedere aiuto per sconfiggerlo non era da poco. Ma, in quel momento, Lee non ne era orgoglioso. Perché il figlio di Naruto non stava guardando a lui mentre pronunciava quelle parole.

Stava guardando a Tenten.
 






 

Note dell’autore!!!

Scrivere e revisionare questo capitolo è stato un vero e proprio parto per me. Sono un po' indeciso se esserne pienamente soddisfatto o meno, ma dopo diverso tempo speso a revisionarlo ho scelto di lasciarlo così. Spero che possa essere stato di vostro gradimento, davvero. In caso mi siano sfuggiti eventuali errori di grammatica e battitura, vi prego di farmelo sapere per correggerli quanto prima.

Come avete visto, le cose si stanno facendo decisamente movimentate. Lucy ci ha lasciati, anche se era palese sin dal capitolo precedente che la sua storia sarebbe inevitabilmente andata a finire così. La profezia di Himawari, dopotutto, si riferiva proprio a questa scelta: scegliere se rischiare di togliere il chakra a Shizuma per scovare Boruto, causandone involontariamente la morte (ed essere quindi la Spada citata nella profezia), oppure scegliere se lasciargli il chakra e risparmiargli la vita (ed essere invece lo Scudo). È stata una scelta indotta, e dal risultato decisamente inaspettato. Ma, in entrambi i casi, i risultati sarebbero stati comunque negativi a lungo andare. Era inevitabile. In questo caso, la morte di Shizuma per mano di Himawari ha portato alla rottura del personaggio di Lucy, e alla sua eventuale morte. Era una cosa che avevo ideato da molto tempo. Spero che la scena possa avervi suscitato qualche emozione.

Detto questo, il tanto atteso assalto al Villaggio della Foglia è finalmente iniziato. Kiba, Shino, Shizune e diversi altri volti familiari ci lasciano le penne… ma ovviamente questa è solo la prima parte dell’assalto. Ci sono altre due parti in arrivo, anche se non so dirvi quando. Ancora non abbiamo visto niente, e molti altri personaggi devono ancora fare la loro comparsa nell’assalto. Spero che la vicenda possa interessarvi da questo punto di vista. Succederanno un bel po' di cose (non tutte come potreste pensare).

A presto. Un abbraccio a tutti.
 
   
 
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