Il ritorno di Papillon
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Capitolo 15
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Lila Rossi rientrò nel suo appartamento.
Levò gli enormi occhiali da sole e li appoggiò nella mensola di legno
sbilenca posta al lato della porta, quando vi appoggiò anche le chiavi questa
cadde rovinosamente a terra.
“Maledizione” Imprecò lasciando tutto dov’era, inutile sistemare, tanto tra
qualche giorno avrebbe dato al padrone di casa il ben servito.
Si assicurò solo che quei costosissimi occhiali non si fossero rotti, ci
soffiò sopra le lente solo per togliere la polvere e con la manica della
maglietta lucidò il marchio Agreste.
Tolse con un gesto i tacchi rossi e li sistemò con estremo ordine sulla
scarpiera, s’infilò poi le pantofole per coccolare i piedi che urlavano pietà dopo
quella lunga mattina a passeggiare su e giù.
La rossa accarezzò con un gesto la spilla che teneva dentro la borsetta e
la indossò.
“Mia signora” La salutò Nooro con riverenza.
“Eccolo, il mio migliore amico” Gli accarezzò la testolina.
“Abbiamo del lavoro da fare”
Nooro deglutì rumorosamente, non conosceva le sue intenzioni e il perché lo
stava facendo, lei non era come il suo precedente padrone Gabriel, lei era
cattiva e meschina, tutto quello che fa, lo fa solo per compiacere sé stessa e
rovinare la vita alle altre persone.
“Posso chiederle a cosa le servo io?”
“Devo vendicarmi!” Esclamò con sguardo sadico senza tanti giri di parole. “E
tu mi aiuterai a raggiungere il mio scopo.”
“Ma padrona i miraculous non andrebbero usati per
i propri scopi, ma solo per servire un bene superiore” Cercò di spiegare in
tono calmo e pacato facendola ragionare come meglio poteva.
“Smettila! Ho già sentito abbastanza stronzate per oggi.” Lila batté i pugni
sul tavolino di legno facendolo sobbalzare e spalancare gli occhi dal terrore.
Si, Lila Rossi lo spaventava a morte.
“Tu mi aiuterai a mettere in atto la mia vendetta finale.” Gli puntò il
dito contro facendolo sbattere la sua unghia affilata laccata di rosso contro
il suo tenero pancino viola “…Gabriel marcirà in prigione e ora mi manca solo
avere Adrien al mio fianco”
“Adrien ama Marinette, non si metterà mai con una
come te.”
“Zitto!” Si avvicinò a lui puntando il suo sguardo avvelenato, era ben
consapevole che il rampollo di casa Agreste non avrebbe mai lasciato la moglie,
a meno che non fosse costretto per salvare i suoi figli. “Ho un piano in mente,
e tu mi aiuterai a realizzarlo”.
Nooro non poteva scappare, ora era lei la sua portatrice e avrebbe dovuto
obbedire al suo volere qualsiasi esso fosse.
“Come desidera…padrona” Abbassò la testa in segno di resa, inutile anche
provarla a fare ragionare.
“Bene, così mi piaci piccoletto” Gli batté la testolina un paio di volte, poi
volse lo sguardo a terra dove c’era una rivista di moda e sulla copertina il
volto di Adrien.
Bello ed invitante.
Lila mancò un battito e sentì un calore attraversarle tutto il corpo, strinse
quell’ammasso di carta al petto ripetendosi nella mente che un giorno sarà al
suo fianco e che Marinette Dupain-Cheng
sarà solo un ricordo sfocato.
Prese quel giornale e si diresse in camera da letto dopo essersi spogliata
ed indossato una camicia bianca prettamente maschile, un souvenir che aveva
preso dall’armadio di casa Agreste ed appartenente ad Adrien con ancora il suo
profumo addosso.
Si sdraiò sul materasso dopo aver richiamato Nooro
dentro la spilla, non era il caso che quell’innocente insetto fosse testimone
di cose che non avrebbe potuto capire e sicuramente avrebbe approfittato della
situazione per scappare ed avvertire qualcuno.
Ma chi? Anche se fosse ritornato dal suo precedente portatore, questi non
si sarebbe potuto trasformare perché il miraculous l’aveva
lei, e per quello che ne sapeva Lady Bug e Chat Noir era una vita che non si
facevano vedere, con alta probabilità avevano anche lasciato Parigi.
Però meglio esserne sicuri e non farsi scappare l’unica possibilità di
vittoria certa e facile.
Sentiva l’eccitazione crescere sempre più in lei, ed il tutto solo
guardando quegli splendidi occhi verdi, non immaginava cosa avrebbe provato se
la mano che la stava accarezzando in quel momento fosse di Adrien.
Anzi un po' lo sapeva…peccato essere stati interrotti.
Con la mano libera, Lila si apprestò a coccolare il suo corpo soffermandosi
prima sui seni torturandoli un po', poi scese sempre più in basso, alzò il lembo
della camicia ed infilò la mano dentro le mutandine.
Chiuse gli occhi e ad ogni scossa di piacere soffiò il nome di Adrien.
*
Adrien e Marinette si erano diretti alla prigione
di stato dov’era detenuto il noto stilista Gabriel Agreste.
Nessuno dei due durante tutto il tragitto aveva avuto il coraggio di
proferire parola.
Marinette era assorta nei suoi pensieri e Adrien preferì non disturbarla,
sicuramente stava pensando ad un piano per scagionare il suocero, ma con quella
sfilza di accuse, e in particolare una, ovvero essere il Papillon che aveva
terrorizzato Parigi, le sembrava difficile potergli far mettere anche solo il
naso fuori da lì.
Avevano appena parlato con la schiera di avvocati che difendevano lo
stilista, ma il tutto si era rivelato inutile, non c’era nessun cavillo
burocratico a cui avrebbero potuto far appello per colpa di quel video
assolutamente autentico.
Era stato controllato più e più volte.
“Siamo arrivati” Aveva annunciato Adrien alla moglie distogliendola dai suoi
pensieri, che prontamente aveva preso i documenti di identità a posti al
piantone della cabina all’ingresso della prigione, e una volta controllati e
schedati, aveva assegnato loro un paio di pass da visitatori ed alzato la
sbarra.
Parcheggiarono la berlina nera nel garage sotterraneo vicino ad una fonte
di luce.
Scesero dalla macchina ed indossarono i badge.
Il rumore dei suoi tacchi e il tintinnio dell’acqua che gocciolava dall’angolo
del soffitto, erano gli unici rumori, oltre al doppio bip che avvertì Adrien
della chiusura dell’auto.
Adrien teneva la testa abbassata e lo sguardo puntato sul pavimento, infilò
le mani dentro le tasche anteriori dei jeans e sospirò.
“Lo tireremo fuori di lì” Soffiò lei alzandogli il volto con una mano.
“Non so se sarà possibile” Scosse la testa.
“Te lo prometto, Adrien. Non permetterò che tuo padre resti in prigione”
Adrien e Marinette si fermarono vicino una
colonna grigia per scambiare due parole, per sfogarsi prima di incontrare
Gabriel ed essere il più sereni possibile, non dovevano far trasparire nessuna
forma di preoccupazione altrimenti avrebbero rischiato che lo stilista potesse
deprimersi ancora di più.
“Forse è dove deve stare per il male che ha fatto”
“No!” Esclamò lei posandogli le mani sulle braccia “…lo abbiamo perdonato
tanto tempo fa, e credimi Adrien, è tuo padre che non si è mai perdonato per
quello che ti ha fatto passare.”
*
La nascita di un bambino è sempre un evento che dà gioia.
E ancora Adrien ricorda i volti di suo padre, di Nathalie e dei suoi
suoceri quando era uscito da quell’enorme porta a scomparsa del reparto maternità
con il piccolo Hugo tra le braccia.
“E’ un maschio” Aveva annunciato porgendo il piccolo in modo che potessero
vederlo.
Erano le due e un quarto della mattina e nella sala d’attesa dell’ospedale
c’erano solo loro.
Stanchi, ma sollevati.
Marinette era rimasta in travaglio quasi venti quattro ore, e
di conseguenza i nonni e i fratelli avevano atteso l’arrivo del più piccolo in
quella stanza, alternandosi per accudire gli altri due nipoti, inutile dirgli
che sarebbero stati chiamati appena il piccolo fosse venuto al mondo.
“Come sta marinette?” Aveva chiesto apprensiva
Sabine.
Adrien le sorrise “Sta bene, stanca, ma sta bene”.
*
Il giorno seguente, Gabriel si era presentato in ospedale in tarda mattinata
con un mazzo di rose.
“Sta riposando!” Gli aveva comunicato l’infermiera a cui aveva chiesto se
poteva entrare nella stanza.
“Le faccia trovare nella sua stanza” Le disse porgendole il mazzo di fiori,
ma non fece a tempo perché venne richiamato dalla voce di Marinette.
“Sono sveglia, entra pure”.
Lo stilista fece come ordinatogli dalla nuora allettata.
Aveva un aspetto magnifico nonostante quello che aveva appena passato, e
sicuramente durante la notte non aveva avuto il privilegio di un sonno
rigenerante.
Marinette scostò le coperte e fece per alzarsi e Gabriel l’aiutò.
“Non dovresti sforzarti, hai appena partorito”
“Sei peggio di tuo figlio, lo sai?” Gli sorrise protestando come una
bambina.
“A proposito, dove sono?” Chiese guardandosi attorno.
“Adrien l’ho spedito a casa, aveva bisogno di riposare e farsi una doccia. Hugo
lo stanno visitando e lavando, credo che arriverà tra…” Non fece tempo a terminare
la frase che l’infermiera entrò nella stanza con la culla di vetro e il piccolo
che piangeva perché voleva la sua mamma “…come non detto”.
“Tutto apposto signora, ha messo al mondo un bambino forte e sano.”
“Certo, è di mio nipote che sta parlando.” Intervenne fiero Gabriel
congedando il sanitario.
Marinette sorrise sotto i baffi prendendo il piccolo in braccio
che smise di piangere appena sentì il suo tocco amorevole.
“Complimenti Marinette, è un bambino bellissimo.”
“Assomiglia ad Adrien, non trovi?”
Gabriel lo squadrò tutto “Direi ad entrambi”. Si sistemò gli occhiali sul
naso e poi sospirò.
“Tutto bene?” Gli aveva domandato notando il suo sguardo triste.
Lo stilista si avvicinò alla finestra con le mani incrociate dietro la
schiena.
“A volte mi chiedo se è giusto che sia felice”.
“Certo, perché non dovresti esserlo?” Chiese con naturalezza e come se quella
domanda fosse fuori luogo, ma Marinette sapeva già
dove voleva andare a parare.
Non era raro che il suocero le confidasse le sue insicurezze al lavoro.
Insicurezza che riguardavano la sfera privata.
“Per il male che ho causato a Parigi. Dovrei essere a marcire in galera e
non qui a godermi questi momenti di gioia e felicità”
“Non dovresti più pensare al passato, ma goderti il presente. Ti abbiamo
perdonato e avevamo promesso che non ne avremo più parlato. Anzi, devo dirti
una cosa…”
Gabriel si era voltato verso di lei.
“…io e Adrien abbiamo deciso di rinunciare ai nostri miraculous”.
Una rivelazione che lo aveva spiazzato così tanto da fargli strabuzzare gli
occhi.
“Ma…ma rinuncerai anche ad essere guardiana…sai che cosa comporterebbe
questo”.
Marinette scosse la testa “Rimarrò guardiana della miracle box, ma non useremo più Tikki
e Plagg, credo che a questo punto e con l’arrivo di
Hugo non avremo più tempo per correre sui tetti di Parigi”.
“Ti darò anche la spilla della farfalla. Ogni volta che la guardo sto male
al sol pensiero a cosa involontariamente avrei potuto farvi. E se fossi uscito
pazzo per la storia di Emilie non so…non so…”
La nuora gli mise una mano sopra la sua “Va tutto bene, Gabriel. Non devi
più tormentarti. E la spilla la puoi tenere, ti nomino guardiano ufficiale del Miraculos della farfalla.”
“Ti ringrazio Marinette, Adrien è fortunato ad
averti nella sua vita, non potevo chiedere compagna migliore per lui.”
“Non dire così che mi fai piangere” Singhiozzò.
“E’ la pura verità.”
“E comunque quelli fortunati siamo noi ad avere una persona come te su cui
poter contare.”
“Grazie” Incurvò un labbro “…spero un giorno di riuscire a dimenticare
tutto.”
“Vuoi intanto tenere in braccio tuo nipote?” Gli chiese porgendole il
bambino.
*
continua