Scritta per la YouRisedMeUp Challenge del gruppo facebook Hurt/Comfort Italia con il prompt febbre.
 

Quella sera Levi sbuffò contrariato perché non riusciva a capire come Eren fosse riuscito a prendere la febbre alla vigilia di una missione di quel calibro.  Ormai tutti avevano capito che chi detenesse il potere dei giganti era capace di curarsi da solo, ma non riusciva davvero a capire perché Eren continuasse quasi a vegetare in un letto. 
Il Capitano aprì lo stesso la porta della stanza in cui il giovane stava riposando accudito dal Caposquadra Hange. Silenziosamente le sorrise, facendole capire di essere arrivato a darle il cambio, ed entrò nella speranza di fare il meno rumore possibile. Ringraziata e congedata Hanji con qualche frase di convenevoli, prese posto sulla sedia accanto al letto di Eren e gli posò una mano sulla fronte: «Scotti tantissimo, dannazione» disse, per poi afferrare l'asciugamano umido e metterglielo sulla fronte. 
«Le-vi...» lo chiamò il più giovane, in un sussurro appena udibile a causa delle poche forze che aveva Eren in quel momento. 
Levi si voltò di scatto a guardarlo, stava praticamente invocando le sue cure. 
«Spero che i tuoi deliri febbrili non ti abbiano fatto pronunciare il mio nome anche con Hange, moccioso» sentenziò giusto un attimo prima di vedere Eren scuotere il capo. 
Levi annuì speranzoso e aggiunse: «Se ci scoprono ti spezzo le gambe» 
Non appena Eren scosse il capo nuovamente, come a volergli dire che non avrebbe fatto scoprire a nessuno la loro relazione, Levi si calò su di lui per baciargli le labbra. 
«Siediti vicino a me...» lo pregò a quel punto Eren, cercando di mettersi seduto. 
Levi per poco non sbuffò contrariato, ma lo accontentò, sedendosi accanto a lui sul letto e prendendogli una mano tra le proprie. 
«Domani tu non verrai fuori dalle mura, Eren. Non puoi uscire in queste condizioni» fu l’ordine del Capitano Levi. 
«Me lo stai ordinando in qualità di Capitano o di mio compagno, Levi?» chiese Eren guardandolo negli occhi per cogliere ogni sua reazione. 
«Voi giovani siete troppo curiosi...» sorrise Levi. 
Eren si beò di quel sorriso, uno dei pochi e rari sorrisi del suo compagno, prima di sentire le forze venirgli meno e avvertire la necessità di doversi stendere nuovamente sul letto. 
Levi lo accudì per tutta la notte, rimanendo sveglio accanto a lui anche quando Eren si riposava, ritrovandosi sorpreso nel constatare, alle prime luci dell’alba, di come Eren non avesse più neanche una linea di febbre. 
«Amore...» lo chiamò Eren verso le sette, appena sveglio. 
Levi, affacciato alla finestra, si voltò a guardarlo, mentre un sorriso si faceva strada sul suo viso nel vedere Eren alzarsi dal letto, appurando così che avesse ripreso le forza. 
«Ovviamente vengo anch’io fuori dalle mura, vero Capitano?» chiese il più giovane. 
«Se ti sei ripreso, va bene» acconsentì Levi. 
«Non ti lascerò solo dopo che mi sei stato vicino tutta la notte. Ti amo.» 
L’espressione, disgustata da tutte quelle smancerie, che si dipinse sul viso di Levi lasciò perplesso Eren, che poi sentì il cuore balzare nel petto quando Levi, la mano già sulla porta della stanza per andarsene, disse: «Vestiti, partiamo tra dieci minuti. Ti amo anch’io, quindi non fare sciocchezze in missione.» 
Non erano di certo parole romantiche come le proprie, ma Eren sapeva che per Levi dirgli quelle cose significava un grande passo avanti.