Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: NikoruChan    18/05/2021    1 recensioni
Dal testo:
"Aveva ascoltato una sola parola di quello che gli aveva detto fino a pochi secondi prima? Si preoccupava veramente così poco dei suoi arti inferiori da voler fare comunque quel cazzo che voleva?
Sbattè le palpebre un paio di volte, il corvino, al sentire il proprio sangue ribollire nelle vene all'ennesima sensazione di fastidio.
Fastidio perché non si sentiva capito, fastidio perché nonostante tutto voleva farsi capire. Voleva farsi capire dall'uomo che aveva di fronte, e avrebbe fatto il possibile pur di riuscirci."
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La sera prima della spedizione per la riconquista del Wall Maria, Levi si confronta con la parte più recondita di sè, quella che vorrebbe che Erwin non partisse e che rimanesse al quartier generale lasciando che altri soldati si sacrifichino al posto suo.
Una storiella divisa in due parti senza tante pretese raccontata dal mio punto di vista, ovvero quello che Isayama non ci ha mai raccontato ma che, credo, possa essere successo veramente (ma magari!).
Spero che vi piaccia.
(Presente su Wattpad con lo stesso nome)
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Erwin Smith, Levi Ackerman
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Non vide alcuna luce filtrare dalla porta chiusa, quindi si aspettò che al suo interno fosse vuota. Oltre che aspettarselo lo sperò vivamente, dato che si sentiva troppo stanco e nervoso per fare qualsiasi cosa che non fosse chiudere gli occhi per una manciata di ore e stare lontano da qualsiasi essere umano munito del dono della parola.

Aprì la porta, quindi, senza fare troppo rumore, e trovò la stanza fortunatamente vuota. Solo la minima luce esterna la illuminava quel minimo indispensabile per capire almeno dove mettere i piedi. Levi però non si fidava così tanto della sua vista notturna, così si apprestò ad accendere la lanterna che si ergeva sul tavolino, trovandola stranamente ancora calda.

Insieme ad essa, sulla superficie legnosa e leggermente ammaccata in alcuni punti, uno specchio, il rasoio in acciaio di Erwin, e un libro aperto rivolto con le pagine verso il basso di cui ignorava il contenuto.

Quel bastardo era stato lì fino a poco tempo prima, probabilmente per rilassarsi un po' prima di tornare a firmare gli ultimi rapporti per l'indomani. 

Il corvino si domandò come avesse fatto a radersi da solo quando normalmente chiedeva aiuto a lui o ad Hanji in sua assenza, ma si fece più viva in lui un'altra necessità.

Mandò a cagare quel buon proposito di riuscire a farlo ragionare un'ultima volta e cominciò a prendere le sue cose per andarsene da quella stanza che si stava facendo sempre più soffocante nonostante ci fosse solo lui. Avrebbe dormito (sempre se ci fosse riuscito) da un'altra parte, anche fuori dalla porta se necessario, tanto comunque non riusciva a beneficiare di un sonno completamente tranquillo da anni a causa degli incubi e dell'irrazionale paura di non svegliarsi più.

Avrebbe passato pure la notte insonne se questo lo avesse aiutato a distrarsi dal picchiare a sangue quel biondino del cazzo, quello stesso biondino che era in grado di fargli battere il cuore sia dalla rabbia sia per qualcos'altro.

 

Mentre si apprestò a prendere le numerose imbracature che aveva lasciato accuratamente in un lato della stanza, la porta si aprì, e Levi trasalì.

-Ah, sei qui. Pensavo fossi ancora con gli altri.- non si girò nemmeno a fissarlo da quanto si sentì ardere dalla rabbia, si limitò quindi a stringere le imbracature con la mano come per incanalare l'irritazione in quel punto.

Come se si fossero trattate del collo muscoloso e roseo di quel bastardo su cui avrebbe voluto mettere le mani per farlo tacere una volta per tutte. 

Erwin entrò chiudendo la porta nel più religioso silenzio per non svegliare gli altri soldati, andando a sistemare quello che aveva lasciato sul tavolino poco prima.

Levi non disse e non fece nulla, rimase con il corpo rivolto al muro per interminabili secondi mentre rifletteva su come scappare da quella stanza senza farlo insospettire troppo. Difficile, perché teneva comunque in mano tutte le sue cose, ed Erwin non era poi così stupido da credere che stesse solamente mettendo in ordine la stanza per la terza volta in una giornata.

Poteva anche farlo, in realtà, ma a quell'ora era abbastanza inverosimile e non da lui.

-E' stata una bella festa?- domandò quest'ultimo con tono tranquillo, quasi sorridente pareva, cosa che fece imbestialire a dir poco il corvino ancora intento a pensare ad una via di fuga.

 

Davvero gli stava chiedendo se si fosse divertito? Dopo tutto quello che gli aveva detto poche ore prima? Dopo aver palesato il suo evidente desiderio di morte in contrasto con quello di scoperta?

No, non era stata una bella festa, e non lo sarebbe mai stata per uno come Levi.

Soffocò un altro istinto simil-omicida, il corvino, prima di camminare velocemente verso l'uscita con la testa bassa e i pugni forzatamente chiusi.

-Ehi, che ti prende?- domandò Erwin con tono allarmato, bloccandosi da tutto quello che stava facendo per poterlo seguire almeno con lo sguardo. Levi non rispose, ma si morse il labbro per non dover dire quello che da ore combatteva per fuoriuscire dalla sua bocca.

-Dove stai andando?- insistè notando come tenesse in mano tutti i suoi vestiti con aria di profonda necessità, come se stesse scappando disperatamente. Levi lo ignorò ancora mentre recuperava i suoi stivali, sperando internamente che smettesse di fargli domande e che andasse a dormire come tutte le persone normali.

-Fatti i cazzi tuoi.- non era premeditato che gli parlasse, non voleva parlargli, ma in fondo al suo cuore sapeva che bene o male gli doveva una risposta. Fece uno scatto verso la porta d'uscita, finalmente, cominciando già a respirare una sorta di libertà che all'interno di quelle quattro mura sarebbe sicuramente venuta meno.

-Levi, dimmi che cazzo hai e dove stai andando.- il tono di Erwin si fece quasi esasperato, dopo aver rilasciato un tipo di sospiro che il corvino conosceva bene –E' un ordine.-

 

Un brivido familiare andò a colpirlo sulla nuca, provocando una leggera e quasi impercettibile scossa che fu in grado di donargli uno spasmo involontario sulla zona della testa non doloroso, ma comunque intenso, che lo immobilizzò davanti alla porta. In un secondo si sentì rinato, totalmente, come se le sorti della sua vita dipendessero da quell'ordine inaspettato.

Era un fremito che lo colpiva solo ed esclusivamente quando pronunciava quelle tre semplici parole, un fremito che lo portava ad obbedirgli senza alcuna possibilità di rifiutarsi, per la maggior parte delle volte.

Erwin sapeva di avere quel potere su di lui, lo sapeva benissimo, e Levi lo odiò così tanto in quel momento che quella tentazione repressa di picchiarlo a sangue stava ricominciando a farsi viva dentro di lui.

Levi si girò a fissarlo con uno sguardo che non si era mai permesso di rivolgergli, mai, in tutti quegli anni. Nemmeno quando Erwin era riuscito a bloccare la sua spada con una mano subito dopo la morte di Farlan ed Isabel l'aveva guardato con tutto quell'odio e quella rabbia repressa. Nemmeno quando Mike gli aveva infradiciato la testa in quella pozzanghera fangosa dopo un suo ordine, nemmeno quando l'aveva incrociato nei corridoi con quel sorrisetto bonario di chi non ha minimamente paura di morire, nemmeno quando era tornato senza un braccio nonostante le sue previsioni.

Si rese conto con una leggera preoccupazione che, se avesse veramente voluto, in quel momento, avrebbe tranquillamente potuto farlo fuori senza alcuna esitazione. Esattamente il motivo per cui era entrato nel Corpo di Ricerca anni ed anni prima, ma che non aveva portato a termine.

Com'erano arrivati a quel punto? Perché era bastato una semplice incomprensione e la sconsideratezza di Erwin a provocare quella palese spaccatura?

 

-Smettila di giocare con la mia testa.- sibilò Levi gettando a terra le sue cose e voltandosi completamente verso di lui, minacciandolo con quegli occhi grigi che in quel momento brillavano di una luce diversa, ardente, viva.

Sapeva quanto Erwin fosse un sadico, un calcolatore, ma non credeva che sarebbe arrivato addirittura ad ordinargli una cosa così stupida pur di giungere al suo scopo. Non credeva che sarebbe arrivato a sfruttarlo in quel modo pur di sapere cosa gli passasse per la testa.

Forse l'aveva sempre fatto, ma non se n'era mai accorto del tutto, o forse l'aveva lasciato fare perché si fidava di lui. Perché Levi si era sempre fidato di lui, in tutto e per tutto, e non avrebbe mai permesso che nel loro rapporto la fiducia venisse meno.

-Dimmi perché te ne stai andando, allora.- insistè il biondo facendo un passo verso di lui per metterglisi esattamente di fronte.

Levi si ritrovò a fissare quel rasoio con uno sguardo che internamente lo spaventò, perché sapeva che sarebbe stata questione di tempo prima che lo impugnasse e che gli ricordasse quanto fosse bravo con gli oggetti contundenti. Lo fissò ancora negli occhi, sperando che fosse abbastanza palese tutta l'amarezza che stava provando, tutto quell'odio che non avrebbe mai sperato di provare per uno come lui.

Una volta lo odiava, parecchio, così tanto da non pensare ad altro. Anche in quel momento non ci riusciva, però non dipendeva dall'odio, bensì da qualcos'altro che Levi ancora non capiva oppure si rifiutava di capire.

-Perché non voglio vedere la tua faccia di merda e non voglio parlarti, ti piace come risposta?- pronunciò quelle parole come se gli facessero male all'interno della sua bocca, sputando tutto quel veleno che si trascinava da ore infinite come una serpe in una situazione di pericolo. Erwin aggrottò lievemente le sopracciglia folte, visibilmente confuso da quell'atteggiamento che sì, era tipico di Levi, ma che in quel momento sentiva che non gli appartenesse.

Era turbato da qualcosa e quegli occhi iniettati di sangue non gli piacevano per niente; non erano gli occhi dello stesso uomo che l'aveva affrontato nel suo ufficio, non erano gli occhi della stessa persona che aveva baciato, stretto, abbracciato, consolato nei momenti più bui...

Non erano gli occhi dell'unico uomo a cui aveva dato il permesso di avvicinarglisi così tanto in tutti quegli anni, confidando le sue sicurezze e le sue insicurezze, alla ricerca solamente di qualcuno che lo ascoltasse senza fiatare. Levi era il tipo di persona che ascoltava pazientemente, ma in quel momento Erwin percepì un muro tra di loro che ricordava di aver visto subito dopo l'averlo arruolato. Avevano impiegato entrambi parecchio a distruggerlo, trattandosi comunque di due personalità molto forti e che spesso e volentieri entravano in conflitto anche per le cose più stupide.

 

Notando che il biondo non rispondeva più, Levi si girò dall'altra parte intento ad aprire la porta per uscire finalmente da quella situazione soffocante che non riusciva a farlo ragionare normalmente.

Erwin, in un lampo, si apprestò a prendergli il polso per fermarlo con l'unica mano libera, ma Levi non sembrava pensarla allo stesso modo. Erwin non fece nemmeno in tempo a sfiorarlo che il corvino si precipitò sul tavolo con uno scatto fulmineo, impugnò il rasoio con una mano e si allontanò da lui con l'oggetto in bella vista: la lama argentea luccicava a contatto con la luce fioca della lanterna assieme agli occhi chiari di Levi, intenti a fissarlo come se si fosse trattato di una preda in una battuta di caccia.

-Non azzardarti a toccarmi.- lo minacciò il corvino con tono fermo, godendo internamente dell'espressione confusa e leggermente impaurita del più grande. Erwin sapeva quanto quella visione potesse essere letale, ne aveva avuto un assaggio anni prima, ma non capiva seriamente perché si stesse difendendo in quel modo.

Non si era mai tirato indietro quando lo toccava, anzi, sembrava che gli piacesse un po' di calore umano se era lui stesso a donarglielo. Allora perché si stava allontanando in quel modo? Perché aveva preso quel rasoio e lo stava sfoderando davanti ai suoi occhi con quell'aria così minacciosa?

-Levi...- lo chiamò il biondo, iniziando a percepire dei brividi di freddo risalirgli per tutta la colonna vertebrale. Il colore della lama era molto simile a quello dei suoi occhi, fissi sui propri come se avesse voluto leggergli l'anima.

-E' da anni che non impugno un coltello, ma non ho dimenticato come si fa.- affermò il corvino nel rovesciare l'impugnatura com'era solito fare con le spade –Dimmi, Erwin, vuoi provare l'ebbrezza di cavalcare senza braccia?-

Il più grande dei due ricominciò a temere per la sua vita dopo anni, quel brivido familiare che aveva percepito nell'incrociare il suo sguardo nella città sotterranea ritornò a fargli visita con tutto il suo splendore, rendendolo molto più invulnerabile di quanto potesse sperare.

-Oppure...- continuò muovendo il rasoio in aria verso il basso, come se lo stesse effettivamente tagliando con quella lama affilata –Se ti tagliassi una gamba...- Erwin si ritrovò a deglutire sommessamente –O addirittura quella lingua di merda che ti ritrovi, così tanto brava ad ammaliare le persone, a manovrarle, ad usarle.- Levi rialzò il rasoio, portandolo davanti al suo viso in modo tale che si vedessero solo i suoi occhi.

Erwin in cuor suo sapeva, sperava, che l'altro non si spingesse a tanto, ma quell'atteggiamento di certo non portava buone notizie.

-Come farai ad impartire degli ordini senza quella lingua, Erwin?- lo stuzzicò il corvino ritornando ad impugnare quel rasoio nel modo tradizionale, senza smettere di fissarlo negli occhi.

"Guardami, guarda quanto sono incazzato con te, guarda la voglia che ho di prenderti a pugni fino a farti sanguinare".

Guardami.

-Perché vuoi spingerti a tanto?- domandò il biondino indietreggiando di un semplice passo, facendo rilassare lievemente l'altro uomo.

-Visto che minacciarti di spezzarti le gambe non ha funzionato ho pensato di alzare l'asticella.- rispose prontamente il più basso dei due non staccando lo sguardo dal suo come se avesse voluto assistere ad ogni respiro un po' più corto, ad ogni boccone amaro inghiottito a fatica, ad ogni battito di ciglia impaurito –Hai tanta voglia di morire, no? Allora perché non mi affronti, qui ed ora?- 

Era serio, era incredibilmente serio, appurò il biondo con una sorta di orrore nello sguardo. 

-Ti farò tornare quella cazzo di voglia di vivere in un attimo.-

-Levi, non stai pensando in modo lucido...- cercò di dirgli il più grande dei due mettendo avanti la sua unica mano disponibile. Sapeva che fosse un rischio, ma non voleva tirarsi indietro così facilmente.

-Potrei dire la stessa cosa di te, dal momento che stai decidendo di tua spontanea volontà di diventare mangime per giganti e allo stesso tempo vuoi scoprire i segreti di questo mondo.- ribattè prontamente il corvino alludendo alla sua incoerenza e tirando un fendente all'aria, rapido ma indolore, per fargli capire che non stesse scherzando e che avrebbe potuto scatenarsi tranquillamente in qualsiasi momento –Ti dico una cosa, comandante...- sputò quella parola come se fosse veleno –Da morto non potrai entrare in quella fottuta cantina, spero che tu te ne sia reso conto.-

Odiava non essere in grado di spiegarsi come tutte le persone normali, ma ci aveva provato con le buone quel pomeriggio senza alcun risultato, quindi si trovò costretto a cambiare metodo d'approccio.

Probabilmente con le minacce e con un realismo sfacciato Erwin avrebbe capito di più.

Quest'ultimo, infatti, alzò entrambe le sopracciglia, colpito dalla crudeltà insita in quell'affermazione che non si aspettava minimamente sebbene sapesse quanto fosse diretto e quanto se ne fregasse degli onorifici in sua presenza.

-Ti ho detto quello che penso, Levi, e non cambierò idea a riguardo.- ricordò risoluto subito dopo, andando pure a sospirare. 

-Oh, lo so che non lo farai.- annuì l'altro con un cenno del capo –E nemmeno io lo farò.- ammise subito dopo abbassando il rasoio e lanciandolo in un punto della stanza dove non avrebbe fatto del male a nessuno –Sappi solo, che se dovessi trovarti in difficoltà non verrò a salvarti il culo come faccio di solito, chiaro?- si udì poi il clangore metallico provocato dall'oggetto in caduta libera verso il pavimento, sancendo l'ennesima pausa di una dozzina di secondi.

Il tono era deciso, fermo, rozzo come era sempre stato, ma Erwin riuscì a leggergli qualcos'altro in quegli occhi che aveva visto in tutte le sfumature possibili. 

Si ritrovò a scuotere la testa in segno di diniego, distogliendo lo sguardo per un secondo e andando a fissare quel pavimento dove avrebbe pure potuto specchiarsi da quanto lucido fosse.

-Ti conosco, non saresti in grado di fare una cosa del genere.- Levi odiava le morti inutili, lo sapeva benissimo, per questo si buttava sempre in mezzo alla mischia rischiando pure la sua vita pur di salvarne altre cento. Era un uomo buono, per quanto non lo dimostrasse spesso e con tutti.

-Tu non mi conosci affatto.- ribattè con tono fermo il diretto interessato, trattenendosi dall'emettere una risata sdegnosa.

-Mi fido ciecamente di te abbastanza da sapere che se fossi in pericolo di vita tu verresti in mio soccorso comunque.- non c'era alcuna traccia denigratoria nel suo tono, solo della semplice sincerità che Levi non prese così tanto bene perché in cuor suo sapeva che avesse pienamente ragione. 

Levi avrebbe potuto anche ignorare una sua richiesta d'aiuto, ma una parte di sé si sarebbe precipitata senza alcun indugio. L'aveva vissuto talmente tante volte da aver ormai perso il conto.

-Neanche, perché se ti fossi fidato a suo tempo avresti ancora il braccio.- sentenziò percependo il proprio petto andare a fuoco, in contrasto con l'ennesima sensazione di colpevolezza per non averlo potuto salvare, mentre poggiava velocemente lo sguardo sul moncone coperto dalla camicia bianca –E se ti fidassi abbastanza accetteresti di rimanere qui a leggere qualsiasi libro di merda in attesa del nostro ritorno, ma no, tu vuoi fare l'eroe, dimostrare di essere migliore di altri che ti hanno preceduto...il problema è che non hai capito che un fottuto fantasma non potrà fare nulla di concreto in questo mondo.-

-Senti, Levi...- Erwin andò a massaggiarsi la radice del naso in attesa che l'illuminazione lo invadesse totalmente –Smettila di girarci intorno, e dimmi cosa vuoi.-

Levi andò a schioccare la lingua sul palato, palesemente stizzito.

-Allora sei veramente sordo, oppure quella volta hai perso così tanto sangue da rincoglionirti totalmente in modo permanente...- commentò con aria di sdegno, il più piccolo dei due, nello scuotere la testa.

Quanto cazzo ci voleva a capire che non voleva che partisse il giorno dopo? Doveva scriverglielo su un documento ufficiale per inculcarglielo in testa?

-Non è colpa mia se mostri le tue emozioni o le tue intenzioni solo quando...- 

 

Il tono, da forte e deciso che era, si abbassò notevolmente di volume alla fine di quella frase che aveva lasciato in sospeso. 

Erwin aveva chinato lo sguardo, abbastanza affranto, tra l'altro, portandolo verso quello stesso pavimento che aveva fatto da testimone a tante situazioni che avevano coinvolto entrambi. Dalle più belle a quelle più brutte, nessuna esclusa.

Levi aveva capito cosa intendesse, non ci voleva un genio, e gli scappò da ridere.

Una risata amara, brutta, sorpresa in negativo, una di quelle che aveva rivolto solo a quelli che avevano cercato di ucciderlo negli anni ma che non ci erano mai riusciti, prima di piantare il coltello nelle loro gole oppure prima di privare loro della vista, dell'udito o del senso del tatto.

-Non ci posso credere...- commentò con tono lieve, ma pregno di disprezzo, andando a fissarlo con tutta quella delusione che aveva accumulato negli ultimi anni –Non riesci a dire quella parola?-

Il biondo rimase zitto e immobile, ancora intento a fissare quel pavimento come se avesse voluto che lo inghiottisse. Levi non potè vederlo, ma si era formato un rossore sulle sue guance che in quel momento stonava con tutto il resto.

-Erwin Smith, il 13° Comandante del Corpo di Ricerca, che si vergogna di dire di aver scopato con un suo sottoposto?- il corvino sputò quelle parole come se si fosse trattato di un veleno in procinto di corrodergli l'interno della bocca e l'esofago.

Un veleno che in pochissimi secondi era riuscito a sciogliergli quel cuore che fino a quel momento non si aspettava esistesse. Un cuore che batteva solo per Erwin, e per nessun altro.

Levi avrebbe potuto anche vivere senza di esso, l'importante era che l'avesse lui.

Erwin non parlava, Erwin non reagiva, e questi elementi bastarono per offuscargli ancora quella vista che riteneva essere la migliore all'interno del Corpo.

-Beh, è giusto, d'altronde sono solo un ratto di fogna, figlio di una sporca puttana qualunque e di un padre sconsiderato e sconosciuto che ha vissuto per anni nella merda e che non è in grado di parlare con la gente se non porta con sé un coltello.- sapeva che i suoi superiori avessero fatto delle ricerche su di lui prima di arruolarlo, e sapeva che quelle parole erano uscite dalle loro bocche mentre si confrontavano distanti dai cadetti.

-Non ho mai detto questo.- fece il biondo con tono risoluto tornando a guardarlo negli occhi e percependo quell'enorme disgusto che provava solamente a ricordare certe frasi –So che non sei così.- sancì con tutta la sincerità di cui potesse disporre.

Sapeva che i superiori avessero speso quelle parole per lui tanti anni prima, ma aveva cercato di convincerli sul fatto che Levi fosse diverso, che celasse un'oscurità dentro di sé che era simile alla sua, che nonostante avessero vissuto in due mondi differenti avessero moltissime cose in comune e moltissimi punti di vista simili.

Levi era un uomo buono, altruista a modo suo, si preoccupava degli altri, si preoccupava per le sorti di una guerra che non gli apparteneva nemmeno, si preoccupava di preparargli sempre una tazza di tè caldo per quando si sarebbe svegliato...

Levi era uguale a lui, e allo stesso tempo l'opposto. Un contrasto che funzionava bene sia nella vita che in battaglia; sapeva che ci sarebbe sempre stato per lui, e allo stesso modo sperava che si appoggiasse a lui se ne avesse mai avuto bisogno a discapito del suo orgoglio.

 

-Tu non sai niente!- urlò il corvino facendo uno scatto in avanti, prendendolo per il colletto della camicia e tirandolo a sé per poterlo guardare meglio negli occhi. Furia, furia inesauribile in quelle iridi così piccole ma così profonde da riflettere i cieli coperti da nuvole di pioggia o il mare in tempesta. Una tempesta che stava per scatenarsi proprio lì e in quell'esatto momento.

Una tempesta che Erwin personalmente temeva perché consapevole che si sarebbe lasciato trascinare da essa.

-Non dire di capirmi o di sapere chi sono o quello che provo solo perché mi hai scopato e perché abbiamo dormito insieme!- strillò il più piccolo stringendo quel colletto come se si fosse trovato appeso ad un dirupo e stesse lottando per non lasciare la presa –Non dire di capirmi quando non hai mai dovuto dormire sotto un fottuto ponte, quando non hai mai dovuto rubare da mangiare fin da quando avevi sei anni, quando non hai mai dovuto imparare come tenere in mano un coltello, quando non hai mai dovuto imparare a sopravvivere in un'età in cui normalmente dovresti giocare con le spade di legno!-

Parole che non aveva mai detto a nessuno, parole che facevano male solo a tenerle sotto la lingua, parole che Erwin si sarebbe aspettato di sentire, prima o poi. Perché era vero, non lo capiva, o meglio, non fino in fondo. Non aveva vissuto nulla di quello che aveva provato lui fin dalla più tenera età, anzi, l'esatto contrario, quindi non poteva dire di capirlo totalmente.
Non riusciva nemmeno ad immaginarsi cosa avesse provato in quel posto, cosa avesse dovuto passare, cosa significasse per lui vivere quando per anni aveva solo potuto sopravvivere in quel mondo che non gli era mai stato amico.

-Non dire di capirmi quando...quando...- il tono si era afflosciato all'ultimo, assieme alle sue mani che pian piano stavano mollando la presa su quel colletto che oramai si era tutto raggrinzito –Quando non ascolti mai quello che ti dico, e preferisci andare a morire piuttosto di aspettare che qualcuno apra quella cazzo di cantina al posto tuo...-

Levi abbassò lo sguardo a terra, cosicchè Erwin potesse vedere solo quel casco di capelli neri come la pece ricadergli piano su quel viso tirato, stanco, provato.

Non seppe cosa dire e non seppe cosa fare quando appoggiò la testa sul suo petto in completo silenzio, come per trovare una sorta di conforto in un minimo contatto. Respirava profondamente, Levi, mentre si lasciava andare in un momento di pace che era, purtroppo, solo apparente.
Erwin si limitò a lasciarlo fare, tenendo sollevato il braccio sinistro per paura di sfiorarlo e di allontanarlo di conseguenza.

Aveva pochissimi ricordi di averlo visto in quel modo, anche molto offuscati, ma erano sempre momenti in cui si ritrovava senza parole in canna, senza la minima idea di come comportarsi per poterlo chetare. Normalmente bastava che lo abbracciasse e che lo baciasse, ma Erwin sapeva che in quel momento non sarebbe servito a nulla.

 

-Dimmi quello che ti senti.- gli disse con tono basso, mordendosi il labbro dal timore di osare troppo e di allontanarlo definitivamente –A parole tue, dimmi tutto quello che provi.-

Non l'aveva mai fatto prima perché sperava che, prima o poi, fosse lui stesso a farsi avanti. 

Non era un ordine, era un dolce invito a renderlo partecipe delle sue emozioni che con tanta cura si premuniva di nascondere agli occhi degli altri. Emozioni che da un momento all'altro sarebbero potute esplodere, com'era successo un paio di minuti prima.

Sentì Levi sospirare piano contro il suo petto, ma ancora non osò sfiorarlo.

-Ho già perso Farlan, Isabel, mia madre, tutta la mia squadra, Kenny...- mormorò il corvino con tono affranto, quasi inudibile, mentre faceva qualche passo indietro e deglutiva così tanta saliva da rischiare pure di soffocarsi. Alzò lo sguardo ed incrociò quello del comandante, del suo comandante, intento ad ascoltarlo senza fiatare con un'espressione terribilmente empatica in viso.

Per quanto fosse incazzato ancora con lui, per quanto avesse ancora voluto picchiarlo a sangue...non riusciva a vederlo sotto una luce negativa, non al ripensare che quella sarebbe potuta essere l'ultima sera in cui avrebbero potuto stare entrambi in piedi in quella stanza.

L'ultima sera in cui avrebbero potuto calare le maschere e rivelarsi per quello che erano senza paura del giudizio dell'altro.

-Non posso, non voglio, perdere anche te.-

 

La sua espressione era torva, ma era solo per nascondere il pizzicore delle sue palpebre e il leggero tremolio che aveva iniziato a percorrere la sua bocca, segno che stesse per mettersi a piangere come aveva già fatto parecchie volte da solo, lontano da occhi indiscreti, con un fazzoletto in bocca per soffocare i singhiozzi come gli aveva insegnato sua madre quando arrivava "un suo amico" ed usciva di casa dopo poco tempo lasciandola dolorante, in lacrime anche lei, spenta di tutta quella vitalità che aveva solo quando si ritrovava ad accarezzargli i capelli neri e gli cantava alcune filastrocche per farlo addormentare.

Aveva pochi ricordi di sua madre, ma aveva custodito ogni suo insegnamento come se si fosse trattato di un Vangelo intoccabile e prezioso.

Anche Erwin gli aveva insegnato molto, gli doveva anche molto, eppure non riuscì a perdonarlo per essersi comportato così egoisticamente.

-Levi...- quest'ultimo rimase senza parole, percependo un tremore all'altezza del cuore che gli era familiare perché lo sentiva solo in sua presenza. Un segno che quel cuore stesse battendo veramente per qualcuno, un segno che gli ricordava di essere effettivamente vivo.

Provò l'impulso irrefrenabile di abbracciarlo e di affondare il viso nei suoi capelli che profumavano sempre di buono, ma non sapeva come avrebbe reagito. Alzò solamente una mano, quindi, per portargliela sulla guancia con l'intento di accarezzargli quel viso provato, stanco, bellissimo, che riusciva sempre a renderlo invulnerabile in qualsiasi situazione.

Levi, però, non fu della stessa idea. 

Chiuse gli occhi e con un sospiro si allontanò di poco, per poi distogliere un attimo lo sguardo e riordinare le idee.

Erwin si propose ripetutamente quella frase in loop nella sua testa, ritenendo impossibile che quell'uomo che era conosciuto per essere molto freddo di carattere potesse esprimersi in quel modo così diretto nonostante si stesse parlando delle sue emozioni, ovvero un argomento tabù.

Non voleva che partisse, questo al biondo era chiaro, ma non aveva capito fino in fondo che si trattava solamente della paura di perderlo, una paura che non aveva mai manifestato così tanto prima di allora.

Levi odiava le morti inutili, si buttava sempre nella mischia per aiutare chi fosse in pericolo...ma non aveva ricordi di averlo sentito dire quelle cose a qualcun altro. Stava riservando quelle parole, quell'espressione affranta, quell'atteggiamento scostante ma allo stesso tempo così vero e sincero solo a lui.

 

-Quando ti sentirai finalmente soddisfatto, Erwin?- domandò il corvino nell'alzare timidamente il viso verso di lui. La voce flebile come la lanterna che aveva acceso poco prima, ovvero l'unica fonte luminosa di quella stanza che rivelava il turbamento negli occhi di entrambi.

Il tono che aveva usato non era intriso di sdegno e di rabbia, no, era il tono di chi si fosse finalmente rassegnato all'idea che Erwin non avrebbe mai ceduto nemmeno se gliel'avesse chiesto in ginocchio. Levi di suo non l'avrebbe mai fatto, ma l'idea aveva cominciato ad aleggiargli nella mente nel momento in cui cominciò ad immaginarsi un futuro senza la sua presenza in quella stanza che era troppo grande anche per due persone.

Un futuro senza i suoi ordini, un futuro senza le sue storie raccontate dopo una notte di passione, un futuro senza le sue mani che sapevano sfiorarlo con una dolcezza infinita, un futuro senza l'unico uomo a cui aveva dato il permesso di conoscere lati di lui che non aveva mostrato a nessun altro. 

Un futuro senza Erwin non l'aveva mai considerato, e lo spaventava più di quanto potesse sperare.

Il diretto interessato deglutì, sorpreso di quella domanda che non avrebbe saputo rispondere su due piedi, specialmente dopo aver notato quanto Levi ci tenesse, non alla guerra in sé, ma alla sua incolumità.

Guardò quell'uomo che in tutti quegli anni era cambiato come mai avrebbe immaginato con un'espressione quasi fiera in volto. Ricordò quando l'aveva visto volare nei cieli della città sotterranea e quanto ne era rimasto sorpreso, quando Mike aveva sollevato la sua testa bagnata e sporca di terra e fango da quella pozzanghera che aveva vissuto giorni migliori, ricordò i suoi occhi iniettati di sangue quando era riuscito a bloccare la spada impugnandone la lama con una mano e ferendosi, mentre Levi si sfogava su di lui per la morte dei suoi migliori amici.

Ricordava la prima notte in cui avevano dato sfogo alle loro pulsioni più carnali, su quello stesso letto, dopo una serata condivisa a firmare rapporti e a chiacchierare del più e del meno tra un documento e l'altro. Il primo bacio datogli, le prime carezze, le prime parole quasi dolci che si era permesso di dirgli mentre si addormentava perché consapevole che, in quel mondo, sprecare tempo prezioso con l'amore fosse inammissibile.

Erwin l'aveva visto cambiare totalmente, aveva visto tutti i suoi lati strani, tutti i suoi lati divertenti, tutti quei lati che lo spingevano a volerlo vedere ogni giorno sempre di più.

L'aveva visto ridere, piangere, scherzare, parlare nel sonno, sorridere lievemente quando gli portava del tè prezioso dalla Capitale...

Eppure non si sarebbe mai abituato a vederlo così indifeso, così impaurito, preoccupato come non lo era mai stato.

Levi era una forza della natura, non ci voleva di certo poco per piegarlo.

Eppure era bastato dirgli che sarebbe partito anche lui, il giorno dopo, per spezzare quell'equilibrio che andava avanti da anni e che non era mai stato deturpato prima.

 

-Quando l'umanità si sarà ripresa quello che le spetta di diritto.-

La libertà, la possibilità di scappare da quelle tre mura, incontrare gente sconosciuta, visitare posti sconosciuti.

Mare, deserto, montagne innevate...tutte quelle cose che aveva solo visto nei libri che suo padre possedeva.

-Chi sta parlando, il comandante, o il figlio del maestro?- domandò all'improvviso Levi, sempre con quel tono di voce basso che non presagiva nulla di buono.

Lo sguardo si era affilato ancora, ma più che arrabbiato sembrava solo essersi arreso ancora di più. Nei suoi occhi grigi la più vivida consapevolezza che sarebbe stato effettivamente inutile cercare di convincerlo a rimanere lì e a tenere salva la vita.

-Il comandante, ovviamente.- rispose prontamente l'altro, guardandolo con una sorta di ovvietà sia nel tono che nella voce.

Levi non era molto convinto, lo si notava dall'espressione di chi la sa lunga ma non vuole ammettere nulla.

Sospirò, quest'ultimo, per poi scuotere la testa in segno di diniego.

-No, non è vero.- abbozzò un sorriso triste ed amaro nel voltarsi indietro, ma non prima di aver scrutato attentamente quelle iridi blu che tanto adorava e che normalmente sapevano infondergli una tranquillità assoluta.

 

Erwin non approfittò di quell'indugio per fermarlo, perché sapeva che non sarebbe servito a nulla. Lo lasciò avvicinarsi finalmente alla porta, con passo svelto ma trascinato allo stesso tempo.

-Fai quello che devi, basta che non te ne penta poi.- fece Levi impugnando la maniglia con una mano e andando con l'altra a raccogliere tutto quello che aveva lasciato cadere per terra, prima, per poi girarsi ancora verso di lui e guardarlo per l'ultima volta –Mi fido di te.-

Erwin lo sapeva perfettamente, non aveva dubbi...ma quell'espressione così non da lui fu in grado di sconvolgerlo con nessuno sforzo.

L'aveva detto, ma non lo pensava, questo percepì Erwin in quelle sopracciglia lievemente aggrottate e la bocca forzatamente serrata.

Come se gliel'avesse detto per convincerlo ed autoconvincersi, soprattutto.

Levi aprì la porta, quindi, non incrociando più lo sguardo con il suo e sgusciando fuori dalla stanza il più silenziosamente possibile, sancendo la fine di quella conversazione che non aveva dato i suoi frutti.

Erwin rimase in piedi nel mezzo della stanza per un bel po', non si rese nemmeno conto che la luce della lanterna si fosse spenta a causa del colpo d'aria causato dalla porta da quanto fosse concentrato a guardare il pavimento.

 

Non era così che doveva andare, si disse mentre si metteva a posto quel colletto che poco prima era stato stretto convulsamente nelle mani di Levi e si sbottonava il primo bottone della camicia che indossava.

Non era programmato che discutessero in quel modo, soprattutto con la consapevolezza che la spedizione del giorno dopo sarebbe stata parecchio importante per l'umanità intera.

Erwin doveva esserci, non aspettava altro. Non poteva permettersi di perdere la visione di quella cantina aperta, per mano sua, circondato dai suoi soldati, dai suoi uomini fedeli e da centinaia e centinaia di cadaveri.

Era crudele pensarla in quel modo, ma Erwin in cuor suo era consapevole che qualcuno avrebbe dovuto sacrificarsi per il bene di quella causa che portava avanti da quando era riuscito ad arruolarsi nel Corpo di Ricerca. Avrebbe mandato a morire tutto l'esercito se questo avesse portato al compimento del suo obiettivo.

L'umanità, suo padre, meritavano giustizia, e lui sapeva di essere nato proprio per questo.

Andò a dormire con quel pensiero, quella notte.

Tuttavia, l'altra parte della sua testa, era concentrata su altro.

Altro più concreto, un "altro" che aveva potuto vivere in quegli anni, un "altro" che non era chiunque.

Quell' "altro" che poco prima gli aveva puntato il rasoio contro con l'intenzione (lo era davvero?) di mutilarlo pur di non farlo partire.

Si preoccupava così tanto per lui, Levi? O c'era dell'altro che non sapeva spiegarsi?

-Non mi hai detto tutto...- mormorò nel girare il fianco, mentre ricordava quando si era offerto di ascoltare tutto quello che aveva da dirgli.

Si era trattenuto, oppure non aveva nemmeno ben chiaro cosa volesse dire quel "Dimmi tutto quello che provi".

Sospirò nel poggiarsi la mano sul cuore, percependo il suo petto caldo e un dolorino che era perlopiù mentale, non fisico.

"Fai quello che devi, basta che non te ne penta poi."

Non si pentiva delle sue scelte, non si pentiva di quello che aveva fatto in passato e di quello che faceva nel presente.

Non si pentiva di aver manipolato menti, di aver mandato a morire migliaia e migliaia di soldati per un mero ed infantile desiderio che non poteva essere condiviso da tutti.

Non si pentiva di aver messo un peso enorme sulle spalle di un ragazzino di quindici anni che aveva però già visto l'inferno, esattamente come lui e come Levi, e che ci stava sguazzando dentro fino al collo.

Non si pentiva di aver avvicinato Levi, tempo prima, come non si pentiva di averlo baciato, di averlo stretto, di aver chiamato il suo nome a voce bassa per non farsi sentire dagli altri soldati, di aver fantasticato su di lui parecchie volte.

Si pentiva solo di una cosa, Erwin Smith.

Si pentiva di non averlo fermato e di non avergli chiesto di dormire assieme, quella notte.

Una notte che poteva essere l'ultima, sia per lui, sia per Levi, sia per entrambi.

 

---

 

-Credi che sia tutto...solo un mio delirio infantile?-

Gli parve di riaprire gli occhi di nuovo dopo un lungo e terribile sogno, intorno a lui polvere, frammenti di roccia, sangue rappreso sui vestiti e per terra, pezzi di legno che provenivano da delle case in lontananza.

Le urla spaventate e disperate dei soldati poco distanti da loro riuscivano in qualche modo a nascondere il rumore del lancio delle rocce attuato da quel fottuto Gigante Bestia che da minuti e minuti stava tartassando quei pochi soldati rimasti e dal loro impatto su qualsiasi superficie esistente. Quelle case abbandonate che, in qualche modo, li stavano ancora proteggendo, non sarebbero durate a lungo.

Aveva le orecchie tappate dal troppo rumore, eppure riusciva perfettamente a sentire Erwin seduto su una cassa di legno a pochissima distanza da lui. 

La polvere gli s'insinuava nei vestiti, si poggiava sul suo viso apparentemente impassibile e sembrava accarezzargli i capelli ad ogni folata di vento improvvisa. 

Levi aveva già vissuto quel tipo di situazione così tante volte da non spaventarlo nemmeno così tanto, convinto di aver visto di peggio in vita.

Quel peggio che si stava manifestando proprio davanti a lui, sempre seduto mollemente su quella cassa con l'espressione più amareggiata che gli avesse mai visto addosso.

Si sarebbe sacrificato per salvare la missione intera, quella missione che disegnava nella sua testa fin da quando era un ragazzino e che era una testimonianza diretta dei desideri di suo padre.

Erwin sarebbe partito alla carica assieme a tutte quelle reclute inesperte per distrarre quel colosso e dargli tempo di andargli addosso e di catturarlo, questo gli aveva riferito poco prima mentre si allontanavano da quei soldati, ignari dell'effettivo pericolo e del fatto che loro avessero bisogno di tempo per riorganizzarsi le idee. Non era raro che Levi si allontanasse con lui per discutere di alcune tattiche, di alcune idee improvvise o di qualsiasi cosa che riguardasse quella data spedizione.

Il corvino sapeva che, prima o poi, sarebbero arrivati ad una situazione simile, l'aveva previsto, come sempre, eppure Erwin non l'aveva ascoltato.

Gli aveva offerto di partire alla carica da solo, convinto di farcela pur di salvare lui ed Eren, le uniche vere speranze di quell'umanità che stava tanto a cuore al biondo e che aveva bisogno di quella fottuta libertà a cui aspirava da secoli.

Sarebbe partito anche bendato verso il campo di battaglia pur di lasciarli scappare, pur di lasciarlo scappare, avrebbe fatto di tutto. 

Erwin non gliel'aveva permesso, conscio che sarebbe stato l'unico in grado di stanarlo se ci fosse stata l'occasione. Avrebbe dovuto però morire insieme a tutte le reclute, mandando a fanculo la possibilità di entrare in quella cantina e di vedere la sua amata umanità libera da ogni costrizione.

Avrebbe rinunciato al suo sogno pur di tenere comunque a galla quella missione. Avrebbe rinunciato a terminare quello che aveva iniziato suo padre e che gli aveva trasmesso, chiusi in casa e con solo la luce della candela ad illuminare i loro visi assetati di conoscenza.

Mentre lo guardava cominciò seriamente a mettersi in testa che quella sarebbe stata di certo l'ultima volta in cui l'avrebbe visto, in cui avrebbe potuto annegare in quegli occhi blu che sembravano sempre "guardare oltre", in cui avrebbe potuto ammirare quel viso così provato, ma allo stesso tempo perfetto. 

Sarebbe stata l'ultima volta in cui avrebbe potuto inebriarsi del suono della sua voce, in quel momento incrinata a causa dell'emozione e della tristezza di cui anche i suoi occhi erano pregni, quella voce che aveva sentito così tante volte che sarebbe stato strano non udire più.

 

Assottigliò lo sguardo, Levi, nell'inginocchiarsi in automatico davanti a lui e nel tenere il viso basso.

Si ricordò il loro primo incontro, in cui era pressochè nella stessa posizione ed Erwin lo guardava con quegli occhi pieni di aspettative e con la bocca serrata, come se in attesa di sentirlo parlare al suo posto.

Due posizioni simili, ma due occasioni completamente differenti. Il loro legame era cambiato, si era rafforzato più di quanto potessero sperare entrambi.

Una volta poteva dire di detestarlo, di odiare il suo modo di porsi e di parlare troppo da perfettino; non potè dire lo stesso in quel momento, però.

Levi s'inginocchiò perché si sentì di farlo, perché glielo doveva, perché sapeva che poi se ne sarebbe pentito se si fosse tirato indietro.

Nel frattempo, parole dure, parole amare, bussavano alla porta dei suoi denti in attesa di uscire.

-Hai combattuto bene. Se siamo arrivati qui, lo dobbiamo a te.- parlava al plurale, ma in cuor suo sapeva di star parlando anche per sé stesso.

Era stato Erwin, bene o male, a trascinarlo fuori da quella fogna, era stato lui a spiegargli come funzionasse quel mondo che tanto ce l'aveva con lui, era stato lui a dimostrargli quanto fosse bello lasciarsi andare, ogni tanto.

Erwin gli aveva insegnato tutto quello di cui aveva e non aveva bisogno, senza lasciarlo indietro alla minima difficoltà incontrata (il che era raro, visto che Levi imparava particolarmente in fretta), senza giudicarlo e offrendosi di spiegarsi ancora se una cosa non era chiara.

-Sceglierò io.- sancì sentendo gli occhi pizzicare pian piano, imprecando mentalmente per essere stato costretto a scegliere nuovamente tra due fuochi che non davano moltissime possibilità di rivalsa. 

O sarebbe morto Erwin, o sarebbe morto lui, in quel momento non c'era una vera e propria via di scampo a meno che dall'altra parte del muro Eren e gli altri suoi compagni non fossero riusciti a stanare il Colossale in tempo. 
Levi avrebbe preferito di gran lunga andare al suo posto, ma per quanto vedesse la tristezza nei suoi occhi nel vedere il proprio sogno sfumarsi proprio davanti a lui percepiva, in un certo senso, che fosse stata la sua volontà a dettare quel piano, non la disperazione.

-Rinuncia al tuo sogno e muori.- il cuore cominciò a farsi sentire all'interno del suo petto, come le lacrime intente ad appoggiarsi sulle palpebre mentre alzava lo sguardo torvo, ma provato, e lo incrociava con il suo –Conduci le reclute dritte all'inferno.- non poteva permettersi, in quel momento, di fargli vedere quanto non fosse d'accordo su quella partenza suicida.

Doveva lasciarlo fare, perché si fidava di lui, perché era giusto che il comandante facesse la sua scelta esattamente come la stava facendo lui.

-Io ucciderò il Gigante Bestia.- parole che furono in grado di accendere dentro di lui una fiamma che era rimasta assopita fino a quell'istante.

 

L'avrebbe fatto fuori per lui, una promessa che non era stata totalmente sancita ma che Levi sapeva sarebbe stata l'ultima cosa a legarlo a lui nel momento in cui fosse morto per distrarre quel colosso. 

Si legò quell'affermazione in un angolo della sua testa mentre notava come gli occhi di Erwin si spalancavano leggermente per la sorpresa.

Non si aspettava che lo assecondasse in quel modo, specialmente dopo le premesse di due sere prima e dopo tutte le altre che li avevano accompagnati negli ultimi anni. Premesse che si erano consumate in un letto che era abbastanza grande per due persone, in una stanza chiusa a chiave, con la luce della luna pronta a riflettersi sui capelli di entrambi e negli occhi grigi di Levi intenti ad osservarlo con un'espressione neutra ma che nascondeva ben altro.

Erwin adorava guardarlo in quelle occasioni, spogliato dei propri vestiti ma anche di tutte le responsabilità che lo riguardavano; sembrava un'altra persona quando non impugnava le spade nel suo modo caratteristico, quando non guardava i giganti con aria sprezzante, quando non insultava le reclute per "spronarle" a fare meglio.

Era semplicemente Levi, ovvero l'unica persona in grado di capirlo e di ascoltarlo a fondo senza giudicarlo in modo troppo crudele, l'unica persona che si fidava di lui a tal punto da lasciargli fare qualsiasi cosa gli passasse per la testa. L'unica persona alla quale aveva mostrato tutti i lati del suo carattere e aveva perseguito comunque a seguirla, come se la sua personalità non fosse motivo d'interesse.

Si ritrovò a sorridere, quindi, nonostante intorno a lui si stesse scatenando l'inferno. Le urla dei soldati poco distanti da loro, il respiro contenuto di Levi a poca distanza, l'odore del sangue rappreso che riusciva sempre a disgustarlo sebbene ormai ci avesse fatto l'abitudine.

Non si sarebbe mai abituato però a quella sensazione terrificante all'altezza della gola, quella che precedeva sempre una qualsiasi azione pericolosa e rischiosa. In quel caso, oltre ad essere pericolosa, quasi sicuramente sarebbe stata mortale.

 

Lo guardò negli occhi con un lieve sorriso, azzurro contro grigio a darsi finalmente tregua in tutto quell'inferno. Levi alzò leggermente le sopracciglia, come sorpreso di vederlo così sereno in tutto quel marasma che lo circondava e lo tartassava nella testa.

-Levi, grazie.-

Due parole, due parole dette con così tanta tenerezza che riuscirono a turbare Levi come poche cose al mondo. 

-Perché mi ringrazi?- domandò col fiato corto, vedendo con orrore come si stesse tirando su da quella cassa con l'espressione più leggera, come se si fosse appena levato un peso enorme dallo stomaco.

Stava per partire, stava per dirigersi verso morte certa, e quella sarebbe stata l'unica e l'ultima occasione per vederlo, guardarlo negli occhi e annegare ancora una volta in quella marea chiara e invitante.

Erwin si fermò a pochi passi di distanza da lui, voltandosi indietro e rivolgendogli un sorriso triste.

-Lo capirai.- rispose solamente nel squadrarlo dall'alto in basso, come se avesse voluto imprimersi nella memoria Levi nella sua interezza, per l'ultima volta. Levi che, sebbene avesse sentito la sua risposta, si ritrovò ad essere più confuso di prima.

Erwin rimase a fissarlo con quello stupido sorriso a contornargli le labbra senza fiatare, senza girare lo sguardo. Levi sperò che ci stesse ripensando, che capisse che non avrebbe avuto senso morire quando era anche grazie al suo forte desiderio di scoperta se erano arrivati fino a lì.

Purtroppo, però, non sapeva quello che continuava a vorticare nella mente di Erwin da minuti e minuti, conscio che quella sarebbe stata effettivamente l'ultima chiacchierata che avrebbe avuto con lui. Certo, non sarebbero stati davanti ad una lanterna accesa in compagnia di due tazze piene di tè e con il rumore lontano delle carrozze in movimento a fare da sfondo, ma il biondo non riuscì a denigrare comunque quel momento che stavano avendo per loro, e solo per loro.

-Ci vediamo dall'altra parte, Levi.- fece il biondo nel girarsi dall'altra parte e dirigersi verso le reclute, ma Levi fu più veloce.

Lo prese per un lembo della mantella verde, fissandolo con una disperazione negli occhi che aveva visto pochissime volte e che riusciva a sciogliere quel viso normalmente rigido, stoico, serio.

-Erwin...- boccheggiò il corvino, rendendosi perfettamente conto di star comportandosi come un moccioso a cui stavano levando il giocattolo preferito dalle mani, ma era più forte di lui.

Si sentì improvvisamente mancare alla consapevolezza di perderlo definitivamente sul campo di battaglia e di non poterlo più incrociare nei corridoi del quartier generale o nel suo ufficio intento a firmare i rapporti con la sua mano non dominante. 

Il diretto interessato lo guardò con apprensione mentre si voltava ancora verso di lui. Levi levò la presa dalla mantella, abbassando lo sguardo verso terra e percependo gli occhi riempirsi sempre di più di quelle lacrime che negli anni aveva versato poco e a fatica. Lacrime che non si sarebbe mai aspettato di rilasciare per uno come lui, per un uomo come lui, così manipolatore e stronzo ma tenero e divertente quando voleva.

L'unico uomo che era stato in grado di vederlo nella sua interezza, spogliato di tutto quello che aveva accumulato negli anni e che l'aveva fatto diventare il Levi che tutti conoscevano.

Erwin l'aveva visto senza vestiti, sia letteralmente che non, e nessun altro sarebbe riuscito a fare lo stesso; Levi lo sapeva benissimo.

 

Il comandante sospirò, abbozzando un altro sorrisetto dei suoi mentre andava ad accarezzargli la testa scura con la mano, sentendolo leggermente abbandonarsi a quel tocco semplice ma d'impatto.

-So che non sei bravo con le parole, ma l'ho capito, sai?- domandò Erwin con tono calmo, facendo sì che alzasse lo sguardo interrogativo e lo incrociasse con il suo –Quello che provi, è lo stesso che provo anch'io.-

Di cosa stava parlando, esattamente? Cosa provava nello specifico da fare dei confronti anche con lui stesso? Questo si domandò il corvino mentre l'altro andava ad accarezzargli la guancia, costringendolo a non distogliere lo sguardo.

-Purtroppo siamo nati in un mondo dove questo non è minimamente contemplato, dove potremmo morire domani, o oggi stesso, dove non c'è tempo per pensare ad altro...- mormorò Erwin aggrottando le sopracciglia in un'espressione affranta, andando a soffermarsi con l'occhio su ogni piccola superficie del viso di Levi –Ma, dato che sicuramente non tornerò più indietro, mi sembra giusto rivelarti quello che non ho mai avuto il coraggio di dirti.-

Non ci credette inizialmente, il corvino, perché normalmente Erwin gli diceva tutto quello che gli passava per la testa senza farsi troppi problemi. D'altronde, Levi era anche molto più diretto di lui su certe questioni e non si scandalizzava a parlare di argomenti non proprio consoni al loro ruolo.

Cos'era in grado di donargli quell'espressione così affranta e di renderlo apparentemente più vulnerabile del normale?

"Siamo nati in un mondo dove questo non è minimamente contemplato".

Cos'era, la voglia di libertà? La voglia di distruggere quelle mura e di scappare da quel mondo crudele?

Levi non riusciva a capire e allo stesso tempo non riusciva a crederci, tanto da desiderare ardentemente che si spiegasse prima che fosse troppo tardi.

Ebbe una sorta di epifania nel momento in cui si soffermò sul modo in cui lo stava guardando negli occhi e teneva ancora la mano sulla sua guancia. L'aveva sempre fissato in quella maniera che poteva alludere a qualcosa di inquietante, ma in quel momento Levi non lo pensò assolutamente. Lo guardava come se si stesse rivolgendo a qualcosa di prezioso, nonostante non avessero mai messo in chiaro cosa fosse quello che stavano vivendo entrambi.

Sì, scopavano appena ne avevano l'occasione, si baciavano spesso e volentieri come se non avessero potuto fare altro, dormivano assieme abbracciati fino al mattino dopo...ma nessuno di loro aveva messo in chiaro a cosa quelle cose alludessero.

Era un semplice stare bene in compagnia dell'altro? O c'era dell'altro che Levi non aveva mai considerato perché troppo preso ad ammazzare giganti?

No, non poteva essere stato solo un concetto di benessere in compagnia, c'era sicuramente dell'altro che Levi non coglieva. Quello non era lo sguardo che due compagni d'armi si scambiavano, non era nemmeno lo sguardo di due amici che si conoscono da anni, non era nulla di tutto ciò. Lui non guardava Farlan o Isabel in quel modo, non guardava nemmeno quei mocciosi in quel modo.

Nemmeno sua madre, quando entrava gente "cattiva" in casa, la guardava con quegli occhi lucidi e con quel sorriso che avrebbe potuto significare parecchie cose.

Si rese conto che sarebbe riuscito a lanciare un'occhiata simile solo a lui, perché? Perché semplicemente con lui se la sentiva, si sentiva in grado di poter aprirsi in quel modo, di potergli rivelare in altri termini come si sentiva.

Con Erwin stava bene, meglio di quanto si aspettasse, quando dormivano assieme riusciva a non pensare agli incubi che lo tartassavano quasi tutte le notti, quando si lasciava toccare da lui con quelle mani così vogliose continuava a pensare di volerne ancora perché non era abbastanza, quando lo baciava riusciva a sentire sensazioni che fino a prima gli parevano sconosciute...

Era un qualcosa che aveva provato solo con lui, e che avrebbe provato solo con lui, anche se quella missione suicida non fosse andata a buon fine e si fosse lasciato investire dalle rocce lanciate da quel gigante di merda e peloso.

Non seppe dare un nome a quella sensazione, più che altro perché nessuno gliel'aveva insegnato.

Levi conosceva solo l'amore materno, quello che sua madre gli aveva impartito con premura sin dalla sua nascita, conosceva l'amore in senso di amicizia, quello che era venuto meno nel momento in cui aveva visto i cadaveri di Farlan e Isabel ai suoi piedi, sotto quella pioggia che nascondeva bene le sue lacrime.

Non conosceva quel lato dell'amore di cui tutti parlavano, ma di cui lui aveva quasi paura.

Non sapeva cosa significasse "amare" qualcuno, non l'aveva mai provato e nessuno gli aveva mai spiegato come funzionava.

Che sia amore, quello che provo per lui?

Si chiese mentre lo vedeva aprire la bocca per parlare, con l'orrore nello sguardo.

 

-Levi, io ti...- Erwin non fece in tempo a finire la frase, perché il diretto interessato si lanciò su di lui affondando la testa sul suo petto coperto dalla mantella verde che puzzava di polvere e di sangue, ma che a Levi non sembrava importare minimamente.

Il comandante si sentì sfiorare sulla schiena, segno che stesse provando ad abbracciarlo piano.

-Levi?-

-Non dirlo...- sibilò il più piccolo dei due nascondendo maggiormente il viso nei suoi abiti.

-Cosa?- lo incalzò il biondo nel sfiorargli la spalla, per poi accarezzargliela.

Aveva sentito un lieve singhiozzo, ma forse se l'era solo immaginato.

-Quello che vuoi dire...- insistè il corvino, tirando su con il naso in modo sommesso –Ho...ho capito quello che intendi, non serve chiarirlo.-

Non aveva mai detto di amare una persona e, allo stesso tempo, non se l'era mai sentito dire.

Probabilmente negli anni l'aveva solo pensato, ma l'aveva considerata una cosa futile e l'aveva tralasciata. Probabilmente l'aveva pure pensato mentre si lasciava baciare da Erwin, oppure mentre gli raccontava del suo passato e rideva su certi aneddoti, oppure quando lo aiutava a firmare i rapporti o veniva aiutato a pulire.

Sapeva che gliel'avrebbe detto, glielo leggeva negli occhi, e non potè smettere di piangere.

Lacrime amare, calde, pregne di rimpianti bagnarono il tessuto di quei vestiti mischiandosi alle gocce di sangue umano rappreso, creando un miscuglio disgustoso che Levi non notò neanche a discapito della sua fobia dello sporco.

Erwin era lì, e lo stava toccando.

Erwin era lì, e se non l'avesse fermato gli avrebbe pure detto che lo amava.

Erwin era lì...e quella sarebbe stata l'ultima volta.

Non andare...

Si ritrovò a pensare, mentre si dava del patetico per aver perso la compostezza che lo caratterizzava. Stava piangendo esattamente come quando era un bambino, inesperto della vita e totalmente orfano in mezzo a quel mondo di adulti armati di coltelli.

Ci dev'essere un altro modo...

Doveva pensare ad un'altra strategia prima che Erwin prendesse il via verso il campo di battaglia.

Doveva fare presto, altrimenti sarebbero morti tutti tranne lui.

Doveva muoversi altrimenti lui sarebbe morto.

 

-Levi, ehi...- lo richiamò dolcemente il più grande, alzando leggermente di più la voce per fare in modo che si udisse tra le urla dei soldati poco distanti da loro.

-Dovevi dirmelo prima, dovevi...- cosa sarebbe successo se l'avesse fatto? Avrebbe rinunciato alla guerra e gli avrebbe chiesto di ritirarsi? Sarebbero andati a vivere insieme sulle montagne lontani da tutto e da tutti?

Nulla di tutto ciò, e Levi sotto sotto ne era consapevole.

Le lacrime non si fermarono, anzi, parvero aumentare.

Erwin lo prese per le spalle e pian piano lo allontanò da sé, per poterlo guardare ancora una volta in quegli occhi che si erano fatti più gonfi sebbene cercasse di nasconderlo fissandolo con un'espressione sempre rigida.

-Te l'ho detto, il mondo in cui viviamo non ha posto per questo.- ripetè con tono mortificato il biondo, tornando ad accarezzargli il viso per levargli le lacrime –Se mai dovessimo ritrovarci in un'altra vita, sarà la prima cosa che ti dirò.-

Un'altra vita...

Per quanto non credesse a quella sorta di reincarnazione di cui gli aveva parlato Hanji tempo prima la considerò un'idea allettante.

Si sarebbero ritrovati in un mondo più clemente, senza giganti, senza armi, senza la morte ad attenderli maliziosamente ad ogni angolo. Avrebbero avuto tutto il tempo del mondo per conoscersi, per ritornare ad apprezzare la compagnia dell'altro e per rinsaldare quel legame che pressochè tutti invidiavano.

Il suo sguardo si fece vitreo, non abbozzò un sorriso al pensiero di cosa sarebbe dovuto succedere per far sì che quella cosa si realizzasse.

-Chi ti dice che ci ricorderemmo tutto?- obiettò il corvino nel guardarlo negli occhi, notando con speranza quanto si fosse avvicinato al suo viso.

Erwin aveva gli occhi lucidi, considerò Levi nel trovarselo così vicino.

-Ti fidi di me?- non rispose completamente alla domanda, ma gli propose un'altra alternativa alla quale sapeva che Levi non avrebbe mai risposto di no.

Si trovò la sua bocca così tanto vicina alla propria da chiudere in automatico gli occhi, completamente consapevole di quello che sarebbe successo.

-Sempre.- pronunciò con tono basso all'azzerare quella minima distanza tra i loro visi che diventò quasi frustrante. Si baciarono come la prima volta, sfiorandosi appena, timidamente e con paura di osare troppo nonostante si conoscessero da anni e l'avessero già fatto innumerevoli volte.

Le lacrime di Levi continuarono a scendere, ma Erwin non le vide perché teneva gli occhi forzatamente chiusi come per isolare le urla dei soldati e il boato lontano delle rocce lanciate dal loro momento. 

Levi sapeva e profumava di buono sebbene si trovassero in quello schifo polveroso e puzzolente di sudore, sangue e disperazione. 

Si staccarono dopo qualche secondo che parve un'eternità, per poi guardarsi negli occhi per l'ultima volta, fronte contro fronte, respiro trattenuto contro uno un po' più affannoso per la paura di lasciarlo andare via.

Levi s'inebriò del suo profumo e di quello sguardo che sapeva dedicare solo a lui nei loro momenti più intimi, quando si spogliava della divisa da comandante e si mostrava per quello che era.

Parole che rimasero all'interno delle loro bocche perché consci che ci sarebbe stato sicuramente un momento migliore per dirle, lacrime trattenute ad evidenziare quanto stessero soffrendo per quel legame che non era programmato ma che era stato la salvezza di entrambi.

Erwin non era nulla senza Levi, e Levi non era nulla senza Erwin.

Erwin sarebbe morto un milione di volte se il corvino non fosse andato in suo soccorso, e Levi sarebbe morto senza mai vedere la luce del sole se l'altro non fosse comparso nella città sotterranea a sconvolgergli la vita.

Si staccarono lentamente, poi, facendo finta che non fosse successo nulla, ritornando verso le reclute disperate con le espressioni di chi avesse sicuramente vissuto giorni migliori, guardando per terra per non essere invasi nuovamente dall'ennesimo moto di tristezza.

 

Levi lo vide partire a cavallo incitando i soldati mentre si librava in volo, tenendolo d'occhio per l'ultima volta tra una collottola tagliata e l'altra. Riusciva sempre ad essere così stoico anche davanti alla morte, che uomo strano, pensò mentre affilava lo sguardo per tagliare le nuche di quei giganti con la maggior precisione possibile.

Vedeva il Gigante Bestia poco distante, intento a scaraventare altre pietre con tutta la tranquillità del mondo mentre tutti i soldati gli andavano addosso con quelle espressioni disperate che Levi aveva visto così tante volte in vita da esserci ormai abituato, ma non ci sarebbe mai riuscito.

Udì le urla dei suoi uomini al vedere come quelle rocce si stessero avvicinando, nessuno però si mosse dalla formazione e tutti si lasciarono guidare dal loro comandante verso una morte certa.

-Soldati, infuriatevi! Soldati, gridate! Soldati, combattete!-

Gli parve di sentire la sua voce prima di entrare in una coltre di fumo causato dai fumogeni e dai corpi in evaporazione dei giganti che aveva appena ucciso.

Non fece nemmeno in tempo ad associare quel tono così esaltato alla sua faccia di merda che capì che le rocce avessero impattato sul terreno e sulle case in lontananza.

Si fece improvvisamente silenzio, poi, e Levi capì.

"Ci vediamo dall'altra parte".

Gli tornarono in mente le sue parole, solo alcune, mentre si mordeva il labbro per non trovarsi costretto a piangere anche durante quella strage di giganti che stava attuando in totale silenzio e indisturbato.

Guardò il cielo pur di non guardare il terreno che sicuramente sarebbe stato coperto di sangue e di resti di cadaveri. Quel cielo che fin da piccolo aveva sognato di poter solcare quando vedeva i soldati prendere il volo nella città sotterranea alla ricerca di qualche ladruncolo da arrestare. Quel cielo che poteva essere inquietante, specialmente nei giorni di pioggia o quando s'infrangevano le saette sulla terra, ma anche dispensatore di pace e di tranquillità come quando nevicava o quando non vi erano nuvole di nessun tipo.

Ti conviene ricordarti di me, Erwin Smith. Non ho nessunissima intenzione di rischiare di ucciderti un'altra volta.

Si disse trattenendo una risata amara, per poi premere ancora di più la manopola del gas e spingersi ancora in avanti, godendo dell'aria che gli accarezzava i capelli.

Così in alto nel cielo il mondo non sembrava nemmeno così tanto crudele come tutti dicevano.










Spazio dell'autrice:
E con questo capitolo si conclude questo mio primo "esperimento", chiamiamolo così.
Non sono completamente soddisfatta di come sia uscito, dico la verità, ma essendo la mia prima volta con questa coppia così maledettamente complicata posso dire che possa andare bene comunque xD
Detto questo, spero che questa storiella senza tante pretese vi sia piaciuta, e niente, non so se tornerò a scrivere altre EruRi prossimamente, dipende dalla mia ispirazione (e dal mio masochismo, soprattutto).

Vi ringrazio per aver letto questa piccola cosina che mi frullava in testa da anni.
Se volete darmi anche un minimo feedback sappiate che mi farebbe solo che piacere!
Ciao ciao :)

 

  
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