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Autore: PrimbloodyBlack    21/05/2021    0 recensioni
(la pubblicazione continuerà su Wattpad) Skye faceva parte di una della famiglie più importanti del regno. Suo padre, braccio destro del re, l'aveva educata ad una vita di sfarzo e lusso. Tutto ciò che voleva era suo, le bastava solo chiedere. Ma l'unica cosa che lei voleva era l'unica che non gli era concessa. Essere libera.
Dopo la morte della madre Margaret, il padre sprofondato nella depressione, aveva riposto tutto il suo amore morboso verso la figlia. La teneva chiusa nell' enorme dimora impedendole di uscire e quindi di cercare marito. Aveva ormai raggiunto i diciassette anni ed ogni donna della sua società aspirava ad uno sfarzoso matrimonio. Ma a lei fu negato anche di amare. Tentò più volte di fuggire ma sempre in vano.
Solo una volta si era avvicinata alla libertà ma un incontro alquanto magico aveva cambiato tutto.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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nota: questa parte iniziale vi suonerà famigliare perché è del cap XXXIII e l' ho spostata a questo per dare più coerenza alla linea temporale.

 

The last mistake, the choice I made

Staring in the mirror with myself to blame

Sometimes I'm afraid of the thoughts inside

Nowhere to hide inside my mind

-Icon For Hire

 

 

 

Agrid se ne stava seduta nella sua stanza, a pensare e a fissare il vuoto. Non sapeva quanti giorni erano passi da quando Thalia l'aveva lasciata. Non l'aveva ancora realizzato. Non avrebbe mai pensato che l'allontanamento della figlia le avrebbe procurato un tale dolore che quasi era più forte della rabbia che avrebbe dovuto provare. Sentiva che quelle emozioni che l'avevano divorata alla morte di Naeder e alla fuga del figliastro, stavano tornando a galla per ucciderla dall'interno. Si domandava come fosse potuto succedere. Era una donna diversa da quella del passato, non era più la madre violenta e abusiva di un tempo. Questo era quello che credeva lei. Aveva tentato di cambiare, di essere una persona migliore, e si era convinta di esserci riuscita. Ma migliorare non implica essere perfetti e questo Thalia glielo aveva sempre rinfacciato. Ma la donna nella sua fragile mente, non riusciva a capire. 

Agrid l'aveva sempre incolpata di tutto, ingiustamente. Era diventata il suo capro espiatorio e Thalia lo aveva passivamente accettato, del resto non conosceva altro. Forse perché anche Agrid non ha mai avuto una famiglia e non ne ha mai appieno capito il significato. L'unica cosa che faceva era allenare la lupa fino allo sfinimento, nessun abbraccio nessun bacio, solo sudore e sangue. "Lo sto facendo per te," le diceva, "ricordatelo." Eccome se avrebbe ricordato. Ma al tempo la lupa non capiva, come poteva? Non conosceva altro, non fino a quando Skye non si mostrò difronte a lei. E Agrid lo percepiva. Capiva che lentamente si stava allontanando da lei per avere qualcosa di più caldo e confortevole. Agrid non lo avrebbe mai accettato, essere sostituta, no, doveva esistere solo lei, soltanto lei e nessun altro. "La farò sparire!" E quando fallì la sua rabbia si fece più accesa. Ma qualcosa di più grande si svegliò, qualcosa che neanche lei poteva immaginare. Ricorda ancora le parole che pronunciò Thalia con quei occhi neri come la pece. "Ti uccido," le aveva detto la lupa, così convincente che Agrid aveva quasi messo in dubbio la sua sicurezza. Quella ragazzina ha corrotto mia figlia! Fu quello che pensò. 

Ora non sapeva nulla di Thalia, né come stava né dove si trovava. La magia di rintracciamento era svanita in modo innaturale, sapeva la sua ultima posizione, ma ormai era passato troppo tempo. Non sapeva cosa fare.

Adesso c'era solo lei a darsi compagnia, rinchiusa dentro la sua dimora, le era stato vietato di uscire a causa degli ultimi avvenimenti. Tutti i soldati e cacciatori avevano sentito le accuse mosse da Thalia, che era stata lei a mandare il Grim. Anche Agnes aveva testimoniato contro di lei presa dal rimorso. Doveva solo aspettare la decisione degli Omega. Si erano presi una settimana di tempo per decidere, ma il tempo era scaduto. In realtà nessuno sapeva cosa fare.

L'unica cosa che la smosse da quel limbo di pensieri fu il pugno che batté contro la porta. "Agrid," una voce familiare la chiamò. 

Si alzò dal letto. Quando girò la maniglia si ritrovò una donna alta e robusta, dalla carnagione scura e i capelli rasati e un uomo dalla muscolatura prorompente. "Cosa c'è, Anya?" chiese a quella che un tempo era sua allieva e adesso una fiera Beta.

"Devi venire con noi," disse con serietà professionale, senza lasciar trasparire alcuna emozione. Ma era agitata, lo si vedeva dal suo respiro affannato. Erano venuti lì correndo.

"Parla," la incoraggiò. "Si tratta della sentenza?"

"No. Ci sono le truppe reali."

La donna spalancò gli occhi. Senza battere ciglio lasciò i due Beta sulla porta e cominciò ad indossare l'armatura. Poi con velocità felina schivò i due e corse fuori casa.

"Deve restare con noi Agrid!" gridò l'uomo mentre le correvano dietro.

Quando si trovò fuori, corse per qualche metro e scorse da lontano una folla che circondava delle persone a cavallo. Cominciò a camminare verso di loro in modo calmo e posato, cercando di nascondere la sua agitazione. Uno dei soldati, con armatura argentata e dorata, con lo stemma reale sul petto, la vide e avvisò gli altri suoi compagni. La folla cominciò a disperdersi non appena i cavalli cominciarono ad avanzare.

"A cosa devo questa visita? Generale?"

l'uomo dall'armatura scintillante, posò i suo occhi cremisi su di lei. Il suo volto era scuro e rettangolare, pulito e liscio senza l'ombra di sudore. La esaminò con lo sguardo di chi aveva il potere di decapitare qualcuno semplicemente alzando un braccio. Agrid si sentii intimidita dalla sua presenza.

"Augustin, mia signora," disse chinando leggermente il capo. "C'è una stalla dove io e i miei soldati possiamo lasciare i nostri cavalli?"

"Certamente, seguitemi."

Durante il tragitto Agrid cercò in ogni modo di estrapolare qualche informazione dal Generale, ma invano. "Le diremo tutto una volta sistemati i cavalli." 

Agrid aveva annuito nervosamente, sapeva perché erano lì, quello che non sapeva è se erano a conoscenza di tutta la storia.

Una volta arrivati alle stalle il giovane generale notò la presenza dei tre grifoni. "Che magnifiche creature, non trova? Dove sono cresciuto non ce ne sono." 

"Presumo a nord, è li che voi Infuocari preferite risiedere."

Lui annuì scendendo da cavallo. "Sono suoi?" 

"Sì." Thalia ormai se ne era andata, aspettava a lei prendersene cura. Lo faceva con piacere, le ricordava i tempi di quando era giovane e partecipava alle gare e alle sfide dei villaggi. Ne aveva vinti anche lei alcuni, morti ormai da anni di vecchiaia. La longevità non è caratteristica di queste creature.

"Comunque, immagino che la nostra presenza sia stata annunciata agli Omega ormai, quindi potrebbe farmi strada?"

"Certo," si schiarì la gola, "il Concilio è da questa parte."

~ * ~

 

Skye si svegliò lentamente, battendo le palpebre per abituarsi alla luce mattutina. Mosse prima le gambe, ma con fatica, e poi il corpo con evidente pesantezza. Non riuscì a capire, ancora tra un occhio chiuso e l'altro, cosa avesse avvinghiato a lei, che la teneva stretta all'addome e intrecciate le gambe. Abbassò la testa, forse troppo velocemente, e il suo mento andò a scontrarsi con qualcosa di duro. Skye guardò in basso e vide una lunga distesa di capelli bianchi sparsi sul cuscino del medesimo colore. Thalia mormorò sillabe senza significato, e muovendosi leggermente, affondò il viso nel petto della ragazza. Skye fu colpita dal suo calore. Solo in quel momento si accorse che anche le sue braccia erano legate al corpo della lupa. Con un movimento lento, volto a non disturbare il sonno di Thalia, prese la coperta e la riportò su, coprendo fino al naso la lupa e poi le proprie spalle.

Trovava davvero comodo avere qualcuno con cui condividere il letto in inverno, specialmente se quel qualcuno aveva per natura una temperatura corporea elevata.

Si lasciò sprofondare il quel dolce calore, circondata dalla quiete. Da quando avevano risvegliato Annie si era sentita inqueta. A differenza di Thalia, lei non aveva mostrato in modo aperto e vivido i suoi dubbi su Anaan. Celava le sue angosce nei suoi pensieri, cercando di rimanere neutra agli occhi altrui così da non poter far capire i sue veri sentimenti. Lo riteneva un suo pregio. Ma adesso, in quel momento, non stava pensando a nulla. Aveva la mente vuota, di chi non avrebbe fatto nulla per tutta la giornata, nessun impegno, nessun dovere. Thalia si mosse ancora, stringendo ciò che aveva di più caro. Inspirò profondamente nel petto di lei e si lasciò scappare un lamento.

"Sveglia?" bisbigliò Skye.

Thalia le rispose con un altro lamento, più controllato e forte.

"Volevo alzarmi," disse lei, cercando di capire cosa la lupa volesse fare.

Di risposta la strinse più forte e poi disse con voce da bambina viziata: "No!"

Skye rise. "Ho promesso ad Anaan che mi sarei allenata con Jamilah oggi."

Nel sentire il nome dell'anziana donna, Thalia fece un grugnito.

"'Sta mattina ti piace dialogare a versi?" domando col sorriso.

"Anche fosse?"

"Guarda che anche tu devi venire con me."

"Verrò più tardi," disse con la chiara intenzione di voler restare a dormire.

"Ti ricordavo più attiva, sai?"

Skye ripensò a quando erano a Border Leaf. Thalia si alzava sempre presto la mattina per presentarsi puntuale agli allenamenti e ricordava anche di quando alcune volte saltava la colazione per arrivare in tempo. Skye credeva si comportasse così perché amava quello che faceva, ma forse era solo per la presenza asfissiante di Agrid.

"Devo andare."

Thalia la liberò dalla sua trappola con riluttanza e fastidio. Fosse per lei l'avrebbe incatenata al letto. Se lo immaginò.

"Perché stai ridacchiando?" domando sospettosa.

"Nulla." Finalmente si sforzò di aprire gli occhi. "Ti raggiungo tra un ora."

Trovava divertente che ormai, da quando aveva lasciato casa sua, non teneva più traccia dei giorni o dei mesi passati. Erano le stagioni ad indicarle il tempo trascorso. Chissà se il suo diciottesimo compleanno era passato senza accorgersene. Fuori si gelava, anche se indossava dei vestiti pesanti sentiva il freddo penetrare la pelle. C'era un po' di ghiaccio per terra. A quanto pare ha nevicato stanotte. Si allontanò dalla casa con passo velocesperando che potesse riscaldarla almeno un po'. Girò le vie e le strade, e per quanto Utopia non fosse grande quanto una città, era piena di vicoli e in alcune zone c'erano case quasi attaccate le une alle altre. Una volta uscita si affacciò alla strada principale, una lunga strada che portava fin sopra agli alloggi dei licantropi. Come ogni mattina, c'era il mercato, con persone di ogni specie che compravano il cibo più adatto al loro palato. Skye si tenne ai lati della strada, lontana dai carretti in legno che trasportavano cibo e viveri, e ogni tanto si fermava a guardare cosa quelle bancarelle avevano da offrire. C'era chi vendeva vestiti, chi gioielli, altri che invitavano persone a comprare i propri amuleti per cacciare via la sfortuna. Skye si chiese se in un modo magico come quello, accessori simili funzionassero davvero. Ma non poteva tentare, non aveva ancora monete proprie, a parte qualche soldo che Anaan lasciava a lei e a Thalia. Superato il mercato, girò sulla sinistra. Ricordò a se stessa che il campo di allenamento si trovava dopo la fine delle case di quella strada. Camminò per un'altra decina di minuti, nel frattempo si scaldò le gambe, ma i suoi piedi erano ancora gelidi. Notò da lontano un gran movimento. C'erano molte persone intente a costruire qualcosa. Sembrava stessero montato un enorme capannone che ricoprisse l'intero campo. Skye lo trovò logico, del resto non ci si poteva allenare con quella temperatura. Guardò se tra quelle persone c'era qualcuno che riconosceva, magari qualche viso familiare che potesse indicarle dove trovare Jamilah. La sua ricerca non durò a lungo. Qualcuno picchiettò con la punta del dito la sua spalla. Quando si girò vide il sorriso di Kubra, con i suoi boccoli di un bianco tendente all'azzurro, e i suoi occhi gentili e neri. Prese la mano di Skye, senza neanche aspettare la domanda che voleva porlə, e la trascinò con sè. 

Skye da ragazza che aveva sempre vissuto da sola, senza mai avere contatti con gli altri, si ritrovò imbarazzata a tenere la mano di un'altra persona che non fosse Thalia. Kubra non la mollò mai, portandola lontano dal capannone che stavano montando verso l'infermeria. Dietro di essa, quasi nascosto alla vista, c'era un  piccolo chiosco in legno. Skye notò subito la figura di Jamilah che parlava al proprietario.

"L'hai trovata," disse a Kubra sorridendo, per poi fare a Skye un cenno. 

Kubra finalmente lasciò libera la mano di Skye e si sedette sulla sedia accanto alla maga. Parlò con il proprietario facendo una serie di genti con lei mani, lui lə capì al volo e cominciò a preparalə qualcosa. 

"Scusami se ti ho fatta scomodare, mi ero scordata che oggi avrebbero cominciato a montare il capannone." 

"Non importa," disse sedendosi accanto a lei. "Posso avere anch'io qualcosa?" 

"Certo," rispose l'uomo, aveva delle corna come quelle delle capre.

Un Puck, pensò Skye. Pian piano stava cominciando a riconoscere e a ricordare i nomi e le caratteristiche di ogni specie.

"Cosa vorresti?"

Skye si trovò un po' in imbarazzo, non conosceva i tipi di cibo o bevande, ne il nome e nemmeno se erano adatte a lei. Aveva sentito che lo stomaco degli umani, streghe e stregoni, maghi e maghe e dei licantropi era identico, qualsiasi cosa potesse mangiare uno, era perfetta per l'altro, ma Jamilah non aveva preso nulla, quindi non poteva nemmeno dire: "Quello che ha preso lei, grazie." 

Intanto Kubra beveva il suo drink beatə e indisturbatə, leccandosi le labbra. Il Puck guardò Skye attendendo una riposta, notò la sua insicurezza e lanciò un occhiata nella direzione di Kubra.

"Quello che ha preso ləi è molto buono, è latte di kruvit e miele."

"Cos'è un kruvit?"

"Oh, è un piccolo animaletto peloso," le rispose Jamilah, "cicciottello con il muso carino."

"La loro carne è rimane dura e insapore quando è cotta, ma il loro latte è ottimo."

"Meglio così, sono davvero pucciosi."

Anche Kubra espresse il suo amore verso quella specie di animale stringendosi le spalle e mimando un abbraccio. Forse più una stritolata d'affetto.

"Il bosco ne è pieno, si riproducono in fretta."

Improvvisamente Kubra smosse con energia la spalla della maga. Con entusiasmo ed il sorriso sulle labbra fece qualche mossa con le mani. Jamilah le rispose che era un ottima idea.

"Non sei mai entrata nel bosco, vero?"

"No," e poi realizzando cosa stava per dirle Jamilah aggiunse, "ci andiamo?"

~ * ~

Thalia riuscì ad alzarsi dal letto dopo il decimo tentavo. L'ultimo perché Anaan era andata a bussarle con prepotenza alla porta. Si era presa il disturbo di andare a svegliarla con le sue maniere poco gentili. Thalia l'aveva sentita andarsene subito via e scendere pesantemente le scale con le sue ginocchia deboli. Si tirò su tra un grugnito e l'altro e imprecò scrocchiandosi la schiena.

Devo riprendere gli allenamenti.

Aprì un po' la finestra per fare entrare dell'aria pulita, sentendo il gelo colpirle la pelle nuda. Si diresse in bagno, Inciampando su qualche vestito: la sua maglietta, i pantaloni e tutto il resto che aveva gettato a terra la notte prima. Disse ad alta voce che non avrebbe sistemato la stanza nemmeno sotto tortura.

Lavata e pulita, rimase a fissarsi allo specchio chiedendosi cosa avrebbe fatto a quei capelli. Le era passato per la testa di tagliarli. Le davano l'impressione di essere malata, anche se Skye continuava a dirle che a lei piacevano. Abbandonò l'idea e si fece una treccia. Gli occhi invece non la turbavano. Del resto quando un tempo poteva trasformarsi in lupo i suoi occhi prendevano sfumature quasi dorate, averli argentei ora non le dava troppo fastidio. Ma per quanto potesse accettare il suo aspetto, non riusciva ancora a capire perché fosse cambiato in quel modo. Stress, le aveva detto Anaan, per i capelli. Aveva suggerito che forse la sua ultima trasformazione era stata troppo per lei. Ma la vecchia donna non capiva il perché degli occhi e nemmeno aveva indagato oltre.

Da quando aveva parlato con l'essere dentro Annie non riusciva a smettere di pensare a Mor. E più ci provava, più non capiva. Non poteva fidarsi di Anaan, di quello era certa. Aruel? Su di lui provava profonde incertezze. Ma voleva provare ad avere un contatto con lui, doveva, era l'ultima persona della sua famiglia.

Quando uscì dalla stanza fu quasi colpita da due ragazzi. Da quando questo gruppetto era tornato dalla missione non aveva più avuto un momento di pace, a meno che non se ne restava in camera. Non era abituata ad abitare con altre persone, le mancava la sua bella casetta, le mancava anche Agnes, che faceva le pulizie di casa mentre lei era fuori ad allenarsi. Il pensiero che ce ne erano altri fuori in missione, in procinto di ritornare e affollare ulteriormente quella casa la irritò. Non era affatto sorpresa quando vide Skye emozionata. Del resto aveva vissuto sempre rinchiusa in casa senza mai avere contatti con nessuno.

"Scusa," disse uno dei due. L'altro non la guardò nemmeno e continuò indisturbato.

Scese le scale, con loro due davanti, e poi si lanciò fuori la porta ignorando gli sguardi degli altri. Inspirò l'aria gelida come se fosse stata appena strozzata. Non le piaceva stare con loro, erano tutti così... diversi. Lei era un mutaforma, un Licantropo, un essere designato a stare con altri Licantropi, per sempre, senza contatti con altre specie. Non era abituata a tutto quello. Per un attimo prese in considerazione l'offerta di Hector. Ma non poteva andare ad abitare con gli altri lupi, o forse sì? Skye avrebbe compreso il suo disagio?

E lei avrebbe capito che non c'era nulla di cui sentirsi in colpa nel volere andar via?

Non voleva pensarci in quel momento. Non voleva pensare a nulla in realtà.

Si diresse verso il mercato, con l'intenzione di raggiungere Skye al campo. Attraversò a passo repentino quella strada affollata, fermandosi di tanto in tanto a vedere la bigiotteria. Era un'amante degli accessori, anche se d'inverno non indossava nulla per comodità.

Si fermò davanti una bancarella con degli ornamenti tipici della sua specie, con anche della pittura rossa, bianca e nera in vendita. Si rese conto che era da molto tempo che non si dipingeva il viso. Ci fece un pensiero. Allungò la mano verso il piccolo contenitore non più grande della sua mano. Si concesse quel piccolo piacere di tornare alle vecchie tradizioni. Pagò con i pochi soldi che Anaan ogni tanto le concedeva.

Non si accorse che di fianco a lei una donna la stava osservando. Le sorrise, Thalia rispose altrettanto ma prima che potesse andarsene la donna cominciò a parlarle.

"Posso vedere cosa hai comprato?"

La prima cosa che Thalia fece  fu portare intuitivamente la mano dietro e nascondere la pittura. Si domandò se fosse una ladra, un pensiero sciocco, ma sempre meglio essere prudenti con chi non si conosce, soprattutto se quel qualcuno ha la pelle segnata da delle venature nere e punta delle dita grigiastre.

"No," disse ridendo la strega. "Ho solo bisogno di aiuto."

Thalia rilassò le spalle, la guardò con sguardo interrogativo e la donna continuò.

"Mio marito mi ha chiesto di comprargli della pittura, solitamente lo fa lui. Ce ne sono troppe e non so quale prendere."

Thalia guardò verso il venditore impegnato a servire altri clienti. Non era un Licantropo e sembrava un semplice aiutante inesperto. Sospirò e si voltò verso la donna.

"Questa è biacca," aprì la piccola scatola circolare in metallo, "va bene per il mio colorito di pelle. Ti ha detto che tipo di colore preferisce?"

"Non proprio."

"Solitamente che pittura usa?"

"Non la usa," disse la donna fissandola. Il suo sguardo era gentile e il suo sorriso caldo.

"Allora..." Thalia si sentiva quasi messa alle strette, voleva solo andarsene e incontrare Skye. "Questa bianca, è l'unica che mi viene da consigliarti. Diciamo che è quella basilare." 

La strega annuì, finalmente Thalia era libera di andare e uscire da quella situazione di disagio. Questa interazione le fece ricordare quanto non era abituata a parlare con persone di un'altra specie. Vivendo all'estremità del regno, al difuori di tutto, non aveva mai imparato le usanze altrui, o davvero in modo superficiale. Era piena di pregiudizi, non le piaceva questa parte di lei.

"Prenderò questa allora." La donna chiamò l'aiutante e il ragazzo le disse gentilmente di attendere un attimo. Thalia stava per andare via quando la donna le afferrò il polso. La lupa già in allerta, pronta a spingerla via se avesse tentato qualcosa di strano. La strega la guardò e le sorrise un'altra volta. "Sei sempre la benvenuta."

Thalia spinse via la mano e la strega la lasciò. Capì subito di chi si trattasse. Lianna, la donna di cui Aruel le aveva parlato. Sfacciata, la signora.

"Porta la tua ragazza se ti rende più sicura."

"Apprezzo l'offerta, ma-"

"Prenditi il tuo tempo. Voglio solo conoscerti, anche tua nipote."

Quella parola le sembrò così distante, come se non le appartenesse. Io non ho una nipote, le diceva la testa. Ma i fatti dicevano altro, dicevano che suo fratello l'aveva abbandonata e che aveva creato una famiglia escludendola. Cercò di scacciare via i brutti pensieri. Aveva parlato con Aruel, si erano chiariti, non doveva più vederla in modo così negativo. Lui ha fatto quel che doveva fare.

"D'accordo," sforzò le parole come se la sua bocca fosse pietra.

"Bene," sorrise, "vieni quando preferisci, non devi avvertire."

La strega era, in modo davvero genuino, felice. Ma Thalia non lo era, desiderava tempo. Tempo per metabolizzare il tutto. Thalia sapeva che non c'era Aruel dietro, che probabilmente era stata lei a prendere l'iniziativa senza consultarlo. Lui le avrebbe detto sicuramente di attendere, che non era ancora il momento, che Thalia non era ancora pronta. Glielo avrebbe detto, giusto? Erano passati anni da quando si erano visti, si poteva presupporre che Aruel non conoscesse in realtà la sorella?

La lupa se ne andò via nel momento in cui la strega fu distratta dal venditore. Camminò a passo veloce. Se fosse esistita un tipo di pittura che significava "lasciatemi in pace" sarebbe stata più che entusiasta di mettersela in faccia. 

Raggiunse il campo e si domandò come avrebbe trovato Skye in tutta quella confusione. Probabilmente non è lì. Si avvicinò all'infermeria, caso mai fosse andata lì per dare una mano. Non c'era. Rimase un attimo bloccata non sapendo cosa fare. Se solo potessi trasformarmi avrei potuto trovarla con l'olfatto. Si innervosì. Si sentiva così incapace. Era forte, certo, ma da lupo la sua forza era il triplo, così come la sua vista, la sua agilità, il suo olfatto, il suo udito. Adesso con la sua forma umana non aveva più nulla, non si sentiva più lei. E allo stesso tempo non voleva più trasformarsi perché aveva paura di impazzire come l'ultima volta.

Mentre la sua mente vagava ancora una volta in spazi bui, che ogni volta si prometteva di non esplorare mai più, qualcuno la chiamò. Si girò da una parte all'altra finché non vide una ragazza con i capelli neri e sciolti che la salutava alzando il braccio. Thalia sorrise e le andò incontro.

Dopo una breve presentazione che si trasformò presto in un'esaminazione corporea da parte di Jamilah su Thalia, il gruppo si diresse verso il bosco. Seguirono il percorso che li portò a Casa Omicron. Thalia notò due ragazzi combattere, uno era Javier mentre l'altro era un ragazzo biondo di carnagione bianca, leggermente più scura di Skye. Thalia era convinta che non avrebbe mai incontrato una persona più chiara di Skye, ad eccezioni degli Incubi e Succubi di tipo Alabastro. Javier era troppo concentrato per notarla. Ma più che essere focalizzato a combattere il proprio opponente, sembrava invece provocarlo, riempiendo l'aria di risate invece che di tonfi.

Entrarono in un sentiero. Thalia si sentì nel suo ambiente naturale circondata da tutto quel verde. Almeno qui poteva camminare indisturbata, senza rischiare di andare troppo in profondità e incontrare creature oscure, o invece troppo a sud e superare confine con il mondo di Skye.

"Non c'è nulla di pericoloso, giusto?" domandò Skye.

"No, tranquilla. Al massimo possiamo incontrare qualche Arpia."

"Non abbiamo armi," sottolineò Thalia.

Jamilah rise. "Infatti non ci servono, a meno che tu non voglia prepararti la cena."

Thalia rimase in silenzio tenendosi la presa in giro. Questo posto, tutto, la confondevano. Si domandò se anche Skye si fosse sentita in questo modo quando era arrivata a Border Leaf. Probabilmente. Eppure non lo aveva dato a vedere, non più di tanto. Del resto Skye odiava casa sua, ma Thalia amava Border Leaf e... i suoi amici. L'immagine di Iris il giorno della sua condanna la colpì violentemente. Si era fin troppo sforzata di non pensarci.

"Eccone uno," Jamilah circondò le spalle di Skye con li braccio e con l'indice puntò in mezzo all'erba, "là."

Thalia si mise vicino a loro cercando di capire a cosa si riferissero. "Cosa?" bisbigliò scrutando tra foglie e cespugli.

"Kruvit."

"Che carino!" disse Skye con entusiasmo.

Lo sono eccome, pensò Thalia, non sarei mai capace di mangiarne uno. 

Ne videro molti altri quando continuarono per il sentiero. 

Skye le prese la mano, e le sorrise. "Sembra il bosco di Border Leaf."

Ma quella era l'ultima cosa che Thalia voleva sentire. Non era come il bosco di Border Leaf, Utopia non era affatto Border Leaf. Sentì il bisogno di incontrare qualcuno della sua specie. Avere Skye al suo fianco non era abbastanza. Avrebbe voluto che lo fosse, ma voleva stare con persone come lei, con un branco. Skye non era un lupo, non era maledetta, non ne aveva un bisogno. Gli esseri umani sono persone semplici, pensò Thalia, prendono le cose per come sono, possono adattarsi e superare. Possono essere complicati, ovviamente, e creare legami che possono durare una vita o morire nel corso degli anni. Ma i Licantropi hanno l'imprinting, creano legami indistruttibili, che non muoiono e possono diventare solo più forti. Ecco cosa li teneva tutti insieme, ecco cosa non li faceva impazzire. Questa è la maledizione. Stare insieme era la base della loro società. Ed essere a Utopia significava abbattere tutto, cercare di negare una maledizione che faceva parte della sua vita fin dall'infanzia, era tutto ciò che aveva sempre conosciuto. Non c'è da stupirsi che abbiano fondato Casa Omicron. E lei voleva stare con loro. Se un bosco come questo la faceva sentire nostalgica invece che confortata, significava che non era il posto giusto per lei. Odiava quanto fosse complicata.

Le strinse la mano, ma la sua agitazione cominciò farsi sentire. Deglutì a fatica. Si sentì profondamente a disagio. Pioppi ovunque, qualche robinia, pochissimi castagni e querce. No, era un atmosfera completamente diversa da quella a cui è sempre stata abituata. Non si era mai resa di quanto sconfortata si sentisse attorno a cose non famigliari. 

Ma il colpo finale fu nel vedere un corpo non uniforme avvinghiato ad un albero. Jamilah e Kubra procedevano davanti a loro due senza timore. Thalia si irrigidì, anche Skye sembrava turbata. 

Jamilah si voltò verso loro due e con un sorriso disse: "Non sempre ciò che è terrificante esteriormente è malvagio." E poi le due sorelle salutarono l'Arpia.

L'essere fece un verso gutturale e mimò il gesto della maga con goffaggine. 

Io le uccido le Arpie, pensò Thalia, tra sgomento e confusione, non gli do il buongiorno.

Più avanti ne comparse un'altra, con i suoi artigli che scavavano il legno, e le zampe poggiate su un ramo.

La maga raccontò del perché fossero così amichevoli. Qualche decina di anni prima un gruppo di Creature dell'Ombra era andato in missione. Era stato segnalato un campo in cui gli ibridi venivano torturati per condurre esperimenti obbrobriosi. I pochi sopravvissuti avevano riportato delle deformazioni corporee così drastiche che la cosa più giusta da fare era ucciderli per grazia. In quel luogo avevano trovato molti cuccioli di Arpia. Jalemah specificò che è ancora un mistero cosa accadde in quel luogo. Il gruppo decise di portare i cuccioli a Utopia e tentare di addestrarli senza tenerli troppo in cattività e dare loro delle impostazioni meno selvagge e aggressive.

"Come vedi, sono praticamente innocue. Cacciano il cibo di cui hanno bisogno, non attaccano mai, ci rispettano."

"Non avete paura che possa accadere qualcosa?" domandò Skye. "Voglio dire," si voltò verso Thalia, "l'arpia di quella volta ti ha lasciato una belle cicatrice."

"Sono qui da dieci anni e sono costantemente a contatto con noi, ci vedono parte della loro famiglia. E poi non sono dei semplici vicini di casa, hanno anche loro uno scopo."

"Immagino sia stata un idea di Anaan," disse veloce la lupa.

"Vedo che state cominciando a capire come la sua mente funziona."

Un'approfittatrice. Questo non poteva dirlo difronte alla nipote.

"Un'opportunista," disse Skye con innocenza.

Thalia soppresse una risata, Kubra lo stesso. Jamilah la guardò annuendo e sgranando gli occhi, come per dire "cavolo se hai ragione."

"Per dirla in termini carini, mia nonna non perde un'occasione. E questo suo modo di fare ci ha solo portato buone cose, quindi io non mi lamento." 

"Vuole scatenare una guerra," replicò.

Thalia guardò Skye con sorpresa. Vuole davvero parlare di questo adesso?

"Capisco che l'idea ti fa paura ma-"

Skye guardò per un attimo il cielo, non riuscendo ad esprimere a parole le sue preoccupazioni. "Dire 'paura' sembra sminuire il tutto."

"Che ti ha detto Anaan? Mia nonna non ha molto tatto."

"Molte persone moriranno -ovviamente- so come funziona la guerra, l'ho studiata. Ma davvero è l'opzione migliore?" 

"Preferisci vedere la tua gente morire per mano di un boia o in battaglia?" sbottò.

Skye sussultò. Non era quello che voleva dire. Thalia lo sentì. Si toccò il petto con preoccupazione. Skye fece un passo avanti pronta a ribattere, ma Jamilah incalzò.

"Non ci sono altre opzioni, Skye. Abbiamo tentato di assassinarla innumerevoli volte, ma come vedi il suo culo è ancora su quel trono."

"Ma-"

"Mio padre è morto per questa causa, non possiamo più fermarci dopo quello che tutti noi abbiamo perso."

Skye voleva dire di più, molto di più, ma non trovava le parole. Ricordava le forbici, il sangue. Non voleva che accadesse un'altra volta, mai più. Era davvero così che funzionava il mondo? Morte ancora e ancora. Avrebbero costruito una nuova monarchia con un trono macchiato di sangue, e lei... e lei si sarebbe seduta sopra un regno le cui fondamenta sarebbero state fatte con ossa e carne. E ogni strada e vicolo buio avrebbe dato voce a quel capitolo della sua storia, rivendicando le sue gesta e utilizzandole per i propri fini. 

Thalia sentì tutto, ogni pensiero, ogni paura. Non puoi essere così ingenua. E mentre lo pensò, si voltò a guardarla, e vide qualcosa. Una bambina che aveva appena compreso come il mondo era crudele e meschino. Doveva viverci e anche governarlo in futuro. E non voleva, eccome se non lo voleva! Stava ripudiando tutto, e si rifiutava ancora e ancora, in modo estenuante.

Thalia assorbì ogni emozione e ne fu trascinata via, in uno stato di eguale confusione e rifiuto. Sconforto crebbe in lei, ma era veramente il suo? Rabbia le prese la gola, ma era veramente la sua mano? 

E si voltò nuovamente verso Skye, verso la sua figura morbida e rilassata, solo il suo volto faceva trasparire qualcosa. Thalia percepì poi il suo corpo come un cumolo di nervi in tensione. Così pesante, con un masso pensante sulle spalle che la spingeva giu.

Non c'era nulla di normale in tutto quello, lo capì, e guardò Jamilah così intensamente che la maga storse il naso. Ma quella faccia così confusa si trasformò in sgomento. Quello Thalia non lo capì. 

Jamilah mosse mani e braccia con rapidità, tanto da spaventare Kubra. La maga si circondò di un'aura viola che colpì Thalia come fosse fumo e la circondò dal collo in giù. Non poteva più muoversi.

"Che stai facendo?!" Skye inveii.

"Lasciala fare," ribatté Thalia, "l'ho sentito."

"Cosa...?"

"Per un secondo," disse Jamilah con le braccia distese verso la lupa, mantenendo attiva la magia, "i suoi occhi hanno brillato."

Skye guardò Thalia con terrore, aspettandosi il ripetersi degli eventi accaduti nella piazza del castello.

Kubra afferrò la spalla della sorella e mosse le labbra.

"Sì, sono sicura. E forse ho capito il problema."

Forse anch'io.

 

 

 

Come avrete sicuramente notato, ho utilizzato la lettera Schwa (ə) che è una sorta di forma neutra, né maschile né femminile, quando mi riferisco a Kubra, più avanti spiegherò il perché. Sto ancora cercando di comprendere come si utilizza quindi potrei aver sbagliato qualche volta. 

Al prossimo capitolo!

 

   
 
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