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Autore: Ellery    30/05/2021    3 recensioni
Ben Solo, stilista di fama mondiale, viene invitato a presentare la sua collezione durante la Settimana della Moda di Milano. E quale migliore compagno di viaggio di uno spocchioso ex-generale del Primo Ordine? Peccato che le cose, naturalmente, non vadano come Hux spera...
Note: La ff è il seguito di "La cura del gatto per negati (e altri novantanove pratici consigli per diventare Imperatori del Male). Note introduttive nel primo capitolo.
Genere: Avventura, Comico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ben Solo/Kylo Ren, Generale Hux, Kylo Ren
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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2. Al mio caro amico Gianfranco


Hux spiò l’orologio sul muro del refettorio. Le lancette segnavano le dieci meno dieci. Presto i camerieri sarebbero giunti a sparecchiare e Ren era ancora intento a sfornare pancakes con l’apposita macchinetta, depositata sul banco della colazione continentale. A differenza sua - che aveva assaggiato soltanto una brioche e un cappuccino, resistendo alla torta di more fresche in favore della odierna cena da Cracco – Kylo Ren si era rimpinzato di uova al tegamino, toast, yogurt magro con aggiunta di cereali, marmellate e una sobria macedonia, poco prima di attaccare con i pancakes.

Sbuffò amaro, chiedendosi dove il cavaliere trovasse lo spazio per tutta quella roba. Forse possedeva quattro stomaci come i bovini? Osservò pigramente oltre la finestra: la pioggia della sera prima aveva sciolto buona parte della neve ed aveva smesso di cadere soltanto all’alba, lasciando posto ad una fitta coltre di nebbia. Non riusciva neppure a distinguere i contorni dei palazzi circostanti, tanto era densa. Storse il naso, contrariato: aveva sperato in una giornata di sole, per la visita alla città, ma quella foschia aveva rovinato tutto. Si immaginava che schifo di foto ricordo avrebbe prodotto.

«Ren…» chiamò l’altro, tirandolo per una manica «Possiamo andare?»

«Oh, ancora due pancakes, ti prego!» sussurrò lo stilista, allungando il piatto perché i dolci appena sfornati vi cascassero proprio nel centro.

«Stanno per chiudere la sala della colazione.»

«Non possono aspettare? Ci metto cinque minuti, davvero!»

«Siamo già in ritardo sulla tabella di marcia. Non ce la faremo a vedere tutto.»

«Uff… d’accordo. Da dove vuoi cominciare?»

«Dalla cattedrale, ovviamente!»

Per nulla al mondo si sarebbe perso quella visita. Il Duomo di Milano era famoso per la sua imponente architettura gotica. L’aveva studiato a fondo prima del viaggio ed era davvero curioso di poterlo osservare di persona. Poi avrebbero fatto tappa al Castello Sforzesco e da lì sarebbero risaliti verso la Galleria Vittorio Emanuele. Da quelle parti c’era il famoso Luini, perfetto per un pranzo a base di panzerotti. Nel pomeriggio, breve tappa alla Pinacoteca di Brera e rientro in albergo prima della fatidica cena da Cracco. Batté le mani soddisfatto: chissà, magari avrebbe avuto l’onore di incrociare il grande chef…

Recuperò dal tavolo la giacca e la sciarpa che il signor Armani si era premurato di fargli recapitare. La avvolse attorno al collo, affondandovi il mento: la soffice lana nera gli punse le guance, intonandosi perfettamente all’elegante trench doppiopetto. Peccato per le Converse di tela, per nulla adatte al clima invernale. Poco male! Si sarebbe comprato un paio di scarponcini alla Rinascente. Calcò il berretto in testa, nascondendo le ciocche rossicce.

«Sei pronto?» domandò, ma le sue speranze vennero presto disilluse. Kylo Ren aveva appena infornato un’altra quindicina di pancakes, con sommo dispiacere dei camerieri già pronti a sparecchiare.

 
***
 

Fortunatamente, l’albergo non distava che dieci minuti dal centro storico. Hux attraversò in fretta Piazza della Scala, dedicando solo una rapida occhiata al famoso teatro. Lo avrebbe guardato meglio al ritorno, ma al momento era troppo impaziente. Il ritardo causato da Ren era imperdonabile: dopo aver temporeggiato nuovamente davanti alla colazione, domandandosi se concludere il pasto con una salutare spremuta d’arancia oppure con una doppia cioccolata fondente, il cavaliere si era finalmente deciso a spingere il suo prominente naso fuori dall’hotel. Peccato che quel prominente naso fosse terribilmente famoso, ormai: Hux aveva perso il conto di quante persone li avevano fermati per chiedere un autografo o un selfie al celebre stilista. Infine, all’altezza della Galleria, il compagno aveva deciso di entrare in uno dei tanti bar extralusso per usufruire della toilette.

Il suo “Non potevi farla in camera, Ren?” era caduto nel nulla. Completamente inascoltato, l’ex-generale si era arreso ed aveva seguito il collega nel locale. Aveva ordinato il peggior caffè della sua vita, che gli era andato di traverso non solo per il sapore, ma anche per il conto. Trentadue euro per un caffè, un succo di pera e una brioches integrale. Trentacinque, considerato che Ren aveva lasciato i tre euro restanti di mancia.
Infine, erano sfociati nella vicina piazza.

Hux sollevò lo sguardo, scorrendo il profilo imponente della chiesa. Le guglie di pietra si stagliavano verso il cielo bianco, pungendolo come fossero tanti preziosi spilli. La Madonnina dorata si intravedeva appena, semicoperta dal una nuvola particolarmente bassa. Dei quattro ingressi ve ne era aperto soltanto uno. Miracolosamente, però, non sembrava esserci molta gente: la piccola coda per il controllo sicurezza scorreva abbastanza rapidamente.

«Vieni!» ordinò, allungando il passo per sistemarsi dietro ad una corpulenta signora dal vistoso abito a fiori «Non sei emozionato, Ren? Finalmente potremo vederlo dall’interno. È sconcertante, non trovi?, pensare che la sua costruzione è iniziata nel milletrecento, in pieno Medioevo! Insomma, non vi era nulla di paragonabile alla tecnologia moderna: niente montacarichi automatici, niente gru, niente…»

«Scusa, ma come lo sai?»

«Ho studiato! A differenza tua, mi sono interessato alla storia del pianeta che ci ospita.»

«Perché?»

«Per non sembrare uno zotico ignorante, forse?»

«Mh… sarà, ma non ci vedo nulla di intrigante in questo.»

«Ovviamente! Hai mai letto un libro in vita tua, Ren? A parte quel manuale sui gatti, intendo» ringhiò, scacciando in fretta quel pensiero. Quel maledetto tomo era stato l’inizio delle loro disavventure e certamente non desiderava ricordarne l’esistenza «O ti sei limitato a guardare le istruzioni della carta igienica?»

«Ho letto anche le istruzioni del condizionatore che abbiamo in stanza, se proprio vuoi saperlo.»

«Utilissimo, considerato che ci sono quattro gradi. Sicuramente accendere il condizionatore a febbraio ci salverà la vita…»

«Beh, ho letto anche la biografia di Laura Pausini, se proprio vuoi saperlo.»

Scosse il capo, sconfitto. Era inutile cercare di infilare un po’ di cultura in quella zucca vuota. La biografia di …chi? Non aveva idea di chi fosse, ma conoscendo i gusti di Ren era pronto a scommettere che fosse una stilista di borsette in plastica riciclata. Oppure una cantante neomelodica locale.
Si avvicinò al punto di controllo, rivolgendo un «Buongiorno» al poliziotto di guardia. Oltrepassò in fretta il metal detector, che squillò immediatamente. Si bloccò sul posto, osservando il pubblico ufficiale.

«Non capisco…» disse, mentre l’agente gli avvicinava uno scanner portatile.

«Sollevi le braccia, gentilmente.» gli ordinò l’uomo, visibilmente seccato.

Si affrettò ad eseguire, lasciando il detector scorrere sulle maniche della giacca e poi scendergli lungo il petto. L’apparecchio trillò nuovamente all’altezza del cuore.

«Ah, già…» mormorò, scuotendo il capo. Era un inconveniente piuttosto comune quando si possedeva un cuore di metallo. La sua protesi, così come quella di Ren, suonava ogni volta che passavano sotto un metal detector. Era successo anche all’aeroporto, ma era bastato esibire il certificato medico per poter oltrepassare i controlli. Tuttavia… ora non lo aveva con sé. Aveva lasciato entrambi i referti in valigia.

«Mi perdoni» riattaccò, rivolgendo alla guardia un sorriso affidabile «Sia io che il mio collega» indicò Ren che, evidentemente divertito dal fischiare dell’apparecchio, continuava a passare sotto lo scanner inventando curiosi passi di danza robotici «Abbiamo delle protesi cardiache.»

«Capisco…» il poliziotto apparve poco convinto «Avete un certificato che lo attesti?»

«Naturalmente, solo… l’ho dimenticato in albergo.»

«Allora non potete passare, mi dispiace.»

Hux sgranò gli occhi, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi:
«Cosa? Ma come?! Ho fatto tutta questa strada solo per vedere il Duomo! Davvero, non possiamo entrare?»

«No. Il protocollo di sicurezza è molto rigido. Non si passa senza un’attestazione medica.»

«Ma…»

«Deve andare a prenderla.»

«Non… non abbiamo tempo. Insomma, Ren mi ha fatto già fare tardi a colazione e… ci vorrà almeno mezz’ora tra andare e tornare. Rischio di arrivare tardi sul giro visite già programmato. Insomma, devo ancora vedere un sacco di cose!»

«Non è un mio problema, signore…»

«Ma… questa potrebbe essere la mia unica occasione. Non può fare un’eccezione?»

«No.»

«La prego di riconsiderare la sua posizione. Sono una persona per bene, dannazione! Non un terrorista!» ringhiò, storcendo leggermente le labbra e ritrovandosi a dover puntualizzare «Almeno, non su questo pianeta… qui sono un bravo cittadino! Pago le tasse come tutti gli altri. Voglio vedere il Duomo.»

«Signore, sta rallentando la coda e bloccando l’accesso. Se non si allontana subito, dovrò prendere altri provvedimenti.»

«Cosa? Ma lei lo sa con chi sta parlando? Dannazione, sono un agente della CIA! Più o meno…» consulente esterno, per la precisione… ma nominare la Central Intelligence Agency faceva sempre un certo effetto. In America, almeno… In Italia, invece, sembrò non funzionare.

«Certo, e io sono un senatore galattico.»

«Davvero?!» Ren si fece immediatamente avanti, spingendolo di lato e tendendo la destra al poliziotto «Allora avrà sentito parlare di mia madre. Leia Organa. La conosce? È famosa.»

La guardia apparve ancora più scocciata:
«Se non vi levate immediatamente dai piedi, dovrò chiedervi i documenti e farvi un verbale.»

Hux sospirò, sconfitto. Agguantò una manica del giubbotto di Ren, tirandola con forza:
«Vieni via» sussurrò, ma l’altro non si mosse.

Il cavaliere stava sventolando il passaporto sotto al naso del pubblico ufficiale, investendo questi con un inutile flusso di chiacchiere:
«Il nome Ben Solo le dice qualcosa, invece? Sono io!»

Il volto arcigno del poliziotto si sciolse in un sorriso incredulo prima e ammirato poi.

«Quel Ben Solo? Lo stilista?»

«Esatto!»

«Maestro Solo! Quale onore. La seguo tantissimo sui social, lo sa? Su Instagram, su Twitter… le sue creazioni sono splendide e lei è una fonte di ispirazione per tutti noi» l’agente gli strinse la mano, regalandogli anche una pacca sulla spalla «Prego, si accomodi. Chiamo subito il mio collega, così le farà da guida all’interno del Duomo.»

«Grazie! Che gentile…»

«Grazie a lei, maestro. Mi fa un autografo sul distintivo, per favore?»

«Ma certo! Come si chiama?»

«Gianfranco.»

Ben acciuffò una penna dalla tasca interna del giubbotto, affrettandosi a scrivere sul tesserino altrui:

Al mio caro amico Gianfranco, con affetto.
Ben Solo.

Hux assisté impotente a quella scena. Vide il gendarme accompagnare l’ex-cavaliere oltre la soglia del Duomo.
«Ehi!» squittì «E io?»

«… Ha un certificato medico?»

«Sono con lui!» gridò, indicando lo stilista appena sparito tra le ombre «Ren! Non puoi lasciarmi qui.»

Dal buio giunse una risata stridula:
«Temo di averlo appena fatto, Hux. Ci vediamo più tardi.»
 

***
 

Hux scivolò a terra, accomodandosi sul freddo lastricato della piazza. Aveva scelto un punto fortunatamente privo delle cacche secche dei piccioni. Poggiò la schiena contro i blocchi di pietra della chiesa e rannicchiò le ginocchia al petto, nascondendo il viso tra le braccia conserte. Con un gesto secco si tolse il berretto e lo gettò al suolo, calciandolo con la punta della scarpa.

Maledetto e stupido Ren! Si poteva essere più egoisti di così? Ogni volta che la situazione tra loro sembrava migliorare, il cavaliere riusciva sempre a rovinare tutto. Per quanto tempo ancora avrebbe dovuto vivere nella sua ombra? Non era mai stato nient’altro che questo: un cane rabbioso alle calcagna di Kylo Ren, in qualunque sua forma. Neppure da felino era riuscito a cavarsela molto meglio, anche se quasi rimpiangeva quella forma. Peccato per i pollici opponibili, ma erano un piccolo sacrificio in confronto all’amore che aveva ricevuto. Scosse il capo, mordendosi le labbra per impedire ai singhiozzi sconfortati di sfuggirgli. Come era caduto in basso! Da giovane e promettente generale del Primo Ordine, a gatto prigioniero della Resistenza a… impiegato semi-statale in esilio in una galassia lontana lontana. E la colpa di chi era? Di Ren, naturalmente! Se solo gli avesse sparato quel maledetto giorno in cui aveva messo piede sul Finalizer per la prima volta. Ma no, Snoke ci teneva così tanto al suo pupillo! Non poteva certo scavalcare l’autorità del Leader Supremo.

Si pizzicò l’attaccatura del naso. Se suo padre lo avesse visto in quello stato, avrebbe riso di lui: patetico, inutile, debole. Quelle parole gli risuonarono nella testa, peggiorando ulteriormente lo sconforto: non era mai stato in grado di affrontare Brendol Hux, neppure da adulto. Era sempre rimasto nascosto, prima desideroso di compiacere l’augusto genitore… e poi tramando per poterlo eliminare definitivamente. Solo così era riuscito a riscattarsi. Gli avevano riconosciuto il rango di generale e gli era stata affidata una nave… il cui comando era stato forzatamente condiviso col nuovo apprendista di Snoke: una specie di uragano fuori controllo, che aveva portato più problemi che soluzioni. E ora, che opzioni aveva? Non poteva uccidere Ren, anche se l’assenza della Forza rendeva le cose più semplici: prima di tutto, quello stronzo era diventato una figura di spicco nel panorama mondiale; farlo sparire nel nulla era abbastanza complicato: le forze di polizia di numerosi Paesi si sarebbero mobilitate per cercarlo; inoltre, da quelle parti non sembrava vi fosse niente di analogo agli Scarabei di Parnassos. Infine… beh, non se la sentiva; non dopo tutto quello che avevano passato assieme. Era doloroso ammetterlo, ma Ren era diventato una costante – nel bene o nel male – nella sua vita. Non riusciva ad immaginarsi senza di lui, tanto più che non avrebbe ereditato il suo ingente patrimonio, quindi… era più conveniente lasciarlo in vita.

«Kriff, sono un disastro!» biascicò.

Un tintinnio lo costrinse a sollevare di scatto il capo. Un passante si era avvicinato, lasciando scivolare una moneta da due euro nel berretto dimenticato a terra. Poi, senza aggiungere altro, si era frettolosamente allontanato verso la vicina metropolitana.

Hux raccolse il soldo, soppesandolo sul palmo e aggrottando la fronte. Gli avevano appena fatto l’elemosina, scambiandolo indubbiamente per un senza tetto disorganizzato.

Ottimo! Ho appena raggiunto il picco minimo della mia carriera. Può andare peggio di così? Si chiese, pendendosi immediatamente di quella domanda retorica.
Conosceva già la risposta: sì, naturalmente.
 

***
 

Kovalski abbassò il binocolo, non appena il passante si fu allontanato. Impugnò la trasmittente e aprì il canale riservato.

«Cremlino a Primula Rossa. Rispondete, passo.»

Una voce robusta gli gracchiò in un orecchio.

«Qui Primula Rossa. Che novità ci sono?»

«Ho agganciato l’obiettivo.­»

«Eccellente!»

«È solo. Chiedo il permesso per agire.»

«Permesso negato, Kovalski. Volevo dire… Cremlino. Insomma, potevi sceglierti un nome migliore, ma comunque…»

«Non è colpa mia se mi chiamo così!» si difese immediatamente, tornando ad inquadrare la figura nel binocolo. L’uomo stava soppesando una moneta sulla mancina, squadrandola con palese disgusto «Non posso procedere?»

«No, ci sono troppe persone in piazza. Non passeresti inosservato. Dobbiamo aspettare il momento più propizio e agire con discrezione. Tienilo d’occhio e non appena avremo occasione, passeremo alla fase due.»

«D’accordo. Passo e chiudo.»


 
Angolino: buongiorno! Torno con un piccolo capitolo pomeridiano. Nelle info del capitolo scorso, mi ero dimenticata di aggiungere un dettaglio importante (chi ha letto il prequel lo conosce già): nella precedente ff, ai nostri eroi erano state impiantate delle protesi cardiache metalliche... questo in aggiunta alle sfighe che già comunemente hanno.
Hux finirà in terapia prima della conclusione della storia, me lo sento, ma... purtroppo per lui siamo solo al capitolo due. 
Vi ringrazio tantissimo per aver letto fin qui!

E'ry

 
  
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