Anime & Manga > Naruto
Segui la storia  |       
Autore: Kris    30/05/2021    4 recensioni
Sasuke si era messo in viaggio per espiare le proprie colpe e proteggere la Foglia: il villaggio era l’eredità di Itachi e il sogno di Naruto. Aveva promesso a Sakura di tornare al villaggio, ma con le implicazioni della Maledizione dell’Odio degli Uchiha che i vecchi Hokage gli avevano raccontato, non era sicuro di volerla coinvolgere. Se solo Kakashi non l’avesse assegnata alla sua missione…
"Gli Uchiha sono un clan che prova profondo amore, più di qualunque altro clan.
Ma una volta che un Uchiha conosce l’amore, nel momento in cui lo perde, quel profondo amore si trasforma in profondo odio."

SasuSaku / Post-Naruto / Canon Universe / Blank period (Viaggio di Sasuke e Sakura fino nascita di Sarada) / Riferimenti-spoiler su light novel
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Team Hebi/Taka | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie, Più contesti
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 7 – Missione

 

Era come se dentro Sasuke un ingranaggio si fosse finalmente sbloccato: Sakura era strabiliata dal cambiamento che si stava sviluppando pian piano sotto i suoi occhi. Sasuke era finalmente sereno.

In principio era il Sasuke che aveva già avuto modo di conoscere ai primi tempi del Team 7, quello che faceva piccole gentilezze senza essere notato. Quando lo aveva visto raccogliere entrambi i sacchi a pelo senza una parola, le ricordò quando lo faceva da tredicenne con lei, Naruto e il maestro Kakashi. Partecipava anche di più alle discussioni, rispondendo con frasi più lunghe di monosillabi, e il tono irritato stava pian piano scomparendo dalla sua voce lasciando posto ad una nota neutra (era troppo presto per chiedere di più).

In pubblico si limitava a sfiorarle il dorso della mano con la sua mentre camminavano fianco a fianco, a guardare cosa stesse facendo affacciandosi dalle sue spalle totalmente ignorando qualsiasi concetto di spazio personale, ad avvicinarsi per parlarle a voce bassa nell’orecchio; se lei si faceva coraggio e gli prendeva il braccio o la mano non la cacciava via, indipendentemente dal fatto che fossero in pubblico o meno. La sera intorno al fuoco, però, a volte la avvicinava silenziosamente a sé mentre lei controllava la corrispondenza dall’ospedale.

Sakura stentava ancora a credere che tutto quello che stava vivendo fosse vero, al punto che non aveva ancora trovato il coraggio di dirlo a Ino: gliel’avrebbe detto di persona una volta tornata al villaggio. Adesso si godeva un Sasuke che a quanto pareva aveva preso la sua decisione di renderla felice molto seriamente – e lei non era da meno.

 

***

 

Come conseguenza dei continui stop presso i vari villaggi, il viaggio dal covo di Orochimaru all’isola di Uzu che doveva occupare poco meno di due settimane finì per occuparne il doppio. Quando dopo un mese nel Paese delle Terme e una nave noleggiata ad un pescatore avevano finalmente raggiunto quello che rimaneva del villaggio di Uzushio ciò che li aspettava era un deserto di macerie.

– Non mi stupisce che neanche Orochimaru sia riuscito a trovare molti reperti degli Uzumaki.

Sasuke non poteva che darle ragione: era uno spettacolo desolante. Se mai qualcuno avesse dovuto dimenticare gli orrori della guerra, i resti di Uzushiogakure erano il memento ideale.

– Kakashi ha detto che sono stati avvistati dei criminali in zona – disse Sasuke – Da stanotte faremo turni di veglia.

L’isola non era enorme e sapevano di dover andare a sud, ma per scrupolo avevano deciso di setacciare alcuni posti che Karin aveva accennato: templi, accademie, edifici di rappresentanza o considerabili sacri. Giusto all’ingresso del villaggio c’erano alcuni resti di un tempio che Sasuke passò a rassegna con lo Sharingan senza risultato.

– È come trovare un ago in un pagliaio, senza nemmeno sapere cosa stiamo cercando – commentò Sakura.

– I segreti dello Sharingan sono incisi su una stele. Più sono informazioni antiche, più è possibile che siano su pietra più che su carta.

Sakura guardò Sasuke: dopo due anni in giro per il mondo, aveva senso che avesse sviluppato un istinto particolare per la ricerca di informazioni nascoste. Questa missione gli era stata affidata anche per questo motivo, e Sakura aveva deciso di fidarsi di lui.

I primi giorni trascorsi in quello che doveva essere il cuore dell’isola – i resti del villaggio – furono in realtà molto tranquilli. Non furono mai attaccati da nessuno, anche se più di una volta era sembrato loro di essere seguiti.

– E se quei due ninja volessero davvero solo rallentarci e qualcuno ha già trovato la tecnica di sigillo?

Spostando con l’aiuto di Sakura una trave che bloccava l’ingresso a quello che sembrava essere un piccolo tempietto secondario, Sasuke sbuffò dal naso, unico segno che non condivideva l’obiezione.

Dentro quel luogo trovarono dipinto sul muro quello che sembrava essere lo stesso sigillo usato per rinchiudere il Nove Code dentro Naruto. Sakura tastò intorno al disegno fino a quando non trovò una piccola scanalatura: alla pressione una piccola porticina sul muro opposto si aprì, rivelando un piccolo cassetto – vuoto. Sakura sospirò.

– Karin aveva ragione: a quanto pare c’è davvero una connessione tra templi e jutsu in questo luogo.

Sasuke si guardò in torno, la fronte aggrottata.

– Domani dirigiamoci verso la zona indicata da Orochimaru. Se sono nascosti così in bella vista, è impossibile non sia già stato trovato.

Sakura lo guardò, alzandosi in piedi dalla posizione accovacciata per controllare il cassetto.

– Pensi che Orochimaru possa averci mentito e in realtà ce l’abbia lui?

– No. Non è da lui. Quindi se esiste dev’essere in quella zona.

Sakura annuì. Nessuno dei due riusciva a capire perché Konoha volesse un jutsu così pericoloso. Lei aveva ipotizzato che l’Hokage avesse ricevuto una soffiata che qualcuno (un nemico del villaggio? Una nuova Akatsuki?) lo stesse cercando e avesse optato per il “prevenire invece di curare”, ma Sasuke non condivideva la sua idea.

– È una missione divisa in due fasi, vuol dire che probabilmente la seconda parte sarà usarlo.

– Ma se persino un jutsu come quello usato dal Quarto Hokage per intrappolare metà della volpe a Nove Code ha richiesto di sacrificare la sua vita, un jutsu come questo cosa potrà richiedere?

Sasuke non rispose, ma Sakura sapeva a cosa stava pensando: attivare un jutsu simile richiede uno o più shinobi di elevato potere e il pagamento più alto era sempre la vita.

Che minaccia dovevano sigillare questa volta a costo di probabilmente sacrificare qualcuno?

 

***

 

Sotto di loro si stendeva l’oceano: fedele al nome di isola dei vortici, le onde ruggivano formando gorghi ai piedi della scogliera incitate dal vento tiepido.

– Fine del viaggio.

Sakura si guardò intorno: quell’insenatura era l’estremo sud dell’isola. Avevano cercato in lungo e in largo e non avevano trovato nulla: nell’ultima settimana avevano letteralmente rivoltato ogni roccia della costa sud-est, ma i pochi resti di strutture create da mani umane che avevano trovato non contenevano nemmeno un indizio su questo misterioso jutsu.

Quel che era forse peggio, non erano stati nemmeno attaccati né avevano visto tracce di nemici, cosa che perplimeva sia Sasuke che Sakura. Non era da Konoha sovrastimare i pericoli esterni.

Soprattutto, non potevano tornare a casa a mani vuote. Non dopo settimane di viaggio e la conferma di Orochimaru e Karin. Tuttavia, Sakura non riusciva a percepire la minima tensione da parte del suo compagno di viaggio.

– Eppure c’è una leggenda a riguardo – commentò sovrappensiero Sakura.

– Se esiste una leggenda, anche il jutsu deve esistere – fu la risposta di Sasuke. – È semplicemente nascosto.

Anche il ragazzo si stava guardando intorno, analizzando il panorama intorno a sé. Il vento gli spostava i capelli violentemente, lasciando in bella vista il Rinnegan. Alla vista dell’occhio viola di Sasuke, a Sakura venne un’idea.

– E se fosse un mondo parallelo?

Sasuke si voltò con sguardo interrogativo.

– E se gli Uzumaki avessero trovato un modo per aprire un portale e avessero nascosto il jutsu in un mondo alternativo?

– Improbabile – fu la risposta di Sasuke – Servirebbe il Rinnegan, ed è peculiarità degli Otsutsuki tramandata dalla parte degli Uchiha. Gli Uzumaki sono imparentati con i Senju.

Sakura si rabbuiò, tornando a formare nuove ipotesi.

– Se non è conservato in uno dei luoghi sacri che abbiamo perlustrato… dove si potrebbe conservare qualcosa di così pericoloso? Un luogo nascosto, o difficilmente raggiungibile… tipo…

– Dentro un mulinello.

– Prego?

Sakura si voltò verso di lui. Sasuke stava osservando il mare infuriato sotto di loro da pericolosamente vicino al bordo: i suoi occhi correvano lungo il dorso roccioso della scogliera, poi verso la schiuma bianca che si alzava.

– Sott’acqua? – il tono di Sakura era piuttosto incredulo – Con la potenza di queste onde, se fosse uno scrigno non rimarrebbe fermo nemmeno mezza giornata.

– Pensavo più ad un incavo, o una caverna – mormorò lui ancora preso dai suoi pensieri. Stava fissando un punto della scogliera dove le onde creavano un gorgo e si schiantavano violentemente sulla roccia.

– Cosa vedi?

Il suo sguardo non cambiò direzione, ma Sakura non riusciva a vedere nulla di fuori posto in quel luogo.

– Quando le onde si ritirano, vedo delle tracce di una barriera magica col Rinnegan. Il resto dev’essere sott’acqua.

– Luogo strano per una barriera.

– Luogo perfetto per nascondere cose che non vuoi cadano in mano sbagliate.

Il Rinnegan permetteva di vedere barriere magiche normalmente invisibili, come quella che circondava Konoha o altri villaggi ninja. Da quando aveva sentito la storia di Karin, gli era balenato in mente che anche questo jutsu potesse essere protetto con tecniche potenzialmente invisibili anche a poteri oculari conosciuti da tempo come il Byakugan o lo Sharingan, motivo per cui in quei giorni aveva fatto affidamento soprattutto sul Rinnegan. Nell’osservare la potenza dei gorghi sotto di loro, aveva notato solo per caso un flebile balenio – più un riflesso che una vera barriera – ma da quella distanza non poteva esserne sicuro.

– Come facciamo ad entrare? Ammesso ci sia una caverna.

Sasuke non rispose subito, continuando a scrutare la scogliera in cerca di indizi. Gli sembrava che lo scintillio fosse più chiaro di prima.

– Aspettiamo ancora qualche ora. Forse con la bassa marea diventa più accessibile.

– E per i vortici?

– I gorghi nascono da correnti diverse e di solito ci sono dei momenti in cui si fermano. Punteremo a quel momento.

Rimasero nella zona per poco più di quattro ore, attendendo che la marea scendesse: il gorgo preso di mira da Sasuke non era scomparso del tutto, ma aveva notevolmente perso potenza. Quando tornarono a controllare la situazione, Sakura continuava a non vedere nessuna differenza sul muro: doveva fidarsi di Sasuke per avvicinarsi al luogo stabilito, concentrando il chakra sui piedi per camminare sulla parete. Ad un metro dall’acqua Sasuke si bloccò, la voce quasi del tutto cancellata dal vento.

– La barriera continua sott’acqua. Creerò una bolla d’aria, dove finirà sarà anche il bordo della barriera e probabilmente il punto da cui ha origine. Colpiscilo per distruggerla. – Come se avesse improvvisamente ricordato qualcosa, dopo un istante aggiunse – Non troppo forte, o distruggerai l’intera scogliera.

La ragazza annuì, facendo finta di non notare il malcelato divertimento negli occhi di Sasuke nel pronunciare l’ultima frase. Senza attendere altro Sasuke tese la mano davanti a sé: l’arte del vento iniziò a soffiare intorno a lui, facendogli svolazzare il mantello. L’area interessata andò lentamente ad aumentare sempre di più, effettivamente andando a creare un vuoto nell’acqua che si allontanava da loro spinta dalla forza del vento. Quando il ragazzo considerò la bolla d’aria sufficientemente resistente, fece un cenno del capo a Sakura; come da indicazioni, Sakura si avvicinò al punto più basso della bolla.

– Più a destra – urlò Sasuke, ancora impegnato a mantenere il vortice d’aria attivo. Seguendo le indicazioni Sakura puntò uno spuntone di roccia e lo colpì con un pugno di media intensità. Una crepa si formò sulla scogliera, e tempo qualche secondo e tra lei e Sasuke improvvisamente si formò l’ingresso di una caverna.

L’ingresso era squadrato ed evidentemente intagliato da mani umane. Era scivoloso e per metà ancora inondato dall’acqua, la cui maggior parte era tuttora tenuta lontana dall’arte del vento di Sasuke, ma all’interno il corridoio risaliva rapidamente, creando una pendenza tale da impedire all’oceano di inondare la grotta. Lo percorsero e dopo pochi metri furono davanti ad un piccolo bacino attraversato da quello che sembrava un breve ponte di pietra: raccoglieva l’acqua del mare che riusciva ad entrare con l’alta marea e probabilmente la scolava tramite una seconda uscita sotterranea.

Dalla parte opposta del ponte c’era solo una stele quadrata di circa un metro di lato adagiata sul pavimento.

– Non riesco a decifrarla – commentò Sasuke in risposta allo sguardo di Sakura. Fece scorrere le dita sui bordi della pietra: era spessa una decina di centimetri, ma non era attaccata al pavimento. Sembrava incassata in un incavo della stessa dimensione, forse un meccanismo a peso.

– Spostiamola.

Con l’aiuto di Sakura sollevò la stele e la spostò di lato. Tuttavia, non accadde nulla. Sasuke continuò a guardarsi intorno.

– Forse è un meccanismo di sicurezza come quello dei templi che abbiamo visto. Cerchiamo una scanalatura o una leva.

L’interno era buio e l’unica luce che trapelava era quella che entrava dall’ingresso, quindi andarono a tastoni: nulla. Sasuke tornò a guardare la stele, cercando di decifrarla usando lo Sharingan, ma non ci riusciva.

– Che la tecnica sia scritta sulla stele? – suggerì Sakura.

– Può essere.

– Ma è un azzardo tornare a Konoha con solo una stele.

Sasuke fece un suono di assenso. Neanche lui pensava fosse quell’incisione. Tirò fuori dal mantello uno dei rotoli che usava per raccogliere kunai e shuriken e lo srotolò sopra la stele fino a quando non trovò un sigillo vuoto. Con l’unica mano rimasta fece i segni della tecnica di confinamento e premette la mano sul sigillo.

– Nel dubbio, la porterò al centro per la decrittazione.

La stele svanì, imprigionata dalla tecnica del ragazzo.

– Ah!

All’esclamazione di Sakura, Sasuke si girò di colpo: la vide toccare il luogo da dove avevano spostato la stele. Con la scarsa illuminazione non ci avevano fatto caso, ma a quanto pareva il meccanismo era effettivamente lì sotto. Vide Sakura spostare qualcosa – terra, o alghe – e tirare un gancio che con un sordo “clack” attivò qualcosa alle sue spalle: il muro si mosse, rivelando un vano di pietra nascosto, esattamente come quello dei templi che avevano visto.

All’interno c’era uno scrigno di metallo, miracolosamente non ossidato, e al suo interno una pergamena in buone condizioni per essere evidentemente molto vecchia. Sakura la aprì con cautela e vide i familiari caratteri dell’alfabeto ninja e il disegno di quello che era indubbiamente un sigillo di confinamento.

– Direi che è un buon candidato.

– Portiamolo a Konoha.

– Se fossimo arrivati anche solo un’ora prima, non avresti visto la barriera – sussurrò sovrappensiero Sakura.

Sasuke non commentò: erano stati fortunati, se la marea non avesse già iniziato a calare non avrebbe mai visto quello sfarfallio della barriera. Non apprezzava arrivare alla soluzione delle sue missioni per mera fortuna, ma decise di non rimuginarci troppo sopra.

Tornati vicino all’ingresso ora nuovamente quasi del tutto coperto dall’acqua, Sasuke usò di nuovo l’arte del vento per ricacciare l’oceano fuori dal corridoio e scivolarono giù verso l’apertura. Ricamminarono fino alla cima della scogliera e solo una volta giunti il ragazzo sciolse di nuovo la bolla d’aria.

– Abbiamo visite – annunciò Sakura al suo fianco.

– A quanto pare – rispose Sasuke ancora guardando l’oceano che si infilava nella caverna, ora esposta dalla mancanza della barriera illusoria. Non aveva bisogno di girarsi per percepire i chakra alle sue spalle.

– Ce ne avete messo di tempo – disse una voce maschile.

– Senti chi parla.

Sasuke si voltò finalmente a guardare il corteo di ninja che stava uscendo dalla pineta alla loro destra: una decina, forse poco più.

– Abbiamo deciso di lasciar fare a voi il lavoro sporco.

Sakura prese in mano la discussione.

– Forse volevi dire che non siete riusciti a trovare il jutsu prima di noi nonostante abbiate provato a rallentarci, e non avete avuto altre alternative che aspettare che arrivassimo noi.

– Una volta saputo che c’era il famoso Sasuke Uchiha in viaggio, era palese fosse nascosto in modo che nessun ninja senza poteri speciali potesse trovarlo.

– Sentiamo, perché volete questo jutsu?

– Per distruggerlo.

– Non sarebbe bastato lasciarlo dov’era, visto com’è nascosto così bene?

– No, se la Foglia ha deciso di mandare gli eroi della guerra a trovarlo.

Sakura cercò con lo sguardo i coprifronte dei nemici, ma sembravano tutti diversi tra loro: riconobbe la Luna, il Cielo e il Fango, tutti villaggi di Paesi minori sparsi per il continente.

– Chi siete? – chiese lei, ma l’uomo nemico che aveva parlato finora, probabilmente il leader, sorrise sganciando le due asce che aveva sulla schiena.

Come se fosse il segnale che aspettavano, un nugolo di senbon si alzò verso Sakura e Sasuke dalle foglie degli alberi di fianco a loro. Prima che la ragazza potesse reagire si trovò avvolta da un chakra viola: la cassa toracica di Susanoo circondava sia lei che il suo padrone e li aveva protetti dagli aghi di metallo, che rimbalzarono sulla figura e caddero a terra inutili.

– Non mi piace essere usato – commentò serafico l’Uchiha finalmente aprendo bocca, e con un gesto fluido del braccio scheletrico di Susanoo fece volare verso la foresta tutti i ninja davanti a loro. Il leader riuscì ad evitarlo saltando solo qualche millesimo di secondo prima.

Sakura lanciò un’occhiata a Sasuke: se aveva deciso di usare Susanoo fin dall’inizio del combattimento voleva dire aveva intenzione di chiudere la battaglia in fretta. Quasi provò pena per il leader nemico e la sua scelta di parole che implicavano l’aver usato Sasuke per il suo Rinnegan: per il ragazzo, che era in giro per il mondo da più di due anni proprio per evitarlo, era una dichiarazione di guerra.

– Grazie per la protezione, Sasuke-kun – disse lei guardando le ossa di Susanoo. – Però lascia qualche ninja anche a me.

– 200 metri dentro la foresta, sei persone. Può andare?

– Ottimo.

Il Mangekyo Sharingan di Sasuke virò su di lei, scintillante e concentrato. Le labbra tese, non riuscì a proferire le parole che aveva sulla lingua – fai attenzione – ma la ragazza sembrò leggergli nella mente.

– Non ti preoccupare. Non prenderò kunai avvelenati, questa volta.

– Bene.

Con un ultimo sorriso Sakura uscì dall’area protetta da Susanoo per dirigersi verso le retrovie, lasciando Sasuke a gestire la dozzina di ninja che si erano rimessi in piedi per tornare all’assalto.

– Vi avviso che oggi non ho la pazienza di giocare – sibilò lui mentre muscolatura e armatura andavano velocemente a coprire le ossa del busto di Susanoo e una spada compariva nella sua mano viola.

La maggior parte degli shinobi davanti a lui non ebbe nemmeno il tempo di vedere la lama abbattersi di taglio su di loro che l’impatto col chakra irritato del ragazzo li aveva già storditi, mettendoli fuori gioco per le seguenti 24 ore.

 

***

 

I sei ninja nelle retrovie erano un ninja medico, due specialisti nelle illusioni, un combattente con tecniche a distanza e due esperti di corpo a corpo. Appena la videro arrivare, gli ultimi due si lanciarono all’attacco mentre i restanti quattro provavano a nascondersi.

– Voi rimanete qui con me! Shannaro!

Schivando i due ninja saltò in alto e in direzione dei fuggitivi, piantando un pugno del terreno sufficientemente potente da creare una voragine in cui caddero rovinosamente. Segnando velocemente la tecnica della terra, chiuse il cratere con una cupola.

– Va contro la mia etica di medico ferire un collega, quindi per favore, restate qui.

Si voltò ad affrontare i due ninja rimasti e la situazione diventò una battaglia su due fronti caratterizzata dalla velocità. In quel due contro uno Sakura incassò qualche colpo, ma nulla di traumatico: anche se abili, non erano nulla contro Lee o Sasuke. Con due calci li fece volare a distanza e caddero finalmente senza sensi.

In quello comparve Sasuke, il braccio di Susanoo che stringeva il leader del gruppo.

– Ti sei divertita?

– Abbastanza – confermò con un sorriso pulendosi la polvere dal vestito. Sasuke era, ovviamente, immacolato.

– Gli altri dove li hai lasciati, Sasuke-kun?

– Sono legati. Ho già mandato un falco alla Nebbia perché se li vengano a prendere. Questo, però, lo teniamo noi.

Efficiente come sempre, pensò Sakura. Il villaggio della Nebbia controllava le isole vicine a Uzu ed era quello che avrebbe potuto movimentare un gruppo adeguato di Anbu nel giro di poche ore per tutti quei prigionieri, mentre Konoha ci avrebbe messo qualche giorno a causa della distanza. Tuttavia, l’attacco era contro dei ninja della Foglia, quindi avrebbero tenuto ed interrogato loro il leader.

Ancora imprigionato nella mano di Susanoo, l’uomo provò di nuovo a divincolarsi, senza successo.

– Perché volete quel jutsu? A cosa vi serve? – chiese Sakura.

– Ve l’ho detto: non vogliamo che lo prenda Konoha.

– Chi siete?

L’uomo rimase in silenzio, e Sasuke strinse la mano di Susanoo. L’uomo gemette e Sakura squadrò il suo compagno.

– Sasuke-kun…

– È per farlo parlare prima – si difese lui, assolutamente senza nessuna traccia di rimorso.

La ragazza sospirò e tornò a guardare l’uomo.

– Come vedi, il mio compagno di viaggio non ha molta pazienza. Ti suggerisco di parlare prima che ti rompa le ossa.

– Non puoi dirgli di lasciarmi andare?

– Così potresti provare a scappare?

– Magari con le braccia libere parlerei di più…

– Mi pare di averti già detto che oggi non ho pazienza di giocare – lo interruppe Sasuke, l’occhio cremisi scintillante – Rispondi in fretta.

L’uomo lo fissò per qualche secondo: c’era modo di fuggire alla presa spettrale di quel chakra viola che partiva dal corpo del ninja? No, decisamente no. Decise di arrendersi.

– Siamo un gruppo di ninja di piccoli Paesi.

– Chi è a capo?

– La Terra della Neve.

Sakura e Sasuke si scambiarono uno sguardo perplesso: conoscevano la Terra della Neve, vi avevano fatto una missione quando erano dei genin. Lo governava una principessa che era anche un’attrice molto popolare nel Paese del Fuoco, e soprattutto, era pacifista. Inoltre, considerando che le avevano salvato la vita, non vedevano perché avrebbe dovuto attaccarli.

– La Principessa Koyuki è amica di Konoha, non ci attaccherebbe mai.

– Sono i ribelli che supportavano Doto. Negli ultimi anni hanno cercato di unire i piccoli Paesi sotto la stessa bandiera.

Sasuke aggrottò le sopracciglia. Doto era il tiranno che aveva ucciso suo fratello, il padre di Koyuki, e aveva usurpato il trono. Il Team 7 lo aveva sconfitto e adesso governava la legittima erede Koyuki, ma non aveva mai sentito parlare di ribelli che supportassero le idee di Doto.

– Spiegati. – intimò Sasuke.

– I ninja della Terra della Neve sono in svantaggio in terreni senza neve come questo, quindi avere dalla loro parte ninja abili in altre arti è fondamentale. Stanno raccogliendo seguaci tra ninja che non sono contenti di questo periodo di pace.

– Perché c’è gente che non vuole la pace?

La domanda di Sakura era legittima, ma l’uomo si infuriò.

– Ma certo, voi ninja dei cinque grandi Paesi non potete capire! Voi avete le scoperte tecnologiche, la potenza economia, siete autosufficienti in tutto. Ma per i ninja di piccoli Paesi, pace significa non avere lavoro: ora buona parte delle missioni affidate ai ninja vanno solo ai cinque Paesi e a noi non arriva quasi più nulla. Per l’economia la pace significa più commercio, ma anche essere spesso sottoposti a prezzi iniqui solo per non perdere le rotte commerciali. Se al Paese del Fuoco non va bene il prezzo che il Paese del Riso propone, può sempre iniziare a coltivarsi il riso da solo, ma il Paese del Riso non può fare a meno dei prodotti finiti del Paese del Fuoco.

– E cosa c’entra con la guerra?

– In guerra i ninja di piccoli Paesi possono lavorare come mercenari. Se i grandi Paesi non si parlano, molte missioni arrivano ai Paesi piccoli confinanti. Con le rotte più limitate, i prezzi possono essere discussi in maniera più ampia. La pace rende gli shinobi più deboli e, infine, inutili.

Sasuke e Sakura non sapevano cosa rispondere. Loro che avevano combattuto in prima linea per portare la pace erano gli stessi che avevano portato miseria ai Paesi più piccoli? Sembrava assurdo. Però si rendevano conto che loro erano nati e cresciuti nel Paese del Fuoco, il può potente anche tra i cinque grandi Paesi, e che non potevano capire la frustrazione dell’uomo.

– Faremo in modo di parlare con l’Hokage di questi problemi. Sono sicura che i Kage e i Daimyo prenderanno a cuore la situazione, in maniera che tutti possano beneficiare della pace – disse Sakura.

– Perché questa vostra alleanza vuole questo jutsu? – chiese Sasuke, tornando al discorso principale. L’uomo lo guardò stupito.

– La principessa della Terra della Neve l’ha chiesto a Konoha. Vi hanno pagato fior di soldi per averlo. Come fate a non saperlo?

 

***

 

Quando gli Anbu della Nebbia arrivarono a prendere i restanti ribelli Sasuke e Sakura si incamminarono con il leader verso Konoha. Appena oltrepassato il confine un gruppo di Anbu di Konoha, di sede ad Okashi, una città tra il Paese del Fuoco e quello delle Terme, li stava attendendo. Avrebbero scortato loro il leader alla Foglia. I due rimasero indietro per poter discutere della situazione.

– Tu lo sapevi?

Sasuke scosse la testa.

– Kakashi ha detto che il resto della missione sarebbe stato deciso se avessimo trovato il jutsu o no.

– Anche a me ha detto lo stesso.

Il leader aveva detto che la Terra della Neve aveva richiesto questo jutsu e Konoha aveva accettato dietro lauto compenso. I ribelli volevano intralciare i piani della principessa per spodestarla e rimettere in piedi un governo che prediligesse un approccio a favore dei ninja e della tecnologia. I ribelli non avevano detto agli altri Paesi alleati quali fossero i piani della principessa o che cosa volessero fare con quel jutsu.

– La storia ha troppi buchi. Riportiamo il jutsu a Konoha e facciamoci spiegare bene cosa sta succedendo.

Sakura annuì, ancora pensierosa. Il Maestro Kakashi non avrebbe mai accettato missioni solo per soldi. Dovevano parlargli direttamente.

 

***

 

Il ritorno verso Konoha fu piuttosto silenzioso, entrambi immersi nei loro pensieri su quella missione che aveva improvvisamente assunto tinte fosche.

Tuttavia Sakura nelle ultime settimane aveva visto che pian piano Sasuke aveva iniziato ad aprirsi con lei: lo faceva a pezzi, molto spesso solo per rispondere a delle domande dirette di Sakura, ma la ragazza apprezzava che le rispondesse invece di far cadere l’argomento.

Fu per quello che la sera prima di arrivare a Konoha Sakura trovò finalmente il coraggio di chiedergli del Mangekyo Sharingan, come le aveva suggerito Juugo.

– Perché questa domanda? – aveva chiesto di rimando Sasuke, ma Sakura non era riuscita a farsi venire in mente una spiegazione che non implicasse l’averne parlato col Team Taka, quindi abbassò lo sguardo colpevole. Il ragazzo sospirò.

– Cosa vuoi sapere? – le aveva semplicemente chiesto con un tono vicino alla rassegnazione. Non era esattamente il suo argomento preferito, ma sapeva di non poter evitarlo per sempre.

Sakura decise di partire dalla lontana.

– È vero che lo Sharingan aumenta di potere per degli stress emotivi?

– Sì.

– Come si è sviluppato il tuo?

Sasuke la osservò per un istante, incerto se risponderle o no.

– Se può essere più semplice mostrarmelo…

– No – tagliò corto Sasuke. Vedendo Sakura reagire al tono, fece un respiro profondo.

– L’avevo dimenticato, ma ho risvegliato lo Sharingan la prima volta il giorno del massacro della mia famiglia. Non mi sembra il caso di mostrarti una scena del genere.

– Oh. – fu il commento di Sakura.

Sasuke si prese un attimo prima di continuare.

– Lo Sharingan dall’una alle tre tomoe può essere risvegliato in molti modi, ma ciò che risveglia nello specifico il Mangekyo Sharingan è un evento solo: sperimentare la morte di una persona cara.

Sakura continuò a fissarlo: quindi il motivo per cui Sasuke, il maestro Kakashi, anche Obito avevano quel potere oculare arrivava dal trauma di perdere qualcuno. E nel caso di Sasuke…

– La stele dov’è spiegato il potere dello Sharingan parla di uccidere il proprio migliore amico.

Finalmente nella mente di Sakura alcuni pezzi iniziavano ad avere senso: l’aver conciato in quel modo Naruto quando l’aveva rincorso ai confini del Paese del Fuoco; la frase “sei vivo per un mio capriccio” che Sasuke aveva detto a Naruto la prima volta che si erano rivisti.

Però Naruto era ancora vivo.

– Inutile dire che mio fratello aveva già capito che non ci sarei riuscito.

Sasuke vide lo sguardo rattristito di Sakura. Passandosi una mano tra i capelli e prendendosi svariate pause durante la narrazione, decise di raccontarle finalmente la verità su suo fratello: la paura e il disprezzo del villaggio verso gli Uchiha, il motivo per cui quella notte lo aveva visto piangere, il colpo di stato e il ruolo della Foglia. Le raccontò anche di come Itachi fosse malato e si fosse aggrappato alla vita fino al momento in cui non avesse potuto combattere con Sasuke; com’era nei suoi piani farsi odiare al punto da farsi uccidere per mano sua, per renderlo l’eroe della Foglia e permettergli di ottenere il Mangekyo Sharingan. Le raccontò anche dell’incontro avuto grazie all’Edo Tensei e come grazie a quello fossero riusciti finalmente a riconciliarsi, anche se era troppo tardi.

Fu un racconto lungo e tempo di finirlo la luna splendeva alta nel cielo notturno. Sakura non sapeva bene come reagire a quella storia, ma Sasuke non sembrava aspettarsi una reazione.

– Lo Sharingan è un dono maledetto: un potere inimmaginabile che nasce da una sofferenza senza paragoni.

Sasuke aggiunse un po’ di legna al fuoco; le fiamme che si riflettevano nel suo occhio nero gli davano una sfumatura ancora più malinconica.

Un dono che non augurerei a nessuno.

Sakura sembrò leggergli nel pensiero e gli posò le mani sull’avambraccio, senza aggiungere una parola. Sasuke abbassò lo sguardo e osservò le mani di Sakura.

– Non c’è nulla per cui tu debba provare pena per me, Sakura.

– Ma…

– È un potere auto-limitante: usare il Mangekyo Sharingan fa perdere la vista. Te ne sarai accorta anche tu.

Ora che glielo faceva notare, ricordava come gli occhi di Sasuke sanguinassero quando aveva usato lo Sharingan quel giorno al ponte, e sembrava gli facessero male. Anche quando l’aveva afferrata, il suo sguardo sembrava offuscato. Eppure adesso sembrava vederci.

– L’unico modo per mantenere la vista e il Mangekyo è di trapiantare gli occhi di un parente stretto che ha risvegliato il Mangekyo a sua volta.

Sasuke la guardò e poté scorgere la realizzazione nella sua espressione: era troppo intelligente per non averlo capito.

– Questi sono gli occhi di Itachi.

Sasuke scostò il braccio e le mani prive di forza di Sakura ricaddero sulle sue ginocchia. Non sapeva cosa rispondergli.

– Per questo non devi provare pena. Dopotutto non solo ho rubato la vita di mio fratello, ma anche i suoi occhi. – Il sorriso che comparve sul suo viso adesso era chiaramente ironico, tinto di un odio per se stesso che per quanto provasse a nasconderlo, tornava ad affacciarsi nelle sue iridi scure. Si voltò a guardarla e vide che il suo sguardo vagava sul suo occhio nero, come se cercasse conferma di quella storia nel colore o nella forma diversi. Chissà se riesce a vedere una differenza, si trovò a chiedersi.

– Sei ancora in tempo per scappare – disse infine, con un tocco di ironia nella voce che non gli era familiare.

Quella frase sembrò risvegliare Sakura dallo stato di stupore in cui era caduta. Sbatté le palpebre come se stesse mettendo in ordine i pensieri.

– Non so bene cosa dire – ammise dopo qualche secondo – Ma se quello che mi dici è vero, Itachi era una persona che ha sempre agito per il bene del villaggio e per proteggere te.

Sakura, ancora lo sguardo leggermente confuso, tornò a guardare Sasuke.

– Non vedo nessun motivo per scappare da te.

Fu il turno di Sasuke di sembrare sorpreso.

– Non ti fa paura avere a che fare con una persona che uccide il proprio fratello e ne ruba gli occhi?

– Se è arrivato a programmare la sua stessa morte davanti a te e a spiegarti come mantenere il Mangekyo Eterno in punto di morte, sono sicura che darti i suoi occhi fosse il suo piano fin dall’inizio. Dire che glieli hai rubati non è forse un’offesa alla sua memoria?

Sasuke la guardò e Sakura inclinò la testa di lato.

– Non riesco a dimenticare come ti ha conciato facendoti rivivere il massacro della tua famiglia per ore, anche se faceva parte di un piano pensato per il tuo bene – continuò lei con un sussurro, gli occhi che tradivano come il ricordo del Sasuke tredicenne svenuto su un letto d’ospedale fosse ancora vivo nella sua memoria.

– Tuttavia, se tu l’hai perdonato per tutto, anch’io posso farlo. Piuttosto – disse con un sorriso – mi dispiace non averlo potuto conoscere meglio in condizioni normali. Da come ne parli ora sembra una persona straordinaria, oserei dire fondamentalmente buona.

Sasuke non sapeva cosa dire: Sakura sembrava effettivamente ancora confusa da tutta quella storia che le aveva lanciato addosso, ma non sembrava esserci paura in lei. Solo confusione, e una dose di tristezza.

Era la prima persona a cui aveva mai raccontato quella storia, e la prima con cui si era sentito a suo agio nell’inserire anche i suoi personali sentimenti a riguardo.

Allungò il braccio per tirarla a sé e sentì Sakura ricambiare la presa facendo scorrere le braccia lungo la sua vita.

– Anche tu sei straordinaria – sussurrò, onestamente colpito.

– Te ne sei accorto?

– Mh.

Sakura si accoccolò meglio nell’incavo del suo collo.

– Bene.

Sakura non pretendeva di capire e processare tutte quelle informazioni in una notte quando lo stesso Sasuke ci aveva messo anni, e capiva che qualsiasi ulteriore commento sul fatto sarebbe stato superfluo. Sasuke l’aveva intuito e gliene era grato. Continuava a non capire come la ragazza accettasse di venire a sapere quelle terribili verità – anzi, volesse venirne a conoscenza – nonostante avesse ormai sicuramente inteso che il peso che Sasuke si portava appresso non era comparabile con quello di qualsiasi altro uomo di Konoha, ma se c’era una donna che poteva farlo, quello era lei. Colei che prima aveva cercato di fermarlo, poi non aveva mai smesso di rincorrerlo per riportarlo al villaggio.

Rimasero così per un po’, semplicemente godendo della presenza dell’altro. Sakura capiva che ripercorrere quegli eventi era un processo difficile per lui, ma se c’era anche solo la flebile possibilità che lo aiutasse a liberarsi – o almeno convivere pacificamente – con i suoi demoni, lei sarebbe stata lì. Quella notte lo vide dormire tranquillamente e non scosso da incubi: nel suo cuore, sperava che aver finalmente parlato di suo fratello e del senso di colpa che lo affliggeva continuamente lo avesse aiutato.

 











Nota dell'autrice

Rieccomi! La vita reale ha preso il sopravvento... a rilento, ma visto che lo scheletro della storia e la divisione dei capitoli sono già fatti, devo solo trovare tempo e ispirazione per concluderli: ma giuro questa storia vedrà la fine!!

In Boruto, Sakura sa la verità sul Mangekyo di Sasuke quindi deve averlo saputo direttamente da lui. Me li sono sempre immaginati ad avere questi discorsi la sera durante il viaggio intorno al fuoco <3 Non sono completamente soddisfatta della scena, ma alla terza riscrittura ho deciso che doveva andare qui!
Disclaimer: Dal capitolo 8 il rating passerà ad arancio.
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: Kris