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Autore: Vento di Fata    30/05/2021    4 recensioni
[Bloodborne AU!] [Good Hunter!Axel] [Plain Doll!Roxas] [Romance if you squint]
La caccia continua, e Axel è esausto.
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Axel, Roxas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
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Nota dell'autore:
Questa storia è nata e morta nel giro di un'ora, sia in italiano che in inglese (la versione inglese è stata pubblicata ieri qui). L'idea per questa AU era da un po' nella mia testa, adoro la dinamica tra il buon Cacciatore e l'Automa e il ruolo di quest'ultima mi ha sempre ricordato in qualche modo di Roxas, specialmente con il background che lega l'automa a Lady Maria come Roxas è legato a Ventus, anche se con ragioni e modi diversi.
Questa one shot è completamente non editata né betata (scusa Sel), ma devo ringraziare il mio amic* Sock che mi ha incoraggiato ascoltando i miei deliri su questa AU e mi ha supportato mentre i vari boss di Bloodborne mi facevano il culo.
Detto questo spero che vi possa piacere questa piccola one shot, e se lo farete vi invito a lasciare una recensione per dirmi cosa ne pensate, anche le critiche se costruttive sono ben accette.

Buona lettura, e see you on the flip side.
Vento di Fata

 

 
“I cacciatori mi hanno detto della Chiesa. Degli dèi, del loro amore. Ma... gli dèi amano le loro creazioni? Io sono un automa, creato da voi umani. Tu pensi che potresti mai amarmi? Naturalmente... io ti amo. Non sono stata creata per farlo?”
 
Axel si sveglia nel sogno con un sussulto.
Per quante volte possa essere colpito, la sua testa possa volare via dal suo corpo, il suo cuore strappato dal petto mentre ancora batte, non si abituerà mai a svegliarsi nel Sogno del cacciatore, la testa ancora sulle spalle e il cuore che ancora batte un ritmo scatenato contro le sue costole.
«Bentornato, buon Cacciatore.»
Anche l’automa è ancora lì. È in piedi al suo solito posto, accanto alla scala che conduce nell’officina. Guarda Axel con le mani raccolte in grembo, i capelli biondi mossi dalla brezza invisibile che attraversa il sogno. È piccolo, gracile, vestito con abiti scuri da fanciullo che Axel sa essere stati amorevolmente cuciti a mano, e le sue mani da bambola sembrano avere un piccolo sussulto quando china la testa per salutare.
Ha gli occhi blu, l’automa, occhi di vetro dipinto che osservano Axel mentre si alza con un gesto ripetuto mille volte, si spolvera le brache e sistema il mantello sulla spalla. I vestiti che indossa gli stanno scomodi, l’uniforme dei cavalieri di Cainhurst eccessivamente pomposa per un cacciatore che si immerge costantemente nel sangue delle belve, ma la runa dei Vilesangue che brucia contro la sua mentre ricorda costantemente ad Axel del suo retaggio e di chi è al servizio.
È l’unico rimasto, dopotutto.
«Sei stanco, buon Cacciatore.» nota l’automa, perché ovviamente se ne è accorto. Piega la testa di lato in un gesto quasi troppo umano e Axel gli fa un piccolo sorriso tirato.
«La caccia sta durando più del solito.» dice senza spiegarsi oltre, e l’automa annuisce come se fosse tutto chiaro.
«Lo immaginavo.» Axel sbuffa una risata. Non riesce a trattenerla, non quando l’automa parla in modo così morbido, quasi sognante, come se parlasse di un lontano ricordo.
Sente gli occhi dell’automa seguirlo mentre lo supera e sale nell’officina. Il vecchio cacciatore, Terra, non c’è, e Axel immagina che sia ancora nel giardino dietro l’officina, addormentato sulla sua sedia a rotelle mentre farnetica di qualcuno di nome Eraqus e Aqua. È troppo stanco per preoccuparsene, mentre appoggia la sua Chikage sul tavolo e inizia a ripararla, sostituendo le gemme del sangue e affilandola fino a che non è sicuro possa tagliare senza sforzo bestie e simili, e quando ha finito sfiora con la punta delle dita la base della lama, dove un tempo era stato inciso un nome nell’elegante scrittura di Cainhurst, il nome di un caro amico che sta sbiadendo sia dal metallo che dalla memoria di Axel, perso nella Caccia e nel tempo.
Non ci pensa troppo, la stanchezza gli tira e morde le ossa con troppa forza per poterlo fare. Si fruga in tasca per trovare una fiala di sangue, una nuova scarica di sangue nuovo che lo possa tenere vigile – e vivo – nella caccia, ma con sua sorpresa e orrore non ne trova nessuna. Anche il deposito ne è completamente sprovvisto, e la debolezza pesa sulle ossa di Axel come non mai.
L’unica volta che ha provato a riposare, senza usare il sangue, nascondendosi nel retro dell’officina dove il vecchio cacciatore andava a riposare, si era svegliato gridando, sparando a una belva invisibile.
A quanto pare gli incubi sono comuni anche in un sogno.

L’automa guarda Axel con curiosità mentre scende le scale, dal suo posto in ginocchio davanti a una tomba senza nome. «Sei stanco, buon Cacciatore.» ripete.
«Lo so.»
«Dovresti riposare, prima di ritornare nella caccia.»
«Riposerò quando arriverà l’alba.»
L’automa annuisce, ma fa segno ad Axel di sedere vicino a lui. «La caccia andrà avanti per molto, e il tuo lavoro non è finito. Temo che l’alba non arriverà presto, buon Cacciatore.» sussurra. «Riposa per un momento, ti prego.»
Axel vorrebbe davvero rifiutare, avvicinarsi a una lapide e tornare alla battaglia, alle belve che lo chiamano, ai cacciatori annegati nel sangue che urlano la loro folle sfida, ma la stanchezza continua a coprirlo come onde su un cadavere, e il pensiero di chiudere gli occhi, almeno per un momento, è troppo allettante per rifiutare.
Perciò cede e si sdraia, raggomitolato come un neonato, la testa appoggiata a una delle gambe dell’automa. Riesce a sentire il sorriso nel modo in cui inizia a canticchiare a labbra strette una melodia che non conosce, e Axel si concede di respirare.
Come può un automa sorridere, comunque?
Una mano di porcellana accarezza i suoi capelli rossi, come il sangue di una belva, come il fuoco con cui gioca sulla punta della sua Chikage.
«Resterai?» chiede, scivolando nel sonno.
Distante, come proveniente da una spiaggia lontana, l’automa sussurra di rimando: «Finché non sorgerà il sole, bravo Cacciatore.»
  
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