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Autore: Sia_    30/05/2021    5 recensioni
Molly glielo dice sempre, che lui e George hanno la mente tra le nuvole e li rimprovera, ma anche le nuvole sono un posto tutto nuovo da scoprire ed è bello immaginarsi lassù a volare, quindi tanto vale sgridarli per una cosa che è meravigliosa. “Sognate troppo voi due, perché non cominciate a mettere la testa a posto?” Molly scrolla il capo, incrocia le braccia al petto: non sa proprio più che fare per tenere a freno quelle due pesti. E quelle due pesti gongolano in camera, ché se qualcuno gli dice che sognano troppo, vuol dire che sono sulla strada giusta.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Angelina Johnson, Fred Weasley, George Weasley, Hermione Granger, Nimphadora Tonks | Coppie: Angelina/George, Charlie/Ninfadora, Fred Weasley/Hermione Granger
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
- Questa storia fa parte della serie 'Fred/Hermione ❤'
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Solo una parte
(con te e prima di te)


Ci sono posti che hanno assunto una sfumatura ben precisa dentro la sua anima, gli danno un senso che non ha modo di spiegare a parole. E dentro quei posti ci sono poi altri posti, più piccoli, più precisi, che formano delle memorie indelebili nel suo cervello e non se ne vanno mai. La notte, quando finge di chiudere gli occhi e prova a dormire, spilli del suo passato riempiono la sua mente e gli ricordano, passo per passo, dove è stato e come c’è stato.

C’è la Tana, dove ci sono mille colori e ogni stanza e poi ogni parte della stanza ha qualcosa di lui. Così la cucina è il ricordo di quando mamma gli ha concesso di mangiare due tartine in più del solito e l’angolo più buio della cucina è il ricordo di quando ha usato per la terza volta la magia, alzando un mestolo in aria. E poi il salotto è il luogo dove papà gli ha raccontato quella storia fantastica su un oggetto babbano; nemmeno se lo ricorda il nome, ma il suono della voce di Arthur è scolpito nel suo inconscio e gli racconta di andare a letto presto ogni notte. Il divano del salotto invece è il ricordo della morbidezza, il sapore dolce di una piuma sotto le mani. Si addormentava lì da bambino e stringeva Ron tra le braccia e George gli cadeva stremato su una spalla e Percy gli teneva la mano e allora il divano è una parte della casa che vale più della casa stessa, perché sul divano casa assumeva la forma dell’amore vero. A letto, quando finge di chiudere gli occhi ed eclissa l'ennesimo Tiro Vispo che lui e il gemello vogliono creare, quell’idea pungente d’amore e di una casa e di un divano gli scoppia tutta addosso. 

Certo che c’è un motivo per cui è tanto felice di vivere, certo che c’è un motivo per cui il sorriso non lascia mai il suo volto ed è indelebile come sono sempiterni quei quadri che riempiono i corridoi della scuola: è perché Percy, prima di diventare il prefetto-perfetto, era anche il fratello che gli raccontava delle magie che avrebbe imparato, è perché Bill e Charlie tornavano l’estate e all’orecchio sussurravano del mondo che ci stava nei corridoi e nei quadri che ora può vedere. È perché, evidentemente, in quel posto che è la Tana e che è la casa, e che è la cucina e tutte le altre stanza, potevano esserci anche mille altri posti. Diventa un viaggio infinito. Se li ricorda, quando finge di chiudere gli occhi a letto, i posti che lui e George hanno immaginato durante l’infanzia. 

Fa ridere poi che molti di questi posti si siano trasformati in posti tangibili. Fa ridere che i quadri di Bill adesso siano anche i suoi quadri e che siano più delineati di quanto potesse mai aver immaginato da piccolo chiuso nella Tana e seduto sul divano del salotto. Hanno tutti personalità colorate e a loro modo sono anch’essi posti che Fred può solo immaginare, perché le personalità parlano e raccontano e raccontano e portano l’immaginazione in castelli lontani, in regioni della Scozia che non ha mai visto, a volare sull’acqua cristallina di sorgenti o a danzare dentro saloni vuoti da secoli. 

Certo che c’è un motivo per cui è felice di vivere, perché è tutto infinito e la mente può andare un po’ dove diavolo vuole quando uno non la tiene ferma. Molly glielo dice sempre, che lui e George hanno la mente tra le nuvole e li rimprovera, ma anche le nuvole sono un posto tutto nuovo da scoprire ed è bello immaginarsi lassù a volare, quindi tanto vale sgridarli per una cosa che è meravigliosa. “Sognate troppo voi due, perché non cominciate a mettere la testa a posto?” Molly scrolla il capo, incrocia le braccia al petto: non sa proprio più che fare per tenere a freno quelle due pesti. E quelle due pesti gongolano in camera, ché se qualcuno gli dice che sognano troppo, vuol dire che sono sulla strada giusta.

 

Quando Fred arriva ad Hogwarts per la prima volta, mica gli importa della cerimonia iniziale: può andare a finire un po’ dove il Cappello vuole mandarlo, l’importante è che poi possa stare a scuola. E che George sia con lui, ovviamente. L’esplorazione senza la sua altra metà avrebbe un gusto diverso: l’eco della sua voce tra le alte stanze, la consistenza della pietra sotto le sue dita, lo spuntino al tavolo la mattina tardi il fine settimana non sono cose che Fred può fare da solo e poi descrivere da solo a sé stesso. Ha bisogno della parole di George, che in qualche modo hanno più senso se sono mescolate alle sue. 

Quando Fred arriva ad Hogwarts la prima volta finisce a Grifondoro e pensa che senza George la sua vita è solo metà, perché un colore che non è aggiunto ad un altro non è poi così brillante, divertente e vivo. Fa tanto poi, che a scuola con loro ci siano anche Charlie e Percy, che sono un po’ agli antipodi. Se da una parte il cacciatore della squadra li incoraggia a guardarsi in giro, l’altro consiglia di trovare il mondo nei libri. Ma lì a scuola, quando incontrano l’amica di Charlie, che ha tanti colori sulla testa e mille forme sul volto, capiscono che è meglio tenere gli occhi lontano da quei tomi che non raccontano niente più di quello che il mondo fa già di per sé. Tonks è la sorpresa insieme ai quadri che si muovono. 

Dopo cinque mesi e tre settimane che frequentano Hogwarts, si decidono a fare il grande passo. George gli tira una gomitata nelle costole e gli fa cenno di avvicinarsi al tavolo dove sono seduti Charlie e Tonks, “Se vogliamo chiederglielo, prima lo facciamo meglio sarà” gli intima e Fred storce un po’ il naso: perché deve farlo lui? Stringe le dita in due pugni e per la prima volta scopre il valore dell’essere imbarazzato, forse anche un po’ a disagio a parlare con qualcuno che è così… speciale. S’avvicina al tavolo, distruggendo quella improvvisa sensazione di accarezzare il legno per rilasciare un po’ di tensione. Non fa proprio in tempo a mandare via quell'ansia che si sente dentro, perché gli occhi di Ninfadora si posano su di lui e le sue guance un po’ si fanno rosse. 

“Che succede?” Charlie si intromette, tamburellando sulla pergamena. 

“Noi volevamo ecco… ” È in quel momento che Fred s’accorge che anche George è teso, rosso sulle gote e irrimediabilmente a disagio. Farà ridere qualche anno dopo, quando confesseranno entrambi di essersi presi al tempo una cotta per Tonks e per le sue mille sfaccettature e le mille storie che è in grado di raccontare. Fa ancora più ridere, se pensano poi che pure Charlie è rimasto incantato da quella capacità di essere unica e sincera allo stesso modo, complice la sua belezza naturale, la sua voglia di ridere e di far ridere, complice magari quella voglia di conoscere anche lei a suo modo il mondo che la circonda. 

“Volevamo… ” Pure George tentenna, nascondendo le mani dentro le tasche del lungo mantello. 

Volevate?” Tonks alza un sopracciglio, cercando di capire quale sia il momento giusto per sbirciare il compito di Charlie e dare un senso alla frase che proprio non riesce a mettere giù. Avrebbe voglia di prendere la scopa e volare sopra la Foresta Proibita e battere il ragazzo in una gara di velocità, piuttosto che studiare.

Fred non ne può più di quella cosa che sente dentro e allora si mette a ridere, scoppia proprio e porta con sé anche George: meglio riderci su che essere un pezzo di ghiaccio davanti alla ragazza dei suoi sogni. “Come fai?” chiede, riprendendo un po’ i sensi, “Non capiamo proprio come fai ad essere così libera di vivere.” 

Tonks, un po’ sorpresa che per la prima volta nessuno gli abbia chiesto di fare il becco di una papera o di tingere i capelli di un blu cobalto, sorride divertita e costringe il suo cervello a non dire che s’è è libera di vivere è perché Charlie Weasley viene a salutarla la mattina e poi fanno lezione insieme e si cercano sempre anche quando non c’è un motivo per trovarsi ad uno stesso tavolo. E Charlie, che adesso è diventato rosso anche lui, s’appunta di dire ai gemelli che non è normale chiedere delle cose così personali di getto. 

“È un po’ stupido, no?” Tonks, che per Charlie è ormai diventata Dora, scrolla il capo e ride anche lei, “Me lo chiedete proprio voi che siete liberi come l’aria: credete che vostro fratello non mi abbia mai raccontato delle vostre follie a casa? Credete che nessuno sappia dei vostri scherzi?”

 George alza un sopracciglio, perplesso, “Quindi?” 

“Quindi avete trovato già la cosa che vi rende liberi, non ho niente da insegnarvi.” 

Quando Fred arriva ad Hogwarts scopre un posto nuovo e poi in quel posto scopre altri posti, come quell’aula al terzo piano dove Tonks e Charlie studiano, che è anche il posto dove si è innamorato per la prima volta e dove ha capito, sempre per la prima volta, che ogni passo che ha fatto e ogni risata di Ron, di Ginny, di mamma e di papà sono la cosa che lo fanno sentire così giusto e così a posto. Scopre che, alla fine, quello che vuole nella vita è regalare un po’ di leggerezza.

Tonks è la prima ragazza che gli piace, ma non la ama: se c’è una cosa che poi capisce bene è che quando qualcuno ama qualcun altro, le storie finiscono per essere costruite in due e i posti si immaginano in comune. Dora è invece un libro a sé, è la follia di un viaggio in Romania e la promessa di vedersi e di immaginare un futuro con Charlie. È una storia, insomma, che Fred non potrà imparare a conoscere fino in fondo.

 

Una storia che vale la pena di essere vissuta è quella che i gemelli hanno con la Mappa del Malandrino, che per Percy è solo una pergamena senza un senso e di cattivo gusto, mentre per Fred e George è un romanzo di quattro vite intere. C’è il respiro di Felpato, la magia di Lunastorta e Ramoso e il tocco di Codaliscia. Loro raccontano e Fred e George, quando finalmente scoprono come usarla, a loro modo costruiscono altre storie. C’è ad esempio quella volta che hanno ingannato Gazza passando per un cunicolo mai visto e che porta in un salone, quello dove ha danzato una delle ragazze dei quadri al piano terra. Scoprono, con la Mappa, che certi luoghi rimasti nell’immaginazione più vaga hanno invece modo di essere tangibili e sono pieni di magia. 

“Se fosse una donna, sarebbe la donna della mia vita.” George si rigira la Mappa tra le mani e l’accarezza con l’indice con un sorriso, mentre si accovaccia a terra in quel salone buio. La sera tardi, a fare pazzie, le emozioni vengono fuori molto meglio. 

“La tieni per te?” Fred alza un sopracciglio divertito, ma non abbassa gli occhi a cercare l’espressione contenta del gemello, perché sta guardando i ghirigori del soffitto e immaginando chi, prima di lui, è venuto lì a scolpirli con la magia. 

“Tu hai Angelina, no? Lasciami almeno qualcosa.” 

Fred inclina il capo, mentre il sussurro di George diventa un eco senza fine e più viene ripetuto, più quelle parole hanno un senso che diventa scomodo. Angelina, che è la seconda ragazza che gli è mai piaciuta, perché a lei piace volare ed è bella e ride quando lui dice qualche stupidaggine, racconta la storia di una ragazza che è stata in tanti posti e che ha il sogno di andare da qualche altra parte. Se c’è un motivo per cui Angelina gli piace tanto, è di certo per il fatto che sa cosa vuole fare nella vita. Ma l’eco di quelle parole nella mente di Fred, che con Angelina adesso è felice, gli confessa anche un’altra cosa: che di tutti quei posti che Angelina gli racconta, lui non ne vuole vedere nemmeno uno. Immaginare, forse. Ma Angelina non gli tiene corda abbastanza per pensare che se un giorno lei prende la scopa e vola via allora anche lui le va dietro. 

Saprà poi che i passi di Angelina sono i passi che George segue ogni secondo, che sei lei esce da una stanza gli occhi del gemello la seguono e immaginano i corridoi e immaginano di essere con lei e immaginano di prenderla per mano e volare via insieme. La differenza sta tutta lì, che Fred con Angelina non vuole costruire una storia, le sente e poi racconta la proprie, ma non si mischiano mai ed è per quello che l’eco delle parole di George gli provoca la strana sensazione nel petto, anche se all'inizio non capisce. Comincia a comprendere quando vede la Mappa del Malandrino nelle mani di Harry, quando cioè una storia che era sua adesso è anche di qualcun altro. Con Harry quel cimelio assume un senso che prima con Fred e George non avrebbe mai potuto avere. Allo stesso modo Angelina, con lui, tutta la bellezza che una persona può mostrare non ce l’ha.

Diventa proprio lampante quando la sera del Ballo del Ceppo Angelina è lì che racconta di quel paese dove è cresciuta sua madre e lui annuisce e basta, mentre George ad una certa sorride divertito, disegnando con il bicchiere che ha in mano dei cerchi nel vuoto. “Non vedo l’ora di vederlo” le dice poi all’orecchio, sovrastando il baccano della musica nel salone. C’è un mare tra un breve cenno del capo e la voglia di vivere qualcosa insieme.

Quando Fred quella sera tardi è sul balcone con Angelina, le sorride un po’ più insicuro di quello che prova, incapace per la seconda volta di stare davanti ad una donna, consapevole che una risata non è la strada che può prendere per allentare la tensione. 

“Guarda che lo so.” Si limita a dire lei, appoggiandosi alla pietra e spingendo dietro l’orecchio la ciocca di capelli che le ricade sulla fronte, “Un po’ l’ho sempre saputo, in verità.” 

“Lo sai?” Fred si gratta il collo e si siede vicino a lei, in modo che la sua coscia possa toccare il gomito della strega, “Non sono mai stato bravo come credevo allora, se l’hai sempre saputo.” 

Ride Angelina, scorgendo le figure di due maghi che camminano per il giardino della scuola, “Al contrario, sei sempre stato molto bravo, ma la tua bravura non mi basta più.” Fred annuisce, non osa chiedere se con George si è mai trovata meglio. 

È al sesto anno quando Fred si rende conto che ha usato più della metà della sua vita nell’esatto modo in cui vorrà usarla per il resto della sua esistenza. Si rende conto che, per quanto non sappia niente del suo futuro, in un certo senso il suo futuro ha proprio il contorno di ciò che è ora. Quando va nel letto e finge di chiudere gli occhi e pensa alla ricetta di un Tiro Vispo, Fred sa che non vale la pena pensare a nient’altro. Forse può immaginare la prossima partita di Quidditch o ricordare gli imbarazzanti tentativi di George di dissimulare dei sentimenti che ha paura di mostrare al gemello.

Ma Angelina, nel giro di qualche settimana da quando hanno parlato sul balcone, che adesso è il posto dove il suo cuore ha perso un piccolo pezzo, è solo Angelina. Non è più quella ragazza che un giorno prende una scopa e vola via e lui non la segue, è Angelina che un giorno prende una scopa, vola via e lui fa il tifo perché Angelina, se prende una scopa e vola via, va proprio dove deve andare. Farebbe il tifo comunque, perché dietro Angelina prende il volo anche George. 

 

È durante il sesto anno che Fred si rende conto che i colori che loro due hanno sempre mescolato fin da bambini cominciano ad assumere due sfumature che hanno un senso da sole. Persino le parole che usa per descrivere i mille luoghi che incontra hanno un significato quando le dice a sé stesso senza una seconda voce a confermare le sue sensazioni. George è essenziale, questo è vero, è il suo secondo respiro e il suo secondo battito del cuore, ma alla fine il suo cuore sa battere anche da solo e non hanno bisogno di essere uno che è due ogni secondo della vita. 

Adesso, quando finiscono di inventare Tiri Vispi, a Fred piace prendere il suo animo e fare delle passeggiate. Va a vedere i quadri nei corridoi e torna nel salone dove ha danzato la fanciulla della tela al piano terra, che non gli ha mai confessato con chi ha ballato. Quel segreto diventa il modo con cui il gemello perde tempo, immaginando una ragazza tra le mani di uno stupido e spocchioso barone e poi di un seducente pirata e poi ancora immagina di ballare con lei e poi non immagina più niente. Fred, durante il suo sesto e poi durante il suo settimo anno, dà un po’ più di credito anche al silenzio. Assume proprio le sembianze di qualcosa con cui vuole passare il tempo. Diventa così tutto ciò che ha sempre avuto paura di essere. 

Maturare fa parte del processo di crescita. Passa involontariamente dall’essere un ragazzo, ad essere uomo e basta solo che Angelina diventi una strega che gli è piaciuta un tempo, basta che George abbia preso il suo colore per mescolarlo a qualcun altro, basta che la sua immaginazione sia tutta presa a dare un contorno al suo futuro. Non diventa serio crescendo, diventa consapevole. Fred rimane il Fred che ride, che esce di notte quando non si deve uscire, il Fred che prende la bacchetta e fa magie che non dovrebbe fare.

“Dovresti smetterla.” Hermione, che a scuola ha preso il posto di Molly, glielo ripete mentre sistema la divisa di un Serpeverde e si trattiene dal togliergli punti per aver lanciato incantesimi su un altro studente. 

“Dici bene, dovrei” acconsente, “ma non è che mi piaccia l’idea.” 

“Ti piace mai qualcosa di normale?” la strega scrolla un po’ il capo e ritira la bacchetta nella tracolla marrone che si porta appresso ogni giorno e che è sempre stracolma di libri. 

Le sorride, “Quasi mai in effetti, ed è proprio questo il bello.” 

La verità, sotto sotto, è che Fred forse non avrebbe stregato la cravatta di quel Serpeverde se lui non avesse sussurrato tra i denti qualcosa su Ginny. Forse, se avesse avuto la decenza di stare zitto e di non aggiungere qualcosa anche su Luna, Fred la mano e la voce le avrebbe tenute ben ferme e salde dove stavano. Hermione non lo può sapere, quindi poco gli importa che lei gli faccia il quarto grado. 

“La prossima volta che ti becco a fare qualcosa di illegale i punti te li tolgo davvero… ” Lo minaccia, stringendo le sopracciglia e facendo comparire una piccola ruga sulla fronte. 

“Sono Fred.” L’aiuta a riconoscerlo ed è la prima volta che non usa il nome del gemello per fare da schermo. Dice che è Fred ed è Fred davvero. In un modo che non comprende, mentre si specchia negli occhi del prefetto, sa che lei ha capito. È probabile che Hermione abbia visto la sua copia in giro con Angelina qualche minuto prima, o forse lo riconosce grazie al fatto che a Grimmauld Place, quell'estate, la strega ha provato a comprenderlo da lontano, come ha provato a comprendere George e Percy e Ginny.

Così Hermione annuisce, stringe la tracolla con una mano e controlla l’ora sull’orologio che porta al polso, “Ho lezione, ma saprò se hai combinato qualcosa.” 

Sottinteso che gli dica che lo seguirà con la mente e che penserà a lui mentre prenderà appunti durante Difesa Contro Le Arti Oscure. Fa strano pensare che i suoi passi, per la prima volta, saranno seguiti e analizzati da qualcuno che non è George. Nemmeno Angelina l'ha mai fatto sentire così. “E come farai a capire che sono stato proprio io? Di certo non sono l’unico che combina disastri qui a scuola.”

“No, certo che no, ma la tua magia è particolarmente riconoscibile.” Fred lo sa, mentre caccia un occhio ai ricci che cadono sulla schiena di Hermione che va a lezione, che non è un complimento, ma che è a sua volta una minaccia. Eppure dice che riconosce la sua magia. Lei, che al primo anno ha salvato la vita a suo fratello e a Harry Potter, lei che ha mille cose per la testa e mille problemi da risolvere, s’è persino presa del tempo per imparare qualcosa su di lui. 

 

Hermione non è la terza ragazza che gli piace. Viene prima la giovane fanciulla del quadro, che gli sussurra una notte che le sarebbe piaciuto tanto ballare con lui nel grande salone. Gli racconta la melodia a parole, poi i passi e finisce per prendersi una parte del suo cuore, cosicché il piano terra della scuola è per le cose che non vivrà mai e che rimangono solo sogni. Il piano terra è il luogo dove tiene nascosti i desideri e tutto il resto della scuola è il luogo dove i Tiri Vispi diventano vivi, veri, così reali che è incredibile pensare che tra qualche mese i Tiri Vispi saranno un negozio, un posto che è pieno di altri posti che saranno pieni di storie. 

“Mi porteresti con te?” 

“Verresti?” 

Ma la casa di quel quadro è il corridoio al piano terra e ora non può andare più da nessun’altra parte. Non c’è posto per l’adorabile fanciulla sul muro del negozio. Non c’è posto per un amore che non può costruire storie, perché le storie che la fanciulla racconta sono solo vecchie memorie passate. 

“Probabilmente no, non verrei”

Fred annuisce, si passa le mani sul mento e si gratta la poca barba che gli sta crescendo in faccia. Accetta quella confessione e si appoggia al muro per guardare meglio il quadro finché è troppo buio per poterne osservare il panorama. S’oscura l’immaginazione e dopo ore e ore che riflette è venuto a capo di quel problema con la pozione di un Tiro Vispo. 

“Hai dato un'occhiata all’orologio ultimamente?” Da sinistra arriva un sussurro annoiato e si sforza persino di guardare Hermione, di cui ormai ha imparato a conoscere la sfumatura della voce. La sua bacchetta rilascia una luce biancastra, che si riflette sui muri e illumina anche il quadro della fanciulla, che apre gli occhi assonnata e cerca lo sguardo del gemello. Non ricambia, si concentra invece sul ricciolo del prefetto che cade sulla scapola. 

“No, non l’ho fatto.” Le sorride, passando una mano tra i capelli rossastri e tornando dritto in piedi. “Sono per caso nei guai?” chiede divertito, mentre lei incrocia le braccia al petto, ma finisce per aprire le labbra in una smorfia ironica. 

Essere nei guai assume tutto un significato diverso. Non sono certo la decina di punti che Hermione gli tira via il problema, il problema è che Fred non distoglie lo sguardo da lei per tutto il tempo, scende verso il polso per vedere l’ora sull'orologio e ride tra sé e sé per aver battuto il record personale e poi torna a studiarle il volto. È nei guai, perché a Fred piacerà Hermione, ma ora non se ne rende conto. Non capisce subito che c’è qualcosa di diverso rispetto all’avventura con Tonks o Angelina, diverso perfino dal rapporto sporadico che ha con la bella ragazza di Corvonero che la mattina gli manda lettere d’amore tra un sorso di succo di zucca e l’altro. 

“Avevo promesso che ti avrei tolto dei punti” ripete Hermione, facendo strada verso il dormitorio. E Fred la segue, che altro deve fare? Forse, se fosse stato ripreso da Ron, non l’avrebbe seguito, sarebbe rimasto in giro ancora qualche minuto. Invece Fred segue Hermione, nasconde le mani nelle tasche dei pantaloni e la guarda dall’alto, mentre gli chiede cosa diavolo ci faceva in giro questa volta. 

“Avevo un appuntamento” le dice semplicemente, ricordandosi improvvisamente della fanciulla nel quadro che non può venire con lui fuori dalla scuola. 

“Un appuntamento?” Hermione alza un sopracciglio, “Quale ragazza ha avuto il coraggio di dare buca a Fred Weasley?” lo interroga, cercando gli occhi del gemello. S’accorge che ha le iridi color nocciola, così simili a quelli che vede lei quando si specchia la mattina appena sveglia. 

“Era lì con noi, non l’hai vista?” 

È una domanda stupida, perché è ovvio che Hermione non ha visto la bella fanciulla del quadro che balla nei saloni nel suo passato. Solo George è in grado di vederla e ogni tanto gli chiede come sta e se è passato a trovarla. La strega ferma il passo sicuro e fa per girarsi indietro, ma la mano di Fred le prende il braccio, “Non andare, non ha senso.” La pelle di Hermione è come il divano nel salotto della Tana, diventa improvvisamente una sicurezza che non sapeva di voler provare.

“Certo che ha senso, non posso mica lasciare impunito… ”

“Era nel quadro, non puoi togliere punti ad una tela.” S’affretta a spiegarle divertito, osservando l’espressione sorpresa del prefetto.

Fred Weasley è all’ultimo anno quando scopre che Hogwarts non potrà mai essere sostituita con niente. Glielo diceva Bill, gliel’ha confermato Charlie in una delle tante lettere dalla Romania, che Hogwarts è incancellabile. Ci sono posti in quella scuola che sono fatti da altri mille posti e ognuno adesso ha qualcosa di suo e di George e di entrambi. Tornerà un giorno, come quando d’estate torna alla Tana per le vacanze. Tornerà un giorno e tornare sarà un insieme inspiegabile di emozioni. Tornerà e andrà a salutare la fanciulla nel quadro e le racconterà come è stato andare da altre parti e lei farà un cenno del capo e Fred capirà una volta per tutte che le loro non sono anime che possono amarsi. 



“È simpatica almeno?” Hermione alza gli occhi dal suo libro e interrompe i pensieri fitti fitti del gemello sull’ultimo fuoco d’artificio che non funziona. 

“Chi?” 

“La donna del quadro.” 

Fred si mette a ridere e allontana la pergamena mezza scritta di qualche centimetro, “Non ne ho la minima idea, non parliamo molto.” 

Il secondo piano della scuola assume un senso per Fred solo durante gli ultimi mesi che la frequenta, perché diventa il luogo dove si incontra con Hermione e rimangono nella stessa aula a lavorare. In Biblioteca, gli confessa il prefetto, c’è troppa gente. Invece Fred non le confessa nient’altro, non le dice mica che la fanciulla del primo piano è l’insieme delle cose che non avrà mai, è il luogo dove ha nascosto tutte le fantasie. 

Hermione è la donna che non capisce, che è tanto simile a Percy nel cercare storie tra i libri e Fred, per lei, è il nemico che d’un tratto s’è sconfitto da solo, anche se ride sempre, anche se in Sala Comune continua a vendere stupidi Tiri Vispi, anche se lancia incantesimi agli studenti di Serpeverde. Non ha intenzione di ammettere nient’altro nemmeno lei, sebbene il suo inconscio continui a raccontarle che ha perso del tempo per riconoscere la sua magia e sta prendendo del tempo ora per riconoscerlo dalla sua metà quasi identica. 

“E cosa fate?” Hermione appoggia la piuma vicino al libro, mettendosi più composta sul tavolo. 

Fred si mordicchia il labbro e si fa in avanti, cercando lo sguardo della strega fino a farla arrossire, “Ci raccontiamo storie” sussurra, recuperando la pergamena e scrivendo l’ingrediente che ha trovato nelle pupille di Hermione. 

Lei non capisce, come si possono raccontare storie senza parlare? Eppure la cicatrice sul volto del gemello le ricorda l’incidente durante la partita di Quidditch dell’anno scorso e la ciocca bruciata le ricorda l’esperimento fallito dei gemelli con i fuochi d’artificio della settimana prima e le labbra screpolate le confessano che non c’è nessun’altra da un po’, se non la fanciulla nel quadro. Ed è la verità, Fred non ha il tempo di andare in giro a cercare ragazze perché tra poco se ne va e diventa il titolare di un negozio. E anche se avesse tempo, che senso avrebbe lasciare Hermione a studiare da sola al secondo piano? 

È in momenti come quelli che gli sta stretta l’idea di prendere e andare via. Persino George vive degli attimi simili, quando le sue labbra trovano quelle di Angelina e quando i due creano storie, ma poi Angelina gli dice che non vede l’ora di vedere il negozio la prossima estate e tutto si placa, si annulla persino la paura di stare lontani. Ma Fred ed Hermione, che hanno appena cominciato a conoscerci, non hanno modo di placare il desiderio che non finisca. Il secondo piano della scuola diventerà così un altro luogo pieno di sogni nascosti, pensa Fred la notte tra le coperte e capisce che c’è qualcosa non va come andava prima. 

D’un tratto, s’accorge che Hermione conosce più della metà della sua vita ed è naturale perché è la migliore amica di Ron, è naturale perché è venuta alla Tana e ha visto i posti che sono i posti che l’hanno fatto diventare quello che è oggi. Quando le descrive qualcosa, tra una pagina e l’altra, gli risponde che sa a cosa lui si stia riferendo, perché l’ha visto. Si rende conto che così è speciale, è speciale se la poltrona con le righe verdi e rosa è la stessa poltrona che ricordano entrambi e allora può raccontargli davvero cosa sia quella poltrona, senza soffermarsi su come sia. 

E lei sa anche tante altre cose, sa della Mappa del Malandrino, sa del primo esperimento dei Tiri Vispi, era lì quando la sua pozione invecchiante ha fallito davanti a tutta la scuola. È sempre stata lì e adesso che se ne è reso conto, lui prende e va e tornerà solo tra qualche anno e il suo saluto, a quel punto, sarà solo per la fanciulla nel quadro. È quasi ironico che, molto spesso, ci si accorge della presenza di qualcuno solo troppo tardi. Quando poi Fred torna a scuola qualche anno dopo, la fanciulla nel dipinto che ha tanto aspettato di rivedere non c’è: la tela, squarciata da un incantesimo andato a vuoto, non riesce più a far correre l’immaginazione. Hermione, con le unghie sporche di polvere e sangue, gli dice che è venuta a trovarla qualche volta e che gli ha raccontato di lui. Gli dice poi che ha ragione, che non serviva parlare con la fanciulla per conoscerne la storia.

Ma l’Hermione del quinto anno non capisce, non capisce nemmeno perché il suo volto diventa tutto d’un tratto rossastro e il cuore le si ferma nel petto quando Fred le si avvicina. Non capisce e non vuole capirlo nemmeno quando lui la saluta. Un cenno della mano dall’altra parte della stanza è l’ultima cosa che si dicono per mesi e poi, quando si vedono ai Tiri Vispi ed Hermione scopre anche quella parte di Fred, non sanno più dirsi niente. L’atrio di un negozio non è il secondo piano della scuola, ma persino la risata di Fred racconta qualcosa, persino le loro mani che si sfiorano a tavola per passarsi il cestino del pane è una storia. Anche scroprirsi innamorati è un racconto.

Hermione è la quarta ragazza che gli piace, ma lei parte e va a scuola e lui non le scrive e lei non gli scrive. E per quanto siano lontani, la strega è circondata da Fred ogni secondo: è nei Tiri Vispi che continua a requisire a scuola, è nella poltrona davanti al camino, è ovunque in quell’aula del secondo piano che profuma ancora di polvere da sparo ed erba tagliata. Profuma ancora di storie che non sono state vissute e di altre che sono passato e che fanno parte di lei. Fred seduto a scrivere, Fred che si gratta il lato del naso perché non sa come risolvere un problema, Fred che ride di gusto, Fred che è Fred. Fred che è la Tana, che è la cucina, che è l’amore di divano in salotto e Fred che è le parole di Arthur. 

“Che le hai detto?” lo sguardo del gemello si posa sulla tela squarciata del quadro e s’avvicina per accarezzare il colore scuro del cielo. 

“Non parlavo mai molto, ad essere sincera.” 

Il gemello si gira a guardare la strega, ci ritrova gli stessi occhi nocciola che ha incontrato una sera di qualche anno prima. Non ci trova il ricciolo che ricade sulla scapola, quello è nascosto in una crocchia scomposta sul capo, ma non fa differenza. Non la fa perché Hermione è sempre uguale, sempre la stessa Hermione che ha imparato a conoscere in una stanza al secondo piano della scuola, la stessa Hermione che un giorno gli ha sfiorato la mano con l’indice e ha percorso le venature del suo palmo fino a risalire al polso, la stessa Hermione che ha perso il battito quando l'ha fatto a lei. La stessa Hermione che l’ha aiutato a mettere un senso a degli appunti presi di fretta, la stessa Hermione che è come il divano del salotto alla Tana. Prende un respiro, mentre l’alba sale dietro le loro schiene e brilla sul dipinto squarciato a metà. Respira anche lei. È quasi ironico, che adesso quegli anni passati lontani non sembrino altro che pochi secondi. 

 

Ci sono posti che hanno assunto una sfumatura ben precisa dentro la sua anima, gli danno un senso che non ha modo di spiegare a parole. E dentro quei posti ci sono poi altri posti, più piccoli, più precisi che formano delle memorie indelebili nel suo cervello e non se ne vanno mai. Ne ha anche immaginati tanti di posti, Fred. O dei posti che conosce, ne ha immaginato i momenti. Ha immaginato, ad esempio, di ballare con la fanciulla del dipinto in un salone decorato da qualcuno più di duecento anni prima. 

Ci porta Hermione qualche mese dopo. Le dice, mentre centinaia di altri maghi sono stretti nella Sala Grande in occasione dell’anniversario della Guerra, che c’è un posto che fa parte di lui e glielo descrive e lei gli dice che vuole viverlo allo stesso modo. Hermione è la quarta donna che gli piace e la ama, perché Hermione guarda il soffitto del salone e ci trova lo sguardo di un Fred più giovane e, se tende bene l’orecchio, sente ancora il sussurro di George che si perde nella stanza. 

“Avevi questo posto e venivi a disturbarmi al secondo piano?” gli chiede poi, tornando a guardarlo e alzando le labbra da un lato con fare divertito. 

Fred si gratta il collo con la mano, sente di nuovo quella tensione particolare che gli ferma il cuore, ma poi trova il coraggio di trasformare tutta quell’ansia in un sorriso malizioso: oh, lo conosce bene quel sorriso Hermione. Deve averlo visto decine di volte davanti al fuoco della Sala Comune. Deve averlo studiato millimetro per millimetro, nella speranza di non arrossire come un peperone. L’ombra delle fiamme danzavano sul suo volto e lei scrollava il capo: non aveva la capacità di credere potesse essere reale ai tempi. Hermione e Fred. Lei e Fred e una guerra in mezzo, lei e Fred e centinaia di chilometri a separarli, lei e Fred che non si scrivono lettere, ma che si trovano ovunque. 

“Avevo un buon motivo per non venire qui e restare là.” 

“Ah sì?” Hermione fa qualche passo verso di lui, sente l’eco delle sue scarpe che toccano il pavimento antico e che sovrastano le vecchie parole di George. Tu hai Angelina, no? 

“Un motivo che inizia con la lettera E e finisce con la E, otto lettere totali.” 

Hermione ferma la camminata, che s’era fatta finalmente sicura, e lo guarda confusa, stringendo le sopracciglia per far comparire una piccola ruga sul volto, “Mi hai persa, credevo stessimo finalmente, sai… ” 

“La H di Hermione è muta, no?
 

(dopo di te, tutto il resto)

   
 
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