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Autore: SkyDream    03/06/2021    4 recensioni
[BokuAka][Fluff!Alert]
Raccolta disomogenea su una delle coppie più dolci e romantiche del fandom.
Bokuto e Akaashi convivono, si amano e meditano di trascorrere per sempre la vita insieme tra le difficoltà quotidiane e i ricordi di tempi passati.
Genere: Fluff, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I Was Born To Love You
[BokuAka]

 
Capitolo 2


Koutaro si siede sul bordo del letto, scompiglia quella zazzera di capelli scuri che tanto ama e lascia un bacio dolce sulla fronte bollente del suo ragazzo.
Gli promette di tornare presto e Keiji non dubita di quelle parole nemmeno per un momento. Si sforza di sorridere e gli rivolge uno sguardo carico d’affetto, si lascia coccolare qualche minuto prima di sprofondare nuovamente tra i sogni confusi della febbre.
Lì, tra i ricordi più preziosi del suo passato, ritorna ai tempi della Fukurodani. Gli sembra di sentire il vento sferzargli la maglietta della divisa e i polpacci contrarsi rapidi mentre corre per riscaldarsi.
Ha la sensazione delle dita di Koutaro tra le scapole, esattamente come le sentiva ogni volta che il suo capitano lo assaliva con il solito entusiasmo, coinvolgendolo.
Ma la mente lo riporta ad un ricordo ancora più specifico, un ricordo a cui Keiji è legato in modo viscerale ed eterno – per quanto lui stesso non ne sia consapevole -.
 
Era ad un campo primaverile, poco prima della fine del suo secondo anno scolastico – dell’ultimo per colui che ai tempi non era ancora il suo ragazzo -, e la notte prima dell’ultima amichevole era stata piuttosto turbolenta.
Si erano sommati gli esami, gli allenamenti, le ultime interrogazioni da fare subito dopo il ritiro e poi la consapevolezza delle ultime partite. Keiji non voleva giocare in campo senza il suo capitano e, per quanto tentasse di nasconderlo, era davvero devastato.
Era certamente stata quella la causa di quell’improvviso malessere.
Era cominciato tutto a notte inoltrata, quando ormai – per fortuna – tutto il resto della squadra dormiva. Si era seduto sul futon e aveva sentito dei brividi di freddo passargli lungo la colonna vertebrale.
Aveva le labbra congelate e sentiva davvero un freddo innaturale, il fiato si faceva sempre più corto mentre i battiti cardiaci aumentavano piano piano.
Keiji sbloccò il telefono che il rivelò l’infausto orario. Non poteva permettersi di alzarsi e fare rumore, rischiando di svegliare i suoi compagni e compromettere la partita, doveva cercare di resistere.
Il freddo si impossessò anche delle spalle costringendolo ad accucciarsi su se stesso, allungò una mano e afferrò la felpa della squadra nel tentativo di scaldarsi.
Scivolò nuovamente sotto le lenzuola e sperò che bastasse per riposare ancora qualche ora.
Gli sforzi si rivelarono però vani, costringendo Keiji ad alzarsi dopo qualche minuto per prendere qualche respiro più profondo e riossigenare il corpo che – attimo dopo attimo – sembrava essere pervaso da un insolito calore.
«Ehi, va tutto bene?» La voce di Koutaro gli arrivò forte e chiara come un tuono, non fece nemmeno in tempo a voltarsi nella sua direzione che si ritrovò una mano stranamente delicata sulla fronte e il volto di Koutaro, corrucciato in un’espressione dispiaciuta e preoccupata.
«Ti sei ammalato, Akaashi?» Quella che doveva suonare come una domanda finì per risuonare come un’affermazione. Koutaro lo guardava intensamente negli occhi, magnetico come sempre. Sembrava volesse entrargli nella mente.
«Ti ho svegliato?» Keiji strinse parte della felpa nel pugno della mano, sentiva i sensi di colpa salire e travolgerlo come un fiume in piena. I brividi aumentarono ancora e poteva sentire il viso diventare sempre più caldo.
«Non riuscivo a dormire pensando alla partita e speravo ci fosse qualcun altro sveglio, così ti ho sentito, ma stai tremando e non stai bene».
Koutaro alzò gli occhi verso la porta pensando a come svegliare il coach per poter portare immediatamente Akaashi da un medico, ma fu fermato proprio dal suo amico.
«Anche se è solo un’amichevole, la partita di domani è troppo importante per poterla rovinare! Torna a dormire, tra qualche ora starò sicuramente meglio». Keiji cercò di rassicurarlo anche con lo sguardo, finendo per mostrare le sue iridi lucide sotto la luce della luna che entrava dalle finestre.
Aveva le guance di un rosso acceso e le labbra gonfie e fredde, Koutaro si spinse in avanti per sfiorarle – non sapeva ancora perché l’istinto gli avesse detto di fare in quel modo -.
Colto alla sprovvista da un barlume di lucidità, poggiò di nuovo la mano contro la fronte dell’altro, sentendolo sospirare pesantemente. Voleva fidarsi di lui, ma non così tanto da tornarsene nel suo futon come se nulla fosse.
Stava male in modo evidente, non poteva lasciarlo solo.
«Fatti più in là, forse questa coperta è troppo leggera per te».
Keiji stese il viso in un’espressione sorpresa e confusa, gli ci volle qualche secondo per registrare il corso degli eventi: Koutaro si stava sfilando le ciabatte e sembrava del tutto intenzionato a dormire con lui.
«Bokuto-san, ma domani mattina i nostri compagni-».
«Andrò via solo quando ti sentirai meglio, vieni qui».
Keiji si ritrovò la spalla solida del suo compagno a pochi centimetri dal suo viso, sentì il braccio dell’altro circondargli la vita e stringerlo a sé con un’inaspettata delicatezza e attenzione – e un po’ di goffaggine.
Avrebbe voluto replicare ancora, dirgli di non disturbarsi così tanto, di riposare in un posto più comodo, ma non ci riuscì. Le dita di Koutaro avevano appena raggiunto la sua nuca e la stavano carezzando lentamente finendo per ipnotizzarlo.
I brividi diminuirono e tutta la stanchezza e il fiato corto cominciarono a trasformarsi in una profonda sonnolenza.
«Akaashi?».
«Bokuto-san?».
«Domani voglio giocare con te però, se non ti senti -».
Keiji rise leggermente e poggiò la fronte ancora calda contro la sua spalla sentendo di aver trovato il suo posto preferito.
«Domani giocherò con te, Bokuto-san, lo prometto».
Dopo aver udito quella promessa, Koutaro riuscì finalmente a rilassarsi e ad addormentarsi, seguito subito dall’altro ragazzo.
Entrambi, anni dopo, a volte ripensavano a quell’evento e si chiedevano come avessero fatto a non capire immediatamente che i loro corpi fossero fatti per dormire intrecciati.
Koutaro, in quell’occasione, aveva avvertito per la prima volta la bellezza di poter stringere qualcuno al proprio petto per proteggere e amare. E, mai prima di allora, si era sentito così tanto protetto e amato a sua volta.
Keiji, invece, aveva trovato finalmente la cura per la sua febbre da stress e – anni e anni dopo – era una cura ancora ben efficace, per quanto ne fosse ormai totalmente dipendente.
 
E, anche in quel momento, steso solo nel letto nell’attesa di sentire Koutaro rientrare in casa, può cullarsi nel suo profumo, tra le loro lenzuola ancora calde, può contare sui mille baci che gli riserverà al suo rientro.
Può anche contare sulle polpette di riso che troverà sul tavolo.
Può nascondersi ancora tra le sue debolezze, può mostrarle e lasciare che Koutaro le carezzi con dolcezza senza approfittarne mai.
   
 
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