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Autore: Challenger    04/06/2021    0 recensioni
Ossessione
Genere: Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi risvegliai nel mio appartamento, un lurido buco di culo all’interno di una palazzina fatiscente. Avevo un forte mal di testa dovuto alla sbronza della sera precedente (non ero abituato a bere così tanto). Devo ammettere che, in fondo, mi fece bene: per qualche ora avevo dimenticato quella stronza. Era ora di alzarsi e andare in ufficio. * La testa mi scoppiava e guardare tutti quei numeri sul computer non aiutava affatto. Decisi di fare una pausa. Il caffè della macchinetta faceva davvero schifo, però la compagnia era buona. Stefano beveva il suo solito cappuccino — secondo lui «squisito» — con un sorriso stampato in faccia. Era sempre di buonumore. Da questo punto di vista lo invidiavo molto, a differenza sua, io ero sempre insofferente per ogni cosa. «Buongiorno amico! Hai dormito male ieri sera, eh?» domandò con un sopracciglio alzato e aria bonaria. «Già. Si vede tanto?» sghignazzai. «Naaa, forse un pochino» pollice e indice ad indicare il “pochino”. «Hai visto Laura? Devo chiederle una cosa». Mi guardò con biasimo: «devi chiederle “una cosa”?», Stefano era quello che avrei potuto definire “amico”, quindi gli permettevo di prendersi certe libertà, ma la cosa non mi piaceva granché. «Sì, “una cosa”. Qual è il problema? È per lavoro, cazzo. Non devo sempre mandarla a fanculo, è pur sempre il consulente informatico dell’azienda» glielo dissi guardandolo di traverso. Alzò le mani a mo’ di difesa: «ok va bene, come ti pare», fece una pausa, poi: «oggi non c’è». «Come non c’è? Sta male per caso? Le è successo qualcosa?» ero sbalordito! Laura non si assentava mai se non per validi motivi, e oggi non ne aveva di certo, e comunque l’avrei saputo in un modo o nell’altro! A meno che quell’uomo…! «Non saprei amico» alzò le spalle. «Beh…proverò a chiamarla più tardi, non importa» dissi cercando di simulare disinteresse. Ovviamente non ci riuscì: Stefano mi guardava come a voler dire “sappiamo entrambi che non è così!”, invece disse: «vedrai che starà bene, forse sua madre aveva solo bisogno d’aiuto!», mi diede un colpetto sulla spalla con il pugno chiuso e andò nel suo ufficio. Ero agitato, troppo agitato! Il mal di testa si era acuito al pensiero che Laura fosse in pericolo…o peggio! Chiesi a tutti quelli che incontravo se avessero sue notizie, ma niente. Nessuno sapeva dove fosse finita. Credevo che sarei impazzito se non fossi riuscito a vederla o sentirla, quindi presi a chiamare ripetutamente il suo numero privato, avrebbe dovuto rispondere prima o poi! * Niente. Laura non rispondeva alle mie chiamate. Provavo a chiamarla da ore ormai. Avevo provato con il mio cellulare, con il telefono dell’ufficio…ma niente! Niente di niente! Dannazione! Cazzo! Ma dove cazzo era finita?! Cominciavo a preoccuparmi sul serio. Forse quel pezzo di merda le aveva fatto del male, e se fosse accaduto non me lo sarei mai perdonato! Era colpa mia! Non avrei dovuto lasciarla sola! Dovevo insistere affinché venisse con me, dovevo proteggerla, ma non l’avevo fatto. Provai di nuovo: il cellulare era sempre staccato. Tirai un pugno all’armadietto dietro di me. Che dolore cazzo! L’anta era ripiegata in dentro e la mia mano probabilmente rotta. Giacomo e Sara si precipitarono nel mio ufficio dopo aver sentito l’urlo di dolore — non so bene nemmeno io se avessi gridato per Laura o la mano. «Marco, tutto bene? Cosa succede? Perché gridi?» chiese Sara un po’ alterata e un po’preoccupata. «È per Laura. Non riesco a rintracciarla. È da questa mattina che provo a chiamarla ma non risponde!» le gridai incazzato. «Stai calmo, la chiamo io», sospirò irritata. «Si può sapere che hai? Cosa ti succede questo periodo? Non sei più tu!» mormorò Giacomo con la faccia crucciata. A differenza di Stefano, Giacomo era un coglione! Non l’ho mai considerato un amico; passavo il tempo con lui solo perché conosceva barzellette sconce e aveva l’abitudine di raccontare tutti i particolari delle sue scopate. Faccio fatica ad ammetterlo, ma quel bastardo con le donne ci sapeva fare davvero! «Va tutto alla grande! Non potrebbe andare meglio! E ora levati dalle palle!» lo aggredì. «Vaffanculo! Dovresti farti vedere da un specialista, uno bravo!» urlò alterato Giacomo mentre usciva dal mio ufficio. «Ehi ragazzi calmatevi! Siamo in ufficio non al bar!» si intromise Sara. «Laura non ha risposto, ha il telefono staccato. Non preoccuparti sarà in ospedale con sua madre. Fatti vedere quella mano, si sta gonfiando» sparì anche lei oltre la porta. Perché tutti dicevano la stessa cosa? Sapevano qualcosa che io non sapevo? Era stata Laura a chiedergli di mentirmi? Stavo impazzendo! Così non potevo continuare. Per distrarmi andai a cercare qualcosa per fasciare la mano. Trovai un kit di pronto soccorso in sala riunioni. Dovetti rifare la fasciatura almeno tre volte prima di legarla definitivamente, Laura era il mio unico pensiero. Mi appoggiai al tavolo e provai di nuovo a chiamarla, magari era la volta buona! Libero! Al quinto squillo qualcuno rispose. «Si può sapere cos’hai che non va? Perché cazzo mi sono ritrovata venti chiamate sul cellulare?! Se non ti ho risposto la prima volta c’era un motivo! Fammi il favore di non disturbarmi più! Non voglio sentire le tue stronzate oggi!», la sua voce era così sexy, anche se arrabbiata. Mi stava rimproverando, ma in quel momento il suono della sua voce era così dolce e rassicurante. «Mi dispiace averti disturbata, non vedendoti ho creduto ti fosse successo qualcosa, sai…ieri sera mi sembravi in difficoltà con quello stronzo…credevo di avesse fatto del male» parlai quasi sottovoce. «Ieri sera?! Ma di cosa parli? Ho passato la notte con mia madre, non si sentiva bene e sono rimasta da lei. Avrai avuto le tue solite allucinazioni». «Cosa…?. Non l’ho immaginato! Eri tu! Non sono uno stupido! Hai anche usato quel cazzo di soprannome “Marchi”, solo tu mi chiami così!», ero arrabbiato. Stronza bugiarda! «Tu sei pazzo Marco», pausa: «adesso mi hai sentita, non disturbarmi oltre, sono a casa di mia madre e lei ha bisogno di riposo. E poi è da molto che non ti chiamo più a quel modo», riagganciò. In un impeto di rabbia scagliai il telefono sulla parete che avevo di fronte, ovviamente distrutto. Quella puttana aveva avuto il coraggio di mentirmi, usando come scusa la madre malata! Che troia! Venderebbe sua madre per una scopata, figuriamoci! Voleva farmi passare per pazzo? Gliela avrei fatta vedere io!
   
 
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