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Autore: Fiore di Giada    06/06/2021    0 recensioni
[[Cuore/Edmondo de Amicis]]
[14/4/2007]
Un what if melenso e sdolcinato (ma dato il romanzo di partenza, forse è giustificabile) sull'opera principale di Edmondo de Amicis. Rileggendola, mi accorgo di una lieve presenza shonen ai. Il viaggio a Roma da me citato (per una laurea) deve avermi bruciato i neuroni.
Comunque, un breve addio tra Enrico e Garrone, ipotizzando un esito fatale per la malattia del primo.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Allora, sono tornata da Roma e sinceramente sono in piena catalessi mentale. Ed ecco a voi una fic sul libro di De Amicis "Cuore". Un carico di melassa immane, in cui però ho trovato splendida l'amicizia tra Enrico (il ricco protagonista) e Garrone. Bene, volevo dirvi questo: c'è una parte in cui Enrico rischia di morire e Garrone lo deve andare a trovare, ma va subito perchè la madre sta male. Il ragazzo guarisce. Ebbene io provo a pensare questo: cosa sarebbe successo se la sua malattia fosse stata incurabile?

Cautamente entrò nella stanza. La luce delle lampade scintillava di liquidi chiarori dorati sul mobilio, facendo danzare ombre evanescenti, simili a pallidi spettri di anime perdute.
Un sordo dolore colpì il cuore del ragazzo. Quelle ombre avevano parvenza di diavoli armati di artigli, pronti a strappare l'anima di Enrico dal suo corpo, distrutto dalla malattia...
"Ga... Garrone..." Un sussurro spezzato arrivò alle orecchie del ragazzo, interrompendo i suoi pensieri.
Garrone guardò nella direzione del letto e alcune lacrime annebbiarono i suoi occhi scuri e caldi come abissi di rossa lava. Davvero quel ragazzo che giaceva in quel letto, troppo grande per lui, era il suo migliore amico?
Si asciugò le lacrime e cautamente, timidamente, gli si avvicinò. Non sapeva perchè, ma sentiva paura di disturbarlo... Il rumore dei suoi passi rimbombava come tuono nelle sue orecchie....
Si sedette sulla sponda del letto e lo guardò. La luce delle lampade faceva risplendere d'un marmoreo chiarore il viso di Enrico, sul quale splendevano gli occhi di acquamarina, che brillavano d'una luce nuova. Una maturità diversa... Lo sguardo di un uomo nel corpo esile e smagrito di un fanciullo...
"Sei venuto..." sussurrò Enrico con un malinconico sorriso.
"Esatto..." rispose Garrone e gli accarezzò con la mano i capelli scuri, che spiccavano nel pallore dell'incarnato, come l'inchiostro su un foglio bianco.
"Ti ringrazio amico mio. Desideravo rivederti prima di affrontare il mio ultimo viaggio..." mormorò il più giovane.
Il ragazzo più grande impallidì. Era già tutto deciso? Non c'era cura per la malattia di Enrico?
"Ma cosa stai dicendo? Tu guarirai... Tornerai a scuola con me... " farfugliò Garrone. Non riusciva a credere che presto gli occhi di Enrico si sarebbero chiusi... Non poteva accadere, non doveva accadere!
Il ragazzo sorrise, seppur malinconicamente.
"La scuola... La mia vecchia scuola... E pensare che ci andavo di malavoglia, senza capire che solo lei mi avrebbe trasformato in un uomo..." balbettò, ma la sua voce si spense in un forte latrato e una lacerante tosse gli squarciò il petto.
Con gesti impacciati Garrone lo sostenne e, quando la tosse si spense in un soffio, lo fece dolcemente distendere sul letto.
"Tubercolosi..."affermò Garrone.
"Già... Tubercolosi." mormorò Enrico e, con un gesto lento, mostrò il palmo della mano, sul quale brillavano di carmini riflessi alcune macchie di sangue.
Con un gesto timido strinse la forte mano del compagno. Garrone quasi sentiva dolore... La presa di Enrico palpitava di una forza straordinaria...
"Sai... Vorrei che questi istanti durassero per sempre..." esordì Enrico d'un tratto.
L'adolescente non rispose e si limitò a carezzare la mano di Enrico, che sembrava sparire nella sua, forte e robusta come quella di un uomo.
"Prima pensavo che ogni cosa andasse sacrificata alla patria... Perfino l'esistenza... Ma in questi giorni ho capito una cosa... Ad una entità senza nome non puoi sacrificare sentimenti concreti... All'Italia non sacrificherei mai la mia amicizia per te..."
Si interruppe, poi continuò, sorridendo della meraviglia di Garrone: "Già... Sei diventato parecchio importante per me..."
"Anche tu per me sei importante, Enrico." gli rispose il compagno di scuola.
Una dolce luce di gioia brillò nello spettrale pallore di Enrico, che sussurrò con voce sempre più debole: "Grazie... Porterò con me il tuo ricordo... Come potrò dimenticarmi di te? Amico mio..."
La voce di Enrico però si perse in un sussurro malinconico e la sua anima di fanciullo si separò dal suo corpo, che si abbandonò dolcemente nelle braccia fredde della morte.


Lo so, fa schifo. Ma considerate la stanchezza...
   
 
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