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Autore: Earth    12/06/2021    1 recensioni
Questa è la storia di Egle Baudelaire.
Da quando decide di cambiare vita, fino alla fine.
"Suo nonno le diceva sempre che per avere successo nella vita servivano tre cose: un grande cuore, un cervello lesto e un fegato forte.
Il nonno in gioventù aveva prestato servizio come medico militare durante l'ultima guerra quindi, quando era piccola, Egle aveva creduto che si riferisse agli organi di carne e sangue che lui aveva ricucito a quei poveracci dei soldati lì al fronte.
Poi un giorno, mentre faceva i compiti china sulla scrivania in camera sua, le era caduto l'occhio sulla casa abbandonata in fondo al viale.
Le chiacchiere volevano che vi ci vivesse uno spettro.
E fu in quel momento, mentre guadava quella villa grande, grigia e spaventosa, con le finestre sprangate e il giardino incolto, che le venne il dubbio che forse il nonno si riferisse ad altro."
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Il giardino dei veleni'
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In principio era il nulla



 
Il momento in cui Egle Baudelaire decise di cambiare vita se lo sarebbe ricordato fino alla fine.
Pioveva e lei si annoiava terribilmente: sarebbe dovuta andare al pub quella sera, ma sua madre si era arrabbiata per un insignificante brutto voto in matematica.
Sbuffò incappando in un'altra televendita di stoviglie.
Ultimamente le avevano ripetuto spesso che "era solo una bambina viziata", ma lei non era d'accordo: non era affatto una bambina. Era giovane e bella e avrebbe avuto tutto quello che desiderava.
Così, mentre un lampo riempiva il salotto, Egle capì che era arrivato il tempo di mollare quelle oche delle sue amiche: che doveva rimescolare le carte.

 

Due mattine dopo Egle attraversava il cortile della scuola con il mondo che le arriva filtrato dalle lenti rosa degli occhiali da sole – quasi che tutti gli studenti fossero immersi in una gigantesca gelatina alla fragola che aveva invaso il mondo.
Sorrise di rimando ad un gruppo di ragazzi della terza acca che le avevano detto qualcosa, un Buongiorno che però lei non aveva sentito perché la musica le urlava nelle cuffie – trasformando il cortile in un videoclip, in cui lei sfilava veloce e decisa e vagamente infastidita dal fatto che nessuno stesse ancora ballando.
Entrò nell'istituto, passando davanti al bar dove AlfredoIlBarista serviva tazze sbeccate di caffè scadente ai professori ancora addormentati. Percorse il corridoio a sinistra fino alla porta blu e nera della sua classe – nera perché TobiaVaiVia aveva la mania di scrivere con i suoi pennarelli indelebili&maleodoranti su tutte le superfici verticali dell'istituto (e se gli si faceva notare che quello era vandalismo ti rispondeva, aggrottando la fronte e stringendo gli occhi in due fessure, con un vago 'Come a testimonianza' che solo lui sapeva cosa voleva dire); blu perché a quanto pareva quella nuance era la meno costosa.

 
♦ 

Dal terzo banco in terza fila, alla terza ora, Egle poteva osservare: il verde melma della camicetta della professoressa di lettere, la quale continuava a parlare da sola di gente morta che – non avendo nulla di meglio da fare – aveva passato l'esistenza a scarabocchiare inutili poesie melodrammatiche; i capelli biondi e perfetti di AnnaLaBella; e la maggior parte dei suoi compagni che, con la schiena gobba sui bachi, era online da qualche parte nell'invisibile mare sconfinato della rete.
Il telefono le vibrò nella tasca. Egle lanciò un occhiata furtiva alla prof e lesse il messaggio: "è tutto ok? Moira ha detto che stamattina non ti sei fermata a colazione" seguito da tre faccine dal dubbio significato. Era AnnaLaBella. E forse avrebbe dovuto affrontare l'argomento, con lei e con Moira.

 
♦ ♦ ♦

«Fammi capire: non verrai alla festa al Kalì?» Anna continuava a guardarla con gli occhi sgranati e una t-shirt azzurra un po’ troppo scolorita «ma ci sarà un sacco di gente! Ci vanno persino quelli dell’Olenadro.»
«Quelli dell’Olenadro non vanno al Kalì» si intromise Moira dando l’ultimo morso al cornetto alla crema «ma questo non vuol dire che qualcuno non possiamo incontrarlo comunque.»
«Appunto, non puoi mancare!»
Egle si passò una mano tra i capelli sistemandosi la frangia da una parte – forse avrebbe dovuto tagliarli, un taglio corto e fresco, sì, era proprio quello che le ci voleva – poi chiuse gli occhi per un secondo e prese un respiro: «Non è quello che ho detto» precisò «io alla festa ci andrò, ma non con voi.» E qui le guardò dritte negli occhi, prima l’una e poi l’altra, come ad una partita di tennis.
Dal lato opposto del tavolino le sue amiche le rimandarono un espressione a metà tra l’incredulo e il terrorizzato.
«Sentite, mi dispiace. Ho altri impegni e non penso riusciremo a vederci d’ora in poi» Egle tirò fuori dallo zaino una manciata di monetine per pagare il suo caffè.
«Ma siamo nella stessa classe...» Anna non mollava proprio, eppure lei era stata chiara e gentile.
Le sorrise sistemandosi gli occhiali da sole sul naso: «Vorrà dire che un po’ ci vedremo, ora perdonatemi, ma devo proprio andare.» E così dicendo si alzò – il tavolino traballò un po’ – mandò uno saluto ad AlfredoIlBarista e, zigzagando tra un paio di motorini parcheggiati sul marciapiede, si allontanò dalla veranda di legno e plastica del chioschetto.

 
♦ ♦ ♦ ♦

Suo nonno le diceva sempre che per avere successo nella vita servivano tre cose: un grande cuore, un cervello lesto e un fegato forte.
Il nonno in gioventù aveva prestato servizio come medico militare durante l'ultima guerra quindi, quando era piccola, Egle aveva creduto che si riferisse agli organi di carne e sangue che lui aveva ricucito a quei poveracci dei soldati lì al fronte.
Poi un giorno, mentre faceva i compiti china sulla scrivania in camera sua, le era caduto l'occhio sulla casa abbandonata in fondo al viale.
Le chiacchiere volevano che vi ci vivesse uno spettro.
E fu in quel momento, mentre guadava quella villa grande, grigia e spaventosa, con le finestre sprangate e il giardino incolto, che le venne il dubbio che forse il nonno si riferisse ad altro.
Ma non le ci volle molto a capire che lei non ne possedeva nessuna di quelle tre cose (odiava gli horror, gli indovinelli la infastidivano e San Valentino le faceva venire il voltastomaco).
A Egle però piaceva essere amata, applaudita e ammirata.
Egle voleva la gloria e ciò che le mancava se lo sarebbe procurato.




 

Earth's note: Buon salve ^^ Eccovi un altro estratto di cose che ho riesumato alle profondità perdute del pc. Non sapendo se mai questa storia vedrà un preseguimento (nemmeno nella mia testa) e pensando però che magari a qualcun avrebbe potuto incuriosire ho deciso di postarla qui. E poi Egle è un personaggio che voleva avere il suo debutto in qualche modo. 

Grazie per aver letto, le recensioni sono sempre le benvenute :-*
   
 
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