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Autore: _Atlas_    13/06/2021    2 recensioni
1997.
Axel, Jake e Jenna vivono i loro vent’anni nella periferia di Mismar, ubriacandosi di concerti, risate e notti al sapore di Lucky Strikes. Ma la loro felicità è destinata a sgretolarsi il giorno in cui Jake viene trovato morto, spingendo gli altri nell’abisso di un’età adulta che non avrebbero mai voluto vivere.
Diciotto anni dopo, Axel è un affermato scrittore di graphic novel che fa ancora i conti col passato e con una storia di cui non riesce a scrivere la fine.
Ma come Dark Sirio ha bisogno del suo epilogo, così anche il passato richiede di essere risolto.
Genere: Generale, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo VIII

 
 
 
 
 

La disperata ricerca di ossigeno si era finalmente conclusa e i suoi polmoni avevano ripreso il loro ritmo lento, stremati da quella sessione di boxe fuori programma. Non era andata tanto male, considerando che non si allenava da mesi.
Aveva gli occhi chiusi e la testa reclinata sullo schienale del divano, un asciugamano sudato attorno al collo e una borraccia vuota ancora stretta tra le mani. La mente, che avrebbe dovuto a questo punto essersi placata, era ancora impegnata a rincorrere ricordi lontani.
Come diavolo aveva potuto pensare, Gwen, di frenare quella pioggia di reminiscenze con il magico potere del qui ed ora? La meditazione era solo un cuscinetto – e neanche troppo comodo – per ridurre quel chiacchiericcio incessante proveniente da un passato che chiedeva solo di essere ascoltato e magari accettato.
Il campanello dell’ingresso bloccò sul nascere quell’ennesima riflessione e per una manciata di secondi lo lasciò pietrificato sul divano con gli occhi spalancati verso il soffitto.
«Axel?»
La voce di Loraine, seppur attutita da spessi centimetri di cemento, riuscì a inviargli una scossa lungo la spina dorsale che per un attimo gli gelò il sangue.
“Non sono in casa” pensò d’impulso. “Non. Sono. In. Casa.”
«Te lo chiedo per favore: apri la porta e affrontiamo la questione con calma» la sentì spiegare con voce effettivamente pacata.
Provò a giustificare la cosa in diversi modi, attribuendo la colpa alla debolezza post allenamento e alla sua stanchezza mentale accumulata che gli impediva di ribellarsi ancora, ma non appena si alzò dal divano gli fu chiaro, lampante, che qualcosa sarebbe cambiato per sempre nel momento in cui avrebbe aperto quella dannata porta.
«Bastava una telefonata per dirmi che vuoi licenziarti» disse controllando il tono di voce e  lasciandola entrare nell’appartamento.
«In realtà sono venuta a prendermi di persona le scuse che mi devi» specificò la donna scrutandolo attentamente.  Axel sostenne il suo sguardo senza trovare una via di fuga carica di sarcasmo e alla fine si lasciò sprofondare di nuovo sul divano, nel punto esatto che aveva occupato fino a poco prima.
«Siediti, così affrontiamo la questione con calma» disse citando le sue stesse parole.
Non parve troppo irritata dal suo atteggiamento e fu lieto di vederla accettare il suo invito. Il fatto che si trovassero nella stessa stanza senza litigare era già qualcosa, ma per mantenere quello stato di calma apparente non poteva limitarsi ad assecondarla.
«Axel, mi spiace per come siano andate le cose questa mattina, ma è evidente che non è solo questo il problema. Giusto? Non pretendo di sapere ogni dettaglio della tua vita privata, ma almeno aiutami a capire. Mi rifiuto di credere che l’invito a un convegno possa aver scatenato…questo
Non disse nulla, si limitò a osservare un punto vuoto di fronte a sé nella speranza di vedervi comparire una risposta d’emergenza.
«Se c’è qualcosa che posso fare» continuò quindi Loraine «per ridurre l’agitazione che provi, ti chiedo di rendermene partecipe. Non ci sono alternative per far funzionare la cosa, vorrei che questo ti fosse chiaro.»
L’alternativa, rifletté, era chiudere il rapporto una volta per tutte. Sarebbe stata la decisione più saggia da prendere, qualcun altro al suo posto lo avrebbe fatto da tempo.
«Tu lo sai com’è iniziata la mia carriera?» le chiese all’improvviso.
Quella domanda parve spiazzarla, ma ormai era troppo tardi per camuffarla o deviarla verso altri lidi.
Loraine, d’altra parte, volle assecondare quella rotta: «Hai vinto il concorso indetto dalla C.A.M..» disse con ovvietà «E con ottimi risultati, direi.»
«Sì, ottimi risultati» le fece eco trattenendo una smorfia. «E sai perché ho deciso di partecipare a quel concorso?»
«Suppongo per metterti in gioco, per tentare la fortuna. I concorsi servono a questo, no?»
Non rispose.
Era ovvio, di solito quella era una delle strade che imboccavano gli artisti, soprattutto se scrittori. Non sempre portava alla meta desiderata, ma almeno accorciava di qualche passo un percorso già tortuoso e difficile per natura.
Tuttavia c’era una nota stonata nella risposta di Loraine, come se dietro la sua incertezza ci fosse l’intenzione di scavare più a fondo in quella vicenda.
«Axel,» lo richiamò infatti «non era solo voglia di metterti in gioco. Sbaglio?»
In quel momento realizzò che, con tutta probabilità, Loraine conosceva quella risposta già da tempo. Certo, non ci voleva un intuito molto raffinato per comprendere che qualcosa nel suo passato lo avesse segnato nel profondo, i media, per esempio, avevano deciso che quell’evento dovesse coincidere con la morte prematura dei suoi genitori, una spiegazione infiocchettata per il grande pubblico e che giustificava in toto il suo atteggiamento impacciato, nervoso e spesso scostante. La critica, quella spietata e senza remore, lo accusava invece di aver finemente costruito quell’immagine di sé, di aver limato con astuzia quei dettagli fisici e caratteriali tipici degli scrittori maledetti ricordandogli con acida ironia che quell’epoca era ormai passata di moda. Gwen era stata l’unica a non giudicare quella parte di sé, ma si era saggiamente allontanata da lui quando aveva iniziato ad emergere dalle sue azioni, dal suo modo di parlare, di ridere o semplicemente di vivere. Non provò nemmeno a fermarla, anzi, aveva sperato con tutto il cuore che l’Indonesia l’avrebbe aiutata a dimenticarlo.
In quel burrascoso via vai di persone nella sua vita, Loraine gli era rimasta accanto senza mai intromettersi in quella faccenda, e non solo perché a legarli era un rapporto lavorativo. Certo, non poteva esimersi dal rimproverarlo quando metteva a rischio la sua carriera e gli aveva subito passato il contatto di un buon terapista quando aveva notato la frequenza dei suoi attacchi di panico. In generale si assicurava che stesse bene o al massimo che non mandasse a rotoli anni e anni di lavoro e, suo malgrado, questo significava anche mantenere un’immagine pubblica decorosa; nel concreto, Loraine Armstrong gli garantiva la stabilità lavorativa e spesso anche mentale.
«No, non era solo voglia di mettermi in gioco» confermò quindi. Non spostò lo sguardo su di lei e lo tenne invece fisso sul pavimento, per quasi un intero minuto, rincorrendo i disegni geometrici del tappeto che aveva sotto ai piedi.
«È per questo che non vuoi tornare a Mismar?» la voce di Loraine  si insinuò con delicatezza nei ricordi che stava inseguendo.
«A Mismar sono successe tante cose. Tornare manderebbe a monte gli ultimi diciotto anni della mia vita.»
«Ovvero il tuo tentativo di dimenticare? Perdona la franchezza, Axel, ma non credo proprio che tu abbia dimenticato. Di qualsiasi cosa si tratti.»
Sapeva a cosa si stesse riferendo. Poteva ingannare se stesso, forse, ma con Loraine era tutta un’altra storia.
«Cosa dovrei fare?» chiese quindi, non vedendo più vie d’uscita.
«Accettare quell’invito alla C.A.M., tanto per cominciare. È un evento formale, non sei costretto a relazionarti con le persone, se non vuoi.»
«Ti prego, finirei a vomitare nei bagni degli studenti già alla prima conferenza.»
«Probabile, e forse anche alla seconda, ma sono sicura che alla terza avrai solo un po’ di nausea.»
Capiva ciò che gli stava dicendo e avrebbe appoggiato il suo pensiero in qualsiasi altra situazione. Ma di quella storia le mancavano i tasselli più importanti, quelli che nel bene e nel male avevano gettato le basi del suo futuro. Mismar era stata una città dolce, colorata di rosso e profumata di pesca, ma anche spietata. Per i suoi giochi di potere, il suo dolore e la sua indifferenza.
Come poteva tornare?

 
 
 

*

 
 
  
 
NdA
Hello!
Già, è passato un po’ di tempo dall’ultimo aggiornamento, ma questa storia continua ad andare avanti nonostante i mille imprevisti che si mettono in mezzo :’)
Il capitolo, seppur corto rispetto agli altri, inizia a dare qualche informazione in più sul passato di Axel e in particolare sul concorso indetto dalla C.A.M. . Il prossimo lo considero definitivo per quanto riguarda alcuni aspetti e vi anticipo che non ci sarà da attendere molto perché è praticamente pronto :D
 
Spero che la storia continuerà a piacervi e come sempre vi ringrazio per il supporto <3
 
_Atlas_

 
 
 

 
 
 

   
 
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