Anime & Manga > Rossana/Kodocha
Ricorda la storia  |      
Autore: Shoshin    16/06/2021    5 recensioni
Akito si portò le mani sugli occhi e poi un braccio a coprirli. Sentiva il cuore battere frenetico nel suo petto, come un tamburo impazzito. Era l'eco di un altro cuore che non batteva più e reminiscenza di quelle compressioni superflue.
{Missing moment di Thinking out Loud, post quattordicesimo capitolo}
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Sana Kurata/Rossana Smith | Coppie: Sana/Akito
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Ticking Away'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Shoganai
しょうがない

Ciò che non può essere evitato. Significa accettare che qualcosa può avvenire al di fuori del nostro controllo.



Uno, due, tre, quattro, cinque.
Akito guardava le sue mani intrecciate sul torace di Misako.
Sei, sette, otto, nove, dieci.
Aveva alleviato e risolto infiniti dolori e problemi con quelle mani, sarebbe riuscito a farlo anche adesso?
Undici, dodici, tredici, quattordici, quindici.
Doveva scuotere Sana, e farle chiamare il numero delle emergenze ma le sue mani dovevano restare impegnate. Avrebbe potuto urlare. Ma in quel modo non avrebbe potuto continuare le compressioni, si sarebbe svegliato.
Forse si sarebbe svegliata anche Misako.
«SANA!»


Non aveva urlato davvero. Era accaduto tutto nel sonno, eppure sentiva le braccia indolenzite e le mani ancora gli dolevano, come se fosse successo di nuovo e avesse appena smesso di comprimere il torace di Misako.
Akito si portò le mani sugli occhi e poi un braccio a coprirli. Sentiva il cuore battere frenetico nel suo petto, come un tamburo impazzito. Era l'eco di un altro cuore che non batteva più e reminiscenza di quelle compressioni superflue.
Cercò di fare dei respiri regolari, provando a calmare quell'agitazione improvvisa che lo aveva colpito nel cuore della notte. Emise un sospiro, forse troppo forte, e la sua attenzione fu catturata da un pigolio alla sua destra. Pensava che Sana dormisse, e invece, dal tono che aveva, sembrava più sveglia di lui.
«Non dormi?» gli chiese.
Akito scostò il braccio dai suoi occhi e si voltò a guardarla. Fissava il soffitto, come se riuscisse a vederci qualcosa che non fosse solo il lampadario o l'intonaco. Forse, pensò lui, stava sperimentando qualche abilità imparata in chissà quale corso di recitazione che aveva frequentato e il segreto della calma della quale aveva dato prova in quei giorni era in una di quelle tecniche. Doveva pur esserci una spiegazione a quell'autocontrollo che mostrava. Anche Sari e Oji glielo avevano detto: “La mamma è troppo calma”.
«Nemmeno tu» le disse, voltandosi su un fianco e continuando a guardarla fissare il soffitto. La luce del lampione che filtrava dalle finestre, le illuminava il viso e Akito riusciva a vedere i suoi occhi, la dolcezza di quel cioccolato si era persa nel buio, trasformata in un caffè piuttosto amaro.
«Non dormo più.» sussurrò «Mi addormento, poi mi sveglio, e non dormo più.» parlava tranquilla, con un tono sereno. Una banale conversazione ma nel bel mezzo della notte. Come è andata al lavoro? Bene, grazie. Domattina esco presto, puoi continuare a dormire se senti la sveglia.
«Sto immaginando una cappa enorme nel soffitto sopra la mia testa, che risucchia via tutto tutto quello che vorrei sentire. E il sonno, anche.» fece una breve pausa e poi continuò sussurrando a sé stessa «Non riesco a dormire.»
Akito la vide sospirare e poi voltarsi su un fianco verso di lui. «Credi che potrei impazzire continuando a non dormire?» gli chiese.
Non più di quanto tu non lo sia già, pensò. Sorrise un po', allungando le dita verso di lei per spostarle una ciocca di capelli dietro le spalle.
«Cosa vorresti sentire?» le domandò, facendo scorrere la mano dal suo viso al suo braccio.
Lui, da quel dannato pomeriggio, sentiva inadeguatezza, impotenza, tristezza, dolore, mancanza. E immaginava che quella centrifuga di percezioni che avvertiva da qualche parte nello stomaco, a volte nella testa e perfino nell'immaginario dei suoi incubi, fosse mille volte più violenta nel corpo di sua moglie.
«Vorrei sentire quello che si aspettano tutti, per capire se sia più giusto essere travolta dal dolore, dalla rabbia. Invece...» chiuse gli occhi. «C'è solo caos. Sono spettatrice del caos.»
Sana non aveva dato di matto, non aveva avuto crolli come molti - lui stesso - temevano, aveva dato conforto agli altri.
E lui aveva capito, da quelle parole, che tutte quelle sensazioni che lui cercava di tenere a bada dentro di sé erano piuttosto vive anche in lei ma le affrontava con molta più serenità. Da spettatrice, aveva detto. Nel vestito opposto rispetto a quello che indossava di solito. In fondo, da quanto ne sapeva lui, non esisteva un manuale del lutto.
«Insomma… non potevamo evitarlo no? Non era prevedibile...»
Akito aveva sospirato e Sana aveva riaperto gli occhi per fissarli nei suoi. Lo sapeva anche lui che non avrebbero potuto fare nulla in più rispetto a quello che avevano fatto ma non riusciva ancora a trovare la rassegnazione che aveva trovato lei. Forse erano le impressioni fisiche a rallentare quel processo, quell'essersi obbligato a fermarsi, la sensazione di aver imposto alle sue mani di fermarsi. Aveva lavorato così duramente per farle funzionare nel modo giusto e smettere di usarle in un momento come quello che avevano vissuto, adesso gli sembrava un paradosso.
Eppure, Sana stava di nuovo guardando tutto da una visione migliore della sua. Non potevamo evitarlo.
Era di sua madre che parlava, ma trovava la prospettiva migliore della vita, come al solito. E anche della morte.
«Tu sei...» fece per parlare senza sapere di preciso cosa dirle. Di ispirazione. Incredibile. Una forza della natura.
Akito non riusciva più a vederle gli occhi. Non avrebbe mai potuto rendersi conto delle lacrime che avevano cominciato a rigarle il viso se non l'avesse sentita tirare su col naso nel silenzio della stanza.
«È faticoso, Akito...» sussurrò «sentirsi spettatrice, sentirsi impotenti...»
Spostò la mano dietro la sua schiena e la avvicinò a sé senza sforzo. La sentiva scossa dai singhiozzi mentre la stringeva contro il suo petto e le accarezzava la testa.
Niente. Non aveva capito niente. Pensava che lei fosse riuscita a trovare una soluzione per assicurarsi una certa serenità. Ma era una fantasia impossibile.
«È faticoso quando non arriva la sua chiamata, quando vorrei passare a trovarla e mi ricordo che non è a casa sua...»
Sana si sforzava di trovare le parole fra respiri spezzati e incoerenti ma a lui non servivano, aveva capito adesso. Aveva le stesse sensazioni e sentiva la stessa mancanza.
Continuò comunque ad accarezzarla e ascoltarla, sarebbe stato quello di cui lei aveva bisogno.
Quando il campanello non avrebbe suonato più a ripetizione come nel momento in cui arrivava lei.
Quando avevano una buona notizia da condividere con lei. Quando ne avevano una brutta.
Quando cercavano parole giuste che solo lei poteva conoscere.
Quando mettevano a tavola un bicchiere in più che nessuno avrebbe usato.
Un elenco lunghissimo in mezzo a tutte le lacrime che le erano mancate. Tutto il dolore che Sana sperava di trovare, lo aveva appena scoperto nella mancanza.
Akito sentì, dopo un tempo indefinito, i respiri di Sana diventare più regolari mentre ritrovava il sonno fra le sue braccia.
Allora sentì le lacrime pungere anche i suoi occhi. Gonfiò le guance ed espirò mentre, calde, le sentiva scivolare giù.

Sana, un lieve accenno di pancia, aveva appena lasciato la tavola per portare una piccola Sari addormentata nel suo lettino. Aveva insistito nel rifiutare il suo aiuto per non svegliare troppo la bambina.
Mentre la guardava, Akito aveva sentito il suono del vino versato nel bicchiere e aveva spostato lo sguardo su Misako, seduta accanto a lui e intenta a svuotare le ultime gocce dalla bottiglia.
«Non è così male, vero?» la sentì dire rivolta a lui.
«Il vino?» le chiese.
«Un'altra gravidanza! Sciocco!»
La vide girare la testa a destra e poi a sinistra, e guardarsi intorno più volte in modo frenetico per poi fermarsi all'improvviso. Troppo intontita per cercare il suo ventaglio.
«Ti sei perso così tanto… la prima volta...» continuò, guardandolo. «Sono felice che tu non abbia commesso ancora lo stesso errore.»
Era la prima volta che Misako gli parlava così apertamente di quel periodo. Akito ricordò le occhiate che gli riservava, il modo freddo in cui lo aveva trattato nelle poche occasioni in cui si erano incontrati. Ricordò la delusione che leggeva nei suoi occhi ma anche la mancanza di un giudizio da parte sua. Come Sana.
Pensò, in quel momento, che forse proprio lei avrebbe potuto scuotergli qualcosa e si rammaricò della scelta di Misako di restare in disparte.
«Avresti potuto dirmi qualcosa all'epoca… provare a farmi cambiare idea.» erano parole ingiuste quelle uscite dalla sua bocca. Non le aveva controllate… e temette di averla ferita. Si feriscono spesso, le persone alle quali si vuole bene. Era il desiderio o il rimpianto per non aver vissuto la prima gravidanza di Sana come stava vivendo quella. Il pentimento per aver perso quei ricordi per sempre e Misako non aveva colpe.
«Cosa sono io? Tua madre? La tua sorvegliante? La tua babysitter? La tua badante?»
«È come se lo fossi» le disse. Senza mentirle. Non aveva altre figure di riferimento se non lei, da svariati anni ormai.
«La tua badante?»
«Mia madre.»
Il tocco delle loro mani sulla tovaglia, anche quello, adesso faceva male.







Buonsalveh! :)
Questa fic. Nasce perchè volevamo capire bene come si sentisse Sana in merito a quello che le è successo. Non ci siamo riuscite benissimo, e forse è normale… un dolore di quella portata, il lutto... non si possono spiegare né si possono capire.
Akito però ci ha fatto vedere tutto dal suo punto di vista, abbiamo visto molte delle sue sensazioni. Misako se ne è andata sotto le sue mani e anche per lui non è stato facile. Era quanto di più vicino avesse alla figura materna e, come Sana, non lo ha mai giudicato ma lo ha sostenuto e perdonato.
Il titolo è un’altra parola giapponese intraducibile, è una parola di conforto e resilienza, che stimola ad andare avanti, a lasciare andare senza rimorsi tutto quanto è fuori dal nostro controllo.
Speriamo che la fanfiction vi sia piaciuta! ♥
Lov iuh
Shoshin




   
 
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Rossana/Kodocha / Vai alla pagina dell'autore: Shoshin