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Autore: Elisempreeli    18/06/2021    2 recensioni
Spesso dagli errori quotidiani, banali, scontati, possono nascere grandi consapevolezze. Anche grazie ai commenti non richiesti delle famose P.I.C. (Pigne In Culo)
Genere: Comico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando ci veste di fretta, può capitare di indossare una maglietta dalla parte sbagliata. Che poi io mi domando, chi mai ti verrebbe a dire “ehi, tu, hai la maglia al contrario, girala subito, non puoi rimanere così”. Probabilmente questa ipotetica persona anche esiste, anzi, forse più di una, le leggendarie ‘Pigne In Culo’, tanto per capirci, quelle che non tollerano una virgola fuori posto e che possiedono l’impellente bisogno di fartelo notare, e poi sono tutte contente e soddisfatte per aver portato a termine il loro compito su questo pianeta. Ma non sono qui a parlare delle P.I.C. e a dar loro più visibilità di quanto spetti loro.

Stavo dicendo, la maglietta al contrario.

Mi è successo l’altra mattina, quando la sveglia traditrice non ha suonato ed io ho bellamente continuato a dormire, rischiando di fare tardi all’esame di Filologia della letteratura italiana, che vai a spiegargliela tu, al professore, l’eziologia del tuo ritardo. Dovrei di sicuro risalire a molte generazioni addietro, e farei prima a disegnare uno sgangherato albero genealogico pieno zeppo di errori, varianti e rami secchi, chi lo sa poi dove sta la verità, magari il ritardo patologico appartiene solo a me e basta, darò il via ad una stirpe di Ritardatari che a loro volta mi malediranno per aver trasmesso loro questa fastidiosa tara genetica.

Nella mia imbarazzante caduta dal letto e forsennata corsa contro il tempo, imprecando contro la sveglia e me stesso, mi sono vestito senza nemmeno capire cosa stessi indossando, poco ci mancava uscissi in pigiama ed All Star –e qui le P.I.C. avrebbero di sicuro di cosa lamentarsi-.

Ho preso solo le chiavi di casa e il cellulare e mi sono fiondato giù per le scale del condominio, che ora sembrano troppe anche in discesa e non solo in salita. Curioso come la prospettiva cambi ma le scale rimangano sempre un problema (P.I.C., avete qualcosa da aggiungere?).
Proprio quando arrivo al portone, ecco che incrocio il vicino del primo piano con due belle borse cariche di spesa, ma tanto a lui che gli importa, deve fare solo una misera rampa di scale.
Non mi dice né buongiorno né si intrattiene in convenevoli, ma sentenzia quasi come un’accusa “hei, lo sai che hai la maglia al contrario, vero?”. Oh ma certo che lo so, volevo solamente testare la tua pignainculaggine così la prossima volta aumenterò la difficoltà, chessò, metterò la scarpa destra sul piede sinistro e viceversa, o magari farò l’avventato gesto di mettermi il cappellino con la visiera di dietro. Ecco, perché col cappello è concesso, e fa pure figo, mentre per altre cose no?
Nonostante potessi essere in ritardo, dopo essermi dato una veloce occhiata e aver realizzato di indossare la mia maglietta blu a tinta unita, mi sono lo stesso permesso di chiedergli, “e da cosa lo capisci, scusa?”.
“Be’, dall’etichetta, che domande”, e gira subito i tacchi perché quelle borse hanno l’aria di pesare di più ogni secondo che passa.

Così sono rimasto lì, con la sua risposta ancora nell’aria prima che raggiungesse il mio cervello e mi facesse avere una sorta di epifania, un’illuminazione, una consapevolezza sul genere umano e sul mondo.

Finché le cose avranno un’etichetta, ci sarà sempre qualcuno che ti dirà da che parte devi stare.

Finché si distinguerà tra un davanti giusto e un retro sbagliato, ci si perderà tutto ciò che sta nel mezzo.

Le etichette dovrebbero servire solo per dirti a quanti gradi fare il lavaggio, o a informarti sul materiale, sulla provenienza, insomma, su cose che quando le leggi non dovrebbero farti sorgere il dubbio se devi infilarle per un verso o l’altro, non dovrebbero trasformarsi in un pretesto per giudicare o saperne di più rispetto a chi sta vestendo i proprio panni.

Al mio solito, mi sono fatto prendere dai miei voli pindarici mentali ed ora non capisco più se i miei vaneggiamenti si riferiscano al piano materiale e reale o se stia pericolosamente sconfinando nell’universo astratto e metaforico, ma poco importa perché l’esame rimaneva sempre lì ad aspettarmi.
C’è anche da dire che una maglietta messa dalla parte errata mi ha dato una lezione di gran lunga migliore e utile, con tutto il rispetto per la filologia e il mio professore.

Mentre correvo alla fermata del bus, pensavo che una volta tornato a casa mi sarebbero servite delle forbici per tagliare tutte le etichette dei miei vestiti e buttarle nell’immondizia, oppure regalarle al mio vicino, che magari pure le colleziona.
Da una P.I.C seriale me l’aspetterei eccome.
   
 
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