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Autore: Ellery    22/06/2021    2 recensioni
Ben Solo, stilista di fama mondiale, viene invitato a presentare la sua collezione durante la Settimana della Moda di Milano. E quale migliore compagno di viaggio di uno spocchioso ex-generale del Primo Ordine? Peccato che le cose, naturalmente, non vadano come Hux spera...
Note: La ff è il seguito di "La cura del gatto per negati (e altri novantanove pratici consigli per diventare Imperatori del Male). Note introduttive nel primo capitolo.
Genere: Avventura, Comico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ben Solo/Kylo Ren, Generale Hux, Kylo Ren
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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6. Non è il caso di farne un dramma


Metti un po’ di musica leggera perché ho voglia di niente
Anzi leggerissima
 

Quel motivetto gli rimbombava in testa da ore… Da quando avevano preso il taxi per raggiungere il polo fieristico. Ren, ovviamente, si era unito al canto dell’autista, dando origine ad un duetto affatto invidiabile. Lui aveva tentato inutilmente di tapparsi le orecchie con dei fazzoletti di carta, ma la canzone gli si era sedimentata nel cervello.

All’arrivo, il cavaliere aveva profumatamente pagato il conducente e gli aveva regalato una serie di autografi: per lui, per la moglie, per il cugino farmacista e per la vicina di casa, sua grandissima fan. Poco dopo, erano stati accolti da una hostess sorridente, che aveva consegnato loro dei pass e li aveva scortati sino alla sala principale. La stanza era immersa nel buio, illuminata solo dai neon che pendevano dal soffitto e che puntavano direttamente sulla passerella.

«Prego, si accomodi qui.» aveva detto la signorina, indicandogli una sedia giusto davanti al palco «In prima fila, signor Hux. È davvero fortunato ad avere un amico premuroso come Ben Solo.»

«Certo! Come no…» aveva risposto, sforzandosi di nascondere l’ironia.

Si era lasciato scivolare sulla seggiola, sfilandosi il cappotto ed appendendolo alla spalliera. Immediatamente, una cinquantina di occhi si era puntata su di lui: chi era quel giovane uomo dai capelli rossi, così sfacciato da presentarsi alla sfilata con un semplice paio di jeans e delle anonime Converse? Per tacere di quello sciatto maglioncino azzurro! Diamine, ma dove l’aveva recuperato? Sicuramente in qualche cestone durante i saldi di fine anno. Che orrore.

Hux si mosse a disagio, consapevole degli sguardi straniti che continuavano a piovergli addosso da un abbondante paio d’ore. Ben lo aveva lasciato quasi immediatamente, dirigendosi verso gli spogliatoi per preparare la collezione. Si era, quindi, ritrovato stretto tra due volti noti dell’alta moda: la signora Versace tentava educatamente di mascherare il proprio disgusto dietro a degli enormi ed inutili occhiali da sole. Valentino tormentava nervosamente un foulard di seta, senza smettere di ripetere «Dio! Oh, Dio!» con voce nasale.

Si sforzò di non badarci, focalizzando l’attenzione sulla passerella: una graziosa modella camminava disinvolta su dei tacchi vertiginosi. Incrociava il passo come una gazzella strabica, mantenendo le lunghe mani nelle tasche di una gonna a palloncino. Talmente a palloncino da sembrare una mongolfiera, si sussurrò, osservando sconcertato la stoffa a righe colorate e il top di ecopelle che copriva a stento i magri seni della ragazza.

«Atroce…» mormorò, rendendosi conto troppo tardi dell’errore.

Donatella Versace storse il naso, sbuffandogli nelle orecchie:
«Da che pulpito vien la predica.»

«Che zotico!» le fece eco Valentino.

Il generale si rannicchiò maggiormente, sperando di mimetizzarsi con seggiola il più possibile.
Avanti, si disse Tieni duro! Tra poco tocca a Ren. Poi… in albergo di corsa. Devo ancora vedere il Duomo, accidenti!
 

***


Ben Solo finì di accomodare l’orlo di un paio di pantaloni a vita alta. Era particolarmente fiero di quel capo: la cintura arrivava appena sotto le ascelle del modello. Lasciava scoperta soltanto la porzione superiore del petto e poi scendeva in delle morbide pieghe sino alle caviglie. Il tessuto era un delicato satin bianco, dove aveva fatto stampare dei simpatici musi di gatto, alternando soltanto due colori: rosso e nero. Quello era indubbiamente il pezzo forte della collezione. Non vedeva l’ora di vederlo in passerella! Avrebbe lasciato tutti a bocca aperta, specie se accompagnato dalle infradito con zeppa verde acido. Si abbandonò alla fantasia: si immaginò l’intera sala crollare sotto gli scroscianti applausi. Il pubblico si sarebbe alzato e Giorgio sarebbe stato così fiero di lui. L’indumento sarebbe andato a ruba, conteso tra i maggiori influencer, attori e band rock. Ah, se solo sua madre avesse potuto vederlo: sarebbe stata orgogliosa della sua nuova carriera, oltre che del gusto estetico interamente ereditato da Han e dagli insegnamenti di Chewbacca.

Accarezzò delicatamente la stoffa, proprio mentre uno dei suoi assistenti irrompeva nel camerino:
«Maestro Solo!» gridò il giovane, visibilmente trafelato «Una tragedia! Un disastro! Una catastrofe naturale!»

«Francisco! Che succede?»

«Il modello dodici… quello che doveva indossare l’abito di punta» indicò i pantaloni con i gatti «Ha avuto una terribile colica intestinale. Il poveretto non ha retto l’emozione. Si è chiuso in bagno, ma ormai è seduto sul gabinetto da mezz’ora… non possiamo mandarlo in passerella così.»

«No, infatti…» Se c’era una cosa che poteva rovinare il suo trionfo, era una spruzzata di diarrea sotto i riflettori. Ben si strinse nelle spalle: poco male, non era un grosso inconveniente… sarebbe bastato sostituire Dodici «Beh, mi dispiace per il poveretto» continuò «Troviamo qualcuno che lo rimpiazzi.»

«È proprio questo il guaio! Questo capo è così sublime ed eccezionale… che nessuno dei modelli desidera portarlo, per timore di avere un mancamento durante la sfilata. Sindrome di Stendhal, Maestro.»

«Dannazione! Ero consapevole fossero un capolavoro, ma non fino a questo punto…»

«E ora come facciamo? Nessuno è immune al fascino di questi pantaloni, Maestro Solo! Svengono tutti non appena li vedono. Temo…dovremo disdire la presentazione.»

Scosse il capo: per nulla al mondo avrebbe rinunciato a quel pezzo. Aveva lavorato sodo su quell’indumento ed era certo della sua validità. Se voleva rivoluzionare il mondo della moda, doveva assolutamente mostrarlo al grande pubblico.

«Nemmeno per sogno!» esclamò, mentre un’idea geniale gli si condensava nella mente «Forse… ho la soluzione ai nostri problemi. So chi potrebbe aiutarci! Una persona talmente scettica, indisponente e refrattaria al buon gusto, che indubbiamente non risentirà dell’effetto di questi spettacolari pantaloni.»

L’assistente si inginocchiò, abbracciando con devozione le ginocchia dello stilista:
«Oh, Maestro! Ditemi dove posso trovare costui e giuro sulla tomba della mia stimata bis-cugina Dolores che ve lo porterò.»

«È seduto in sala, con indosso un maglioncino azzurro cento per cento poliestere.»

«Maestro!» lo sfortunato si percosse il petto «Siete certo di voler affidare la vostra creazione ad un tale miscredente?»

«Non vedo alternative, diletto discepolo. Ora va! E che la Forza sia con te.»

 
***

 
Hux osservò terrorizzato l’orrendo capo d’abbigliamento. Un uomo con la faccia da topo si era precipitato in sala, obbligandolo a lasciare il suo posto ed a seguirlo nel retro del palco. Valentino e Donatella si erano scambiati uno sguardo sollevato.

«Ti sei bevuto quel poco di cervello che avevi, Ren?» ringhiò, mentre lo stilista congiungeva pietosamente le mani davanti a sé.

«Per favore! Il modello dodici si è sentito male. Ho bisogno di qualcuno che lo indossi.»

«La sala è piena di gente! Perché proprio io?»

«Sei l’unico immune al fascino della mia creazione… e abbastanza alto da portarli senza inciampare nell’orlo. Lo farei fare a Francisco» Ben indicò il commosso assistente «Ma raggiunge a stento il metro e sessanta. Non riuscirebbe neppure ad allacciarli correttamente.»

«No!»

«Perché no?»

«Preferirei girare nudo, che con quello scempio addosso…» scosse il capo, indicando la fantasia della stoffa «E poi… un gatto rosso e uno nero? Davvero Ren? Non ti è bastato quello che abbiamo passato? Dovevi persino rendere omaggio a quei due dannatissimi felini?»

«Punto primo, se vuoi posso accontentarti. Per il prossimo anno ho intenzione di lanciare dei pantaloni invisibili, quindi…»

«Ren!»

«Secondo, mi piaceva il tessuto, tutto qui. Non è il caso di farne un dramma.» Ben gli girò rapidamente attorno «Ora, potresti cortesemente spogliarti?»

Emise un rantolo strozzato:
«Cosa?»

«Ti ho chiesto se puoi…»

«Ho sentito quello che hai detto! Non intendo avvallare la tua ennesima follia!» incrociò le braccia al petto, sollevando il mento, sdegnato. Per nulla al mondo si sarebbe prestato ad una idiozia simile. Non avrebbe indossato dei pantaloni osceni con dei gatti stampati sopra, specie dopo tutti i guai che quei maledetti animali gli avevano causato. Se non fosse stato tanto sprovveduto da raccattare una micetta nello scarico dei rifiuti del Finalizer, niente di tutto ciò sarebbe accaduto! Sarebbe ancora al comando del suo incrociatore, solcando le silenziose vastità dello spazio. Avrebbe il lucido ponte sotto i piedi, gli alloggi da ufficiale, la divisa e i gradi da generale dipinti sulla manica. Avrebbe il comando del Primo Ordine o dell’intera galassia. Invece…

«Per piacere? Solo per questa volta.»

«È raro sentirti supplicare, Ren… Ma, no!»

«Stronzo!»

«Forse…»

«Ti credi al sicuro, ora che non ho più la Forza per soffocarti a piacere? Beh, ti sbagli!» Ben Solo gli si avvicinò di un passo, avvicinando il volto al suo con fare minaccioso. Si chinò per sussurragli all’orecchio «Non hai idea di quello che posso farti. Kylo Ren ti sembrerà una passeggiata, in confronto.»

Alzò gli occhi al cielo, con uno sbuffo irritato e rifiutandosi d’apparire impressionato:
«Non sei credibile, lo sai?»

«Lo vedremo! Piangerai quando ti infilerò le arachidi nel gelato.»

«Non sono allergico alle arachidi! Questa storia deve finire.»

«Ah no?» colse una pausa indecisa e poi di nuovo la voce lamentosa che rompeva il silenzio «Va bene. Allora lancerò il tuo amato computer in una vasca piena d’acqua. Addio progetti Starkiller II, che ne dici? Sai tutto a memoria? Non credo… forse quelli dell’originale, ma le modifiche che hai dovuto apportare per compiacere i tuoi poco stimati colleghi? Immagino sarebbe davvero una grossa perdita…»

Hux assottigliò lo sguardo, mordendosi nervosamente le labbra. Non aveva molta possibilità di scelta. Non se voleva salvare il proprio duro lavoro. Dopo tutto, era questione di cinque minuti: indossava i pantaloni, sfilava sulla passerella, tornava indietro e si cambiava nuovamente. A quel punto, nulla più l’avrebbe trattenuto in quella stupida fiera di settore. Sarebbe potuto tornare in albergo e concedersi un bagno rilassante, prima di visitare finalmente il Duomo. Certo, d’altra parte significava cedere alle minacce di Ren, ma ormai conosceva abbastanza il cavaliere da non sapere quando stesse bluffando e quando fosse serio. Era un perenne mistero, ancora indecifrabile: per la maggior parte, i comportamenti dell’altro erano piuttosto banali e semplici da leggere; tuttavia, sapeva sfoggiare ancora i lati oscuri del proprio carattere. Oh, Ben Solo poteva così professarsi redento e votato al bene! Poteva ingannare tutti, compresa sua madre, ma non lui: da qualche parte Kylo Ren se ne stava ancora in agguato.

Strappò con forza i pantaloni dalle dita dello stilista, spiegandoli davanti a sé:
«Dammi questa robaccia!» sibilò, prendendo poi a disfarsi dei propri abiti.

Si tolse le Converse e i jeans ricevendo un:
«Orrore! Calzini di spugna!» da uno sconvolto Francisco.

Decise di ignorarlo, accantonando anche il maglione. Un attimo dopo, la voce dell’assistente tornò a farsi sentire:
«Una maglietta della salute! Ah, me misero, me tapino! È troppo da sopportare.» urlò il collaboratore, inginocchiandosi in un angolo e frustandosi la schiena con delle paillettes.

«Amh… Ren?»

«Non preoccuparti. Fa sempre così quando vede qualcosa che lo sconvolge. È molto credente…»

«Si sta picchiando con degli strass… credente in cosa, di grazia?»

«Nel buon gusto, di cui sei evidentemente privo. Espia così le tue colpe.»

Si sforzò di non commentare, rimuovendo rapidamente la canottiera nera e infilando i pantaloni a vita alta. Guardò fisso davanti a sé, mentre le dita tentavano di allacciare la cintura sui fianchi.

«No, no! Stai sbagliando a metterli…» Ben si fece immediatamente avanti, recuperando la situazione «Solleva le braccia.»

Hux obbedì, ritrovandosi ben presto il bordo superiore dei pantaloni appena sotto le ascelle e la fibbia chiusa sul petto. Tossì, indicandosi:
«È troppo stretta, Ren! Non riesco a respirare.»

«Capirai, tanto sei abituato…»

«Crepa!» rispose, armeggiando per allargare la cinta di almeno un buco «Kriff, sono atroci. Come diamine ti vengono certe idee?»

«Oh, non potresti mai capire, mio caro. È parte dell’essere artisti e geni incompresi.»

«Io sono un genio incompreso! Tu sei un idiota che sta simpatico alla fortuna…»

«Forse… ecco, metti queste.»

L’orrore sul suo volto crebbe a dismisura, non appena vide il terrificante paio di infradito con zeppa verde acida. Scosse ripetutamente la testa, indietreggiando di un passo.

«No!» si rifiutò «Non calzerò quella robaccia. Mi sono già umiliato abbastanza.»

«Ma il capo non ha senso senza le ciabattine!»

«Non ha senso comunque. Voglio almeno delle scarpe decenti.»

«Ricordati il computer…»

Afferrò un lembo della stoffa a gattini, tendendolo a dismisura. Vide il panico dipingersi sul viso altrui. Sorrise pungente:
«Le mie Converse! Altrimenti lo strappo.»

«Non oseresti…»

Aumentò gradatamente la forza, sino a cogliere il rumore di un punto che saltava. Ignorò le litanie angosciate di Francisco, sostenendo con sfida lo sguardo dello stilista. Infine, lo vide cedere e riporre le infradito:
«Va bene! Metti quelle.»

Sogghignò, vittorioso… ma il suo trionfo durò veramente poco. Ben lo afferrò per un braccio, spingendolo verso una sedia di plastica rosa, sistemata davanti ad una specchiera del medesimo colore. Lo fece accomodare, mentre un giovane parrucchiere si faceva prontamente avanti.

«Allora, come li facciamo questi capelli?» chiese l’ hair stylist «Secondo me, abbiamo due opzioni…»

«Non può semplicemente lasciarli così? O pettinarli all’indietro con un po’ di gel e…» Ricevette un colpo di spazzola dritto in testa «Ahi! Senti un po’, brutto stron…»

«Scht! I modelli non parlano. Largo alla creatività!» gridò entusiasta il parrucchiere «Dicevo… o una bella cresta, stile punk.»

«No!»

«Oppure… mh, potremmo rasarli a zero. Che ne dice, Maestro Solo? Secondo me risalterebbe molto.»

«No! Nessuna delle due co…»

«Ho una idea.» Ben gli si avvicinò sollevandogli le ciocche a lato delle tempie «Così? Come fossero delle orecchie da gatto.»

«Ren!»

«Lei è il migliore, Maestro Solo» squittì l’acconciatore «Mi metto subito all’opera.»
 

***
 

 Hux fissò il proprio riflesso nello specchio. Se avesse potuto uccidersi con una forcina, lo avrebbe fatto. Era semplicemente ridicolo! I pantaloni slanciavano assurdamente la sua figura, facendolo sembrare il cugino magro di Obelix, amante dei gatti e direttore di una colonia felina. Le scarpe quasi non si vedevano sotto l’ampia stoffa che gli svolazzava attorno alle caviglie. I capelli erano stati sistemati in due voluminosi ciuffi che puntavano al cielo, incollati con quintali di lacca. Più che delle orecchie, sembravano un paio di corna bovine. Per finire, era passato nelle mani di un’abile truccatrice: gli occhi erano ora cerchiati da un’abbondante dose di mascara e da un ombretto verde acqua, ma la cosa peggiore era indubbiamente il rossetto color lampone. Si pizzicò l’attaccatura degli occhi: come era caduto in basso! Da glorioso generale del Primo Ordine a finta rock star decaduta. Se suo padre fosse stato lì a vederlo, gli avrebbe spaccato la faccia con una spranga. Forse lo avrebbe fatto anche Phasma, in effetti. Pryde sarebbe letteralmente morto dalle risate, mentre Mitaka lo avrebbe compatito. Unamo se ne sarebbe fregata, come sempre.

Ben Solo comparve da dietro un paravento:
«Sei pronto?» gli chiese.

«Ren, davvero… non me la sento. Non so neppure come si sfila e… tutto questo, è umiliante!»

«Scherzi? Sai in quanti vorrebbero essere al tuo posto?»

«Perché non hai chiamato loro, dunque?»

«Ormai è tardi per i ripensamenti!» lo stilista lo agguantò per un polso, tirandolo bruscamente in piedi e spingendolo davanti ad una spessa tenda nera «Fai un bel respiro e rilassati! Ti sta guardando solo qualche milione di persone. Andiamo… sei stato il volto del Primo Ordine! Questa sarà una passeggiata, a confronto.»

«E se sbagliassi qualcosa?»

«Non essere assurdo! Devi solo camminare, arrivare in fondo alla passerella e tornare indietro. Testa alta e schiena dritta, come se avessi una scopa in culo.»

«Non so come si fa!»

«Sono anni che cammini così! Diamine, è la tua postura standard.»

Sbuffò piano, osservando il pesante tendaggio, oltre cui uno speaker stava annunciando:
«Sale ora in passerella il modello numero dodici. Pantaloni Cats, ultimo capo per la collezione Solo.»

Hux si ritrovò immediatamente spinto fuori. Si paralizzò quando i riflettori lo accecarono e si trattenne dal sollevare una mano per proteggere gli occhi. Strinse i pugni lungo i fianchi, obbligandosi a muovere lungo la passerella.

Andiamo, si disse, non è complicato. Devo solo camminare, solo camminare. Un passo avanti all’altro. Oh, Kriff, speriamo di non inciampare in questi affari! E se si sciogliesse la cintura? Se mi cascassero e restassi in mutande davanti all’intero pianeta? Non posso credere d’essere caduto così in basso. Kriff, mi guardano tutti! Cammina, cammina…ripeté, sforzandosi di tenere il capo dritto e di fissare il nulla davanti a sé C’è troppa gente. Diamine, mi sta venendo un attacco di panico. Oh, no! Respira, avanti… inspira, pff… butta fuori. Ricomincia da capo. Inspira e… oh, immagina di essere su Starkiller. Davanti a te, una distesa di Stormtrooper. Sì, perfetto… solo caschi bianchi e armature. Non guardarli! Sono i tuoi soldati. Tieni gli occhi sollevati. Com’era il discorso?  Ah, sì!Oggi è la fine della Repubblica! La fine di un regime acquiescente al disordine! In questo stesso momento, in un sistema lontano da qui, la Nuova Repubblica mente alla galassia mentre sostiene segretamente il tradimento della ripugnante Resistenza!poi? Oh, cavolo… ho finito la passerella, devo girare.

Compì un rapido dietro-front, tornando a cantilenare nella propria mente:
“Questa feroce macchina che avete fabbricato, sopra la quale noi siamo, metterà fine al Senato e ci condurrà alla fetida Resistenza! Tutti i rimanenti sistemi si piegheranno al Primo Ordine e nella nostra memoria questo sarà l'ultimo giorno della Repubblica!”

Il telo nero lo avvolse nuovamente. Si precipitò oltre la tenda, trovando un paio di braccia pronte ad accoglierlo. Ben Solo lo strinse forte, cullandolo dolcemente:
«Ce l’hai fatta! Ascolta… la folla è in visibilio!»

Tese le orecchie, cogliendo un applauso scrosciante provenire dalla sala. Grida di giubilo si assommavano allo sbattere dei piedi al suolo, a fischi ammirati e ad un coro unanime:
«Ben Solo, Ben Solo, Ben Solo!»

«Ti acclamano…» sussurrò sconvolto. La sua esibizione era davvero piaciuta? Beh, no… quello che veramente era apprezzato erano, ovviamente, i pantaloni a vita alta. Lui non era stato altro che un manichino con capacità di movimento autonomo.

Ren lo abbracciò di nuovo, prima di spingerlo verso l’assistente:
«Già, ed è tutto merito tuo. Naturalmente, la fama e la gloria le reclamo per me, ma… cerca un ristorante grazioso per questa sera! Hai salvato la sfilata, il minimo che possa fare è offrirti una cena.»

«Ma…»

«Francisco si occuperà di te. Io devo andare a riscuotere il successo! Ci vediamo dopo.» disse Ben, sparendo oltre la tenda.
 

***
 

Hux si avvicinò al collaboratore. Quel tizio assomigliava in tutto e per tutto a Mitaka. Forse è il suo gemello scemo, si disse.
«Chiedo scusa… rivorrei i miei abiti. Ho bisogno di andare a riposarmi e…»

«I tuoi vestiti?» Francisco gli rispose con un cenno incerto «Mh, temo di averli fatti regalati poco fa.»

«Cosa?!»

«Erano seriamente inguardabili, modello dodici.»

«A chi li hai dati?»

«Oh, li ho buttati qui fuori, nel contenitore della Caritas per i vestiti usati.»

«No!»

«Sì!»

«E ora come ci torno in albergo?»

L’occhiata dell’assistente fu piuttosto eloquente. Non vi era altra soluzione: non poteva far altro che rientrare con addosso quei terrificanti pantaloni a vita alta. L’alternativa era girare in mutande e non era sicuro che fosse consigliabile, a meno di voler passare le ore successive in commissariato a spiegare il motivo di tanta audacia.

Hux allargò le braccia sconfortato:
«Posso almeno recuperare la mia giacca?» chiese, pregando che almeno quella fosse salva.

«Te la prendo subito.»
 

***
 

Dimitri recuperò la trasmittente, senza smettere di staccare gli occhi dal binocolo.

«Primula Rossa! Qui Guerra e Pace. Siete in ascolto?»

«Ti sentiamo!»

«Ho agganciato l’obiettivo. Sta rientrando nella struttura ospitante di pertinenza designata.»

«Per Cechov, parla come mangi!»

«Sta tornando in albergo ed è solo. Ripeto: è solo.»

«Eccellente! Non perderlo di vista, ti raggiungiamo subito.»

«Bene! Passo e chiudo!»
 

 
Angolino: torno con un piccolo aggiornamento pomeridiano. Come sempre, vi voglio ringraziare tantissimo per le recensioni e i consigli <3
Ammetto che questo capitolo è un po' lunghetto, ma spero non vi abbia annoiato. Dovevo riuscire a compattare tutta la sfilata e la gloria di Ben in poche pagine, purtroppo. 
Vi ringrazio sempre tanto per aver letto fin qui,
mando un abbraccio a forma di gatto

E'ry
 
  
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