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Autore: SkyDream    22/06/2021    4 recensioni
[Happy Birthday, Shoyo!][KageHina + Natsu]
Non è esattamente il compleanno di Shoyo, ma è il giorno di un evento altrettanto importante per lui.
Inaspettatamente, sarà proprio la sua sorellina a ricordarsi la data e a celebrare il primo grande sorriso del suo fratellone!
Ma, in tutto ciò, che c'entra Tobio?!
Genere: Comico, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Natsu Hinata, Shouyou Hinata, Tobio Kageyama
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sì, la storia non parla proprio del compleanno del nostro piccolo mandarino, ma purtroppo ho potuto pubblicare solo questa per celebrarlo. Spero di poter recuperare al più presto!

- Little Mystery Gift -
[Happy Birthday, Shoyo!]

L’aria si era fatta decisamente fredda a Miyagi.
Era situata a nord est del Giappone, una delle zone che più risentiva del clima invernale, complici quelle nuvole che da giorni non permettevano al sole si scaldare adeguatamente le strade, i marciapiedi e quei giardini su cui spiccavano enormi pupazzi di neve.
Tobio aveva sempre mal sopportato le basse temperature, soprattutto odiava quando il naso cominciava a diventare rosso e Hinata lo prendeva in giro. Non si sarebbe mai abituato e mai si sarebbe stancato di prenderlo a sberle quando si azzardava a ridere sotto i baffi.
Suo malgrado, proprio quella domenica, si era ritrovato a dover scendere in centro per poter acquistare una nuova ginocchiera. La sua, infatti, si era irrimediabilmente usurata fino a strapparsi. Ogni tentativo di riparazione era stato inutile.
Dovette ammettere a se stesso che un po’ gli dispiaceva, si era affezionato ad ogni parte della sua divisa, doverla cambiare gli metteva addosso del malumore, per quanto si sentisse idiota nel provare una cosa simile.
Distolse la mente da quei pensieri e si concentrò sulle poche macchine che circolavano al centro di Miyagi, qualche coppietta si teneva per mano mentre passeggiava sui marciapiedi scivolosi e dei bambini si erano fermati a fissare una bancarella con dei biscotti pan di zenzero.
Tobio sorrise senza farsi vedere.
Arrivò davanti il negozio sportivo e fece per entrare, ma la sua attenzione fu richiamata da una familiare testolina rossa e si fermò proprio sulla soglia.
«Sport Shop Center. C’è scritto sport, quindi deve anche vendere palloni da pallavolo.» La voce proveniva da una bambina alta poco più di un metro che teneva lo sguardo fisso e accigliato sull’insegna del negozio.
Tobio ci mise qualche istante a riconoscerla, poi non ebbe più dubbi.
«Natsu-chan?».
La bambina si voltò verso di lui e allargò le labbra in un sorriso meraviglioso.
«Tobio-niichan! Che bello!» Esultò al colmo della gioia.
Il setter non potè evitare di paragonarla al fratello, erano davvero l’uno la copia dell’altra.
«Che ci fai qui, Natsu-chan? Non sapevo che Shoyo dovesse scendere in centro stamattina».
«Non sono con Oniichan, e nemmeno con la mamma in realtà! - La bambina arrossì appena e abbassò gli occhi con fare colpevole - Ma dovevo fare un regalo e Oniichan non deve saperlo».
Tobio deglutì.
Come aveva fatto una marmocchia di sette anni a scendere da sola dalle montagne su cui viveva?!
«Sei qui da sola? Lo sai che è pericoloso, mamma te lo dice sempre!» E Tobio sapeva benissimo quanto sua madre fosse ansiosa e autoritaria.
Tremò al  pensiero della sua reazione quando avrebbe scoperto tutto. Ci sarebbe andato di mezzo anche lui.
Forse era meglio salutarla e far finta di nulla, almeno si sarebbe evitato quella strigliata.
Anzi - la sua mente pensò al peggio - se qualche amico di Shoyo o di sua madre li avesse visti? Lo avrebbero accusato di rapimento di minore?
Deglutì vistosamente.
«Tra qualche giorno ci sarà il primo anniversario della prima partita di Oniichan. L’anno scorso era così felice che non smetteva di saltare nemmeno la notte. Così ho pensato di fargli un regalo!».
Tobio sgranò gli occhi, stupito e perplesso allo stesso tempo.
Un anno? Era passato così tanto tempo da quando lui e Shoyo si erano scontrati come avversarsi oltre la rete?
Il suo cuore si intenerì davanti l’ingenuità della piccola, così decise di assecondare i suoi buoni propositi.
«Un regalo per il suo primo anniversario come pallavolista vero? E’ davvero un bel pensiero, Natsu-chan, cosa vorresti regalargli?».
La bambina portò una mano sulla guancia e parve pensarci.
«Un pallone da pallavolo, il suo è tutto rovinato ormai anche se sono miglio amici!».
Tobio rise sotto la sciarpa, era vero d’altronde. Shoyo portava quel pallone sempre con se, fin da quando lo aveva conosciuto, nonostante fosse ormai ridotto all’osso.
Porse una mano alla piccola e la invitò ad entrare.
«Sembra una buona idea, vieni, vediamo cosa possiamo fare».
 
Tobio mai si sarebbe immaginato di entrare in un negozio di articoli sportivi con una bambina delle elementari che lo teneva per mano.
La osservava di nascosto mentre voltava lo sguardo a destra e a sinistra, cercando di orientarsi tra le centinaia di articoli esposti lungo gli scaffali.
Avrebbe voluto almeno avvertire sua madre, ma come?
La piccola gli aveva chiesto più volte, con le mani giunte, di non dire nulla al fratello. La sorpresa sarebbe saltata e lei ne sarebbe stata - testuali parole - “tanto triste!”.
Il setter si scoprì ad essere più sentimentale del previsto, soprattutto con quella marmocchia così simile al suo amico.
«Guarda, Tobio-niichan! Quello sembra proprio un bel pallone, non credi?».
Natsu indicava un prodotto della High Sport, senz’altro un’ottima marca, ma con qualche cifra di troppo sul cartellino.
Per poco non rischiò l’infarto leggendo il prezzo.
«Non credo che Shoyo apprezzerebbe. Guarda qui, cosa ne pensi di questo?».
Prese un pallone a righe blu e bianche, fece qualche palleggio per testarne la solidità e ne fu presto convinto.
Lo lanciò a Natsu e guardò le mani della piccola stringerlo forte, i suoi grandi occhi lo studiarono con meticolosa attenzione.
La bambina passò qualche minuto scegliendo il colore, optò alla fine per la versione verde e gialla e lo strinse tra le braccia come se, a modo suo, volesse controllare la qualità proprio come aveva fatto il setter poco prima.
«E’ questo!» Proclamò, fiera del suo acquisto, mentre porgeva le dita all’altro.
Tobio le afferrò la mano e la guidò fino alla cassa - senza dimenticarsi però della ginocchiera nuova -.
Al momento di pagare, Natsu uscì dal giubbottino un sacchetto a forma di porcellino e lo diede alla cassiera come se, qualunque fosse il contenuto, sarebbe andato bene come scambio.
La donna sorrise di gusto e fece scivolare sulla sua mano il contenuto del sacchetto: cinquanta yen e due caramelle.
«Piccola, non credo che questo-» Provò a dirle senza evitare un certo imbarazzo.
«Puoi tenere anche il maialino se ti piace!» Gli occhi di Natsu erano carichi di gioia mentre stringeva a se il nuovo pallone già incartato.
«Veramente quello sarebbe duecent-».
«Ci sarebbe anche questo, può fare un unico scontrino, ci penso io!» Tobio si affrettò ad inserire la ginocchiera sul nastro della cassa e sorrise, o almeno ci provò, alla cassiera che parve rilassarsi improvvisamente.
«Menomale che c’è tuo fratello, credevo fossi sola!» Esclamò alla bambina rivolgendole ora un’occhiata amorevole.
Tobio cercò di pagare il più velocemente possibile, afferrò la busta e fece per uscire dal negozio.
«Veramente Tobio-niichan non è mio-» Provò a contraddire quella ancora confusa.
«Grazie mille e arrivederci!» Urlò il setter spingendola fuori con un paio di pacche sulla schiena.
Quel pomeriggio gli mancava solo la Polizia ad interrogarlo su rapimento di minore, poi sarebbe stato davvero difficile da spiegare alla signora Hinata.
 
«Natsu-chan, capisco le tue intenzioni, ma saranno tutti preoccupati a casa tua, non credi?».
Tobio si sedette alla fermata del bus e guardò la bambina alle prese con una ciambella calda in mano.
Si era fermata per strada con l’acquolina in bocca - così dannatamente identica al fratello - e Tobio non le aveva nemmeno chiesto se avesse fame.
L’aveva presa e basta, forse anche con l’intento di aggraziarsela e convincerla a chiamare Shoyo per non fargli allertare la Polizia di tutta la prefettura.
«Oniichan stava studiando per un esame, non credo si sia accorto della mia assenza e mamma non tornerà prima di stasera. E’ dalla nonna a Kurihara».
Il setter si sorprese di quell’organizzazione e le lanciò un’occhiata contrariata mentre la guardava togliere via le briciole dalla bocca. Lo ringraziò ancora per la merenda.
«Quindi avevi pensato a tutto? Perché non me lo hai detto subito?».
«Avevo paura che non mi avresti aiutato, e io in quel negozio non ci capivo proprio niente».
Natsu portò una mano sulla testa, quasi si aspettasse un pugno per essere stata sconsiderata.
Tobio, però, le fece solo una carezza sul cappuccio di lana e gli scompigliò il ciuffo di capelli che le ricadeva sulla fronte.
«Per questa volta sei perdonata, ma alla prossima chiamami! E’ pericoloso uscire da soli quando si è piccoli!».
Natsu annuì convinta e guardò l’autobus che arrivava in lontananza.
 
Kageyama accompagnò la bambina fin davanti casa, assicurandosi che né sua madre né suo fratello si fossero accorti della sua assenza.
Natsu, prima di chiudere la porta di casa, afferrò la sciarpa di Tobio costringendolo ad abbassarsi:«Grazie, Tobio-niichan».
Gli scoccò un bacio sulla guancia e poi, ancora rossa in viso, richiuse la porta.
Tobio pensò che quello era il primo bacio sulla guancia che riceveva.
Ed era stata una bambina di sette anni a darglielo.
Ancora confuso - ma felice di aver potuto aiutare Hinata Junior- tornò a piedi fino alla fermata del bus.
“Essere un fratello non deve essere poi così male”.
 
 
Palestra Karasuno. Qualche giorno dopo.
«Guarda, Kageyama! Natsu-chan mi ha fatto un regalo meraviglioso! Che ne dici di provarlo? E’ nuovo di zecca!».
Shoyo non riuscì nemmeno a scendere dalla bici che già aveva preso il pallone nuovo in mano, sembrava sprizzare entusiasmo da tutti i pori.
Aveva un sorriso così ampio - identico a quello della sorella - che riuscì a contagiare perfino il suo setter.
«E’ proprio un bel pallone, chiunque l’abbia scelto deve aver avuto buon gusto!».
Kageyama rise mentre lanciava un ultimo sguardo al suo amico ancora perplesso.
«Sei strano oggi, però se mi fai fare una schiacciata ti perdono!».
   
 
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