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Autore: Teo5Astor    23/06/2021    11 recensioni
Un volantino, una proposta di lavoro, un'isola immersa nell'oceano popolata da bestie feroci e animali in via d'estinzione.
Una ragazza dagli occhi smeraldo, un faro nel mare e il suo guardiano.
C17 riflette sulla sua vita e sul suo futuro. Su come può vivere un cyborg in mezzo agli umani. Sui pochi ricordi che gli restano e su quello che ha fatto da quando si è risvegliato sotto forma di androide.
Uno come lui può essere in grado di trovare il suo posto nel mondo? In un mondo che non sente ancora suo?
Esiste qualcuno come lui? E qualcuno in grado di accettarlo per quello che è?
Un guardiano del faro e una ragazza diversa dalle altre, forse.
C17 osserva il mare in cerca di risposte, e pensa all'esempio di sua sorella. Perché C18 ce l'ha fatta a trovare il suo posto nel mondo, la sua felicità.
Ma esiste un metodo per essere felici?
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: 17, 18, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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C17

Il guardiano del faro
 
 
Con lo sguardo verso l'orizzonte, C17 osservava il mare nella sua sconfinata immensità, seduto a gambe incrociate sulla sommità di un faro posto sulla cima di un promontorio. La torre si ergeva maestosa, imponente e solenne da quel cumulo di rocce e acqua. Il mondo si stava lentamente svegliando intorno a lui.
Ripensava alla sua vita, alle poche cose che poteva ricordare dei tempi in cui era un umano e a ciò che aveva fatto da quando si era risvegliato sotto forma di cyborg in un laboratorio nascosto tra le montagne.
Non molto, in verità. Aveva ucciso lo scienziato pazzo che aveva reso lui e sua sorella degli androidi, prima di gironzolare per un po' con lei e con un cyborg privo di parti umane chiamato C16 a bordo di un furgone rosa, per poi concedersi un combattimento niente male contro un amico dal muso verde di Goku, l'uomo che avrebbe dovuto eliminare se avesse seguito la missione per la quale era stato programmato. Alla fine era stato assorbito da Cell, un'altra creatura creata da quello scienziato criminale, per poi morire e tornare in vita grazie alla bontà d'animo del migliore amico di Goku, che si era innamorato proprio di sua sorella. E, alla fine, lei, la gelida C18, aveva deciso di restare con quell'umano, lasciandolo solo in cerca del suo posto del mondo, in quel mondo che non sentiva suo.
Erano passati anni, e sua sorella addirittura aveva dato alla luce una bambina. Aveva saputo ripartire, reinventarsi. Odiava ammetterlo, ma era sempre stata un passo avanti a lui anche quando erano dei semplici umani. Non aveva molti ricordi di quel periodo, ma lo sentiva e basta che era così. Lui era più immaturo, giocherellone, odiava le responsabilità. E non aveva combinato praticamente nulla da quando sua sorella si era rifatta una vita.
Aveva guidato in lungo e in largo utilizzando vari veicoli, in cerca di un posto dove poetessa stabilirsi e di un'attività da svolgere. Ma tutto lo stancava presto, non c'era nulla di divertente. E nessuna persona che potesse capirlo. Nessuna relazione che potesse soddisfarlo.
Aveva cominciato ad apprezzare la natura e gli animali, forse perché era un modo per portare con sé il ricordo di C16, che aveva sentito morire orribilmente mentre era intrappolato nel corpo di Cell. Cercava di portarselo dentro come esempio, C16, il gigante gentile che aveva dimostrato di essere più umano di lui e sua sorella messi insieme, pur non essendo altro che un ammasso di circuiti e parti meccaniche a cui era stata data vita.
E aveva cominciato ad apprezzare anche la famiglia, l'idea di avere qualcuno da proteggere, da amare. Era una cosa che aveva imparato da sua sorella, quando gli capitava di vederla. Da suo marito, Crilin, che sembrava però sempre un po' intimorito da lui, e dalla sua nipotina, Marron, che lo guardava con ingenuità e purezza attraverso i suoi occhi vispi e rideva mentre gli tirava i capelli. Si era reso conto di volerle bene, ed era stata una sensazione strana. Ma bella.
Aveva visto C18 una decina di giorni prima e aveva parlato con lei, da solo, mentre Crilin giocava con la piccola. Non si erano detti molto, non erano di molte parole loro due.
Lei aveva sibilato senza neanche guardarlo in faccia e con le braccia incrociate sotto il seno che era arrivato anche per lui il momento di farsi una vita, di trovare un obiettivo. E gli aveva schiaffato contro il petto un volantino, prima di andarsene senza dirgli altro. Non prima di essersi sistemata una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
 
C17 aveva vagato in volo a lungo, aveva visitato un'isola sperduta nel nulla e poi si era ritrovato quasi per caso di fronte a quel gigantesco faro che l'aveva affascinato, con la sua mole e i suoi segnali luminosi che si stagliavano nelle tenebre più fitte. E si era fermato a osservarlo, incuriosito, notando un uomo di mezza età con la barba incolta, i capelli brizzolati arruffati e la pelle ormai raggrinzita dal troppo sole armeggiare sulla balconata di quella torre che si buttava a capofitto nel vuoto.
Rimase affascinato da quella persona misteriosa che viveva e lavorava lì, da solo, apparentemente dimenticato da tutti. Restò a guardarlo senza farsi notare, curioso di capire le sue mansioni e la sua vita. Il suo modo di essere, così diverso da quello delle persone che aveva imparato a conoscere.
E poi, dopo alcuni giorni, si era seduto a gambe incrociate sulla sommità di quel faro, a riflettere, cullato dal suono delle onde che si infrangevano contro il promontorio e le fondamenta di quella torre.
Nell'isolamento, C17 cercava sé stesso. Aveva bisogno di silenzio, di dare un taglio netto a tutto per trovare un senso alla sua vita.
Pensò che lo stesso doveva aver fatto a suo tempo quell'uomo che viveva poco metri sotto di lui, ignaro della sua presenza.
Già, il guardiano del faro era la persona più simile a lui che avesse mai visto.
 
Quell'umano così diverso dagli altri restava sveglio di notte, con gli occhi di chi ogni sfida della vita l'aveva presa di petto.
Lassù, così in alto, così vicino al Supremo... come se il Supremo potesse sentirlo meglio. Rispondere a tutti i suoi dubbi.
Sorrise C17, ripensando a quando sua sorella gli aveva detto che lei c'era stata per davvero al Palazzo del Supremo e che proprio lo stesso Supremo altri non era che quella persona dal muso verde con cui aveva dato vita a un combattimento che non avrebbe mai dimenticato. La cosa più divertente che potesse ricordare da quando era un cyborg. E sorrise ancora di più al pensiero di quello che gli aveva spiegato Crilin, cioè che il nuovo Supremo era un ragazzino arrivato da un altro pianeta, anche lui col muso verde e le antenne. Una copia in miniatura del precedente, in pratica, solo che pacifico e senza velleità combattive.
Si domandò se il guardiano del faro avesse mai avuto dei dubbi per i quali interpellare il Supremo. Sia quello che lui aveva preso a pugni, sia quello che gli era succeduto. Pensò che a un certo punto aveva dovuto ricominciare da zero, per forza. Un po' come quando da bambini si giocava a nascondino e l'ultimo rimasto riusciva a liberare tutti gli altri. Aveva ricordi troppo confusi della sua infanzia, però non aveva mai dimenticato le regole di quel gioco e ogni tanto gli era capitato di giocarci con Marron. All'inizio vinceva sempre, poi, un giorno, sua sorella l'aveva preso da parte per sgridarlo e spiegargli che quando si è adulti, ogni tanto, se non sempre, è doveroso lasciar vincere i bambini. E poi gli aveva dato anche un pugno nello stomaco che l'aveva fatto piegare sulle ginocchia, giusto per chiarire il concetto. Era sempre dolce e carina con tutti, in effetti, C18.
 
Il guardiano, intanto, faceva luce alle navi in lontananza e alle barche nel porto, e C17 si domandava se avesse paura del vuoto quando si affacciava sulla balconata e guardava di sotto.
E, mentre studiava l'orizzonte lontano che da lì appariva sconfinato e quel sole pallido che tra non molto sarebbe diventato splendente, si chiedeva anche se nel vivere una vita come quella avesse prevalso un sentimento di solitudine o di libertà.
Già, solitudine o libertà?
Come si fa a restare soli con sé stessi? Non era quello che aveva fatto sempre anche lui?
C17 non era mai stato in grado di rispondersi, e, proprio per questo, osservava quel guardiano del faro che cercava risposte nell'oceano.
Perché anche quell'uomo solitario doveva essere andato alla ricerca di una propria felicità e, forse, l'aveva trovata. Era consapevole che il metodo per essere felici non lo insegnava nessuno, non lo spiegavano a scuola.
Sapeva che il metodo per essere felici era un qualcosa che una persona doveva trovare da sé.
 
C17 si era reso conto di apprezzare una vita immersa nella natura, lontana dal caos. Era diverso da sua sorella, che viveva su un isolotto in mezzo al mare, ma stava progettando un sistema per guadagnare abbastanza soldi da potersi comprare una villa in città. Anche a lei piaceva il mare, e volando avrebbe sempre potuto raggiungerlo in pochi istanti quando voleva. La ingolosiva di più avere le comodità della città a portata di mano, era diversa da lui in questo.
Perché lui, in realtà, aveva provato a stabilirsi per un certo periodo in una città. Era successo per caso, un giorno in cui aveva fuso il motore della sua auto dopo averla guidata troppo senza sosta e manutenzione. A volte dimenticava che non tutto quello che producevano gli umani aveva un'energia infinita come lui e sua sorella.
Così, quasi per gioco, aveva provato ad imitare gli umani che vivevano lì e a comportarsi come loro. Pensava che sarebbe stato divertente.
Accantonò i suoi jeans strappati, le sue All Star e la sue magliette, e si procurò un completo elegante nero, con tanto di camicia bianca e scarpe che persino a lui davano fastidio ai piedi. Tutti giravano per strada vestiti così, con una valigetta in una mano e il telefono nell'altra. Camminavano spediti, di fretta, con l'aria preoccupata e quasi sempre di malumore. Si guardavano a malapena tra loro, mentre intasavano le strade a bordo delle loro macchine.
Erano copie di copie, tutti uguali. E lui, incuriosito, voleva capire cosa si provasse ad essere così.
E non ne fu felice. Non era una cosa divertente.
Era un cyborg, ma con quella cravatta al collo si sentiva un automa. Gli sembrava di avere un guinzaglio, o forse un cappio.
Andarsene da lì era stato come svegliarsi dal coma, o come quando usciva dalla bara refrigerata in cui lo conservava il Dr Gero quando lo disattivava.
Pensò che un tempo anche il guardiano del faro doveva essersi sentito così, arrivando ad andarsene dalla città, dalla società, da ritmi che non gli appartenevano. Da gente che lottava solo per il superfluo, che non aveva mai tempo e che alzava il volume del mondo intorno a sé solo per evitare di provare a guardarsi dentro.
Il guardiano del faro doveva aver fatto una scelta non facile, anzi, impensabile senza motivazioni valide.
Ma quell'uomo aveva coraggio, ben pochi sarebbero stati capaci di mollare tutto per fare un simile lavoro.
Di mollare tutto per illuminarci.
C17 ammirava quell'uomo e si domandò se fosse ancora in cerca di sé stesso anche lui.
Lui che, però, a differenza sua, era già un punto di riferimento per gli altri.
 
Il cyborg dagli occhi di ghiaccio tirò fuori dalla tasca dei jeans un foglio stropicciato, quello che gli aveva dato sua sorella qualche giorno prima.
Lo lesse di nuovo, anche se lo sapeva a memoria.
"Cercasi Ranger a Monster Island. Requisiti: forza fisica, coraggio, disponibilità totale" disse a voce alta.
Sua sorella lo conosceva meglio di chiunque altro. E lo capiva come nessun altro potesse fare. Era sempre stato così, anche quando erano piccoli. Anche se non poteva ricordarlo, ne era consapevole e basta.
Secondo lei quel posto faceva per lui.
Odiava sentirsi dire quello che doveva fare, ma era curioso per natura ed era andato a vedere quell'isola misteriosa persa nell'oceano.
Dinosauri, bestie che credeva fossero solo mitologiche, animali in via di estinzione. Il tutto immerso in una natura talmente incontaminata da apparire selvaggia, ostile. Quel luogo non era per tutti. Qualcuno doveva difenderlo dai bracconieri ed essere in grado di prendersi cura di animali che potevano essere anche enormi e pericolosi.
Per quello cercavano un nuovo ranger. Un guardiano solitario che si trasferisse lì. Una sorta di guardiano del faro, in fondo.
E quello non era un ruolo per un umano banale, servivano certe qualità. E quelle qualità C17 le aveva. Lo sapeva lui, e ne era consapevole sua sorella. C16 sarebbe stato fiero di lui se avesse accettato quel ruolo, tra l'altro, anche se in realtà sarebbe stato proprio lui il più adatto a svolgere quella mansione.
Aveva voluto visitare quell'isola per darle una possibilità, per provare a capirla e a capire sé stesso. E, poco dopo, si era ritrovato a volare senza meta e a fermarsi a riflettere nei pressi di quel faro che l'aveva affascinato. A provare a pensare seriamente al futuro, per una volta, e al suo presente.
E anche a una ragazza che aveva visto su Monster Island, sola in mezzo a quegli animali e per nulla intimorita da loro nonostante non avesse poteri o abilità fisiche particolari. Si prendeva cura di loro, medicava le loro ferite, si premurava che le uova in certi nidi fossero sufficientemente al sicuro. Doveva essere una veterinaria.
C17 l'aveva osservata a lungo, fluttuando nel cielo, convinto di non essere visto. Non sapeva perché, ma si sentiva calamitato da lei. Forse la ammirava per quello che stava facendo, forse gli piaceva anche fisicamente. Alta, slanciata, un fisico tonico e la pelle abbronzata. Lunghi capelli castani leggermente mossi, occhi verdi come smeraldi purissimi, e fu probabilmente questa la cosa che lo colpì di più. Perché, in qualche modo, rivide in quegli occhi un po' i suoi e quelli di sua sorella. La gente diceva che avevano gli occhi di ghiaccio, ma in realtà i loro occhi altro non erano che lapislazzuli. E C17 e C18 sapevano che i loro veri nomi erano proprio Lapis e Lazuli, una delle poche cose che ricordavano della loro vita passata. Si chiedeva se anche i genitori di quella ragazza le avessero dato il nome di una pietra preziosa quando videro per la prima volta quegli occhi così belli, incontaminati. Purissimi.
C17 si sentiva strano mentre la guardava. Non aveva mai provato nulla per nessuna umana, si sentiva diverso, un'entità a parte, ed era questo il motivo per cui non era riuscito a integrarsi, a differenza di sua sorella.
Però adesso le cose gli apparivano diverse. Aveva una prospettiva di lavoro, un luogo in cui poter vivere e una persona che forse valeva la pena conoscere.
Guardava quella ragazza prendersi cura di una gigantesca tigre con delle lunghe zanne che le uscivano dalla bocca, e non si capacitava di come quell'enorme e letale felino con lei si comportasse come se fosse un gigantesco gatto che faceva le fusa.
Pensò che doveva avere qualcosa di speciale.
La ragazza alzò lo sguardo all'improvviso verso il cielo e lo notò, immobile e fluttuante, intento a fissarla. Ma non si spaventò, non si scompose. Non lo trovò strano. Anzi, gli sorrise, prima di riprendere a fasciare la zampa della tigre.
E fu in quel momento che C17 sentì il suo cuore battere un po' più forte del solito. E volò via a tutta velocità, quasi spaventato, fino ad arrivare nei pressi del faro.
Doveva accettare quel lavoro? Avrebbe potuto rivedere quella ragazza? Aveva senso per lui immaginarsi un futuro?
 
Il sole si era ormai alzato sull'orizzonte, quando C17 rimise in tasca il volantino di Monster Island ed estrasse al suo posto il telefono. Fece scorrere alcune delle poche immagini che aveva salvato, finché ritrovò le due fotografie di lui e sua sorella da bambini che, non aveva ben capito come, C18 si era procurata e gli aveva inviato tempo prima. Erano istantanee di un'altra vita, in una si intravedevano quelli che dovevano essere stati i loro genitori. A volte sentiva il bisogno di guardare quelle fotografie per ricordare a sé stesso che, in fondo, poteva essere un po' umano anche lui. Che avrebbe potuto comportarsi come sua sorella, se solo lo avesse voluto. E se ne fosse stato capace, un giorno. Che avrebbe potuto anche lui amare qualcuno, e trovare qualcuno capace di amarlo nonostante fosse un cyborg. Quando stava con Marron gli era anche capitato di pensare che non sarebbe stato male avere una famiglia tutta sua, ma non l'aveva mai detto a nessuno.
Pensò al guardiano del faro, alla sua solitudine. Alla sua libertà. Al suo essere in cerca di sé stesso pur essendo già un punto di riferimento per gli altri. Al suo coraggio, alle scelte che aveva fatto. Al ruolo che si era autoimposto.
Anche lui poteva essere così. Ma poteva farlo meglio. Poteva proteggere un'isola, i suoi animali. E quella ragazza dagli occhi smeraldo che aveva visto. Che gli aveva sorriso. E che l'aveva fatto sentire strano.
Magari un giorno avrebbe avuto altre persone da proteggere. Il suo pianeta. E magari un intero universo.
Doveva ripartire da zero, e avanzare passo dopo passo. Sentiva che poteva farcela. Che sua sorella aveva ragione e che C16 avrebbe apprezzato la sua scelta.
 Ho deciso di accettare quel lavoro.
Digitò sul telefono, inviando il messaggio a C18.
 Ce ne hai messo di tempo a decidere. Era ora che ti dessi una mossa, fannullone.
Rispose lei poco dopo, gentile come suo solito.
 Vedo che sei sempre carina con me, sorellina. Ah, ho visto una ragazza su
 quell'isola.
Scrisse a sua volta C17.
 E quindi? Non la invidio se dovrà avere a che fare con te. Non farla disperare.
Si raccomandò C18, strappando un sorriso a suo fratello.
 Mi ha sorriso. Forse mi piace, o forse mi piacciono i suoi occhi. Non lo so.
Ammise il cyborg, e si sentiva strano nell'aprirsi così con sua sorella, ma aveva bisogno di farlo in quel momento.
 Sei uno stupido, ma sappi che sono fiera di te. E lo sarebbe anche C16.
Gli scrisse C18, in un inaspettato slancio di gentilezza e sincerità. C17 sapeva che lei amava darsi un tono, fare la dura, apparire in un certo modo. Ma che, sotto sotto, era una persona dolce e sensibile, a modo suo.
 E scordatelo se pensi che ti dirò o scriverò mai più qualcosa di simile.
Aggiunse infatti subito dopo, facendolo sorridere ancora di più, divertito.
 Certo, e anche tu scordati che ti dirò ancora così a breve qualcosa di simile a quello   
 che sto per scriverti.
Ribatté C17.
 Cioè? Muoviti, non ho altro da tempo da perdere, non sono una nullafacente come  
 te.
Sbottò C18, che stava provando a ridarsi il suo solito tono distaccato.
 Niente di che... ti voglio bene, Lazuli.
C17 scrisse questo messaggio e fu come essersi tolto un peso dal petto. Si sentì meglio. Non era la prima volta che scriveva una cosa del genere a sua sorella e che la chiamava per nome, anche se non lo facevano mai perché preferivano usare i loro nuovi appellativi da cyborg. Ma era da tanto, troppo tempo che non lo faceva. E gli era grato, se non fosse stato per lei non avrebbe mai scoperto Monster Island. E nemmeno quella ragazza. E, sì, anche quel faro su cui stava appollaiato e che l'aveva aiutato a dare un senso a tutto. A mettere insieme i pezzi.
 Ti voglio bene anch'io Lapis.
Rispose C18, prima di inviare subito un altro messaggio.
 Ritieniti un privilegiato per questo messaggio che ti ho scritto già due volte. E 
 scordatelo che te lo dirò mai faccia a faccia, mi farebbe senso.
Qualche istante dopo inviò un ultimo messaggio a C17. Era solo l'emoticon di un cuore, ma valeva più di molte parole.
Il cyborg dagli occhi di ghiaccio infilò il telefono in tasca, guardò per un'ultima volta il guardiano del faro e spiccò il volo sorridendo verso Monster Island.
Aveva il cuore leggero.
Era bello sentirsi così.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: grazie a tutti voi per aver letto questa storia, spero vi sia piaciuta! Se siete curiosi di sapere cosa sono le due fotografie di cui parla C17 e che sono in possesso di C18 relative alla loro infanzia, io non posso che invitarvi a recuperare "Il mare se ne frega". Idem dicasi se volete vedere il contenuto dello scambio di messaggi tra i due gemelli di quella volta, e in generale quello che aveva fatto C18.
Questa è una one shot che mi frullava nella testa da almeno tre anni, più o meno da quando avevo scritto appunto "Il mare se ne frega", la mia primissima storia pubblicata qui, ma che, per un motivo o per un altro, ho scritto solo adesso, con un tatuaggio di C18 e C17 in più sulla pelle e con un cosplay da C17 pronto ad esordire in fiera tra una decina di giorni. Ho sempre avuto in mente anche di scrivere in maniera dettagliata una storia tra C17 e sua moglie, che qui intravediamo e basta. Ho la trama in testa da anni, il nome di lei, il suo aspetto a livello grafico, il titolo e tutto, devo solo trovare l'ispirazione per buttarla giù. Voi sareste curiosi di leggere una storia del genere?
 
Tornando a questa storia, ho pensato subito a C17 sentendo una canzone di Rayden che si intitola proprio "Il guardiano del faro", ho subito visto una vicinanza tra il nostro cyborg e quell'uomo solitario. E così ho colto l'occasione anche per collegarmi a "Il mare se ne frega" e al mio personaggio preferito in assoluto, C18, oltre che alla moglie di C17 di cui abbiamo sentito parlare in DB Super. Ho immaginato così il loro primo incontro, e ho pensato che potesse essere stata proprio la nostra amata cyborg dagli occhi di ghiaccio a spingere per la prima volta il fratello su Monster Island. E ho voluto parlare anche di C16, gran personaggio troppo spesso dimenticato.
Vi sono piaciuti questi aspetti della storia? Li trovate credibili? Cosa mi dite della futura moglie di C17?
 
Ringrazio tutti voi che siete arrivati fin qui, ancora di più chi vorrà lasciarmi il suo parere, che per me è sempre fondamentale! Grazie a chi inserirà la storia nelle liste e a chi leggerà in silenzio.
E grazie anche a chi mi ha appena seguito nella lunga avventura di "Medusa", e a chi mi sosterrà anche nella prossima long, che comincia mercoledì e si intitola "Lazuli in Wonderland". Ritroveremo C18 protagonista assoluta, ma anche Radish, C17, Vegeta, Bulma, Goku, Chichi e tantissimi altri personaggi!
 
Bene, non mi resta che salutarvi, ringraziarvi ancora e augurarvi buona estate! Ci vediamo mercoledì prossimo con il primo capitolo di "Lazuli in Wonderland"! Vi anticipo il titolo: "Nella tana della coniglietta".
 
A presto!
 
Teo
 
   
 
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