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Autore: Nocturnia    23/06/2021    1 recensioni
Gli cerca la bocca Alex, non ha coscienza di dove si trova - di chi c'è nella stanza oltre lei e suo fratello.
Wesker intreccia le dita nei suoi capelli, la bacia senza alcuna incertezza - infrange il suo respiro con il proprio.
Alex richiude gli occhi, si lascia andare a un'incoscienza rovente e densa - malata.
Il re scivola al suo fianco, scostando lenzuola umide di sudore e fatica - se la porta in grembo, lasciando che riposi contro il suo petto.
Le accarezza la piega nuda delle spalle, la curva morbida del fianco.
Ha venticinque anni, Wesker.
Ha venticinque anni, una corona troppo pesante sul capo - un potere che lo consumerà senza pietà.
Stuart appoggia un calice di succo di mela vicino al letto, si siede nella poltrona occupata prima dal re.
Tra le sue braccia Alex è la stessa bambina spaventata di quindici anni prima.
Genere: Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albert Wesker, Alex Wesker, Chris Redfield, William Birkin
Note: AU | Avvertimenti: Incest
- Questa storia fa parte della serie 'Withering bones'
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"Every man has his secret sorrows which the world knows not;
and often times we call a man cold when he is only sad."
- Henry Wadsworth Longfellow -




Children of Gods




Pesante è la corona, avvelenato il trono.
Stuart guarda negli occhi la donna che è chiamato a servire - una ragazza di appena diciannove anni.
"Sushestvovanie." le risponde, chinando il capo "Una piccola isola sperduta a nord del regno."
"Un protettorato della Locusta."
È gelida la sua voce, vetro rotto e metallo sbeccato.
Stuart deglutisce, reprime l'istinto di arretrare.
"Sì, mia signora."
Un fruscio distante; rosso e nero che grondano - occhi che lo studiano con un'intensità violenta.
"Perché sei qui, Stuart?"
"Per servirla, mia signora."
"Non ripeterò la mia domanda un'altra volta, vecchio."
Ha solo dieci anni più di lei, Stuart, ma la vita dell'isola gliene ha regalati almeno il doppio.
Il trono è vuoto, ma lei vi siede vicino comunque - alla destra, il posto della regina.
Stuart inspira, chiude gli occhi - li riapre.
"Perché credo nella corona, mia signora."
Silenzio.
Stuart rialza il capo, la fissa - un uomo che ha già deciso la sua condanna.
"Perché la Locusta consuma, il Serpente uccide: ma nessuna morte è uguale all'altra."
Alex tamburella le dita sul bracciolo intarsiato, lo soppesa.
"E io non ho mai desiderato consumarmi e basta, mia signora."
Silenzio.
"Moriresti per la corona, Stuart?"
"No."
Un sopracciglio alzato; una scintilla divertita sul fondo di quegli occhi trasparenti.
"Solo per lei, mia signora."
Alex si reclina all'indietro, accavalla le gambe sotto la gonna - sorride.
"Oh, questo lo vedremo molto presto, Stuart."
Consegnarsi alla Serpe è una promessa dalla quale è impossibile tornare indietro.


Il ritratto di Spencer lo fissa da una parete umida, in ombra.
Un viso scavato dalla malattia, scuro sotto gli occhi - cadente.
Stuart appoggia la mano sulla pietra, la ritrae bagnata e sporca - una sostanza simile al fango.
"È l'assenza di luce." lo interrompe la voce di Alex.
Si volta, e lei è lì - una statua bianca e oro.
Alexandra Wesker indossa un paio di pantaloni in seta nera, ai piedi cuoio e argento.

Un abbigliamento non consono al suo rango, al suo sesso.

In un mese Stuart ha imparato molto di lei - delle sue abitudini.
Combatte, Alexandra Wesker: contro tutti.
Rifiuta il ruolo imposto per lei, la nicchia in cui la storia vuole relegarla.
Si avvicina, incrociando le braccia al petto.
"Uroboro, lo chiamiamo." e allunga due dita verso il muro "Prende il suo nome dalla pelle del serpente che popola Raccoon."
Nero e nero, la sostanza le cola tra l'indice e il medio - le avvolge, ne diventa parte.
"Tossica." continua, e abbozza un sorriso "Si dice che solo chi possiede sangue di serpente ne sia immune."
Stuart le rivolge uno sguardo in tralice, ascolta - osserva.
Alex si volta verso di lui, alza le dita nella sua direzione - le apre, filamenti nerastri e appiccicosi, che possiedono una debole luminescenza nella semioscurità del corridoio.
"Una leggenda: un mito per rafforzare il potere della corona."
Stuart la fissa negli occhi - non arretra.
"Tutte le storie hanno un fondo di verità, mia signora."
Alex inclina il mento verso destra, indurisce lo sguardo.
"Tutte, Stuart?"
Un terreno fragile; scivoloso.
"Tutte, mia signora."
Alex chiude la mano a pugno e snuda i denti in un sorriso da lupo.


È un grumo di segreti, Alexandra Wesker.
È una donna intensa, di quelle che fanno tremare le vene nei polsi e distruggono.
Stuart fissa il letto vuoto - intatto.
Appoggia il vassoio della colazione sul tavolino vicino, un delicato intreccio di legno nero e bruno.
Studia le pellicce ancora piegate sul fondo, le lenzuola perfettamente stese.

Click.

Si volta - la vede.
"Mia signora."
Indossa ancora gli abiti del giorno prima, Alex; un vestito rosso che sanguina a ogni passo, lungo il corpetto rubini e fili d'oro.
Capelli sciolti sulle spalle, sopracciglia aggrottate, Alexandra Wesker stringe al petto un fagotto di stoffe e pelo, tra le dita una collana da cui pende la testa del serpente.
"Non dovresti essere qui."
Stuart rimane immobile, la osserva camminargli attorno con circospezione - sospetto.
"Gli Ashford arriveranno tra un'ora, mia signora; ho pensato fosse meglio prepararsi."
"Quanto zelo."
"È il mio dovere."
Alex libera una risata asciutta, derisoria.
"Uhm." replica, e Stuart intravede - segni che non dovrebbero esserci, impronte violacee e arrossate lungo il collo, sulle spalle.
"Il tuo dovere." ripete, lasciando scivolare le stoffe sul letto - la sua interula, un velo di mussolina, il mantello scuro.
"Nulla di più."
Alex gli rivolge uno sguardo in tralice, e a Stuart sembra quasi di sentire mani piccole e invisibili che squarciano - rovistano e cercano.
Stuart sposta il peso da un piede all'altro, raddrizza la schiena.
"Posso mandare a chiamare Cindy, se vuole."
Una smorfia: una piega irritata che le arriccia le labbra.
"No."
"Dovrebbe essere ancora nelle cucine."
Alex solleva lo sguardo, occhi artici - spietati.
"Non credo."
Stuart annuisce, china il capo.
Ogni storia possiede, alla fine, la sua verità.


Stuart ha incontrato il re più di chiunque altro.
È sempre al fianco della sorella, un ragazzo uomo di ventidue anni.
Spalle larghe, un viso spigoloso, durissimo: Albert Wesker è un re impopolare, al momento.
Compie scelte azzardate (il potere è di chi se lo guadagna, non di chi lo eredita) e non esita a sporcarsi le mani - a combattere nella rena contro i suoi oppositori.
"Il Nord non è dalla sua parte, sire."
Wesker lo considera a malapena, continua a camminare.
"Sushestvovanie era già dubbiosa nei suoi confronti prima che partissi, adesso lo sarà anche di più."
Alex è un'ombra al suo fianco, un profilo teso e nervoso.
"Carla chiede quello che Spencer le aveva promesso."
"Simmons, vuoi dire." intercala Alex.
Stuart annuisce, si strofina il polso.
"Non lo avrà." ribatte Wesker, svoltando verso le proprie camere.
"Potrebbe scatenare una guerra il suo rifuto, sire."
Gli occhi del re lo cercano, e sono una tempesta di ghiaccio e acciaio.
"Un terzo delle nostre terre gli ha promesso quel folle di nostro padre. Se ci aggiungiamo il matrimonio suggerito con Lansdale - servo di Simmons, su questo non c'è alcun dubbio - e le miniere noi non avremo più niente."
Wesker si ferma, gli alamari in argento che raccolgono la luce dei bracieri.
"La corona ha pochi uomini, sire."
"E troppe armi." replica Alex "Ma non siamo ancora in un vicolo cieco, Stuart."
"Gli Ashford non sono degni di fiducia."
Alex abbozza un sorriso, inclina il mento verso di lui.
"Concordo; ma non stavo parlando di loro."
Stuart la guarda e comprende.


"E così il Nord è agitato, eh?"
William Birkin: diciannove anni, un pugno di capelli biondi spettinati - l'irrequietezza del genio negli occhi, lungo le membra.
"Così pare." lo apostrofa Wesker, e Will sorride, lanciando in alto una mela e riafferrandola poi a mezz'aria.
"Sai, non pensavo avresti chiesto il mio aiuto."
Silenzio.
Birkin ne stacca un pezzo, comincia a masticare rumorosamente.
"Voglio dire... dopo l'ultima volta che ti ho beccato... ecco... lo sai."
"Come sei pudico, Will." ed è Alex a parlare, una piega ambigua sulle labbra.
"A fottere con tua sorella; puoi anche dirlo, non credo ci sia più alcun bisogno di nasconderlo."
Will deglutisce, il boccone di mela che quasi lo soffoca.
"Dèi, quanto sei volgare, Alex."
"Dico solo la verità, Will." e si sta divertendo, Alex; trova il tutto... esilarante.
Wesker le rivolge un'occhiata d'ammonizione, viene ignorato.
Birkin appoggia la mela sul tavolo, si pulisce distrattamente le dita sulla tunica.
"Avrai il mio appoggio, Al. E anche quello dell'est, se ti serve. Luciani è un brav'uomo, in fondo. Limitato, ma abbastanza fedele alla corona da non tradirla."
"E cosa mi dici dei Redfield?"
Will si morde il labbro, grattandosi una tempia.
"È da poco nata la loro secondogenita; un uccellino rachitico che hanno chiamato Claire. Il figlio maggiore, Chris, vuole diventare un cavaliere della Guardia Reale un giorno."
Wesker ride, ed è un suono breve, asciutto.
"I Valentine possiedono pochi uomini, ancora meno terre, ma credono in quello che stai facendo."
"Ovviamente." ribatte Alex, sfiorando con gli occhi un pugno di fragole "La loro unica figlia è femmina; la nuova legge emanata da Albert permette a chiunque di salire al potere, donne comprese. Una questione di merito, non di sesso, alla fine."
"Una scelta saggia."
"Una scelta impopolare al Nord."
Will si esibisce nella parodia di un inchino, sorride.
"Touché, mio re."
"L'ovest?"
Will alza le sopracciglia, emette un verso lamentoso.
"Proprio in questi giorni si sta combattendo una guerra silenziosa all'interno della corte degli Alomar; il signore del feudo è morto, ma non vogliono la moglie come reggente, e la bambina ha solo un anno. Annette dice che è da stupidi."
"Annette ha ragione." replica Alex, le dita che tamburellano sul bracciolo della sedia.
"Lo so. A proposito: tra due mesi mi sposo, e siete invitati. Un re fa sempre la sua figura a eventi di questo genere."
"Il sud?" prosegue Albert, massaggiandosi la fronte.
"Burton? Ha due figlie femmine, tu cosa dici?"
Alex si decide a prendere un paio di fragole, sospira.
Wesker si appoggia con il fianco al bordo del camino, le fiamme che ne delineano il profilo, la linea fibrosa delle cosce fasciate di nero.
"Ho la tua parola, Will?"
Birkin indurisce lo sguardo, e non è più un ragazzino - no, ma il terribile uomo che vent'anni dopo distruggerà un regno intero in nome di quella promessa.
"Sempre, Al."
Il destino è un mostro che combatteranno insieme.


Soli: di nuovo - ancora, sempre.
Alex osserva le fiamme spegnersi, morire.
Scivola nel buio la stanza, contro il suo corpo Albert.
"Credo che Stuart sospetti."
Le cerca la bocca in un bacio umido, scomposto; affamato.
"E questo sarebbe un problema, sorella?"
Alex ride contro il suo petto, lo percorre con la lingua e i denti.
"No." e scende - blandisce, stringe, fino a quando non è umido tra le sue dita, supplicante.
"Vuoi che se ne vada?"

Che diventi polvere e nulla?

Alex sembra rifletterci sopra mentre Wesker le sfiora la linea pulsante della carotide con le labbra, la piega del seno - morde, strappandole un guaito sorpreso.
Le schiude le cosce, percorre la sua voglia con il pollice - movimenti esigenti, voraci.
"Vuoi, Alex?" insiste, e preme - ascolta i suoi gemiti, li osserva essere soffocati contro la sua pelle, dalla sua bocca.
La rovescia tra lenzuola rosse, una curva pallida che si flette, e lo invita - lo accoglie.
"Potrei lasciarlo ferito in mezzo alla foresta."
Alex gli artiglia una spalla, si solleva sui gomiti.
"Potrei farlo divorare dai lupi."
Pianta i talloni sul fondo del letto, preme - costringe un re alla resa tra le sue cosce, al suo desiderio.
Wesker intreccia le dita nei capelli umidi della nuca di Alex, strattona - percepisce le sue labbra staccarsi dalla spalla e il filo di sangue che ne segue.
Ed è selvatica, Alex: un animale in caccia.
È libera mentre s'inarca all'indietro, i denti candidi scoperti in una risata senza suono, piena di sangue e voglia.
"Potrei ucciderlo e basta, Alex."
Alex lo fissa da sotto palpebre pesanti e socchiuse, ruota i fianchi - un movimento improvviso, che lo spinge sempre più vicino, sempre più lontano.
"Non ancora." risponde, e non ha vergogna mentre si lascia sollevare di peso dal letto - la schiena contro la parete nuda della stanza, che sfrega a ogni spinta, ogni ansito.
"Potrebbe rivelarsi più utile del previsto." riesce a mormorare prima che l'orgasmo la spezzi - la bocca di Albert attorno all'areola che affonda e morde e strappa e...

Ah.

Wesker viene, cattura il grido di Alex con la mano - lo ascolta spegnersi in un sospiro languido, quasi indolente.
Un braccio attorno alla vita, a sostenerla: le sue dita tra le labbra - a saggiare la propria voglia, la propria indecenza.
Alex chiude gli occhi e si lascia condurre dal suono di un cuore che batte allo stesso ritmo del proprio.


Alex ha compiuto vent'anni.
Non ha voluto festeggiamenti (il regno è troppo instabile, aveva detto) ma Stuart ha colto in lei una fragilità giovane, nascosta.
Non si è ancora vestita e rotola dall'altra parte del letto, ignorandolo.
"Non mi va."
Stuart intreccia le dita tra loro, paziente.
"Mia signora, non vorrei sembrarle pedante..."
"Lo sei." lo interrompe, ma non c'è cattiveria nella sua voce - una nota che si era spenta già da un paio di mesi.
"I Birkin saranno qui tra due ore."
"Mi hanno visto anche peggio."
"Ma lei non vuole dare l'impressione di una donna trascurata, no?"
Silenzio.
Alex sospira, esce dal groviglio di pellicce in cui si era raggomitolata e si siede sul letto.
"No." ammette "È che non mi piace molto questo giorno."
"È uno dei tanti, mia signora."
Alex lo studia in tralice, si sposta una ciocca di capelli dalla fronte.
Stuart si siede, composto - si schiarisce la voce.
"A Sushestvovanie avevamo un'usanza: se era un maschio a compiere gli anni, venti, nel particolare, lo si lasciava da solo nella fitta boscaglia per una notte, in attesa che catturasse il suo primo orso."
Alex incrocia le gambe sotto di sé, lo ascolta.
"Se era femmina, le si regalava il primo, e unico, probabilmente, vestito in seta."
Stuart posa lo sguardo su una ciotola di mandorle, aggrotta le sopracciglia.
"Pochi facevano ritorno dalla foresta; e ancora meno ragazze superavano l'inverno per poter indossare l'abito alla primavera successiva."
Alex stropiccia l'orlo del lenzuolo, si passa la lingua sulle labbra.
"Il Nord è un problema, Stuart."
Le rivolge uno sguardo consapevole, quieto.
"Lo so. Me ne sono andato proprio per questo motivo. Non c'è nulla al nord che non sia neve e disperazione."
"Lansdale sta facendo pressioni, e con lui il figlio. Simmons appare disinteressato, ma so bene che dietro quella brutta faccia c'è un cervello raffinato."
Alex emette un verso frustrato, si sfrega il viso con entrambe le mani.
"E Carla è una stronza tenace, fedele all'uomo che ha scelto di amare."
Stuart trattiene un sorriso a quello scoppio di rabbia, perché nel tempo che ha trascorso al fianco di Lady Alex ha scoperto che l'imprecazione rientra nel suo vocabolario quotidiano.
"Come lei, mia signora."
Alex s'immobilizza, sposta solo gli occhi nella sua direzione, gelidi.
"Come hai detto, prego?"
Stuart non si scompone, porgendole invece un bicchiere di latte.
"Come lei, d'altronde, mia signora. Non ho dubbi che quando troverà l'uomo giusto - e non un signore deciso dalla politica - gli sarà fedele fino alla morte."
Alex assottiglia le labbra, lo soppesa - dubbiosa.
"Uhm." ribatte, accettando il bicchiere che le porge "Sai che sono votata ai Cinque Deì, no?"
"Certo, mia signora."
"E che solo il re può liberarmi da tale voto."
"Ovviamente, mia signora."
"E che il mio corpo è un tempio."
"Il più sacro, mio signora."
Alex lo fissa da sopra il bordo del bicchiere, piega un angolo della bocca verso l'alto.
"Forse non sei stata una scommessa poi così azzardata, Stuart."
Stuart sorride, china leggermente il capo.
"Lieto di sentirglielo dire, mia signora."
Alex beve un sorso di latte e ride.


Carla è una ragazza nervosa.
Non deve avere più di qualche anno di Lady Alex, eppure nei suoi occhi Stuart legge un tormento antico, profondo.
Gambe magre, un viso tagliato dalla luce morente del sole; Carla Radames mostra la stessa grazia dell'animale che rappresenta, la Locusta.
Si strappa le pellicine dalle dita una per una, lascia che sanguinino sui guanti bianchi.
"Quando ci riceverà il re?" domanda, ed è acuta la sua voce, gracchiante sulle ultime sillabe.
"Presto." la rassicura Stuart, e sposta lo sguardo su Simmons, un giovane uomo i cui occhi non trovano pace.
Osserva Derek toccarle appena un braccio, ammonirla.
Carla annuisce, inclina il mento a destra - pelle sottile, che assomiglia a pergamena invecchiata.
"Carla Radames. Derek Simmons."
Entrambi si voltano, flettendosi sulle ginocchia.
"Sire."
Albert Wesker prosegue verso il trono, compie un gesto vago con la mano.
"Alzatevi." dice, e Stuart coglie un moto d'irritazione negli occhi di Carla quando Alex si siede al suo fianco.
"Dunque?" chiede, e si reclina leggermente all'indietro "Avete chiesto udienza per...?"
"La promessa che ci aveva fatto vostro padre, sire."
Wesker non mostra nulla, né sorpresa né fastidio.
"Vorremmo che fosse mantenuta."
"Sulle basi di cosa, Simmons?"
"La sua parola. L'onore di un re."
Wesker arriccia le labbra in un sorriso sgradevole, tamburella con le dita sul bracciolo.
"Non esiste documento scritto di ciò che chiedi, Derek."
"Mette forse in dubbio la mia lealtà, sire?"
Wesker scopre i denti, brilla sul fondo della pupilla una scintilla divertita.
"Mai, Simmons."

Bugiardo.

"Allora ciò che dico dovrebbe bastarle."
"Ma non può."
Carla scatta in avanti, compie un mezzo passo.
"Vostro padre ci aveva assicurato un terzo delle terre attorno a Raccoon."
Derek la trattiene per un polso, stringe le labbra.
"Carla."
"Lasciatela parlare." interviene Alex, e si sporge in avanti "È un suo diritto."
La Radames strattona, si massaggia il polso offeso.
"Vogliamo quelle terre."
"Non potete averle." replica il re, gelido.
"Ci sono state promesse."
"Continui a ripeterlo, ma non ne hai le prove."
"Tu non dovresti essere qui."
Silenzio.
Stuart respira appena, Derek crolla in ginocchio.
"Sire, perdonatela. La perdita del bambino è stato un lutto terribile da sopportare per Carla e il medico di corte ha detto..."
Alex ride.
Simmons rialza lo sguardo, stordito - incredulo.
Il re abbozza un sorriso, gli rivolge un'occhiata sardonica.
Alex ride, e si spegne in un quieto mormorio quel suono, colpisce Carla come uno schiaffo in pieno volto.
"Oh, Carla." inizia, e si alza, avvicinandosi - dietro di sé un nastro di sangue e oro.
Alex la fronteggia senza alcuna paura, alza un sopracciglio - piega le labbra in una smorfia derisoria.
"Non avrai quelle terre, locusta: rassegnati."
Si rivolge poi a Simmons, le spalle tinte di rosso dal sole morente.
"Riportala a casa, Derek; tornate nel vostro bel castello, circondati dal silenzio della neve e dalla sua quiete. Qui non c'è niente per voi."
"Non siete la regina." bercia Carla, e Simmons trattiene l'impulso di assestarle un manrovescio su quella bocca maledetta.
"No." ne conviene Alex "Ma nemmeno voi."
Derek cerca gli occhi del re, trova una landa sperduta e fredda - un nulla che gli svuota il viso.
Arretra lo Scorpione (per questa volta) aspetterà il suo momento (una cuspide gonfia di rabbia e livore.)
Il Serpente si arrotola sulle proprie spire e non mostra alcun timore.


Ogni mattina Stuart le porta la colazione in camera - latte, a volte mandorle, fragole.
Ogni mattina si chiude la porta intarsiata alle spalle e trova un letto vuoto - intatto.
Ogni mattina riattizza la brace che langue nel camino, fa finta di non sentirla rientrare dai corridoi che scivolano sotto la pietra del castello.
Ogni mattina Alex butta un groviglio diverso di vestiti sulla poltrona, si siede al suo fianco e discute delle ultime questioni del regno - a volte tace, ascoltandolo in silenzio.
Ogni mattina è una scena che si ripete - una quotidianità che rassicura entrambi.
"Lady Alex?"
Stuart appoggia il vassoio sul tavolino in angolo, si avvicina al letto - disfatto, bagnato.
"Lady Alex, cosa...?"
Piegata a terra, esangue, Alex ansima - lo guarda con occhi vitrei, lontani.
Stuart s'inginocchia alla sua altezza, le tocca la fronte, gli zigomi.
Alex libera un conato strozzato, chiude le dita in pugni chiusi, incidendosi la pelle tenera del palmo.
Ha ventidue anni compiuti da tre giorni, Alex, quando la Febbre la colpisce.
Ha ventidue anni, e forse non vedrà il prossimo inverno.
"Vado a chiamare il medico."
Alex annuisce appena, si pulisce le labbra pallide con il dorso della mano.
"Mio fratello." mormora, e lo trattiene per l'orlo della tunica.
"Lo informerò subito, mia signora."
Alex tossisce, socchiude le palpebre.
Stuart la riconosce per quello che è - oltre l'apparenza e la maschera crudele con la quale attraversa la propria esistenza; una ragazzina sola e spaventata.


"Non c'è nulla che possiamo fare."
"Impossibile."
James arretra leggermente alla furia repressa del re, tormenta la pezza di cotone che stringe tra le dita.
"La Febbre è una malattia il cui decorso dipende solo dalla forza della persona, sire. Possiamo alleviare i sintomi con dell'estratto di belladonna o la tosse con della bryonia alba, ma poco altro."
James posa lo sguardo sulla sorella del re, deglutisce.
"Lady Alex deve superare la crisi da sola, purtroppo."
Wesker lo congeda con un gesto brusco della mano, gli dà le spalle.
Alex è un profilo tragicamente pallido tra lenzuola che assomigliano a un sudario prematuro.


A Sushestvovanie era pratica comune.
Un'isola piccola, dimenticata; un pugno di famiglie, sempre le stesse.
Sushestvovanie si ergeva come un bastione di roccia e neve nel mezzo del mare del Nord, un grumo denso e scuro di pietra e fitta boscaglia.
Tutto moriva a Sushestvovanie, ma quello che sopravviveva era spietato - distorto e feroce.
Stuart osserva il re sedersi al fianco dellla sorella, ascoltarne il respiro asimmetrico, debole.
"Ce la farà."
Il re tace, lo ignora.
"Lady Alex non l'abbandonerà."
"Strana scelta di parole." e ruggisce la voce del re, un predatore in gabbia.
"È quella giusta, tuttavia."
Wesker si porta le mani chiuse a pugno sotto al mento, gli rivolge un'occhiata contrariata.
"Hai la lingua lunga per essere un servo."
"Ho anche un buon udito, sire."
Wesker continua a fissarlo, immobile.
"La corte mormora, sire."
"L'ha sempre fatto."
"Sono stati anni difficili. Scelte controverse."
"Il regno non è mai stato più florido."
"Ricchezza non sempre è sinonimo di soddisfazione."
Un tuono scuote l'aria pesante della notte, scioglie il silenzio.
"Le casate mi sono fedeli."
"Per quanto?"
"Il necessario."
Stuart inspira, gli porge un panno bagnato quando coglie Lady Alex lamentarsi nel sonno.
"Il potere è un fardello pesante, sire."
"È tutto ciò che serve, Stuart."
Wesker sfiora la fronte di Alex, le scosta una ciocca di capelli sudati dal collo.
"Ma non ha alcun valore se consuma se stesso, sire."
Wesker si stropiccia le palpebre, libera un sospiro esausto.
"Vado a prendere altra acqua: e del latte. Sarà una lunga notte."
Fuori, la pioggia possiede lo stesso rumore del vetro infranto.


La tempesta prende forza, percuote ormai Raccoon da ore.
Lady Alex non accenna a migliorare, anzi: la febbre si è alzata e il re la veglia con occhi allucinati, lucidi di sonno e fatica.
"Respira troppo in fretta." dice, e sparisce nella sua mano quella esangue di Alex.
"Sta combattendo la malattia."
"Sta perdendo." esala il re, e per un attimo Stuart ha una premonizione - una terribile finestra sul futuro.
Lady Alex, morta.
Il re, solo.
Un pugno di ferro implacabile, un cuore così sfibrato da distruggere e stritolare - un regno ridotto in ginocchio dal dolore di un singolo uomo.
Alex apre gli occhi, confusi - vitrei.
"Alex." la chiama il re, e si china verso di lei.
Lo guarda - lo riconosce.
"Alex." ripete, e per quanto possa essere imponente in quella lorica rostrata e scarlatta è indifeso adesso il re, carne viva in cui sarebbe ridicolmente facile affondare e strappare.
"Vuole bere qualcosa, mia signora?" le chiede Stuart, ma Alex lo ignora - sorride, e mostra fili di sangue tra i denti, sotto la lingua.
"Albert." mormora, e allunga le dita verso il suo viso - si solleva debolmente sui gomiti.
Il re la sostiene, le si aggrappa.
Gli cerca la bocca Alex, non ha coscienza di dove si trova - di chi c'è nella stanza oltre lei e suo fratello.
Wesker intreccia le dita nei suoi capelli, la bacia senza alcuna incertezza - infrange il suo respiro con il proprio.
Alex richiude gli occhi, si lascia andare a un'incoscienza rovente e densa - malata.
Il re scivola al suo fianco, scostando lenzuola umide di sudore e fatica - se la porta in grembo, lasciando che riposi contro il suo petto.
Le accarezza la piega nuda delle spalle, la curva morbida del fianco.
Ha venticinque anni, Wesker.
Ha venticinque anni, una corona troppo pesante sul capo - un potere che lo consumerà senza pietà.
Stuart appoggia un calice di succo di mela vicino al letto, si siede nella poltrona occupata prima dal re.
Tra le sue braccia Alex è la stessa bambina spaventata di quindici anni prima.


"Ti farò uccidere." gli dice, è non c'è alcuna inflessione nella sua voce.
"Lo so, sire."
"Ma prima ti romperò le ossa. Ti strapperò la pelle e la cospargerò di sale. Ti farò mettere una mordacchia e berrai il tuo stesso sangue fino a vomitare. Ti scioglierò nell'olio bollente e solo dopo, se sarai ancora vivo, ti ucciderò cavandoti gli occhi e soffocandoti con essi."
Stuart sa che il re sta dicendo la verità: può leggerlo nella postura rilassata del suo corpo, nella morbidezza con la quale continua a sfiorare la fronte di Alex.
"Una giusta punizione per un traditore, sire."
Wesker socchiude le palpebre, inclina appena il viso verso la finestra.
"Chiudi le tende." gli dice, e Alex è scivolata verso il basso durante la notte, il capo appoggiato sulle sue cosce "Sta sorgendo il sole."

Non voglio che questo giorno me la porti via.

Stuart si alza, esegue; nel buio della stanza Alex è un respiro incostante e flebile.


"Come sta?"
Stuart si asciuga le mani, inspira.
"Ha superato la prima notte."
"Ne servono almeno tre." ribatte Birkin, serafico.
"Lady Alex è forte."
"La Febbre di più."
Stuart batte il palmo della mano sulla pietra, scuote la testa.
"Dovresti preparare Albert a una simile eventualità."
Stuart lo fissa - coglie una muta comprensione.
William incrocia le braccia al petto, divarica le gambe.
"Non mi freghi, vecchio; non abbiamo tempo per questi giochetti. Entrambi sappiamo. È immorale, e sbagliato. Bene, perfetto; ma nulla in questa merda di mondo è giusto. O sano, per quel che mi riguarda."
Il simbolo del falco cattura il sole del crepuscolo, giace pesante attorno ai fianchi di Birkin.
"Albert sta facendo tanto per questo schifo di città. Scelte scomode, difficili. Le casse del palazzo non gravano più come un tempo sulla popolazione, e il potere sta diventando un merito, non un diritto."
Snuda i denti il Falco, scrolla le piume in un gesto di sdegno.
"Questo..." e gli porge una fiala piena di un liquido trasparente "Questo può salvare Alexandra."
Stuart la stringe tra le dita umide, lo fissa.
William è un ragazzino che morirà senza invecchiare, un visionario a cui mostri hanno riempito il cuore, la mente.
"Estratto di Starway of the Sun."
"È una pianta velenosa." obietta Stuart, stornando lo sguardo dalla piccola fiala che riposa nel palmo della sua mano.
"Dipende da come viene filtrata la sua linfa. Troppo poco, ed è letale. Troppo, e diventa nulla più che una melma scura e appiccicosa."
Nembi grigi artigliano l'orizzonte, ombre che fanno sembrare il viso di Birkin inumano - feroce.
"Funzionerà." ripete, e vibra la sua voce - ruggisce.
Il Falco ha appena sfidato il cielo e la sua legge.


"Merda." è tutto quello Birkin che riesce a dire.
Alex si è svegliata solo per ridursi a un grumo di pelle e sangue piegato oltre il bordo del letto.
"Sta peggiorando."
Una voce vuota, sottile come ghiaccio primaverile - altrettanto pericolosa.
"Un bicchiere." chiede Birkin, e vi rovescia dentro il contenuto della fiala.
Wesker lo fissa compiere l'operazione con sguardo distratto, le mani lungo la schiena di Alex, tra le sue scapole.
"Deve berlo."
"Non riesce."
"Deve." tuona William, e prende il mento di Alex tra le dita.
Alex ha occhi lattiginosi, i capillari della sclera spaccati - fili rossastri che pendono inerti.
"Alex." la chiama Birkin, ma lei non lo riconosce.
"Sta morendo." lo interrompe Albert, e dèi, quella voce - quel nulla pieno di tutto che minaccia di schiacciarlo da un momento all'altro.
"No." afferma William, rovesciandole la testa all'indietro e stringendole le guance tra il pollice e l'indice "No, non lo farà, Al."
Alex ingoia il contenuto del bicchiere, contrae la gola in un conato - Birkin è più veloce e le chiude la bocca, costringendola a deglutire.
Il corpo di Alex è scosso da uno spasmo che le fa arricciare le dita dei piedi, un sussulto che la lascia poi inerte tra le lenzuola disfatte.
Wesker la fissa, respira in fretta - troppo.
"Se muore..."
"Non ho sbagliato." ribatte William, sicuro "Non lo farei mai, Al."
Alex sposta la testa prima a destra, poi a sinistra.
"E adesso?" s'intromette Stuart, le mani congiunte tra loro come in preghiera.
Birkin si siede sul tappeto, passandosi le dita tra i capelli arruffati.
"E adesso aspettiamo, vecchio."
Wesker è immobile dall'altra parte del letto, copre Alex con una pelliccia.
La seconda notte è appena iniziata.


Stuart si è addormentato.
Un'ora, non di più; il tempo sufficiente perché quando si svegli abbia un attimo di smarrimento.
Socchiude gli occhi, deglutisce - gli sembra d'ingoiare sabbia e vetro.
"La febbre sta calando."
Il Falco.
"Il polso è debole, però."
"Cosa significa?"
La Serpe, e la sua cieca furia.
"Non ne sono sicuro; questa malattia è imprevedibile, Al. Uccide alcuni, lascia dementi altri. In alcuni casi compromette gli organi interni in maniera irrimediabile."
Stuart inspira, espira; cerca di non fare alcun rumore.
"Una notte. Una notte e sapremo, Al."
Il destino di Raccoon City è nelle mani di una donna ancora incosciente.


Il mattino è impietoso con il re.
Il Falco si è addormentato contro il bordo del letto, le mani in grembo, il mantello drappeggiato sul petto.
È al suo fianco, il re; occhi cerchiati di scuro, la schiena piegata in avanti.
Stuart nota qualcosa muoversi sul fondo dell'iride, un tremolio costante e che ricorda quello degli animali idrofobi.
"Sire." e gli porge del pane d'avena "Oggi è previsto l'incontro con l'erede dei Redfield: i genitori sono da poco morti a causa della Febbre."
Silenzio.
"So che preferirebbe evitarlo, ma è suo preciso compito portare avanti le questioni del regno."
Wesker tace, stringe la mano di Alex così forte da far sbiancare le nocche.
"Sire." lo richiama Stuart, e ottiene solo un'occhiata sfuggente - frenetica.
"Ci pensiamo noi, Al." s'intromette la voce di Birkin, stanca.
Wesker sospira tra i denti serrati, lascia andare la mano di Alex.
"Chi ha preso il potere in assenza dei Redfield?"
"Nessuno, sire: il figlio maggiore si è imposto alla corte e chiede il suo beneplacito per mantenere il comando sulle proprie terre."
"Ha tredici anni." ribatte William "È un bambino."
Wesker si alza, gli occhi sempre su Alex.
"Un bambino determinato." replica Stuart.
"Va bene." li sorprende la risposta di Wesker "Chiamatemi se ci sono dei cambiamenti."
"Sarà fatto, sire."
Alex è un fantasma nella sua stessa pelle.


Chris Redfield si guarda intorno spaesato, smarrito.
È tutto troppo grande, troppo scuro - così diverso dal palazzo dove è nato e cresciuto.
Il simbolo del serpente spalanca le fauci verso di lui, la coda arrotolata su se stessa, il corpo teso nell'atto di colpire.
Chris inspira, si morde le labbra screpolate.
"Redfield." lo apostrofa una voce pesante.
Chris sobbalza, dimenticandosi d'inginocchiarsi.
Il re alza un sopracciglio, aspetta.
Chris sbatte le palpebre, confuso.
Per un attimo rimangono così - immobili: il re con le mani lungo i fianchi, Chris che cerca d'interpretare il suo sguardo, la sua postura.
Sospira, Wesker, e s'incammina verso il trono, sedendosi con un'eleganza stanca.
"Mi hanno detto che tuoi genitori sono morti."
Chris annuisce, china il capo.
"Tre giorni fa."
"Entrambi."
"Prima mia madre, poi mio padre."
"Condoglianze."
"Grazie, sire." e adesso si ricorda cosa doveva fare, Chris, e scivola in ginocchio - vi si getta, sarebbe meglio dire.
Wesker scuote la testa, preme la radice del naso tra l'indice e il pollice.
"Alzati, Redfield: è un po' tardi per gli ossequi."
Chris borbotta una qualche scusa, gesticola frenetico.
"E quindi hai preso tu il potere." lo incalza Wesker.
"Sì."
"Perché? Potevi lasciare tutto nelle mani dei tuoi dignitari."
Chris apre la bocca, la richiude - si schiarisce la voce.
"Non voglio, sire. È tutto ciò che resta dei miei genitori: inoltre devo occuparmi di Claire. Ha solo otto anni."
Wesker annuisce, studia il ragazzino che ha davanti - spalle larghe, gambe muscolose, un viso aperto, sincero.
"Mossa ammirevole, Redfield: il potere non è una bestia facile da conquistare."
"Non m'interessa il potere, sire; quello che voglio è un futuro per le mie terre, la mia gente. Mia sorella."
Wesker lo valuta per qualche istante, lo studia.
Chris tace, tormentandosi le mani già indurite dalle armi.
"Va bene, Redfield: hai il mio beneplacito. Farò preparare i documenti, e come reggente ti sarà affiancato Burton, un amico di famiglia, se non sbaglio."
Chris sgrana gli occhi, incredulo.
"Al raggiungimento della maggiore età avrai pieno accesso al ruolo e a ciò che ne consegue; mi sembra un accordo congruo."
Chris annuisce, gli regala un sorriso disarmante.
È un ragazzino, Chris.
È un ragazzino così diverso da come era lui, ma c'è qualcosa che lo incuriosisce - una forza che anni dopo sarà l'unica cosa che impedirà a Raccoon di cadere.
È testardo, e fedele in una maniera che quasi lo disturba - che minaccia di strappargli una risata nervosa.
Wesker lo congeda con un cenno del capo, l'osserva prodigarsi in ringraziamenti e correre - letteralmente - fuori dalla sala del trono.
Il destino ha mostrato i suoi primi pedoni.


Alex riapre gli occhi a fatica, si umetta le labbra - spaccate.
Si guarda intorno, assorbendo i particolari di una stanza che, per un istante, non riconosce.
Il fuoco brucia alto nel camino, e qualcuno le sta bagnando la fronte.
Nella penombra distingue il profilo di Stuart, alla sua destra quello infantile di Birkin.
Apre la bocca, cerca di parlare - le mancano le forze.
"Si è svegliata." mormora Stuart, sostenendola per la nuca e invitandola e bere qualcosa - latte, e forse una punta di miele.
"Alex." la chiama Will, prendendole il polso tra due dita "Come ti senti?"
"Uno schifo." ribatte con voce non sua "Quanto tempo è passato?"
"Due giorni."
Alex annuisce debolmente, sospira.
"La febbre è scomparsa, e non vedo danni rilevanti."
"Che fortuna." ribatte, e arriccia il naso al suo stesso odore - un filo sottile di sudore e argan.
"La debolezza è un inconveniente che ti porterai dietro per un po', forse qualche settimana, ma ogni giorno andrà meglio."
Alex sbatte le palpebre, posa lo sguardo sul calice a fianco.
"Ce l'avete fatta, Lady Alex."
Alex insiste per afferrare lei il bicchiere, deve stringerlo con entrambe le mani per riuscire a tenerlo fermo.
"Avrei fame."
"È un buon segno; ma non puoi mangiare cose elaborate, non ancora."
Alex alza gli occhi al cielo, tenta di sollevarsi sui gomiti - viene aiutata da Stuart a poggiarsi contro la testiera del letto.
"Dov'è Albert?" chiede, e non sembra avere memoria di quello che è successo.
"Impegnato negli obblighi di palazzo. I genitori di Redfield sono mancati qualche giorno fa, e il figlio è venuto a chiedere il beneplacito per mantenere il suo ruolo di legittimo erede. Inoltre Lansdale si è nuovamente proposto, e Albert ha perso più tempo a non prenderlo a calci in culo che a rispondergli."
Alex chiude gli occhi, inspira
William si china verso il suo orecchio, mormora qualcosa.
Alex riapre gli occhi di scatto, li posa su Stuart - spaventata, ferita.
Stuart comprende - vede nella pupilla di Alex un segreto inconfessabile.
"La Febbre fa compiere strani gesti, mia signora." la rassicura lui, porgendole una ciotola di more "Fa vedere cose che non ci sono, scambiare volti per altri. Non è mio compito giudicare."
Alex continua a fissarlo, Birkin che afferra la ciotola al posto suo e gliela appoggia vicino.
"La mia promessa non è venuta meno, Lady Alex."
Alex si arrotola più strettamente nelle lenzuola e annuisce.


Quando si risveglia, non ci sono più William o Stuart al suo capezzale, ma Albert.
È sdraiato vicino a lei, e dorme - apre gli occhi appena la sente muoversi.
Alex si è raggomitolata contro il suo petto, le gambe intrecciate alle sue, le braccia attorno alla vita.
Le bacia la fronte, gli zigomi; scende verso la bocca, cercandola con calma, senza fretta.
Alex sospira, lasciandosi percorrere dalle sue mani - tiepide, ruvide.
"Stuart sa." gli dice.
"Lo so."
"È una certezza."
Albert annuisce, respira tra i suoi capelli.
"Non ci denuncerà."
Wesker le massaggia le nuca, la curva del collo.
"No."
"Avevo ragione io." gongola, e sorride nascosta dalla sua pelle, contro la sua spalla.
"Sempre, sorella; sempre."
Alex chiude gli occhi e lascia che siano i suoi gesti a darle nuova forma.


"Annette ti manda queste." le indica William, appoggiandole una scatola in grembo.
Alex la tocca con la punta dell'indice, ruotandola tra le mani.
Sono passati cinque giorni da quando la Febbre è scomparsa, e Alex comincia a diventare irrequieta - vuole alzarsi e fare, anche solo per qualche ora.
Apre il cofanetto in legno, ne segue con il pollice le decorazioni.
"Cosa sono?" gli chiede, prendendo in mano un ovale poco più grande di un chicco d'uva.
"Fave del cacao; una pianta che cresce solo nelle terre degli Hunnigan."
Alex alza un sopracciglio, ne mette in bocca una - contrae le labbra in una smorfia.
"È... amara." dice, e ne prende un'altra "Mi piace."
Birkin sorride, ne prende anche lui una manciata e se le mette in tasca.
"Ehi." sibila Alex "Erano mie."
William amplia il sorriso, raccoglie il mantello dallo schienale della poltrona.
"Sì, ma io ho fatto la fatica di portarle fino a qui."
Alex gli rivolge un'occhiata malevola, ne mastica una terza e poi una quarta.
"Sono anche degli energizzanti."
"Proprio quello di cui ho bisogno."
Birkin si allaccia gli alamari piumati al collo, le riserva uno sguardo ironico.
"Oh, certo; immagino."
Alex lo fissa in tralice, deglutisce.
"Porco."
Birkin esce dalla stanza con quel suo stupido sorriso inciso in faccia, le urla che saluterà Annette anche da parte sua.
Alex scuote la testa e chiude la scatola con un tud morbido.


"L'acqua è calda, mia signora."
Alex allunga le dita verso la vasca, le ritrae di scatto.
"È bollente." puntualizza.
Stuart si rialza, facendole spazio.
"Non deve prendere freddo, mia signora."
Alex si guarda intorno, e avvolta in quella veste rossa più grande di lei assomiglia a una ragazzina indifesa.
"Posso cavarmela da sola, Stuart."
"Vuole che mandi a chiamare una delle serve di suo fratello?"
Alex arriccia le labbra sui denti, scuote la testa.
"Assolutamente no: se ho bisogno posso sempre usare questa." e indica una campanella in argento poggiata sul tavolino vicino.
Stuart annuisce, raccoglie le tinozze vuote.
"Come preferisce; sarò qui fuori per ogni altra richiesta."
Alex lo osserva uscire dalla stanza in silenzio, i suoi passi che si fanno sempre più distanti - ovattati.
Sospira, lasciando cadere a terra la vestaglia e immergendosi nell'acqua.
Brucia, e per qualche secondo Alex è tentata di saltare fuori e riavvolgersi nelle coperte, ma poi si ricorda che non può - che la febbre l'ha resa un pugno sporco di sudore e sangue - e si abbassa di colpo, chiudendo gli occhi.
L'acqua la circonda fino alla gola, le rilassa i muscoli delle gambe, quelli contratti delle spalle.
Scivola tra i capelli, lungo le guance, e non la sorprende sentire qualcosa che le massaggia la nuca - qualcuno.
Albert intreccia le dita nei suoi capelli, nell'aria il profumo dell'argan e del cuoio.
"Stuart è appena andato via."
"Lo so." mormora, districandone i nodi "L'ho incrociato nei corridoi."
Alex annuisce, si rilassa contro il bordo della vasca.
"William ha portato un regalo."
"L'ho visto."
"Gli devo molto."
"Tutto." ribatte Wesker, e tra le sue mani scorrono fili dorati.
Alex distende le gambe verso il basso, si stira all'indietro - sotto la schiuma Albert intravede la curva del seno, la linea piatta dell'addome.
"Come è andata oggi a corte?"
"Lansdale è tornato in visita per portarti un omaggio di pronta guarigione."
Alex aggrotta le sopracciglia, si umetta le labbra.
"Una collana di zaffiri."
"E...?"
"L'ho fatta smontare e buttare nelle casse del regno."
Alex ride, ed è suono leggero - che temeva di non sentire più.
Wesker continua a lavarle i capelli, scendendo poi verso le spalle, le braccia.
Il silenzio è una dimensione confortevole per entrambi, un luogo in cui possono trovare rifugio.
"L'acqua si sta raffreddando."
Alex abbozza un sorriso, apre un occhio.
"Allora scaldala, fratello."
Wesker le rovescia la testa all'indietro, il pollice e l'indice nella carne tenera del collo.
Cerca la sua bocca, morde - libera un grumo di paura e rabbia che diventa un gemito affamato.
Alex si solleva sui gomiti, lo osserva spogliarsi con movimenti precisi, rapidi; gli stivali, la cintura in cuoio, la camicia in seta.
È caldo sotto le sue mani, e pesante - o forse è solo lei a essere più fragile del normale.
Alex lo accoglie tra la cosce, mormora il suo nome - l'acqua che trema intorno a loro, colando oltre il bordo della vasca.
Si schiude tra le sue braccia, Alex, viene - quieta, vulnerabile.
Wesker le sposta il viso verso destra, la costringe a guardarlo - a seguire i suoi occhi mentre bruciano, e mostrano ciò che le parole non potranno mai definire.
Alex nasconde il viso contro il suo petto, ascolta il suo nome ripetuto come una preghiera - un orgasmo che lascia entrambi piegati, esposti.
L'acqua è ormai fredda contro la loro pelle, opaca; Albert confessa sulla sua bocca un sentimento terribile.


"Perché?" gli chiede una mattinata d'inverno, nel cielo nuvole esangui.
"Perché sei venuto fino a qui dal nord?"
Stuart sta leggendo gli ultimi comunicati delle sue spie, una fitta rete di contatti che ha sviluppano nei sei anni al servizio di Lady Alex.
"È una domanda che mi ha già posto, mia signora."
Alex si raccoglie la gonna attorno alle caviglie, si siede di fronte a lui.
"E adesso te la sto ripetendo."
Stuart la guarda, e la trova bellissima.
È sopravvissuta alla Febbre, Alex, alla crisi della corona e persino alle dicerie di corte.
Il regno gode di un fruttuoso momento di stabilità, e nulla sembra poter minacciare quella quiete.
"Perché credo in lei."
"Non mi conoscevi neppure."
"La voci corrono, mia signora; più veloci persino dei nostri pensieri."
Alex tamburella con le dita sul bracciolo, storna lo sguardo.
"Spencer era un uomo orribile."
"E un sovrano di ferro."
Alex annuisce, distratta.
"Nostra madre una sposa di guerra."
"Lo so." conferma Stuart, annotandosi qualcosa in un piccolo taccuino.
"L'ho uccisa quando sono nata."
"Non è stata colpa sua."
Alex abbozza un sorriso triste, descrive piccoli cerchi con l'indice sul velluto della poltrona.
"Albert è stata l'unica cosa che contasse per molto tempo."
"E lo è ancora, mia signora."
Silenzio.
Stuart intreccia le mani in grembo, inclina appena il capo verso sinistra.
"Di che cosa ha paura, mia signora?"
Alex sospira, sfregandosi la fronte.
"I problemi non sono mai finiti per quelli come noi, Stuart."
"Saprà affrontarli."
Alex ha uno scatto improvviso, sbatte la mano aperta sul tavolo.
"Perché hai questa cieca e incrollabile e stupida fiducia in me, perché?"
Stuart si schiarisce la voce, la fissa.
"A Sushestvovanie si racconta una leggenda, mia signora; che sulle montagne dell'isola, quelle più alte, perennemente coperte dalle nebbia, vivano due serpenti, uno bianco e uno nero."
Alex lo ascolta, quieta.
"Il serpente bianco è una femmina, il nero un maschio - suo fratello."
Il fuoco scoppietta piano, morbido.
"Il mito li vuole innamorati, costretti in quella forma da uno stregone - il sacerdote dalla veste blu. Come serpenti, sono cacciati, osteggiati, banditi. Non possono più godere del tocco l'uno dell'altro, del suono della loro voce, ma vivere insieme è già abbastanza."
Alex lo segue con occhi interessati, attenti.
"Un giorno, però, l'allievo del sacerdote dalla veste blu s'innamora del serpente bianco - della sua bellezza, della sua arroganza. La vuole, e per farlo deve prima uccidere il serpente nero."
Stuart beve un sorso di vino, si prende un momento per raccogliere i pensieri.
"C'è un combattimento, uno scontro; l'allievo riesce a uccidere il serpente nero, ma quando prova a sfiorare quello bianco esso diventa polvere tra le sue dita, nulla più di un grumo di sabbia."
Alex raddrizza le spalle, le dita contratte in pugni chiusi.
"Il giorno dopo, l'allievo muore. Veleno, il più letale di tutti."
"Glielo aveva inoculato il serpente nero prima di morire?"
"No, mia signora; era la condanna che il sacerdote dalla veste blu aveva scagliato su chi osasse fare loro del male."
"Ma lo stregone li aveva trasformati in serpenti."
"Perché potessero mutare sempre, senza morire mai, mia signora. Perché il serpente bianco potesse essere protetto dal nero mentre combatteva il Culiebra nella lunga traversata delle anime verso l'oltretomba. Perché insieme potessero sconfiggere la paura, e liberare i morti da questo fardello."
Alex si umetta le labbra, rapita.
"Sono partito da Sushestvovanie con un'idea ben precisa, mia signora."
Stuart le cerca gli occhi, incrollabile.
"Nulla potrà convincermi del contrario."
La devozione di un martire è la spada più fedele.


Davanti ai Cinque Dèi Albert è un infedele, un uomo che sfida la loro volontà ogni giorno.
Li fissa uno per uno, occhi artici - da lupo.
È vuoto lo sguardo di Genesis, un dio implacabile e insondabile - l'Origine, il punto zero.
Sorride Abyss, signore del Mare e della Terra, si torce nella sua tremenda forma di rettile e scheletro il Culiebra, Morte e Rinascita.
È silenzioso Tyrannos, il Potere e il suo prezzo.
Aurelia non ha forma, occhi nei quali cercarla - la Crisalide e le sue mille facce.
Albert ruota l'anello con il sigillo reale che porta all'anulare, storna lo sguardo su di Lui, Padre e Madre, Uno e Tutto - Progenitore.
Cinque Dèi, una sola storia - un destino a cui non intende piegarsi.
Alex lo affianca, quieta.
Wesker la fissa, sfiorandone il profilo con lo sguardo.
Le cerca la mano, stringe - un bambino sperduto, un uomo ossessionato.
Alex ricambia la sua stretta senza alcuna esitazione.


Ha sedici anni Redfield quando viene ammesso come recluta nella Guardia Reale.
Da pochi mesi ha assunto il pieno controllo del suo feudo, e Claire ne è diventata la reggente in sua assenza - una ragazzina di appena undici anni.
C'è Burton con lei, e questo gli ha permesso di lasciarla con il cuore un po' più leggero.
Il palazzo è ancora come lo ricordava; enorme, e minaccioso.
Guglie appuntite svettano verso un cielo così azzurro da fare male, bifore rossastre interrompono la struttura affilata e spigolosa.
Il serpente lo fissa impassibile, sotto al braccio un fagotto di vestiti e la sua spada - un'arma imponente e al cui peso è ormai abituato.
"Chris Redfield." lo chiama la voce del capitano Marini, una cappa bianca sulle spalle e sul petto il simbolo dela casata Wesker - Uroboro "Vieni; non sei stato scelto per ammirare il panorama."
Sulla scacchiera della storia l'alfiere ha appena compiuto la sua prima mossa.


Piove su Raccoon; gocce dense, piene.
Alex si distende tra lenzuola sgualcite e pellicce arrotolate, si raggomitola contro la schiena di Albert.
"Dovrei alzarmi." le dice "È quasi l'alba."
Alex respira sulla sua pelle, lo ignora.
Si volta, Wesker, intrecciando le dita nei suoi capelli.
"Chris Redfield ha fatto domanda per la Guardia Reale."
Alex si stiracchia leggermente, disegna figure immaginarie lungo i suoi fianchi.
"È stato ammesso giusto l'altro giorno."
"Merito tuo, immagino."
Albert libera una risata bassa, vibrante - che si raccoglie tra di loro come una promessa.
Il vento scuote la roccia del palazzo, rumoreggia il cielo - un borbottio che minaccia di peggiorare.
"Ha talento."
"Uhm."
"Ed è uno stupido cane fedele."
"Ora ti riconosco."
Albert le bacia la fronte, si allontana dal suo corpo - tiepido, accogliente.
Alex lo trattiene per un polso, gli cerca la bocca - lo bacia come farebbe una donna innamorata e perduta.
"Faccio mandare Stuart nelle tue stanze?" le chiede, ma è una domanda inutile - priva di forza.
Alex gli risale la curva muscolosa delle cosce, blandisce - trattiene, e lo riconduce tra le sue braccia, in lei.
Albert accetta una resa che ha il sapore di una vittoria.


"Siete solo una puttana." le grida Lansdale, e Alexandra sorride - tremenda nella sua immobilità.
Stuart giace nell'oscurità degli angoli della sala, ascolta - calcola.
"Una puttana che rifiuta una proposta più che generosa."
Il re piega le labbra in una smorfia, si alza - allunga la sua ombra su Morgan e il regno.
Alex gli tocca il gomito, un gesto lieve - eloquente.
Wesker scende i pochi gradini che lo separano da Lansdale, gli appoggia una mano sulla spalla, magnanimo.
"Siete stanco, Morgan; provato da lungo viaggio. Tornate a casa, ve lo consiglio."
E trema, Lansdale.
Si accartoccia su se stesso, improvvisamente piccolo - vecchio, consumato.
Il peso delle sue parole lo schiaccia verso il basso, inutile patetica larva - apre la bocca, la richiude.
Alex è un figura di sangue e oro seduta a fianco del re, le mani su entrambi i braccioli del trono, occhi divertiti - crudeli.
"Io..."
"Andate, Morgan." e sibila, il Serpente - minaccia "La generosità è un dono da non sprecare."
Alex inclina il mento nella sua direzione, ieratica.
Uno dei dignitari afferra Morgan per un braccio, lo spinge all'indietro - la pelle lucida di sudore e paura.
Un arrocco sbagliato e di Terragrigia non resta altro che una stanca memoria.


"Non è finita."
"Lo so."
Stuart porge al re un foglio, sopra una sola immagine.

Un ragno argentato.

Wesker fissa prima la lettera, poi Stuart.
"Quando?"
"Neil è già in marcia."
"Da chi proviene l'informazione?"
Stuart rivolge ad Alex un'occhiata in tralice, indica ad ovest.
"La Spia." replica Wesker.
"La migliore."
Alex posa lo sguardo sul cielo privo di stelle, la vita stretta da una pesante cintura in cuoio e bronzo.
"Lansdale osa dichiararci guerra."
"Non sarà l'ultimo." replica Stuart.
Alex alza un sopracciglio, lo fissa.
Stuart tace, lascia che la consapevolezza scivoli tra di loro come una lama.
"Forse no." s'intromette Wesker "Ma possiamo fare in modo che sia uno splendido esempio."
Alex continua a studiare l'orizzonte, snuda i denti in un sorriso sgradevole.
Stuart arrotola la pergamena della Wong e lascia che diventi cenere e castigo.


Chris è un tenente della Guardia Reale quando Neil si presenta alle porte di Raccoon - alle sue spalle un esercito di non più di mille uomini.
Picche argentate, elmi a mezza maschera; Neil cavalca un palomino inquieto, che scarta continuamente di lato.
Vuole le miniere di Raccoon, Neil, ed è stato così sciocco da pensare che un'esibizione di forza potesse bastare.
Vuole sentirsi grande, Neil - importante - e dimostrare che non è più un ragazzo, ma un uomo che può fronteggiare il re e vincere.
L'esercito di Raccoon si schiude come una tagliola, lascia passare il re - e sua sorella.
"Neil." lo apostrofa Wesker, e Chris lo trova terribile nell'armatura rostrata, gli schinieri che hanno lo stesso colore del sangue coagulato.
Sposta lo sguardo su Alex, quieta al suo fianco - la corazza un insieme di placche nerissime e lucide.
"Sono venuto per restituire l'onore a mio padre."
Il re tace, alle sue spalle i vessilli del serpente ondeggiano come nastri di sangue.
"La mia risposta non cambia, Neil: mia sorella è promessa ai Cinque Dèi e non intendo recedere tale voto."
Il viso di Neil si contrae in uno spasmo di rabbia, tira il morso del suo cavallo verso destra.
"Spencer..."
"Spencer è morto." lo apostrofa Alex, e la sua voce risuona limpida nella piana "Da undici anni, Neil. Le sue promesse non sono quelle di mio fratello."
Neil sposta lo sguardo prima sul re, poi nuovamente su Alex.
"Non finirà qui, Neil: non più." replica Wesker, Hela uno scalpiccio affamato, che solleva piccole zolle di terriccio a ogni passo.
Gli uomini di Neil alzano gli scudi, la Guardia Reale estrae le spade del fodero.
"Sei in minoranza; non hai cavalleria, o macchine. Non puoi vincere."
Neil abbozza un sorriso, strafottente - stupido.
"Un duello."
Silenzio.
"Per l'offesa ricevuta, sire: al primo sangue."
"Ultimo." ribatte Wesker, inclinando il mento nella sua direzione "Chi muore, perde, Neil."
L'erede di Lansdale sembra soppesare quella proposta, cerca un sostegno - trova solo un pugno di soldati in attesa.
Il re scende da cavallo, estrae la spada - lo invita.
"Coraggio, Neil." e c'è ironia nella sua voce, un'inflessione derisoria che a Chris ricorda il suono delle ossa che si spezzano "In fondo, io posso perdere un regno intero, tu?"
Neil lo imita, le dita sul pomolo della spada, dove un ragno mostra i suoi mille occhi.
Alex stringe le cosce sui fianchi di Zanor, sorride - un tetro snudar di denti.
Il primo colpo gli frantuma un ginocchio, il secondo gli trancia una mano; al terzo Neil chiede pietà e non ne trova alcuna.


Stuart aveva aiutato Lady Alex a indossare i paramenti da guerra, ammirandola mutare pelle sotto i suoi occhi.
Dalla terrazza principale aveva studiato il terreno di scontro, valutato i rischi - osservato Neil Fisher cadere a terra come una bambola rotta, il re una figura che lo sovrastava, schiacciandolo.
Neil libera un grido spezzato, acuto - il suono del dolore e della sconfitta.
Il re ha affondato lo scudo proprio a metà della sua schiena, spezzandolo - riducendolo a nulla più che a un sacco di carne intrappolato in un grumo deformato di metallo.
Lady Alex sprona Zanor in avanti, indica a Redfield di accerchiare gli uomini di Neil - un profilo che non concede alcuna clemenza.
Wesker rinfodera la spada, fissa Neil con occhi disinteressati - vuoti.
"Legatelo." ordina, ignorando i suoi lamenti e la bocca piena di sangue "Mantenetelo cosciente, e vigile: voglio che sia presente a se stesso quando raggiungeremo Terragrigia."
Alex scivola sulla figura del fratello, alza lo sguardo verso Stuart - un cenno brusco del capo, dal quale Stuart comprende, e annuisce, solerte.
La Guardia Reale si mette in marcia, Neil una carcassa che viene trascinata nella polvere da Zanor.
Stuart si ritira nel buio del corridoio, nascosto dall'oscurità che gli regalano le fiaccole ancora spente.
Il tempo non è mai stato dalla loro parte.


Terragrigia brucia, lasciando una terra brulla e piena di sfregi.
Gli uomini di Lansdale vengono massacrati, le sue macchine belliche distrutte - nulla sfugge al veleno del Serpente.
La voce della disfatta di Lansdale raggiunge presto le altre casate, e diventa nota come l'Orrore di Terragrigia - corpi bruciati, mura crollate; un solco nerastro che avrebbe per sempre sfigurato il Nord.
Raccontano che il re abbia trascinato per cinque giorni e cinque notti il corpo esangue di Neil, lasciando che la roccia lo spellasse vivo.
Raccontano che Morgan abbia chiesto pietà, misericordia: che il re stesse quasi per concedergliela, ma che lei, la Serpe bianca, con il semplice tocco della sua mano gli abbia fatto cambiare idea.
Raccontano di un figlio mutilato, un padre spezzato.
Raccontano delle ingiurie di Carla, del silenzio eloquente di Simmons - una cuspide sempre più gonfia, gravida.
Raccontano di un re che toglie, e concede con la stessa forza.
Chris Redfield c'era, e sa che alcune di queste dicerie sono solo esagerazioni - che Neil dopo qualche ora era stato slegato e sistemato in una barella, incapace di sopportare il dolore di una schiena frantumata.
Che era stato il re a volere che fosse poi trascinato davanti a Lansdale da Zanor, come monito.
Ma Chris ha anche visto gli occhi di Alex sciogliersi - diventare qualcosa di così freddo e crudele da strappargli un brivido.
Ha visto il gesto con il quale ha sfiorato suo fratello - una carezza sul polso, nulla di più.
E ha visto il re trasfigurarsi - una bestia indomabile e spietata.
Ha visto, Chris, e si concede un sospiro esausto - Claire una grafia tondeggiante tra le sue mani.
Sul suo petto il Serpente nero brucia come un'ustione.


È la prima volta che incontra la dama in rosso.
Ada Wong è una ragazza di diciassette anni, tra i capelli un corvo scuro come i suoi occhi.
Il suo promesso sposo è l'unico erede della casata Kennedy, una bellezza poetica, e ben guardarlo.

Insipida.

Ada lo lascia a discutere con Luciani, s'incammina verso di lui - un volto liscio, privo d'espressioni.
"Ho saputo di Terragrigia."
Stuart annuisce, coglie l'occhiata sfuggente di William.
"Il suo aiuto è stato fondamentale, Lady Wong."
Ada lo fissa in silenzio, al polso un intreccio di piume e cuoio.
"Le mie Ombre sanno fare il loro lavoro."
"Non ho mai avuto alcun dubbio."
"Ma anche le tue spie non sono male."
Stuart china leggermente in capo, la ringrazia con lo sguardo.
Ada sospira, cogliendo i particolari della sala - i tendaggi azzurri, le armi appese alle pareti, i mosaici di pietra rosa che compongono l'impiantito.
"Lansdale è distrutto."
"Così doveva essere."
"Ma non il Nord."
Stuart le porge un bicchiere di vino, scivola con l'indice lungo la tavolata in onore della nascita della primogenita di Birkin.
"La Locusta e lo Scorpione."
Ada è indecisa tra una coscia di pollo all'anice o un gambero di fiume, tamburella con le dita sul mento.
"Innocui quando cade la neve." sottolinea, scegliendo poi il pollo "Ma è del lupo solitario che mi preoccuperei."
Stuart opta per una fetta di pernice, continua a camminare al suo fianco.
"La sua fedeltà non è al momento in discussione."
"Al momento." ripete Ada, sorridendo a Leon.
Stuart si dirige dall'altra parte del tavolo, aggiunge un po' di sale alla carne - si chiede se vi si sposi meglio la birra o il vino.
"Ne terrò conto."
Ada gli sfiora appena una spalla, s'inclina verso il suo orecchio.
"Anche io, Stuart." e cade il silenzio nella sala quando il re fa il suo ingresso "Anche io."
Le Ombre si ritirano assieme alla loro padrona.


"Non è bellissima?" si esalta William, e Alex alza un sopracciglio.
"È una solo bambina, Will."
"Non capisci niente." la redarguisce Birkin, liquidando le sue parole con un gesto seccato della mano.
"Assomiglia ad Annette, e questo è un bene." intercala Wesker, e Will esprime il suo disappunto con un guaito offeso.
"Lo so." lo precede la diretta interessata, prendendo Sherry in braccio "I Cinque Dèi ci risparmino la tua faccia da stupido, Will."
Alex libera una risata irriverente, Albert arriccia appena un angolo delle labbra.
Will apre la bocca, la richiude - incrocia le braccia al petto.
"Oh, ma certo, ridete pure; quando sarà grande vedremo chi di noi aveva ragione."
Ed è un bel sogno, quello di Birkin.
È un'idea che William lasciare cadere , tra una tragedia e una farsa - un'ironia che solo il destino riesce a comprendere.
Lui, Annette, Sherry, loro: un re che invecchia sul suo trono, al suo fianco una regina bianca - un erede, forse. Una menzogna che diventa verità e non ha più bisogno di nascondersi.
Pomeriggi passati a ricordare, a lamentarsi di una ferita di guerra, di una gamba malandata.
Un regno in pace, un equilibrio ritrovato.
Annette accarezza la fronte di Sherry, sorride a un domani dai grani già marci.
La collana che le ha regalato il re riposa nella sua culla, diamanti rossi e oro; Alex si tiene a distanza, spaventata da una realtà - da un ruolo - che non le appartiene (non ancora.)
William discute con Albert, lo istiga - un falco che si è sempre divertito a provocare il serpente.
Nel futuro non ci sarà spazio per nessuno di loro.


"Perché morì il serpente bianco?"
Glielo chiede uno dei primi giorni d'estate, la calura del pomeriggio che le arriccia i capelli sulla nuca.
"Quale fu la causa della sua dipartita?" ripete, ed è bella Alex; un viso aristocratico, le lunghe gambe fasciate di nero e cuoio.
"Non lo immagina, mia signora?"
Zanor ciondola la testa alle loro spalle, quieto - il manto un riflesso nerissimo e senza sfumature.
Alex sbatte le palpebre, labbra pallide - le guance arrossate dal sole.
Ha trentaquattro anni, Alex; una donna vecchia, per i canoni dell'Umbrella.

Immortale agli occhi del Serpente nero, una bocca che cerca con la stessa voglia di quando erano giovani e illusi.

"Sì, lo immagino."
Stuart abbozza un sorriso, alza il viso verso il cielo.
"Il dolore è il più potente veleno, mia signora. Ristagna nel cuore, nella mente; corrode, e non lascia nulla."
Alex sfrega le briglie di Zanor tra il pollice e l'indice, lo affianca.
"Solo cenere e rimpianto."
Neppure il Serpente ne sarà immune questa volta.


La Locusta è stata divorata dallo Scorpione - non esiste più.
Carla veste i simboli dell'artropode con l'orgoglio della vittime, una pelle pallida che nasconde un corpo contuso dal rifiuto.
Giace spezzato il Ragno, silenzioso il Lupo Orbo.
Tace il Nord, ed è un vuoto che nasconde troppo.
"Sta per succedere." mormora Ada, e Birkin intreccia le mani dietro la schiena.
"Stuart ha ricevuto notizie preoccupanti."
"Anche le mie Ombre."
Inspira, William, e scruta l'orizzonte con occhi attenti, vigili - da falco.
L'aria ha perso il tepore dell'estate, brucia di freddo e neve.
"Saremo pronti."
Ada si sporge oltre la balconata, un fruscio rosso e nero - il Corvo e il suo terribile messaggio.
"Lo spero." e si allontana - scivola nelle ombre di una storia alle sue ultime pagine.
Sotto di lui Sherry è l'unica cosa ancora innocente.


Il tempo è trascorso, ha scritto la sua storia - il suo epilogo.
I pezzi stanno prendendo il loro posto sulla scacchiera - alfieri e torri, cavalli e pedoni.

Re e regine.

È fiorita la Rosa nelle fertili terre del sud, pronta a vivere - a morire.
Alex è un profilo nudo nel buio della stanza, una curva che si flette per lui - con lui.
Scivolano l'uno sull'altro, due serpenti che si arrotolano sulle loro stesse spire - movimenti precisi, che parlano di un'abitudine che va oltre il desiderio.
Alex rovescia la testa all'indietro, gli offre la piega vulnerabile del collo - geme quando Albert la sfiora con i denti e morde.
Sangue sotto la lingua, tra i seni - dita che stringono e tremano e cercano.
Tracciano linee cremisi sulle lenzuola aggrovigliate, una trama in cui si perdono sogni e speranze.
Albert le blandisce la curva dell'ombelico con la lingua, scende - un sapore conosciuto, amato.
Il mondo sta crollando, il destino tagliando il suo loro ultimo filo - ma nulla ha importanza, nulla conta.
Alex si solleva sui gomiti, le mani di Albert sulle ginocchia - che aprono, ed espongono una voglia che brucia, sempre.
È paziente, Wesker; segue, blandisce, lecca, fino a quando non è Alex a invocarlo - a supplicare.
Sorride contro la sua bocca - un cuore che batte all'unisono con il suo.
La sovrasta, un uomo di cui Alex conosce ogni cicatrice - una pelle che non ha segreti, non per lei.
E c'è sempre quel momento, quel fragile istante in cui si guardano - in cui si trovano.
È un attimo; il tempo di un respiro.
Alex affonda nei suoi occhi - artici, da lupo - Albert in lei - tra le sue cosce, in un'iride trasparente come ghiaccio.
Ed è tutta lì, la verità.
Tace, abortita.
Grida, incapace di prendere altra forma che quella - un amplesso disinibito e senza filtri, umido d'entrambi.
Albert nasconde il viso nei suoi capelli, ondeggia tra i suoi fianchi - la bocca socchiusa contro la sua spalla, un respiro caldo sulla pelle, lungo la carotide.
Alex gli artiglia i muscoli della schiena, preme - incide, e sanguina il re per lei.
È un attimo; un orgasmo che divora - che li lascia deboli l'uno nelle braccia dell'altro.
Non ha incertezze il Serpente, crepe, se non quando muta per lei - con lei.
Privo di veleno, spoglio di ogni difesa, il Serpente sa che potrebbe essere ucciso - e basterebbe così poco per evitarlo; per mettere fine a ogni minaccia.
Alex gli bacia una tempia, le gambe ancora allacciate alla sua vita, languide.
Wesker si chiude attorno al suo corpo - in lei - e chiede al destino ciò che ormai non può più dargli: tempo.


La clessidra si è rotta.
Ha vomitato i suoi ultimi grani, e nulla potrà più ripararla.
È stato eletto il Cane a tre teste, un mastino implacabile - un ragazzino orfano e che anni prima si era trovato nella medesima posizione.

In ginocchio davanti al Serpente; una sorella a cui pensare, un feudo per cui combattere.

Il Falco e il Corvo si guardano, consapevoli.
La Serpe bianca tace, reca già in sé il seme di una nuova storia - una nuova vita.
Locusta, Libellula, Ragno; null'altro che insetti, gonfi d'odio, avidi di potere - lo Scorpione che domina su tutti loro.
Privo di branco, solitario: il Lupo Orbo annusa il cielo, chiede alla neve una risposta - la osserva tingersi di sangue e fuoco.
La Rosa schiude i suoi petali, profuma già di morte - la decadenza dell'inganno.
Stuart è un osservatore silenzioso, una presenza costante.

Un'ombra.

Diciott'anni prima ha abbandonato tutto quello che conosceva per seguire una leggenda.
Diciott'anni prima si è lasciato alle spalle un'isola rocciosa e fredda, un pugno di case e barche senza alcun valore.
"Sta arrivando." sussurra qualcuno, e Stuart non ha bisogno di voltarsi per sapere chi è.
Scivola un foglio tra le sue dita, ceralacca nera e pergamena pallida.

Il Corvo.

La apre, accartocciandola poi in un grumo di scolorito.
Lady Alex lo cerca con lo sguardo, alza un sopracciglio - dubbiosa.
Stuart le sorride, china appena il capo - la esorta a continuare.

A non far cadere la propria maschera nemmeno per un secondo: non qui, non adesso.

Wesker estrae la spada, Chris Redfield una figura d'oro e avorio inginocchiato sul porpora del tappeto che conduce fino al trono.
L'accosta alla sua spalla, pronuncia le prime parole del giuramento - Lady Alex un profilo ieratico ed elegante al suo fianco.

Eterno.

Stuart si volta, diventa un filo invisibile tra tutti loro - un vecchio a cui nessuno presta attenzione; un volto anonimo, uguale a mille altri.

Il nulla a cui consegni tutto.

Quando la corona cadrà, la sua fedeltà sarà l'unica cosa che impedirà all'eredità del Serpente di essere dimenticata e morire.




"We are each our own Devil and make this world our Hell."
- Oscar Wilde -











   
 
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