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Autore: OFFelia    24/06/2021    0 recensioni
"Minsoo, non ti sembra che i film drammatici inizino sempre come una commedia felice? Allora, pensavo, se la tua vita fa schifo all'inizio sicuramente il tuo destino sarà la felicità, no?"

Haneul è una ragazzina senza famiglia. Minsoo la famiglia ce l'ha, ma forse sarebbe meglio non averla. Sono due ragazze profondamente diverse ma per qualche motivo sembrano destinate a condividere le stesse esperienze, a vivere gli stessi dolori, a ricevere gli stessi abbandoni. La causa? Due ragazzi diversi ma appartenenti alla stessa famiglia, due ragazzi che pensano diversamente ma agiscono allo stesso modo, gli stessi che a loro volta sembrano condannati a scontare lo stesso destino e a fare agli stessi errori.

Haneul è una ragazza frivola e Minsoo odia le persone frivole.
Minsoo è da sempre una donna indipendente, Haneul ha bisogno di qualcuno che badi a lei.
Haneul è cresciuta desiderando di essere amata sinceramente.
Minsoo è cresciuta desiderando di non doversi mai innamorare.

"Sarò sincera Haneul, non ho mai visto nessun film iniziare male per finire bene. Di solito, se va male, andrà sempre peggio."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: Lime | Avvertimenti: Gender Bender, Tematiche delicate
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•••
Sai Minsoo
credo sia colpa del destino.


Alcune cose sono
semplicemente inevitabili.
•••

 

"Mi piaci, Seojin. So che ti aspettavi qualcosa di meglio, so che avrei dovuto portare dei fiori, un regalo. Eppure ho deciso di dirtelo e basta, usciamo insieme."

"Conquistami. Io non voglio una storia d'amore qualsiasi. Voglio essere corteggiata e poi conquistata, voglio dei fiori, un regalo, voglio mangiare un dolce. Voglio un appuntamento, anzi, ne voglio tre. Al terzo, diventerò la tua ragazza."

•••
Grazie Minsoo
sai, mi hai insegnato che tutte le donne
meritano di essere amate, ammaliate, corteggiate.

Tutte le donne meritano una storia d'amore
una di quelle indimenticabili.

Alla fine, l'unica cosa che bisognerà accettare
è che quando stringi qualcosa di veramente prezioso
il prezzo da pagare sarà sempre troppo alto.

•••


"Fai in fretta Haneul." Aveva urlato la signora Han prima che entrasse nell'edificio. Lei nello stabile non aveva neanche voluto metterci piede. Haneul, che non era altro che una bambina, avrebbe dovuto raccogliere i suoi effetti personali, le cose più importanti e meno ingombranti.

I signori Nam non volevano la casa piena di cianfrusaglie, avevano detto così, senza badarci troppo. L'uomo, il padre di famiglia, non era andato insieme a loro, aveva delegato soltanto la moglie.

Da quella notte erano passati alcuni giorni, poi grazie a quella che sembrava essere una segnalazione anonima erano arrivati gli agenti a casa sua, presero Haneul e la portarono in centrale, cercando un po' in giro prima di lasciare l'abitazione.
 

In stazione, Haneul, era sembrata stranamente calma agli agenti, la osservavano perplessi. La ragazzina era certa che quella segnalazione fosse stata effettuata da sua madre e che sicuramente da quel momento in poi sarebbe andato tutto bene. Qualunque cosa fosse accaduta, voleva soltanto tornare a casa con sua madre.

Dondolava le gambe coperte da un leggero pantalone, alto fino al ginocchio, sulla sedia di plastica blu della centrale di polizia. Era uscita in pigiama e ciabatte e una delle due tendeva a dondolare più delle altre.

"P-Perché fa così?" Sentì chiedere ad una delle guardie, era un giovane uomo col viso bucherellato dall'acne che Haneul guardò di sfuggita, chinando subito il viso per concentrarsi sul movimento dei suoi piedi nudi, incastrati nelle logore ciabatte di stoffa gialla, un po' inscurita.

"Non so, forse non si è ancora resa conto." Rispose qualcun altro.

Haneul non volle darvi peso, sarebbe andato tutto bene.
 

La signora Nam, rimasta in auto, Haneul poteva vedere benissimo dalla finestra del suo appartamento che stava fumando una lunga e sottile sigaretta bianca, soffiando elegantemente il fumo fuori dal finestrino. Rimasta troppo a lungo ad osservare quella donna che di pensieri sembrava non averne, capì che avrebbe dovuto sbrigarsi.

Prese allora lo zaino che utilizzava per andare a scuola e sebbene con le mani tremolanti, vi infilò i vestiti stropicciati, come per tirare un pugno alla bocca della borsa.

No, non era andato tutto bene.

•••
Sono cresciuta
che mia madre mi tagliava in capelli
con il righello di scuola e la forbice della cucina.

I miei vestiti erano quasi sempre ricuciti
ma mai nuovi.
•••


Haneul aveva gli occhi piccoli, come sprofondati dentro la pelle. Non dormendo da giorni li sentiva pesanti e secchi, non era riuscita a prendere sonno neppure una volta da quando gli agenti l'avevano portata a casa dei signori Nam, per la bambina, soltanto degli sconosciuti.

Intorno a lei, in quell'appartamento sporcato dal passaggio degli agenti, che come animali avevano messo tutto sotto sopra, ogni cosa si era sbiadita. Tutto sembrava passato, lontano.

Non aveva vissuto anche lei in quel posto fino a qualche giorno prima? Poteva ancora sentire l'odore cattivo, pesante, di sigarette lì dentro.

La sua tv, quella a tubo catodico che nei drama in TV non si vedeva più; il fornello vecchio e sporco con le chiazze di caffè, sughi, brodi, che non veniva mai pulito troppo bene; il frigo piccolo e a buon mercato, comprato in un mercatino delle pulci con sua madre, ricordava quando lo avevano visto e Haneul lo aveva trovato, a parere di sua madre, stupidamente carino; il ventilatore che utilizzavano in estate, sua madre si ostinava a ripararlo ogni volta che si rompeva (davvero spesso).

Quella non era anche casa sua? Conosceva ogni angolo di quell'appartamento, ma perché non lo sentiva più suo?

Per terra, vicino la porta d'ingresso, vide che la cornice con la loro unica foto insieme era caduta, probabilmente a causa dei poliziotti. La prese, scorniciandola - anche perché ormai il vetro era andato - e la infilò nello zaino, senza neppure guardarla. Non voleva ancora guardare la sua faccia.

•••
Io l'aspettavo ogni giorno dopo cena
perché generalmente non rientrava prima della sera.

Me ne stavo seduta sul divano e guardavo la tv
che però non funzionava
ogni tanto scoppiavo a ridere come davanti ad un variety
immaginavo che nelle altre case
le famiglie guardassero insieme la tv
ridendo assieme, in compagnia.

Quando tornava, lasciava cadere rumorosamente
le sue scarpe e correva verso la cucina
magari in cerca di cibo.

Però, visto che io ero sempre sveglia ad aspettarla
passava a darmi un bacio sulla fronte
e mi chiedeva come fosse stata la mia giornata.

Ero molto grata di poterla
vedere anche solo una volta al giorno.
•••


"Hai tutto?"

"Sì signora."

Porgendole la mano di fronte al viso la signora Nam disse: "dammi le chiavi."

Haneul, sorpresa, sgranò gli occhi. "Perché?"

"Come perché? Il padrone di casa deve affittare l'appartamento, vuole le chiavi. Sei sicura di avere tutto vero? Butteranno via ogni cosa. Gioielli, cose di valore, dovevi prendere queste cose."

Guardando la signora Nam che, con gli ultimi tiri di sigaretta tra le labbra, parlava senza tatto, senza sentimento di quella faccenda, Haneul come svegliatasi da un sonno troppo lungo, troppo profondo, prese a sorridere.

La donna sembrò sorpresa dalla sua reazione. Aveva quella stupida faccia di qualcuno che non si aspetterebbe mai una cosa del genere, e in fondo, non sembrava poi così difficile comprenderne il motivo.

Haneul aveva cominciato, tutto ad un tratto, a pizzicarsi la guancia. Non una, non due, non tre, non cinque volte. Continuò, continuò a lungo, stringendo sempre di più i polpastrelli attorno alla sua pelle che poco a poco si arrossava, si macchiava.

"Haneul, cosa stai facendo?"

Non rispose neppure, continuava a pungersi la faccia.

Doveva essere per forza uno scherzo, un sogno, quello.

Sua madre che, nel bene o nel male, le aveva offerto quantomeno la sua instabile presenza, come poteva essersene andata? Fuggita? Impossibile! Allora avrebbero affittato il loro appartamento ad altre persone? La loro tv, il loro frigorifero, il loro ventilatore, li avrebbero buttati via? E lei? Non aveva alcuna possibilità di scelta, nonostante quello che sarebbe stato gettato via faceva parte della sua vita, della sua famiglia?

Continuando a sorridere, continuando a pizzicarsi adesso anche l'altra guancia, le lacrime iniziarono ad uscire copiose, grosse nei suoi occhi. La signora Nam era semplicemente impallidita davanti a quella scena.

Una donna sofisticata e di classe come lei come avrebbe potuto cercare anche solo di immedesimarsi in lei? Haneul, non chiedeva né si aspettava comprensione.

Sorprendentemente, però, la signora cercò di afferrare i polsi della ragazzina per impedirle di continuare. Haneul finse di poter reggere, ma in realtà c'era poca forza nel suo corpo, poca determinazione e se le avessero soffiato addosso, lei forse si sarebbe anche lasciata cadere.

Pensava che, se si fosse pizzicata abbastanza forte, prima o poi avrebbe smesso di sentire dolore, come nei sogni.

"Vedi di smetterla, ragazzina! - Disse la donna e causa dell'urlo acuto che scandì la sua bocca elegante, Haneul istintivamente dovette voltarsi verso di lei. - I genitori non vivono soltanto per i loro figli, lo sai?! Sono persone anche loro!"

Haneul, che neppure capì quello che le aveva voluto dire quella donna, comprese invece, anche avendo solo dodici anni, che forse in quel momento la cosa migliore per lei e per chi si era preso la bega di accudirla, sarebbe stata non dire nulla.

•••
Un giorno mia madre
non uscì neanche una volta di casa.

Aspettò la mezzanotte per abbracciarmi
e salutarmi per l'ultima volta.

"Mamma ti ama Haneul
ci rivedremo sicuramente."

Disse così.

Avevo dodici anni quando mia madre
scappò dal nostro appartamento.

Non ero abbastanza matura per compatirla
e non ero abbastanza infantile per accusarla.
•••

Silenzi imbarazzanti, sguardi furtivi da parte della servitù, risatine, erano tutte cose a cui non avrebbe mai pensato di abituarsi.

La residenza Nam non era semplicemente una villa, si trattava a tutti gli effetti di una reggia, con grandi giardini e fontane, con maggiordomi, con cameriere e camerieri, con giardinieri, con pavimenti in marmo e colonne dorate in giro per la casa, con scalinate scintillanti e inchini formali, probabilmente la parte più difficile a cui abituarsi.

Le avevano riservato una delle tante stanze degli ospiti, grande, spaziosa, con grosse finestre e tende dai tessuti pregiati e brillanti. Le lenzuola erano morbide, profumate come non pensava potessero essere, aveva una scrivania e un computer tutto suo, un bagno personale e dei vestiti che non aveva scelto.

I suoi, quelli che aveva recuperato in casa, erano rimasti nello zaino e la cameriera che le aveva spiegato a che ora raggiungere la sala da pranzo per i pasti in famiglia, o anche come richiedere un servizio (per esempio, farsi preparare un bagno), aveva aggiunto che indossare quel genere di capi non sarebbe stato ben visto all'interno della residenza, quindi era consigliato utilizzare quelli che i signori avevano fatto acquistare per lei.

Erano abiti nuovi, poteva dirlo solo guardandoli che quei vestiti non erano mai stati indossati prima d'ora. C'erano scarpe, biancheria intima, persino uno zaino nuovo con fiori e stelle stampati sopra. Un grandissimo armadio all'angolo della camera li conteneva ordinatamente.

Per diversi momenti, in quella lussuosa, silenziosa solitudine, Haneul pensò di star davvero sognando.

Perché si erano preoccupati per lei? Perché acquistare tutte quelle cose per lei? Allora, sarebbe davvero rimasta in quella casa a lungo? Allora, davvero sua madre non sarebbe più tornata?

Bussarono alla porta e Haneul, sorpresa, balzò indietro. Non seppe neppure lei perché si spaventò.

"Avanti!"

Entrò allora il giovane signorino Nam Jihoon, prima di allora non ci aveva mai parlato. Lo aveva visto durante i pasti principali ma non le aveva mai rivolto la parola. Il ragazzo, guardandosi intorno, mise le mani nelle tasche sul ventre della felpa verde che indossava, sorridendo soddisfatto. "Piuttosto cool, eh?"

Haneul, che in realtà non sapeva cosa dire, incrociò le braccia sull'addome e si inchinò formalmente davanti a lui, il quale sembrò non aspettarselo proprio. "Grazie per tutto questo."

Rimanendo in silenzio, per qualche tempo, Haneul pensò non fosse il caso di cambiare posizione. Più lungo sarebbe stato l'inchino, più gratitudine avrebbe dimostrato.

"Non devi ringraziare me, è opera dei miei genitori. Io non c'entro nulla." Spiegò e allora la ragazzina si rimise alzata.

"Comunque non era necessario."

"Non è che l'abbiano fatto per te - continuò il ragazzo, il cui viso, si accorse dopo averlo guardato forse per la prima volta a testa alta, doveva essere stato disegnato dagli angeli del paradiso (o qualcosa del genere) - non puoi sembrare una pezzente adesso che vivi qui e che sarai accostata a loro."

•••
Quando mia madre fuggì
i signori Nam dissero a tutti i loro vicini
che era una cara amica di famiglia e che
purtroppo era stata coinvolta in un incidente all'estero.

Eppure mia madre non era mai stata all'estero
non era loro amica
e d'altronde, non era neppure mai morta.
•••


Jihoon aveva gli occhi allegri, grandi, scuri come nocciole, più espressivi di quanto tutto il resto del suo viso fosse. Aveva solo quindici anni eppure già ne dimostrava diciotto o venti, vestiva bene, vestiva firmato e anche indossando quel genere di capi, tutto sembrava non avere nessuna consistenza addosso a lui, come naturalmente radioso.

Jihoon, come i suoi genitori, sembrava appartenere ad un mondo lontano, aveva un modo di camminare, di guardare, di parlare, di muoversi e persino di respirare che era diverso da quello di tutti gli altri. Certamente la sola ricchezza di cui usufruivano distorceva il modo in cui gli altri li guardavano, ma anche per questo, loro si ponevano in modo diverso dagli altri, persino tra familiari stessi.

Jihoon era sicuro, anche quando il suo modo di parlare poteva risultare goffo a causa dell'età, c'era qualcosa in lui, anche solo il modo in cui rivolgeva lo sguardo, che lo rendeva diverso e probabilmente meno ridicolo di qualsiasi altro quindicenne.

"Comunque, ho visto che non tocchi quasi cibo a tavola. Devi mangiare."

Haneul, con gli occhi posati sulla sua figura, ne restò inevitabilmente colpita. Anche se parlava bruscamente era sembrata ugualmente dolce la sua preoccupazione. "Non ho molto appetito."

"Beh fattelo venire, non mangiando non è che tua madre torna. Pensi forse che valga la pena morire per qualcosa del genere? Non sei stata abbandonata per strada, come un cane."

•••
Come aveva detto anche Jihoon
sono sicura che se mia madre
scelse quella casa, lo fece per amore.

Non è che non lo capissi allora
ma non volevo accettarlo.
•••

Stava per concludersi l'ennesimo pomeriggio scolastico, per questo, un po' spossata, Haneul aveva preso a guardare il cielo. In ogni caso, avrebbe dovuto aspettare il suo turno. Sperava solo non finisse troppo presto quella meritata pausa; a dirla tutta, non aveva mai studiato così tanto e non le era capitato spesso di sentirsi stanca per il troppo studio.

Dopo essersi trasferita in quella scuola di ricchi, le sembrò di non aver mai studiato nulla sul serio fino a quel momento. Certo doveva dare il massimo, lo sguardo dei signori Nam era fisso su di lei e non cercava orgoglio o soddisfazione quanto rispetto e risultati.

Non poteva deluderli o essere al di sotto delle loro aspettative, giusto?

Sospirò, era davvero stanca.

"Studentessa, sei nuova, non è così?" Aveva domandato un ragazzo che aveva appena finito di bere dalla fontanella. Toccava a lei, finalmente.

Lo studente si era successivamente appoggiato alla struttura di mattoni che circondava i rubinetti, molti dei quali rotti o con un getto troppo forte o troppo lento.

Haneul, che non aveva fatto amicizia a scuola quasi con nessuno, si mise a bere soddisfatta e non pensò neppure per un secondo che quel ragazzo stesse parlando con lei.

"N-Non rispondi?" La chiamò ancora.

Allora Haneul, confusa, sollevò il capo. Quello che sembrava essersi rivolto a lei era il nuovo studente trasferitosi poche settimane prima dalla Cina. A scuola si era parlato molto di lui in quel periodo, nessuno diceva che fosse simpatico, gentile, antipatico o scorbutico, a tutti interessavano i suoi soldi e la storia della sua famiglia

Haneul batté qualche volta le palpebre verso lo studente. "Dici.. a me?"

"Vedi qualcuno qui intorno?" Chiese lui, un po' offeso, arricciando le labbra come un bambino arrabbiato. Haneul trovò quell'espressione un po' carina.

Al contrario di come poteva sembrare a causa di tutte quelle voci che lo ritraevano come un giovane, sicuro e sfrontato chaebol, quel ragazzo sembrava piuttosto timido, forse anche perché non conosceva bene la lingua.

"Mi sono trasferita il mese scorso, ma sono di Busan. Prima... frequentavo un'altra scuola." Si affrettò a rispondere allora, cercando di non evidenziare parti del discorso che avrebbero potuto far sorgere domande scomode.

Il ragazzo, di cui non ricordava il nome, l'aveva osservata attentamente mentre parlava e sembrò perplesso. "Sei di Busan? Non sei... qualcosa come americana?"

Capì allora che si trattava dei suoi occhi. Vedendo quanto erano diversi, rispetto a tutti gli altri, doveva essersi incuriosito. Sicuramente a scuola c'erano altre persone che pensavano fosse straniera però nessuno glielo aveva mai chiesto direttamente.

"No. Mio padre era tedesco, per... per questo." Annuì, svincolando con lo sguardo.

Lo studente, come rassicurato dalla confidenza, le sorrise. "La scuola è grande, conosci qualcuno? No, anzi, se ti serve qualcosa puoi chiedere a me. Visto che io sono nuovo e sì, tu sei nuova... diventiamo amici, ok? È utile per entrambi."

Confusa, Haneul lo sollevò lo sguardo e scoprì che il sorriso di quel ragazzo era incredibilmente accogliente e caldo, per qualche ragione.

Prima di quel momento, non aveva trovato la stessa comprensione da parte di altri studenti. Nessuno aveva cercato di parlarle, di sapere di più da lei o semplicemente di venirle incontro in quanto trasferitasi da poco.

"Allora, andiamo a mangiare d-dopo la scuola?" Gli chiese, dopo non aver pensato abbastanza e scorgendo l'espressione sorpresa sul volto del ragazzo del terzo anno, che indossava la divisa scolastica con stile.

Tra il prendere la palla in balzo, rischiando di sembrare ridicola, o il preferire la dignità e passare da sola l'intero anno scolastico, Haneul scelse la prima.

"Come ti chiami?" Domandò senza rispondere però alla proposta della studentessa.

"Jung Haneul."

"Io sono Xi Bohai. Andiamo a mangiare assieme dopo la scuola." Così dicendo, aveva annuito ed era corso via, lasciando Haneul vicino le fontanelle e scomparendo dentro la scuola.

•••
Mi manca l'ingenuità di quei momenti
forse anche perché io non mi sono
mai abituata al mondo degli adulti.

Non mi è mai piaciuto
e tu lo sai bene.
•••

Quando finirono le lezioni, Haneul raccolse in fretta i libri, le penne, infilandoli nervosamente nello zaino. Aveva fretta di uscire ma anche timore di farlo. Se Bohai si fosse dimenticato dell'appuntamento come avrebbe dovuto reagire? Non sapeva neppure in che sezione trovarlo. Chiedere in giro, ne era certa, sarebbe stato strano e avrebbe alimentato inutili voci.

La scuola era un ambiente dispotico dove leoni, gazzelle, polli e pecore combattevano per mantenere la propria posizione. Haneul, non aveva avuto abbastanza tempo per scegliere con chi stare ma in realtà non ne aveva ancora sentito neanche il bisogno.

"Hai fretta, studentessa trasferita?" Domandò la sua vicina di banco, Kim Insook, vedendo com'era agitata mentre sistemava le cose.

"Oggi vado a mangiare il ramen." Affermò, con un sorriso beota stampato sul viso. Non pensò neppure a quali reazioni avrebbero potuto avere i compagni di classe ancora in aula sentendole dire una cosa del genere. Era sinceramente entusiasta.

I signori Nam non pranzavano quasi mai tutti insieme durante la settimana, per questo lei, così come le aveva detto la signora, era libera di restare fuori. Ogni mattina le dava una sorta di paghetta piuttosto generosa che in realtà non avrebbe comunque potuto spendere soltanto per del cibo. Le prime volte aveva pure cercato di restituirglieli ma la signora le aveva detto di metterli da parte, che le sarebbero sicuramente serviti in futuro.

"Fatti furba, mocciosa!"
Aveva detto una volta.

Nemmeno Jihoon tornava mai per pranzo, il marito lavorava fino a tardi e la signora Nam preferiva sicuramente non averla intorno, ma non era stata brusca nel farglielo capire.

"Davvero?" Rise Insook che ne sembrava entusiasta almeno quanto lei, o così le sembrò. Poi, allontanandosi dalle sue amiche che erano sedute sui banchi in modo scomposto, chi ad osservare la scena chi a giocare col proprio cellulare, prese il portacolori di Haneul e lo sollevò, come per osservarlo.

La ragazzina, sorpresa e confusa da quell'interesse, non capì ma avrebbe voluto si sbrigasse, così da poterlo riporre nella borsa. "Cosa c'è?"

"É vero che alla villa hanno i maggiordomi?"

"No... cioè, ci sono molti camerieri ma nessun maggiordomo."

"Incredibile ragazze - continuò Insook, dando le spalle ad Haneul mentre mostrava e sventolava il suo portapenne davanti alle amiche - vi rendete conto di cosa stiamo parlando? Questo non te lo hanno comprato nuovo, vero?"

In effetti, sebbene le avessero messo a disposizione davvero di tutto, non avevano pensato a comprarle il portacolori (o chi per i signori Nam), così lei ne aveva preso uno ad una bancarella con i soldi della 'paghetta'. Quella Insook doveva essere eccezionale se riusciva a notare quel genere di cose, pensò Haneul.

"Non importa loro sono davvero molto gentili con me - annuì Haneul, molto confusa e indecisa su come comportarsi in quel momento. - Non c'è davvero nulla che possa dire su di loro."

"Se te ne vai in giro con queste pacchianerie mi sembra molto irrispettoso però, Jung Haneul - continuò Insook il cui tono diventava sempre più sostenuto, cantilenante - non pensi sia abbastanza quello che ha fatto tua madre?"

In realtà Haneul non credeva si sapessero tutte quelle cose della sua vita, non pensava neanche potesse esserci qualcuno interessato al suo passato. Era sciocco da parte sua? In quel momento le sembrò di sì. In quella gabbia potevano non esserci leoni pronti a difendere il proprio terreno? Eppure, lei che non era neanche un agnello, quale minaccia presentava?

"Mia madre cosa?"

"Beh, è morta no? Quasi se ne sia lavata le mani di te... ha lasciato il fardello sulle spalle di una famiglia benestante... sembra la trama di un film d'amore, vero ragazze?" Chiese, alimentando gli animi delle compagne alle sue spalle che sembrarono ruggire tra chiassose risate e commenti fastidiosi.

"Mia madre è morta, non... non parlare così delle persone morte." In realtà, visto che era sicura che sua madre non fosse morta, non diede molto peso a quelle parole.

"Hai ragione Haneul, sono una maleducata, scusami - disse ancora Insook, trascinando la cerniera del portapenne per aprirlo e poi lasciandolo cadere sul pavimento - è che sono proprio infastidita da te e dal tuo stupido faccino sorridente. Visto? Ora che non sorridi mi sento meglio."

Penne, cancellini, colori, matite e gomme scivolarono rovinosamente fuori, dilagandosi e sparpagliandosi dappertutto. Haneul seguì la cancelleria con lo sguardo poi quasi con tono arrendevole, chiese sottovoce: "Scusa, ma io cosa ti ho fatto?"

"Oh no, guarda è stato un incidente. Ti chiedo scusa, mi è caduto. Hai fretta? Ti aspetta qualcuno?"

•••
Ripensando a come ero
l

o rimpiango.

So che non saresti stata fiera di me
eppure sono grata di aver sofferto e sorriso
con ingenuità.
•••


Da lontano, risuonò una voce maschile. "Che succede?" Era Bohai che l'aveva raggiunta in fretta e si era chinato a raccogliere le penne per lei. Sul momento Haneul, troppo confusa, non fece nulla, rimanendo a guardare come imbambolata un compagno piegato sul pavimento ad aiutarla. Era sorprendentemente piacevole venire aiutata da qualcuno.

Comunque gli stava lasciando fare il duro lavoro, allora si diede una scossa e si mise ad aiutarlo. Di fianco a lei, Bohai si concentrava cercando di raccogliere quante più penne con una sola mano.

Bohai sumbae è davvero gentile. Pensò, assorta nell'osservare i suoi lineamenti delicati e un po' buffi, mentre al suo fianco terminava il lavoro. Lui non sa niente di mia madre?

La sua compagna di classe scoppiò a ridere, un po' nervosa. "Non ci posso credere, Dasom aveva ragione. Voi due uscite insieme? Ma almeno lo sai che la madre di Haneul era una cacciatrice di doti?"

Cacciatrice di doti? Si chiese. In realtà non aveva mai sentito quella parola, eppure riusciva comunque a capire che non doveva trattarsi di un complimento. "Cacciatrice di..." provò a domandare ma venne bruscamente interrotta da Bohai.

"Sai già dove andare?" Chiese infatti, una volta sistemato tutto, senza neppure dare importanza alle provocazioni delle sue compagne di classe.

Per Haneul, fu inevitabile sorridere. Bohai aveva un viso dolce e allegro, anche il suo tono di voce era carino. Il suo corpo emanava un calore diverso, una familiarità, un'inspiegabile accoglienza, come il suo sorriso. Solo stargli vicino sembrava trasmetterle energia positiva. "Non ancora. E tu?"

"C'è un posto carino - disse poi, uscendo dalla classe mentre le teneva il braccio - è vicino la scuola superiore Jangmo. Andiamo?"

Haneul annuì, camminandogli accanto.

Jangmo, Jangmo... dove ho già sentito questo nome? Pensava la ragazzina, mentre si avvicinavano sempre di più alla meta (almeno a detta di Bohai), lei non conosceva quelle strade e neanche la zona. Poi, all'improvviso, le venne in mente! Si trattava dell'istituto artistico superiore che frequentava il figlio dei signori Nam, Jihoon!

Era una buona o una cattiva idea? Andare nei dintorni della sua scuola non gli sarebbe sembrata una provocazione, no? Jihoon anche se era stato molto gentile in diverse occasioni, sembrava voler mantenere le distanze da Haneul.

Aveva un carattere forte e non era chiaro cosa provasse per lei. Era distante, ma non cattivo. Lui, semplicemente, forse proprio perché conosceva così bene la situazione di sua madre, del motivo per cui viveva a casa sua, non voleva esserle amico.

Non gliene aveva mai fatto una colpa ma, con tutta franchezza, sperava di stargli simpatica prima o poi. Almeno prima che sua madre sarebbe tornata.

"Come mai andiamo proprio lì?"

"Vendono un tipo di ramen che mangiavo in Cina."

"Parli bene per non essere coreano, prima non sembrava." Ammise, docile.

Lui, come imbarazzato, si grattò la nuca. "Mia madre è coreana, mi ha insegnato fin da piccolo a parlarlo. Non sarebbe stato semplice, altrimenti."

"Che bello! Come mai vi siete trasferiti?"

"In realtà non potrei dirlo ma, in pratica, sono stato preso a dei provini. Per i miei non era un problema trasferirsi, l'azienda dove lavora mio padre ha una filiale a Busan quindi non è stato un gran problema."

Haneul, che aveva capito bene cosa intendeva, sorrise radiosa. "I provini? Quindi debutterai come idol?"

Bohai, le cui orecchie erano diventate rosse d'imbarazzo, le mise una mano sulla bocca, avvicinandosi molto al suo viso. "N-Non dirlo ad alta voce - sussurrò - io non dovrei dirlo a nessuno."

In effetti non ci aveva pensato. Si era comportata come una stupida, anche se di fatto non credeva bisognasse mantenerlo segreto. Quanti altri, nella sua situazione, non lo avrebbero detto in giro per vantarsene?

Il contratto, certo. Deve rispettarlo. Rifletté successivamente.

Poco dopo, Bohai aveva tolto la mano dalla sua bocca e si era scusato ma per qualche ragione era rimasto ad osservarla. Forse era ancora curioso dei suoi occhi azzurri, quindi Haneul preferì non dire nulla. Bohai aveva occhi gentili e sorridenti anche con un'espressione seria come quella.

"Haneul, tua madre è-"

"Cosa? Che ci fai qui?!" Domandò Jihoon, di cui conosceva bene la voce, sbucando letteralmente all'improvviso. Si era come materializzato dal nulla, visto che non aveva notato la sua presenza prima che aprisse bocca.

Sapeva che era una zona vicino la sua scuola ma non pensava che lo avrebbe davvero incontrato. Quante probabilità c'erano? Haneul chinò lo sguardo, in qualche modo intimorita da lui e dal suo vocione, dalla sua presenza. Poteva sentire i passi delle scarpe da ginnastica che indossava, mentre si avvicinava.

"Q-Questo è solo un caso. Io non sapevo fossi qui."

"Non sapevi frequentassi la mia scuola?" Continuò sarcastico e in realtà un po' divertito.

"C'è qualche problema?" Chiese Bohai, mettendosi davanti a lei, quasi come uno scudo. Era strano visto che con le sue compagne di classe non aveva detto niente, almeno non a loro, quindi non si aspettava prendesse quel tipo di posizione.

Gli amici di Jihoon, tutti studenti delle superiori, si avvicinarono restando però alle spalle di quello che sembrò quasi il loro capetto. Jihoon alzò una mano come per dirgli "calmatevi".

"Chi sei tu che parli ad uno hyung senza rispetto?"

Bohai si mise le mani in tasca, mantenendo il contatto visivo orgogliosamente. "Ero qui con la mia amica. Mi chiedevo chi fosse questo ragazzo che la spaventa."

Fu allora che Haneul ipotizzò che, al contrario degli altri, Bohai non doveva conoscere la sua storia, né quella di sua madre - come in effetti aveva cercato di chiedere prima che venissero interrotti. Altrimenti non avrebbe certo preso posizione, per lei, giusto?

"Non sei troppo giovane per uscire con una ragazza? Non sapresti manco che farci." Disse Jihoon, ridacchiando insieme ai suoi amici che si erano fomentati con quella battuta. Vedendo che Bohai indossava la divisa delle medie doveva essersi automaticamente incoraggiato a parlare in modo così spavaldo. Che poi, frequentava il primo anno delle superiori quindi avevano soltanto un anno di differenza.

Bohai arrossì un po', sbuffando. "Ti piace Haneul o qualcosa del genere? Perché altrimenti non capisco cosa vuoi da lei."

"A me? - Sbottò Jihoon, che continuava a ridere come uno sbruffone. - Ti stai sbagliando, lei è mia sorella."

"Eppure non vi somigliate." Continuò Bohai.

"Yah, non hai intenzione di smettere di parlare in questo modo?"

Jihoon non era certo un elemento semplice da gestire, aveva un modo fastidioso ed enigmatico di rivolgersi alle persone, anche con quelle che probabilmente gli piacevano, come sua madre o suo padre. Che si trattasse del suo reale carattere o della fase che affrontava a causa dell'età, di quello non era certa.

"Perché non ci date un taglio?" Domandò uno degli amici di Jihoon, uno di quelli che non si era fomentato. Era molto singolare nell'aspetto. Alto poco più, ad occhio, di Bohai, aveva il volto disteso, pulito, i capelli scuri e la frangia gli incorniciavano la faccia che doveva, di recente, aver incassato qualche botta, forse un pugno visti i lividi. Aveva le labbra sottili ma ben delineate, con una ferita che sicuramente si era cicatrizzata da poco alla sinistra della bocca. Il naso adunco non stonava affatto sul suo viso, anzi compensava alla delicatezza del taglio degli occhi, o delle ciglia lunghe.

Era riuscito a zittire tutti, anche Bohai doveva essersi sentito ammonito.

"Non pensare di conoscermi." Continuò Jihoon, picchiettando il suo arrogante dito sul petto del ragazzo cinese.

Per quanto Haneul si sforzasse non riuscì a capire perché disse una cosa del genere a Bohai, neppure lo conosceva!

Il suo compagno di scuola sbuffò infastidito. "Visto che non ci conosciamo, semplicemente non disturbarmi più."

Jihoon, ormai lontano qualche metro da loro, si fermò urlando con fare stucchevolmente amichevole: "vedi di non parlare troppo, comunque."

"Nessuno parla di te." Rispose Bohai, intento a non lasciargli l'ultima parola. Poi, rivolgendosi con estrema gentilezza disse ad Haneul di andare.

~•●•~

"Era sul serio lui?" Domandò Dohyun, poco dopo, camminando sulla strada che li aveva già condotti al market dove avevano preso da mangiare.

Jihoon, da quando Haneul e quel tipetto, Bohai, erano andati via, aveva messo un inspiegabile broncio. Neppure lui aveva ben capito perché si era così tanto infastidito, ma alcuni motivi validi c'erano.

Se avesse detto la verità ad Haneul, chissà che lei non lo andasse a raccontare in giro. Era già difficile per lui gestire quella faccenda, figuriamoci per una ragazzina di tredici anni in cerca del suo posto, di uno spazio nell'atroce ambiente scolastico.

"Sì - annuì Jihoon, infilando la mano libera in tasca mentre con l'altra reggeva il ramen crudo che mangiava come una barretta di cereali - non ti sembra troppo strano come caso?"

"Non avevo mai visto tua sorella - continuò Dohyun, i loro amici erano poco avanti quindi probabilmente non potevano sentirli - e in effetti non ti somiglia, quindi... punto per lui?"

"Idiota." Sbuffò Jihoon.

"Secondo me non lo sapeva davvero. Poi sii razionale, è carina quindi magari gli interessa e lo ha fatto per questo. Lei... certo non passa inosservata."

"Che io sappia non ha molti amici, penso anche per colpa del suo aspetto."

"Lo pensi davvero?"

"Cosa?"

Dohyun lo colpì con il piede sul polpaccio, imprecando. "Aish7, ti sembro stupido? Fingi di non saperlo per sentirti meglio?"

Era vero che lui conosceva il motivo, comunque non è che fosse colpa sua. Se suo padre era una persona in vista, se lui, un po' per riflesso, un po' perché era bello (si, era consapevole di essere molto bello), era diventato famoso nella zona, non ne aveva colpa. Jihoon che la scuola la viveva ancora sapeva bene come funzionavano quelle cose, una ragazza povera, sfortunata e triste che finiva nella villa di una famiglia benestante a fare la sorellina di un ragazzino inutilmente popolare.

Sì, poteva essere fastidioso per le altre ragazze, comunque non era soltanto quello il motivo.

In giro si parlava molto della signora Jung, 'signora' per cortesia, si diceva. Era una donna molto libertina, che si era intrattenuta con una quantità improbabile di uomini - così dicevano le voci, neppure la sua falsa morte l'avrebbe salvata da quella nomina. Non aiutava, d'altronde, il fatto che Haneul non passasse inosservata con quei suoi splendidi, grandi occhi azzurri.

Sono belli, un po'. Pensò Jihoon, imbronciato, come per giustificarsi per chissà quale motivo. In effetti gli sembrava un po' sbagliato trovare la sua sorella acquisita, carina.

Comunque, non doveva essere una situazione semplice da gestire per una ragazzina con la mentalità di una bambina.

Sbuffò, probabilmente non era così drammatica la situazione.

"Seojin mi ha detto che non dovrei esserle amico."

Dohyun, interdetto, si fermò. "Cosa? Parli sul serio?"

Jihoon alla fine arrestò anche lui il passo e voltandosi a capo chino verso l'amico, annuì. "Dice che se sarò gentile con lei, si illuderà. Le persone come lei non hanno molto nella vita quindi se dai loro la mano, ti trascinano giù."

A dispetto di quanto probabilmente Dohyun credesse, il ragionamento non era così sciocco. "Però... non dovresti comportarti male con lei."

"Non lo faccio, infatti. Penso - fece una breve pausa, guardando un'auto che era appena passata nella larga strada di fianco a loro - sia dolce. Qualcosa del genere. Non che valga la pena litigare con Seojin per lei, però mi dispiace per quello che sta passando. Se non è ancora crollata è perché pensa che sua madre tornerà. Che stupida."

Dohyun sorrise. "Come poteva amare così tanto una madre che l'ha poi abbandonata?"

"Me lo chiedo spesso anch'io."

•••
Mi chiedo che persona sarei diventata
se avessi vissuto normalmente.

Se avessi avuto dei genitori
se avessi avuto un pranzo preparato amorevolmente
ogni volta che andavo a scuola
se avessi avuto una tv in salotto
una lavatrice, una lavanderia e degli abiti nuovi.
•••

"Ti piace qui?"

Haneul si guardò intorno, confusa. Non aveva mai visto quel posto, anche se in effetti non le capitava spesso di andarsene in giro per la residenza Nam. Non che non potesse farlo ma, in qualche modo, le sarebbe sembrato di oltrepassare l'invisibile limite che separa le persone che condividono lo stesso sangue da quelle estranee.

Jihoon, durante una tarda serata estiva era venuto nella sua camera, bussando piano ma molte volte, forse perché i genitori a quell'ora dormivano. Haneul, che non aveva ancora preso sonno lo fece entrare e lui, silenzioso come una spia, le fece cenno di seguirlo.

Alla fine di una scala che non aveva mai visto, una scala all'interno di una lavanderia che non conosceva, vi era una fresca e bellissima cantina. Moltissimi vini intorno a loro, botti, bicchieri e alcune conserve forse preparate dalla signora, ma non ci avrebbe giurato.

Era ben arredato, v'era persino una sorta di divanetto in legno con cuscini di stoffa dove Jihoon si era messo a braccia aperte, poggiandole lungo il bordo dello schienale.

Non sapendo cosa dire, cosa fare, Haneul si guardò un po' intorno.

Jihoon, non si era mai comportato in quel modo; parlavano qualche volta, dopo scuola quando capitava di ritornare entrambi a casa ma niente di più, proprio per quel motivo non si aspettava la sua visita, né aveva idea di quali fossero le sue intenzioni. Jihoon era per lei un parente lontano, uno di quelli che non sembrava le avrebbe mai recato alcun danno ma allo stesso tempo, qualcuno che non voleva che lei si fidasse di lui.

"Hai compiuto già 15 anni, no?" Le disse, un po' brusco.

Haneul pensandoci bene, non aveva festeggiato i suoi compleanni da quando si era trasferita insieme ai signori Nam, ed erano già passati tre anni da allora, d'altra parte, non ne aveva festeggiato quasi nessuno neanche con sua madre. Ogni capodanno, aveva iniziato a fare già dal secondo anno nella residenza Nam, segnava sul nuovo calendario il giorno del suo compleanno, temendo di poterne dimenticare la data prima o poi.

La ragazza annuì. "In primavera."

Jihoon, che col tempo si era dimostrato un tipo schivo quanto schietto, aveva afferrato una bottiglia qualsiasi e cercando in giro l'utensile adatto per aprirlo, la liberò presto dal sughero che ostruiva il suo collo sottile. "Dovresti bere qualcosa, per festeggiare."

"Cosa?" Haneul sapeva bene fosse sbagliato. I minori non potevano consumare alcol e lei, non poteva certo infrangere la legge nella casa dei suoi gentili ospiti.

"Bevi per tua madre - glielo porse, sorridendole in un modo che, inaspettatamente, la lasciò senza fiato - non ti hanno lasciata piangere, non ti hanno offerto supporto e tu non lo hai chiesto neanche. Non so sinceramente in che modo aiutarti, ma potremmo festeggiare il tuo compleanno così."

Jihoon aveva gli occhi grandi, così grandi da potervisi specchiare dentro una volta faccia a faccia, come in quel momento. Haneul, che prima d'ora non aveva avuto il tempo, né l'istinto di pensare a certe cose, rimase in silenzio. Jihoon era impassibile davanti a lei, e la ragazza pensò che in fondo, loro due, non si erano mai guardati sul serio negli occhi.

Negli occhi grandi di lei, simili a enormi mandorle, celesti come il cielo, celesti come il suo nome8, si scontravano quelli di Jihoon, caldamente bruni e profondi come un cielo stellato.

Quando era diventato così bello, Jihoon? Fu impossibile per lei, pensando a questo, non arrossire e il ragazzo se ne accorse, allontanandosi. Le diede le spalle, probabilmente a disagio ma continuando a porgere la bottiglia.

"Puoi piangere, se vuoi."

•••
A casa nostra non c'erano cantine.

La mamma comprava le tende al mercato
i vestiti nei negozi di seconda mano.

Comprava cibi precotti al supermarket
e da che ne abbia memoria
ricordo che grigliò la carne soltanto tre volte.

Non potevamo permettercela.

Eppure, anche se crescendo
comprendevo quanto terribile fosse stata
io non smettevo di desiderare di tornare a casa nostra.
•••


Pensando alla vita pessima che aveva perso e al desiderio di riaverla comunque, Haneul non riuscì a trattenere il pianto. Inoltre, anche la gentilezza di Jihoon così inaspettatamente dolce, la emozionò.

Sollevando le spalle e chinando il capo, come una bambina, non le servì neppure berlo quel vino. Aveva pianto tutte le notti le prime settimane. Dormire in una casa di cui non conosceva l'odore, le tempistiche, gli spazi, fu difficile per lei soprattutto i primi mesi. I signori Nam non si erano mai spinti oltre il prendersi superficialmente cura di lei, non le mancava un tetto, non le mancava il cibo e aveva le migliori cure che potesse richiedere, eppure, erano comunque delle persone lontane.

C'era però da dire che sebbene non vi erano stati abbracci, carezze, parole di conforto, i signori Nam erano riusciti a metterla a proprio agio in quella grande casa. Non si sentiva un'ospite e non si sentiva una parente, si sentiva semplicemente in un posto momentaneamente sicuro. Non sarebbe stata per sempre la sua casa, non lo era davvero neppure in quel momento, ma era il posto dove sarebbe potuta tornare ogni giorno, fino alla sua maggiore età.

Raccogliendo le lacrime sul viso con le mani, quasi divertita dalla figura sciocca che stava facendo di fronte a Jihoon, Haneul gli sorrise. "Perché fai così?"

"Io e te - cominciò il ragazzo, che parlava dandole le spalle - non possiamo semplicemente comportarci come fratelli. Quando sei arrivata, eri troppo grande e lo stesso anch'io perché potessi guardarti come una sorella."

La ragazza, che con la bottiglia in mano non sapeva bene cosa farci, roteò leggermente il capo. "Cosa?"

"Comunque, anche così, so di non aver fatto molto per te. Ultimamente mi chiedevo quando fosse il tuo compleanno, visto che non lo sapevo, ho pensato di offrirti da bere, come farebbe un oppa."

Sentendolo parlare in modo tanto goffo, ad Haneul quasi si asciugarono le lacrime. La sua voce calda era piacevole da sentire, l'inflessione timida che aveva il suo tono nel dire le cose più scomode, era carina. Lui, probabilmente, era carino.

"Sei gentile. Grazie." Haneul allora si sedette comodamente sul divanetto in legno e prese un piccolissimo sorso di vino. Il sapore, nuovo per lei, era davvero buono, per questo volle assaggiarne ancora un po'.

"Non lo dirò ai miei genitori - aveva detto dopo un po' Jihoon, che girava tra le credenze leggendo le targhette dei vini - quindi bevi pure. Non si accorgeranno della sua assenza."

"Non dovrei bere, se lo scoprisse qualcuno verrebbero arrestati."

"Oh no! Chi potrà mai scoprire che due minorenni bevono dentro una cantina privata! Oh cielo, dovresti correre via!"

Guardandolo passeggiare davanti a lei, in quei momenti di inspiegabile, assoluta intimità, Haneul si rese conto che Jihoon ormai era diventato un ragazzo quasi adulto. Non era ancora un uomo, ma il suo corpo somigliava a quello di un uomo.

Forse perché si allenava spesso, forse perché madre natura si era divertita a giocare con la genetica, prendendo il meglio da entrambi i signori Nam per incollarli addosso lui, forse perché semplicemente Jihoon possedeva quel genere di sicurezza che soltanto il più folle amor proprio avrebbe potuto giustificare.

"Non è che abbia... paura. Semplicemente non voglio creare inutili problemi per i tuoi genitori. Sono stati già troppo gentili con me."

"Bizzarro come ti sembri quella, gentilezza." Sorrise poi Jihoon, sedendosi sul tavolino poco lontano dal divano. Visto che non voleva parlare né male né bene dei signori Nam, Haneul preferì che il discorso morisse nella bocca di Jihoon.

"Lo hai fatto perché ti sei sentito il colpa?" Domandò Haneul, dopo un sorso di vino. Era da molto che avrebbe voluto chiederglielo, sebbene in cuor suo sapesse che all'inizio Jihoon era soltanto un ragazzino stordito dagli eventi, proprio come lei.

Eppure, era curiosa di sapere se si fosse pentito di quelle parole.

Al tempo non ci prestò abbastanza attenzione, era confusa, nella sua testa regnava il caos e cercare di adattarsi allo stile di vita che le era stato offerto fu faticoso, ma in effetti soltanto il giorno prima che Jihoon era venuto nella sua stanza, quel giorno di tanti anni prima, era successa una cosa piuttosto spiacevole.

Jihoon non sembrava aspettarsi una domanda del genere. "Cosa? Perché dovrei sentirmi in colpa?"

"Non ti ricordi più?" Sorrise Haneul, serena.

"Yah! Parla!"

"Quando sono arrivata in questa casa, dicesti a tua madre che non volevi vivere con la figlia di una puttana. In realtà non volevo ascoltare, ma stavo scendendo le scale e ormai... beh avevi già iniziato."

"Non voglio! Perché non va in una di quelle case per gli orfani? Perché proprio da noi? Eravate forse amici con sua madre? No, mi rifiuto di vivere con lei."

Dall'alto delle scale, non poteva vedere l'espressione di Jihoon e neanche quella di sua madre, la signora Nam. Entrambi si trovavano in sala da pranzo e dovevano aver lasciato la porta aperta, per questo potette sentire tutto chiaramente.

"Che cosa avrebbe a che fare con te tutto questo?" Aveva domandato la donna, pacatamente, quasi annoiata.

"La accosteranno a noi, a me. Diranno che è mia sorella e quando poi scopriranno chi era sua madre diranno che abbiamo allevato il seme del peccato."

"Aigoo Jihoon - sospirò la donna che forse si era stancata di discutere con lui - perché parli in modo strano? Il seme del peccato? Cos'è, una telenovella? Senti, non è che possiamo semplicemente dire di no e mandare quella bambina in un orfanotrofio, quindi smettila. Tutti sanno chi è sua madre e sanno che tu sei figlio unico quindi nessuno vi accosterà come fratelli. È solo una bambina. Inoltre, sì insomma, le voci sulla madre sono solo voci. Tutti sanno che la signora Jung fosse una vecchia amica di famiglia - disse ancora, quasi stringendo i denti. Il suo tono, era diventato più acuto - per un'amica di famiglia, bisogna fare qualche sacrificio. Quindi piantala, non ha niente a che fare con te la faccenda e neanche la bambina."

Allora Jihoon non aveva più parlato, forse intimorito, forse arrabbiato. Fatto sta che se ne era andato sbattendo la porta d'ingresso, senza neppure accorgersi che alle sue spalle, Haneul, lo aveva visto andar via.

Ricordando l'avvenimento, Jihoon arrossì e si voltò dall'altra parte, come se avesse il diritto di sentirsi offeso. Haneul, che invece teneva la bottiglia tra le gambe ne bevve ancora un sorso.

"Non... Io ero un piccolo idiota. Non è che ce l'avessi con te o con tua madre, il giorno dopo ho cercato di scusarmi - la ragazza non rispose come per dargli il tempo di continuare, e bevve ancora - c'era una ragazza con cui uscivo in quel periodo e lei aveva detto che avrebbe rotto con me, visto che un'estranea era entrata in casa. Visto che mi piaceva così tanto, volevo assolutamente fare il possibile - si mise una mano davanti al volto per nascondere l'espressione di vergogna - che cosa imbarazzante." Borbottò in fine.

Haneul abbozzò una risatina. Era felice di aver avuto la sua versione, così sembrava molto meno crudele e cattivo quello che aveva fatto. Per quanto riguardava sua madre invece, era certa che Jihoon, come tutto il vicinato, come anche i signori Nam, come i compagni di classe che spargevano ancora voci su di lei in giro, erano a conoscenza dei suoi trascorsi infelici.

Lei però, non sapeva nulla davvero. Che sua madre fosse stata con molti uomini non lo metteva in dubbio, né sentiva di doverla mettere in croce per quello. Con suo padre che non era mai tornato, sebbene lei si ostinasse a dire quanto meraviglioso fosse, e una figlia a carico, avrebbe dovuto semplicemente aspettarlo per sempre? Rinunciando alla sua giovinezza, alla sua vita? Non era d'accordo e forse anche per questo riusciva a sopravvivere a quei pettegolezzi.

Alla fine, meno importanza gli avrebbe dato, prima si sarebbe liberata di loro.

•••
In realtà non è che fossi arrabbiata
con Jihoon per quello che disse
era un periodo difficile per tutti in quella casa
quindi, un po', lo capivo.

Volevo solo che si scagionasse
affinché potessi guardarlo ancora meglio.
•••


"Grazie."

"D-Di cosa?" Domandò, sgranando quei suoi meravigliosi, grandi occhi castani.

"Per essere stato onesto. Era la verità, giusto?"

Jihoon, come tranquillizzato dalla sua risposta, sorrise. Non disse di sì, non disse di no e neppure annuì.

"Alla fine ha accettato la cosa?"

"Sì. Eravamo dei ragazzini, è normale essere stupidi."

Quella risposta implicava che i due stessero ancora insieme, no? Voleva tanto chiederglielo ma in fondo a lei cosa poteva interessare? Spingersi così tanto a cosa sarebbe servito? Forse Jihoon l'avrebbe trovato strano e si sarebbe allontanato nuovamente da lei. Anche così, non era sicura del perché non volesse ciò.

"Com'è essere fidanzati?"

Jihoon rimase soltanto ad osservarla, forse shockato dalla domanda. Visto che voleva davvero saperlo, in qualche modo il suo cervello aveva formulato una domanda simile. Scomoda, invadente, se ne pentì poco dopo.

"Non lo so. All'inizio è divertente - prese a parlare Jihoon, quando lei, dopo tutto quel silenzio aveva perso le speranze di ricevere una risposta - poi a volte però, diventa frustrante. All'inizio non pensavo sarebbe stato così, perché credevo di poter vivere una vita normale, ma questo, non posso più farlo."

"Che vuoi dire?"

"Quando ti piace qualcuno - continuò - vuoi che tutti sappiano quanto straordinaria sia quella persona. Questo crea problemi in ogni caso ma forse va bene, in fondo sei tu che sfoggi la tua ragazza perché tutti sappiano quanto è bella o quanto è fantastica. - Jihoon aveva un'espressione perplessa, pensierosa. - Però, se questa cosa non puoi farla, potrebbe essere un problema per l'altro."

Haneul non ci capiva proprio nulla di quel discorso. Aveva compreso soltanto che forse, in quel periodo, Jihoon e la sua ragazza stavano litigando. Ma c'era una ragazza e lui era fidanzato con la persona che gli piaceva.

•••
Poter parlare con Jihoon in quel modo
poter ascoltare la sua voce
avere i suoi occhi su di me soltanto qualche secondo
essere chiamata per nome da lui.

Ero talmente superficiale
da essere felice per queste cose.
•••


"Alla fine, si è innamorati per quei pochi secondi in cui guardando gli occhi dell'altro pensi che saresti disposto a morire, per lei - disse ancora Jihoon, che le aveva preso gentilmente la bottiglia dalle mani, per bere direttamente dal beccuccio, esattamente dove lei aveva poggiato le labbra poco prima. - Ma anche dopo qualche minuto, sei certo che la tua vita è più preziosa, che dovresti viverla e che non potresti mai peccare, rinunciandovi per qualcun altro. Non c'è amore che valga la possibilità di brillare, ricordatelo Haneul." Sollevò la bottiglia verso la sorellastra, come per brindare, poi bevve da solo.

•••
Quelle parole

mi danno ancora la nausea.
•••

Ascoltandolo, Haneul fu colpita dall'impassibile, lucidissima profondità di Jihoon. Non aveva l'esperienza per comprendere a fondo quel discorso ma il messaggio era talmente chiaro. Jihoon non voleva rinunciare alla sua vita, doveva avere grandi piani per il suo futuro da adulto.

Poteva davvero però riferirsi a quel genere di cose? Aveva davvero discusso con la fidanzatina, probabilmente liceale, di queste cose? In che modo il messaggio e le parole del suo discorso si conciliavano?

"L'amore, io non capisco bene cosa sia - parlò allora Haneul - però sono sicura del fatto che mia madre amasse molto mio padre. - Dopo la breve pausa, Jihoon si era voltato verso di lei, interessato alle sue parole. - Anche se lei diceva quanto fosse grandioso, quanto l'avesse amata, protetta, io non ho mai incontrato mio padre. Non sapevo dove vivesse e forse neppure lei, eppure, non ha mai detto una cosa negativa su di lui."

Haneul, che sentiva la testa un po' girare, mise le mani tra le cosce scoperte dai pantaloncini del pigiama, e sorrise.

"E?" Chiese Jihoon, notando quando lunga fosse la pausa che si era presa.

"Lo sai anche tu che mia madre frequentava molti uomini. Eppure sono certa del fatto che lo amasse. Pensa che a volte la sentivo parlare da sola, come se ci fosse lui. Non so sinceramente se sia morto o sia semplicemente fuggito, ma penso che in entrambi i casi, mia madre non avrebbe smesso di amarlo, infatti non mi ha mai presentato nessuno dei suoi fidanzati. Suppongo quindi che l'amore che dici tu, quello che dura pochi secondi, ogni tanto, possa durare più a lungo per gli esseri umani."

•••
Pensai che forse era fuggita
per cercarlo, oppure per uccidersi
e raggiungerlo.

Mi sembravano però
soluzioni troppo semplici.

Mia madre non era una donna colta
e non aveva in realtà molte virtù.

Eppure, anche dopo essere stata abbandonata
pensando che mia madre fosse una donna leale
credetti con tutta me stessa che anche se non così semplice
doveva esserci una ragione per cui non aveva mantenuto
la promessa di ricontrarci ancora.
•••


"Per essere una ragazzina, dici cose interessanti." Ammise Jihoon, divertito, continuando a bere da quella bottiglia. Non era un gesto comune, persino Bohai si imbarazzava a bere dalla sua bottiglia, eppure, Jihoon non ci aveva pensato un attimo.

Sapeva che non si trattava di un gesto calcolato, sapeva che non lo faceva per scambiarsi il così fumoso, popolare, bacio indiretto con Haneul. Eppure, nel suo modo sincero, confidente di porgersi con lei, Jihoon era diventato affascinante ai suoi occhi.

"Davvero?" Mormorò timidamente.

"Comunque - tagliò corto il ragazzo - se davvero esiste qualcosa del genere, penso che vorrei provarlo nella mia vita. Voglio provare ogni cosa, nella mia vita."

•••
Sinceramente, Minsoo
penso di aver affrontato, guardato
la mia vita come farebbe una bambina.

La lealtà di mia madre
la premura di Dohyun
la profondità di Jihoon.

Ognuno di loro, imparai con l'esperienza
che per quanto sinceri o di principio fossero
avevano dei secondi fini.

La lealtà di mia madre
era terribilmente macchinosa.

Un po' come la profondità di Jihoon
solo l'appiglio per una ragazza superficiale.

Ma persino quando me ne resi conto
mi lasciai catturare senza porre alcuna resistenza.
•••


"Haneul, tu e Bohai siete amici... vero?" Aveva domandato una compagna di classe particolarmente timida.

Al suono della campana, Do Boyoung si era avvicinata al suo banco e molto gentilmente le chiese se avrebbero potuto incontrarsi sul tetto della scuola, senza dare ulteriori spiegazioni. Haneul, incuriosita dal suo comportamento, aveva accettato e poco dopo aver rassettato la sua cancelleria raggiunse il luogo designato.

Boyoung aveva lunghi capelli bruni raccolti in una graziosa coda laterale, un viso piccolo, un po' tondo sebbene non fosse minimamente in carne, aveva occhi grandi e accigliati ma labbra decisamente sottili. Nel complesso, Haneul pensava fosse carina.

"Sì, certo. Perché?"

"So che è molto improvviso ma.... Potremmo uscire insieme qualche volta? Insieme intendo anche con Bohai." Disse, col capo chino, come se si sentisse in colpa per quello che aveva appena detto.

Haneul, perplessa, non rispose subito.

Era talmente evidente che a quella Boyoung piacesse Bohai che sentì uno strano bruciore al petto. Di cosa si trattava e perché stava succedendo? Haneul scosse la testa, come per riprendersi. Se quella ragazza era davvero interessata a Bohai lei avrebbe almeno dovuto aiutarla, giusto?

"Ti piace Bohai oppa?" Chiese.

Lui che aveva lasciato le medie già da un anno era rimasto piuttosto popolare tra le ragazze. Qualche volta si sentiva parlare dello chaebol cinese coi lunghi capelli, che in realtà chaebol non era (lei glielo aveva chiesto).

Lei annuì timidamente, sempre a capo chino. D'altronde era ovvio e visto che la ragazza aveva avuto il coraggio di parlarle, pensava di dover premiare il suo coraggio. Eppure si sentiva ugualmente minacciata da quella persona, così minuta e adorabile, per qualche ragione.

"Potremmo uscire insieme, sì!" Disse allora Haneul, cercando di salvarla dall'imbarazzo in cui sembrava star affogando.

"D-Davvero? Lo faresti per me?" Boyoung sollevò finalmente lo sguardo, radioso.

"Certo - annuì Haneul, ancora un po' perplessa. - Domani dovremmo andare al mare, dopo scuola, potresti unirti a noi, andiamo solo a fare i compiti."

Boyoung prese energicamente le mani di Haneul tra le sue, stringendole forte. "Grazie! Sei d-davvero incredibile unnie10!"

Haneul, che non era mai stata chiamata in quel modo, sentì le guance arrossarsi. Era bello essere chiamata 'unnie', anche se in realtà lei non lo era. Sarebbero potute diventare amiche?

•••
Minsoo, alla fine siamo tutti
normalissimi esseri umani, giusto?

È normale per noi
provare emozioni così egoiste.

Sto di nuovo cercando di scagionarmi, vero?
•••


Camminando vicini, senza neppure potersi tenere per mano, Jihoon e Seojin non si guardavano e non parlavano da diversi minuti. La ragazza con la divisa del suo stesso liceo stringeva le dita sottili attorno al manico della sua borsa, al contrario lui aveva le mani nelle tasche dei pantaloni beige.

Sembravano due sconosciuti che si erano ritrovati a percorrere la stessa strada. Nell'aria v'era una strana sensazione di smarrimento, si sentiva così Jihoon che si era voltato per osservare l'elegante profilo di Seojin, la quale con sicurezza continuava a camminare a testa alta.

Il ragazzo, davanti a quella fredda impassibilità, decise di distogliere lo sguardo. Seojin non avrebbe ceduto neppure quella volta. Allora si perse nell'osservazione annoiata. Il graffio su un'auto, il tag sul metallo arrugginito del lampione, la bici lasciata incautamente vicino ad un modesto supermercato per famiglie, in quei momenti di imbarazzante silenzio tutto sembrava un buon motivo per non fermarsi a pensare.

Di chi sarà quella bici? Chi avrà scritto "Seoul Merda" su quel lampione? Il proprietario di quell'auto sa dell'enorme rigata sul suo parabrezza? Si chiedeva queste cose, anche se non era davvero curioso.

Seojin respirava piano, non spostava mai gli occhi, le labbra, muoveva appena le narici e quasi sembrava una statua. Jihoon sapeva bene cosa stava pensando in quel momento, proprio per quel motivo aveva deciso di restare in silenzio.

Era difficile per due ragazzi così giovani non potersi neppure tenere per mano. Proibito era davvero così divertente? Sicuramente Seojin doveva esserselo chiesto molte volte.

Jihoon lo sapeva. In fondo erano cresciuti assieme, come non conoscersi l'un l'altro. A volte, lui, avrebbe davvero preferito non conoscerla così tanto, così da non doversi sentire nel torto a voler perseguire quella strada tanto ardua, tanto frivola, forse.

"Oggi che ti va di fare?" Domandò all'improvviso, Seojin.

Grattandosi la nuca, Jihoon strinse le spalle. "Ho le prove oggi, possiamo pranzare da qualche parte, prima."

Allora, Seojin, non rispose ma si fermò. Calò elegantemente le palpebre sui suoi occhi belli, non più sorridenti come una volta ma sempre aggraziati e Jihoon non poté che fermarsi a sua volta per osservarla. Seojin era così bella da guardare, così perfetta, sembrava una giovane modella.

I suoi capelli sottili, talmente sottili da risultare opachi, volavano attorno al suo viso ora chino, triste. "Non importa, lasciamo stare. Sarà un'altra volta."

"Senti Seojin - disse Jihoon, ridacchiando ironico - staresti ancora con me, se non fossi un rookie11?"

Presa alla sprovvista la ragazza non seppe cosa dire, ma poco dopo sorrise.

"E tu? Staresti ancora con me se non sapessi di questo? Ti comporteresti in modo così corretto con me, se non fosse per questo? Se non potessi semplicemente dirlo a tutti?"

Una folata di vento invernale, fredda, gelida, li lasciò per qualche minuto in silenzio, l'uno di fronte l'altra, con la larga camicia e la disordinata frangia di Jihoon a piegarsi nel vento, con la gonna corta a pieghe di Seojin che si alzava pericolosamente, come una bandiera.

"Io ti piaccio, almeno, Jihoon?"

Sospirando, il ragazzo piegò le braccia dietro la nuca, come per stiracchiarsi. "Mi piaci, Seojin. So che ti aspettavi qualcosa di meglio, so che meritavi dei fiori, centinaia di regali, collane, bracciali, orecchini, anche se addosso a te - Jihoon distolse poco dopo lo sguardo, un po' malinconico - chi le vede più queste cose? Eppure siamo usciti insieme ma ho comunque fatto un casino."

"Non è colpa tua - disse lei, sottovoce - le persone a volte nascono semplicemente perché possano brillare, giusto?"

Quelle parole, si rese conto Jihoon, doveva avergliele dette fin troppe volte. Persino alle sue orecchie, quel concetto di cui andava tanto fiero quando cercava di farsi vedere adulto con i suoi amici, suonò stucchevole, ridondante.

"Anche tu sei nata per brillare."

"Non lo voglio - rispose però in fretta Seojin. - A me, di brillare, non me ne frega proprio niente. Voglio una vita normale."

"Allora perché ti sei innamorata di me?"

Fu allora che in modo del tutto improvviso, la mano di Seojin si scagliò contro la guancia di Jihoon. Certamente il gesto lo ferì più di quanto le dita sottili della ragazza che quasi gli avevano graffiato la pelle nel tentativo di schiaffeggiarlo, avessero fatto.

"So che è sbagliato, ma come posso smettere di fare quello che mi conviene di più se per natura voglio possedere ogni cosa?"

"Sono una bambola, Jihoon? Sono un fiore? Mi tratti come una persona o solo come qualcuno che non vuoi sia di qualcun altro?"

A quel punto dovette chiederselo anche lui. Stava con Seojin perché non voleva che lei frequentasse qualcun altro? Lei, così bella e perfetta, così corretta come persona, diligente e meticolosa, poteva frequentare qualcuno del suo livello? Neppure Jihoon credeva di essere abbastanza per lei, ma tra gli altri, chi avrebbe potuto prendere il suo posto? Ma in fondo era forse quello che avrebbe dovuto legare due persone che decidevano di frequentarsi?

"Sei un egoista, eccentrico, stupido e presuntuoso bastardo." Continuò lei, vedendo come il suo fidanzato si fosse perso nei suoi pensieri.

"Ma io almeno ti piaccio Seojin?"

"Me lo chiedi perché non lo sai?"

"Te lo chiedo perché non capisco il motivo. Tu che sei così grandiosa, perché ti piaccio proprio io? Non sono affidabile, non sono romantico, spesso neanche gentile, eppure tu non ti lamenti mai. Perché?"

"La cosa che mi fa arrabbiare - disse Seojin, che aveva lasciato cadere la cartella della scuola sull'asfalto, per poi respirare profondamente - è che hai ragione. Non è mai stato come me lo immaginavo, eppure, mi piaci così tanto."

"Mi disprezzi, però, non è vero?"

"La verità? Sì. Ma se perdo la possibilità di starti accanto adesso, so che ti dimenticherai di me in men che non si dica. Allora non potrò neppure sposarti."

Jihoon, che però si era un po' innervosito, sbottò. "Mi ami abbastanza per dire una cosa del genere?"

"Che voglio sposarti? Sì, abbastanza."

•••
Ho imparato che le persone non possono evitare
di essere miserabili quando amano.

Neppure quelle che possiedono
il più folle amor proprio.
•••


Bohai era davvero arrabbiato. Non l'aveva mai visto in quel modo e ne fu sinceramente spaventata. Dopo l'innocente uscita programmata dalle due ragazze, per il giorno successivo, Bohai aveva ricevuto appartatamente la dichiarazione di quella ragazza e l'aveva rifiutata.

Comunque non pensava si sarebbe dichiarata il giorno stesso, quella ragazzina sciocca. Lei non aveva abbastanza esperienza per darle dei consigli e un po' se ne sentì in colpa ma di fatto non aveva nessuna colpa in quelle circostanze.

Si sentiva più in colpa per essere sollevata dal rifiuto del suo amico Bohai. Se lui avesse accettato i sentimenti di quella ragazza forse avrebbero trascorso ancora meno tempo assieme.

Bohai era arrabbiato, ma perché avrebbe dovuto andarci lei di mezzo? Non gli piaceva guardare il viso arrabbiato del suo amico, non gli piaceva guardare i suoi lineamenti gentili e belli contorcersi in espressioni di delusione, perché doveva sorbirsi lei la ramanzina se quella ragazza, Boyoung, non aveva avuto alcun tatto e si era gettata a capofitto come una stupida?

"Perché ti stai arrabbiando? Io non le ho detto di dichiararsi. Lei voleva solo uscire con noi!" Disse giustamente, Haneul.

Bohai, gonfiandosi la guancia con la lingua con aria minacciosa, con occhi diversi e adulti, rise. "Lo sai bene in che situazione mi trovo e tu pensi sia una buona idea dire ad una ragazza di dichiararsi?"

"N-" le venne fuori quasi in automatico, fermandosi successivamente, per riflettere. Non aveva neanche pensato al contratto. Bohai evitava di frequentare ragazze o gente poco raccomandabile perché che la sua futura popolarità non fosse suscettibile a ripercussioni.

Bohai che era un bellissimo ragazzo, avrebbe dovuto davvero accettare di passare tutta la sua adolescenza senza neppure avere il piacere di sperimentare l'amore? Avrebbe dovuto rinunciare a qualcosa che non sarebbe mai più tornato?

"Bohai io..."

"Se avessi voluto mandare tutto a puttane, lo avrei fatto con te, non credi?

•••
Bohai non era che un quattordicenne
mi chiedevo allora come poteva aver scelto
quelle parole talmente perfette.
•••

"I miei genitori hanno fatto tanti sacrifici per trasferirsi qui. Gli altri ragazzi stranieri sono stati mandati da soli ma i miei hanno voluto trasferirsi insieme a me prima del debutto perché sapevano che sarei andato a vivere altrove, dopo i 19 anni, forse nel dormitorio dell'agenzia."

Haneul, disarmata di ogni intenzione, non poté che rimanere ad ascoltare le sue parole. Aveva agito impudentemente e, sebbene le intenzioni fossero buone, alla fine non aveva che messo il suo unico amico in una situazione difficile, scomoda e fastidiosa.

"Non voglio vedere una ragazza piangere - continuò Bohai - a causa mia. Per questo resto al mio posto, per questo non mi metto in gioco."

"Però - chiese allora Haneul, con gli occhi bassi per la vergogna - la mia reputazione è peggiore di qualunque altra persona. Non hai paura che questo possa in qualche modo crearti problemi?"

Bohai la guardò per qualche momento, stringendo le labbra e sollevando gli occhi al cielo, come se quella domanda lo avesse colto alla sprovvista. Poi, voltandosi per darle le spalle, sbuffò. "Ci sono rischi che vale la pena correre, credo."

•••
Ma io ti piaccio, Bohai?

Avrei voluto chiederglielo ma
il nodo in gola che avevo quel giorno
era molto più stretto
della sua mano attorno al mio polso
mentre mi riportava a casa in silenzio.

Alla fine persi semplicemente
l'occasione di chiederglielo.
•••


"Il fatto è che, secondo noi, per il tuo bene... beh sì, dovresti iniziare a cercarti un lavoro." Disse un giorno la signora Nam, mentre cenavano, come succedeva raramente, tutti assieme. La signora, vestita sempre in modo troppo elegante, aveva appena finito di ingoiare un boccone di riso e Haneul era rimasta ad osservare le sue bacchette piuttosto che il suo volto. Avrebbe potuto guardarla negli occhi, in quel momento? Di certo avrebbe trovato quelli della signora ma i suoi avrebbero retto quel peso?

Il marito, d'altronde, non si era assolutamente scomposto mentre consumava con raggelante calma il suo pasto, era il tipo che preferiva guardare mentre gli altri annunciavano qualcosa di sgradevole. Haneul, per qualche motivo, era convinta che in quella casa non fosse la signora Nam a prendere le decisioni e per questo il suo ruolo le ricordava più un tramite, che un tutore, in quella casa.

"Sì signora." Disse poco dopo Haneul, che forse, aveva tardato fin troppo a dare una risposta alla donna.

"Perché deve lavorare? Siete diventati poveri?" Sbottò Jihoon, seduto di fianco a lei, quale restò sorpresa dalla sua sconsiderata presa di posizione.

"Haneul ha bisogno di costruirsi una sua dipendenza - lo ammonì allora sua madre, severa - se abbiamo preso questa scelta è soprattutto per il suo bene."

Haneul sorrise, addolcita, ma in fondo anche lei pensava che i signori Nam avessero ragione. Aveva già compiuto 17 anni e faceva le superiori, un lavoro part-time avrebbe certamente accorciato la strada verso la sua indipendenza. Uscire dalla residenza Nam, al tempo, le sembrava l'unico obiettivo perseguibile nella vita.

Uscendo da quella casa sarebbe cambiato tutto, no? Lei avrebbe potuto vivere come una persona che non doveva ringraziare solo per il fatto di poter ancora respirare. Avrebbe potuto trovare una strada, un'ambizione, avrebbe potuto vivere come una persona che non abbassa lo sguardo per gratitudine ma che sorride, per gratitudine.

Eppure, per qualche inspiegabile, irrazionale motivo, si era sentita triste.

Jihoon, dopo che il pranzo si era concluso in un silenzio imbarazzante, aveva raggiunto Haneul che era andata in camera per studiare ancora un po'. Bussò qualche volta e lei lo fece accomodare in stanza.

"Stai bene?" Domandò in fretta.

Haneul, sorridendogli gentilmente, annuì. "Non dovrei?"

"Non lo so."

Seduto a gambe incrociate sullo spazioso letto a due piazze di Haneul, Jihoon rimase a lungo in silenzio, guardandosi attorno. Lei non sapeva bene cosa dire per favorire un discorso, quindi a sua volta rimase seduta sulla sedia, guardando il muro, mentre si tormentava le mani.

Perché il suo cuore batteva proprio in quel momento? Non stava accadendo nulla, eppure, il suo corpo produceva ansia su ansia, era terribile. Pensò persino di star sudando ma non voleva controllare sotto lo sguardo di Jihoon.

"Haneul, andrai via da questa casa quando farai vent'anni?"

"Sì, certo."

"Se te ne vai, è un bene."

Haneul, perplessa, si voltò verso Jihoon. Perché tanto volubile? Poco prima, davanti ai suoi genitori, era sembrato quasi un cavaliere che difendeva la fanciulla in povertà, invece una volta da soli... cosa doveva significare? Parlava per i suoi genitori? Certamente avrebbero avuto meno problemi una volta che lei avrebbe lasciato la residenza Nam.

"Lo so." Annuì ancora, ma non era molto sicura.

"Non mi chiedi perché?" Chiese Jihoon.

"Dovrei?"

"Non importa, immagino - disse allora, alzandosi dal letto e avvicinandosi all'uscio della porta. - Non studiare fino a tardi, vai a dormire, ti si vedono le occhiaie."


•••
Al tempo io vedevo Jihoon
come qualcuno di distante
qualcuno estremamente diverso
da tutti gli altri.

Ero troppo immatura per capire
che anche chi brillava come lui
rimaneva pur sempre una persona
esattamente come tutti gli altri.

Le persone hanno dubbi
perplessità.

Nessuno può davvero fare tutto
solo perché lo desidera sinceramente.
•••


Haneul iniziò già il giorno successivo a cercare un lavoro. Che fosse un part-time o uno semplicemente a chiamata non importava, diede un'occhiata su internet quella notte stessa e acquistò un giornale la mattina successiva.

A scuola, durante le pause, segnò tutte le offerte lavorative in zona a cui avrebbe potuto accedere, anche mentre i compagni di classe, scorgendo quello che stava facendo, le lanciavano battutine infelici sulla sua permanenza nella residenza Nam.

"Cerchi lavoro? Cos'è, stanno finalmente per sfrattarti?" Aveva detto Insook, che purtroppo era capitata nella sua classe pure alle superiori.

"Cenerentola sta tornando alla realtà!" La sbeffeggiò Mun Hyuntae, uno dei nuovi compagni di classe che si divertiva spesso ad infastidirla, soprattutto chiamandola in quel modo.

Cenerentola? Lei non lo era di certo.

Comunque cercò di ignorarli, continuando a segnare in rosso le migliori offerte. C'era un negozio di pollo fritto nei dintorni che cercava personale, ma anche una caffetteria e un ristorante, poco più distanti. Il primo sembrava anche il più accessibile visto che non lei aveva alcun talento particolare, probabilmente, nel servizio. Gli altri due posti avrebbero sicuramente richiesto almeno un minimo di esperienza che lei, d'altronde a soli 17 anni, non poteva avere.

"Ci sta ignorando?" Domandò incredula Insook, alzandosi dal suo banco per avvicinarsi a quello di Haneul. La ragazza dagli occhi celesti la guardò in faccia, era più seria del solito e di questo la compagna doveva essersene accorta, ma non ne fu intimorita e le rise in faccia.

"Cosa vuoi Insook?"

"Se vuoi piangere, puoi farlo."

All'ennesimo tentativo di farla crollare, Haneul, già abbastanza pensierosa per i fatti suoi, infilò i quaderni, il portacolori e il giornale nello zaino. Finalmente avrebbe potuto andare via da quella stupida classe. Era stato decisamente stupido da parte sua guardare le inserzioni del giornale in quel posto, ma lei non ci aveva neppure pensato che avrebbero potuto usare quella cosa - così seria - contro di lei.

Sì, decisamente stupido, visto che Insook non si era mai preoccupata di sparlare della sua madre ufficialmente morta. Di cosa si sorprendeva? In effetti non era sorpresa, solo estremamente spossata e infastidita.

Il cielo era chiaro in quel periodo. Durante l'inverno faceva sempre buio troppo presto, ma con quell'aria fresca e il sole tiepido, gentile sulla pelle, era bello passeggiare. I negozi iniziavano a tirare fuori i tavoli, le decorazioni estive. Presto la città sarebbe stata sommersa di turisti, non le sarebbe dispiaciuto lavorare in un negozio sulla spiaggia ma sapeva che era qualcosa di rischioso.

Spingendo la porta per entrare, sentì suonare un campanellino. Le sembrò un buon segno e sorrise.

"Buongiorno ajumma - disse, sottovoce, avvicinandosi alla sua postazione e porgendo alla signora di mezz'età con i capelli in piega, i suoi dati. Li aveva stampati su su alcuni fogli gli carta qualche giorno prima. La signora se ne stava seduta alla cassa a limarsi le unghia con fare annoiato - sono Jung Haneul. La prego, mi contatti se avrà bisogno di una mano."

Era entrata in un locale carino dove cucinavano quasi esclusivamente pollo fritto e contorni. Qualche volta ci era passata di sera, nella zona, scoprendo che molti uomini e donne dopo il lavoro andavano proprio lì, a bere. Forse non era il massimo per una studentessa ma comunque la parole dei Nam doveva erano legge per lei, non voleva deluderli o sembrare qualcuno che si accomodava.

La signora, quando sollevò lo sguardo per prendere il curriculum, si concesse senza troppa vergogna un'espressione di irritazione, come sprezzante. "Guarda che non puoi mica lavorare così."

Sinceramente offesa, Haneul batté le palpebre, qualche volta, come se il suo corpo naturalmente si stesse chiedendo cosa stava succedendo. "Come scusi?"

"Con gli occhi così, la permanente."

La signora, e la cosa la fece molto ridere, la signora pensava che indossasse le lenti colorate e che aveva arricciato i capelli di proposito. Haneul in realtà non riusciva ad arrabbiarsi in quella situazione, continuò a fissare, estremamente perplessa e un po' imbarazzata per la signora stessa, la donna.

"In realtà sono davvero così, mio padre è tedesco."

"Certo e io sono Umh Junghwa - continuò quella, scacciandola con la mano - non ci serve personale, grazie."

Fuori dal negozio Haneul si guardò alle spalle. L'insegna del locale era logora, un po' arrugginita, e in effetti somigliava a quella donna, così sciatta e pacchiana negli abiti ma terribilmente curata in viso, sebbene non particolarmente in forma. La scritta era pulita, ispirata, ma non era durata nel tempo.

•••
Scoprii quel giorno
che il mondo esterno era peggiore
anche di due tutori distanti
e di una madre terribile.
•••

Jihoon l'aveva chiamata sul cellulare, dopo cena. Sorpreso del fatto che non fosse rientrata l'aveva cercata e alla fine la raggiunse sulle sponde del fiume Nakdong. Lei se n'era rimasta seduta con le ginocchia al petto e il broncio triste. Non era riuscita a trovare nessun lavoro, ed era pure stata offesa in più modi.

Alcuni nella zona dovevano essere bene a conoscenza dei pettegolezzi su sua madre e dopo averle ricordato, che sebbene morta, sua madre aveva commesso molti errori da giovane, dicevano che con una vita sregolata come la sua, un po' se l'era cercata questa morte.

Comunque Haneul dopo una decina di rifiuti si era arresa.

"Perché continui a far finta di preoccuparti per me?" Chiese Haneul, sentendolo avvicinarsi a grandi passi sul prato.

Jihoon scivolò per sedersi esattamente accanto a lei, parlò solo dopo essersi messo comodo. "Perché faccio finta?"

"Perché dovrebbe interessarti?"

Ridacchiando fastidiosamente, Jihoon le scompigliò i capelli. La sua mano sembrava non avere peso mentre si dimenava dolce sulla sua testa, Haneul dunque rimase a guardarlo mentre lui neppure si voltava. Guardava verso l'orizzonte.

"Sono parecchio figo quando faccio il misterioso, vero?" Domandò.

Ad Haneul venne proprio voglia di dargli un pizzicotto ma stupidamente intimorita, rimase solo ad osservare quanto bello fosse diventato il suo fratellastro.

"Ti va di divertirti, stasera?"

Eppure lei non aveva detto neanche com'era andata. In effetti non doveva essere difficile capirlo da sé, vedendola lì da sola. "Cosa vuoi fare?

Jihoon aveva una mascella importante, alta, definita. Haneul si sarebbe sentita molto meglio se qualcuno le avesse detto che quel genere di sentimenti, attrazione, fosse giustificata dalla sua età. Quando la muoveva, o semplicemente le rivolgeva il profilo, Haneul rimaneva incantata.

Succedeva spesso, ormai anche a casa. Quando Jihoon tornava a casa dopo essere andato a giocare a basket con i suoi amici, così le aveva detto una volta, tornava sudato e con i capelli appiccicati sulla faccia. Haneul non pensava che quel genere di cose le avrebbero suscitato determinate emozioni.

"Aspetto mio cugino, poi spostiamo, che ne pensi? Beviamo, ci divertiamo."

Così fu, poco dopo arrivò un ragazzo così bello da essere imbarazzante per lei guardarlo. Non pensava che nella famiglia di Jihoon fossero tutto così sorprendentemente belli, persino suo cugino che si chiamava Jaeyong. Insieme a lui vi era una ragazza, lei non era curata come loro. Indossava dei semplici jeans, attillati sulla coscia e corti sulle caviglie, e una semplice maglia bianca.

Eppure, sebbene così semplice, neppure truccata, Haneul rimase sorpresa di scoprire che al mondo esisteva gente così naturalmente radiosa. Jihoon e anche suo cugino, era evidente ci tenessero alla propria presentazione, eppure lei non indossando abiti vistosi, era comunque bellissima.

Guardandosi, si imbarazzò. Era ancora con la divisa scolastica, i capelli sciolti, liberi, capricciosi e scompigliati anche da Jihoon. La frangetta si era un po' arricciata a causa del sudore, d'altronde, con tutte quelle tappe che aveva fatto non c'era da sorprendersi.

"Quindi sei tu la famosa Haneul." Esordì il ragazzo, allargando le braccia mentre si avvicinava ad Haneul. La ragazza dietro di lui, in silenzio e con lo sguardo basso si avvicinò.

•••
•••fu la prima volta che vidi il tuo viso•••
•••

Senza troppe presentazioni, andarono tutti insieme in un posto che Haneul non aveva mai visto. Si trovava appena dopo la zona comunemente balneare, era un tratto di spiaggia privata ma i proprietari non tornavano da anni nella casa e gli amici di Jihoon e dei due ragazzi, ci avevano costruito un piccolo ritrovo.

Coperto da un bellissimo gazebo, decorato con ghirlande e conchiglie, con fiori di plastica e ombrellini per cocktail, con un palco costruito con le tavole di legno e con due grosse, vecchie casse ai lati. Non c'era molta gente, ma sembrava un paradiso. Tutti i ragazzi e le ragazze sotto quel tetto di plastica erano belli da morirne. Sembrava quasi il ritrovo di una setta.

"Non ti spaventare, sono amici." Disse all'improvviso Jihoon, vedendola tentennare nell'avanzata. Le mise le grandi mani sulle spalle e Haneul si sentì come schiacciare, questa volta, dalla sua presa. Simile a come si scioglierebbe il gelato, lentamente, tra le dita affusolate di un ragazzo di un metro e ottantacinque.

Gli amici di Jihoon non era soltanto belli ma anche amichevoli. Tra loro c'era pure Dohyun, lo stesso che anni a dietro aveva impedito a Jihoon e Bohai di litigare, il più caro amico del fratellastro. Inseparabili a scuola, nella vita privata, in ogni momento. Fino a quella sera non aveva mai parlato con lui.

"Io ne ero sicuro." Disse Dohyun, seduto di fianco a lei ad un tavolo a cui - in realtà - si sedevano un po' tutti. Jihoon cantava al karaoke con un ragazzo bellissimo che si faceva chiamare Ryu, uno con i capelli lunghi raccolti in un elegante codino. Haneul era rimasta in silenzio, ad osservarlo.

Le bastava guardarlo mentre rideva, per sentirsi coinvolta in quei sentimenti. Era felice, rideva, e non era mai esistito quel pomeriggio, almeno per quelle ore passate in compagnia.

Quando si accorse delle parole di Dohyun, anche lui, bello e affascinante, Haneul si voltò confusa. "Come?" Domandò sottovoce e lui subito raccolse l'invito a discutere.

"Come mai Jihoon ti ha portata qui?"

Haneul, abbozzando un mezzo sorriso, bevve un altro sorso di quella bevanda colorata che Jihoon aveva ordinato per lei e poi disse: "non è stata una bella giornata."

"Si preoccupa un sacco per te, vero? È proprio un fratello affettuoso."

"Non siamo proprio fratelli." Annuì Haneul, come per spiegarglielo. Eppure poco dopo pensò al fatto che, essendo così amici, Dohyun doveva saperlo.

Jihoon parlava di lei come di sua sorella?

Al contrario di quello che avrebbe immaginato, non ne era felice.

"Fai attenzione - le disse allora Dohyun, con la cannuccia sensualmente incastrata tra le labbra sottili ma ben delineate, con la parte inferiore sporgente come quella di un bambino. Poi sollevò lo sguardo, prima fisso sulla folla - a quelli come lui, intendo."

"Cosa vorresti dire?"

"Quelli come lui, anche quando non vogliono, finiscono per ferire quelle come te."


•••
Mi sentii come fuori dal tempo
quando Dohyun disse quelle parole.

Io e Dohyun non eravamo amici
non eravamo neppure conoscenti
allora come poteva dirmi quelle cose?

Non sapeva neppure che relazione
avessi con Jihoon.
•••


Dohyun si alzò, per raggiungere dei suoi amici. Haneul rimase seduta a guardare la sua figura esile ma sensuale, allontanarsi.

•••
Però non dissi nulla.

Anche se avessi provato a replicare
la verità è che non conoscevo Jihoon
e non mi fidavo abbastanza
delle sue buone intenzioni.

Nonostante lo sapessi
non volevo pensarci.
•••


"Che ti ha detto?" Si era subito precipitato da lei Jihoon, come se avesse percepito qualcosa vedendo che Dohyun si allontanava dal tavolo.

Haneul sorridendo imbarazzata, iniziò a scuotere le mani di fronte al volto. "Ma no, niente di che, mi ha chiesto perché fossi venuta."

"A lui che importa?" Lo domandò ad alta voce, ma in realtà sembrava lo stesse chiedendo a se stesso.

Comunque, alla fine, Jihoon decise di non pensarci più e porgendo la mano ad Haneul, come un principe, la invitò a ballare. Non era un lento, non era una ballad, era una canzone che non aveva mai sentito e la cantavano più ragazzi. Poggiata alla spalla di Jihoon, che la stringeva come non aveva mai fatto, con le mani sui suoi fianchi, in una zona pericolosa ma non oscena, Haneul non si chiese neppure che canzone fosse. Restò solo a ballarla.

Con le scarpe piene di sabbia, con il rumore delle suole vecchie che battevano sul pavimento improvvisato con le tavole di legno, con la gonna della divisa che volava in base alla direzione che sceglievano i piedi di Jihoon, Haneul si era persa.

Jihoon ballava bene, muoveva il bacino sapientemente e le gambe della ragazza quasi cedevano quando lui, sensualmente, si avvicinava al suo addome piatto. Perdeva il respiro, letteralmente. Jaeyong, seduto al tavolo con la ragazza di cui non aveva scoperto il nome, faceva il tifo urlando quando Jihoon si metteva a ballare in modo provocante. Alla fine si era piegato così tanto su di lei che Haneul dovette coprirsi il viso, imbarazzata, sotto le urla euforiche e le risate di tutti.

Era imbarazzante, ma si sentiva felice come mai, forse, nella sua vita.

"Andiamo." Disse quando la musica finì, cercando di trascinarla via ma venendo bloccato dall'ingresso di una ragazza che, da come reagì Jihoon, doveva conoscerla.

"Sei proprio una puttana - disse quella, e tutti si voltarono verso di lei. La ragazza, bellissima come tutti gli altri, era avanzata superando Jihoon e lei e rivolgendosi forse alla ragazza senza nome, visto che guardava il tavolo dov'era seduta con Jaeyong. - Lo sei sempre stata."

Quella, vedendosi chiamata in ballo, prima si guardò in giro come se non capisse se stava parlando con lei, poi rise. "Come?"

"Ti sei messa con lui perché sapevi che mi piaceva!"

Vedendosi anche lui preso in causa, Jaeyong batté le palpebre confuso. "Di che sta parlando?"

La ragazza che era arrivata pochi secondi prima, si avvicinò alla giovane in jeans. Le sferrò uno schiaffo così forte che il suonò risuonò anche in un ambiente aperto come quello, la ragazza che aveva ricevuto il colpo ne fu inizialmente sorpresa ma non reagì.

Nel frattempo, un ragazzo dal viso bello e delicato, minuto di statura ma piuttosto alto, si mise tra le due ragazza, guardando negli occhi quella arrivata da poco.

"Cosa cazzo fai?"

"Levati tu, brutto finocchio!"

Vedendo come si era riscaldata la situazione, Jihoon si allontanò, lasciando il polso di Haneul, Jaeyong si avvicinò ai ragazzi nel bel mezzo di un confronto. Mentre Jaeyong cercava di tenere la sua, ora evidentemente fidanzata, che cercava di scagliarsi contro la ragazza dai lunghi capelli bruni, che aveva detto una cosa tanto spiacevole, Jihoon aveva cercato di allontanare il bel ragazzo, anche questo dai capelli lunghi, ma più ondulati che perfettamente lisci come per l'altro.

Haneul si era ritrovata in quella situazione ma era rimasta a guardare. Quella ragazza dallo sguardo felino e lunghi capelli bruni, quella ragazza senza nome la cui presenza era impossibile non notare, aveva reagito quando il suo amico era stato calunniato, piuttosto che dopo aver ricevuto uno schiaffo.


•••
Non sempre la prima impressione
è quella sbagliata.

Certo che me ne hai insegnate di cose, tu.
•••


Quando la rissa si era finalmente calmata, Jihoon l'aveva nuovamente presa per il polso ma erano andati insieme al cugino e alla sua ragazza, che avevano deciso di lasciare la zona. La ragazza, piangeva, tra le braccia di Jaeyong.

"Chi cazzo ti ha detto di tenermi?" Aveva strillato, abbastanza lontani dal capannone dove avevano trascorso, fino a poco prima, una così bella serata.

"Cosa dovevo lasciarti fare? Se le avessi messo un dito addosso, ti avrebbe denunciato e ti avrebbero anche espulso da scuola."

"E allora perché non pensavi a Ryuu che ha quasi ucciso quel ragazzo?"

Jihoon, vedendoli così infervorati nella lite, aveva messo le mani in tasca e aveva sospirato, stancamente. "Dovevi lasciarla fare - s'intromise, guadagnandosi un'occhiataccia da parte dell'amico e parente - una come quella ha bisogno di qualcuno che la prenda a schiaffi così forte da farle dimenticare anche come si chiama."

"Se devi dire cazzate puoi anche stare zitto, no?" Sbottò infastidito Jaeyong.

Jihoon allora afferrò nuovamente Haneul, ma stavolta in modo diverso. Aveva volontariamente intrecciato le sue dita con quelle più corte della sorellastra che, incredula, come sempre lo aveva lasciato fare. "Me ne vado - li salutò allora Jihoon, avvicinando due dita alla fronte e poi liberandole verso di loro - non fate tardi."

Camminarono in silenzio, nella notte luminosa di Busan, illuminata da tantissimi lampioni e luci sfreccianti dalle auto, mano nella mano. Haneul in quel momento non poteva non sentirsi una bambola inerme nelle mani di Jihoon, che senza chiedere il permesso la teneva per mano come avrebbe fatto forse solo un fidanzato, dopo diversi appuntamenti.

Poco prima di entrare nella via di casa, Jihoon si fermò. Non parlò comunque, ma volle voltarsi per guardare con un'espressione che lei non aveva mai visto in tutti quegli anni. Sembrava il volto di uno sconosciuto.

La guardava, eppure non diceva niente.


•••
Io ti piaccio, Jihoon?
•••

Haneul, con gli occhi grandi puntati su di lui, i quali a volte sfuggivano per osservare le sue labbra carnose e naturalmente rosse, non sapeva proprio cosa fare. Lo sguardo di Jihoon era come una presa intorno al collo che lentamente stringeva, impercettibilmente sempre più forte, fino al momento in cui, senza rendersene conto, non riusciva più a respirare.

•••
In realtà, non pensai affatto
a parole simili.

Per me Jihoon era qualcuno
di irraggiungibile.

Lui brillava troppo,
così tanto che non mi sembrava possibile
sostenere quella luminosità stando al suo fianco.
•••


Prima di chiudere la porta di camera sua, Haneul sbirciò fuori. Jihoon era ancora lì vicino, non si era ancora avvicinato alla sua di stanza. Haneul, vedendo come si allontanava da lei, sentì una sorta di fitta al cuore, una stretta terrificante.

Era come se, allontanandosi, Jihoon sarebbe potuto svanire.

Non capiva molto in quel momento, forse a causa dell'alcol, forse a causa di quella serata strana, silenziosa, confusa. Jihoon, fermo a qualche metro di distanza dalla sua porta, si voltò. Haneul, incredula, sentì come le lacrime salire direttamente dallo stomaco per fuoriuscire dai suoi occhi.

Perché sto piangendo? Si domandò Haneul, che tuttavia non voleva perdere gli occhi di Jihoon. Non uscì dalla stanza, rimase esattamente sotto l'uscio. Emozionata, senza alcuna ragione, le sembrò che forse Jihoon era riuscito a sentire le preghiere che stava recitando dentro al suo cuore, quelle che volevano la raggiungesse esattamente in quel momento.

Jihoon aveva stampata in volto una nuova emozione: frustrazione.

Quando, sorridendo appena, scandì con le sue labbra "sognami questa notte, Haneul" senza emettere alcun suono, per la ragazza fu impossibile trattenere ancora le lacrime dentro ai suoi occhi. In quelli di Jihoon, Haneul era sicura si stessero specchiando i suoi occhi in lacrime, anche se così lontani da lui.

•••
È così scandaloso dire che
quella notte, ripensando a Jihoon
a come mi stringeva, a come aveva ballato
imparai a peccare?

Se mi avessi sentito allora chiamarlo peccato
tu che eri così orgogliosa e fiera

mi avresti sicuramente disprezzata.
•••

Haneul si era svegliata presto, si era preparata una spremuta e una colazione leggera, senza chiedere aiuto a nessuno della servitù. Sarebbe andata a scuola dopo aver passeggiato un po'.

Dopo la notte precedente, era caduta in un sonno profondissimo e serenissimo, come non accadeva da anni ormai. Aveva fatto l'abitudine a svegliarsi svariate volte durante la notte, una volta per andare in bagno, un'altra per prendere un bicchiere d'acqua fresca. Non dormiva di continuo davvero da molto. Capitava giusto solo quando era davvero molto stanca.

Nonostante fosse ancora presto, anche Jihoon si era svegliato ed era entrato in cucina, senza neppure notarla. Haneul, nella penombra della stanza, dove aveva acceso soltanto la lucetta del fornello, per non disturbare la servitù, rimase nascosta mentre Jihoon in boxer si prendeva una bottiglietta d'acqua dal frigo.

Era entrato con gli occhi ancora chiusi quindi sembrò verosimile che non l'avesse notata, altrimenti avrebbe reagito, visto che era quasi completamente nudo.

Haneul lo osservò per qualche secondo, poi, sentendosi a disagio e anche un po' nel torto a fare una cosa del genere, distolse lo sguardo. Il corpo asciutto e lungo di Jihoon era terribilmente bello. Certo, non voleva vederlo in quella circostanza.

Tossì, perché si accorgesse di lei, e Jihoon reagì in modo davvero goffo. La bottiglietta da cui si stava abbeverando, senza neppure poggiarla sulle labbra, quando sentì Haneul tossire, gli scivolò dalla mano, versando tutto il contenuto sul suo petto, sul suo addome, e infine, e forse fu la cosa peggiore, sui suoi boxer rigorosamente bianchi.

Strillò con una voce così acuta che sembrò quella di una bambina, ma non perché Haneul lo stesse guardando nudo, perché si era accorto di una donna vestita di bianco e con lunghissimi capelli neri, leggermente a coprirle il viso, il penombra.

"Ti sembra modo? Hai svilito la mia mascolinità." Borbottò, piegandosi nuovamente verso il frigo aperto per prelevare un'altra bottiglietta. Non provò neppure a nascondere le sue grazie, un po' in evidenza a causa dell'acqua versata (Haneul comunque cercò di non guardare).

"Non andare in giro così per casa."

"Non ti piace?" La rimbeccò subito, Haneul sbuffò.

"Smettila di fare lo strano."

Jihoon però non l'ascoltò e si avvicinò a lei, bloccandola in un angolo della cucina. In quel buio, forse, sarebbero scomparsi? Jihoon la costringeva con la schiena contro il muro e il volto girato verso destra, per evitare di essere faccia a faccia con lui, il cui respiro Haneul lo sentiva sulla pelle del collo.

Jihoon le afferrò il mento con il pollice e l'indice e gentilmente le spostò lo sguardo verso il basso, esattamente sotto ai suoi fianchi stretti. Con la mano libera, incastrò il pollice tra la pelle del suo pube e l'elastico della biancheria intima, rigorosamente firmata, per poi creare uno scorcio. "Così dovrebbe essere meglio..." Iniziò a dire, Jihoon.

Haneul, che sentiva di essere diventata un vero e proprio peperone, chiuse gli occhi e lo spinse lontano.

Che poi, cosa stava succedendo? Dopo quella notte, cos'era successo in Jihoon? Si comportava in modo, beh, decisamente diverso.

•••
Fin quando pensavo di conoscerlo
ne ero semplicemente attratta.

Era giusto
perché vivevamo nella stessa casa.

Quando è diventato un estraneo
mi sono sentita completamente libera
da sensi di colpa e dalla vergogna.
•••

Decise di utilizzare il cellulare, in fondo avrebbe dovuto farlo dall'inizio. Chi cavolo utilizzava i giornali per trovare lavoro, al giorno d'oggi? Lo pensò mentre in aula, aspettando che arrivasse il docente, si era messa alla ricerca di lavoro.

Trovata auto in fiamme a Busan
corpo di donna carbonizzato a bordo.
Non è possibile risalire alla sua identità.

Beh, pensarci fu inevitabile. Poteva trattarsi di sua madre? In realtà, non lo credeva. Se sua madre fosse rimasta a Busan, per quale motivo non era mai tornata a prenderla? Non era così meschina, quella donna, giusto?

In ogni caso, anche sicura che non potesse trattarsi di sua madre, non aveva più saputo niente di lei e non aveva mai chiesto ai signori Nam spiegazioni. Si chiedeva se un giorno sarebbe riuscita a farlo. Forse prima di lasciare la residenza ci sarebbe riuscita, a quel punto non vi sarebbe stata nessuna domanda scomoda che avrebbe precarizzato la sua permanenza nella residenza.

"Stai ancora cercando lavoro?" Chiese Insook, con un tono stranamente docile. Era appena entrata in classe e aveva lasciato cadere la sua borsa sul banco, prima di sedere in quello ancora libero davanti ad Haneul. Il proprietario non era ancora arrivato.

"Già." Rispose semplicemente.

"Senti - iniziò allora quella, poggiando i gomiti sul suo banco per sostenere quella bella faccia da schiaffi che aveva - mio padre cerca personale. So di non essere stata proprio simpatica con te ma volevo rimediare. Vieni a lavorare per mio padre, ha un ristorante molto famoso in zona."

Haneul che in realtà non è che si fidasse delle sue buone intenzioni, arricciò le labbra pensierosa. Anche se Insook non le stava affatto simpatica, quel lavoro poteva essere davvero l'unico a cui avrebbe potuto accedere visto che a chiamarla era la figlia del proprietario. Doveva pensarci bene, non poteva solo rifiutare.

"So che non ti fidi di me ma tutti meritano almeno una possibilità, no?" Disse, e fu proprio quello che la convinse.

Se non fosse stata disposta a concederle neanche una possibilità per redimersi, non sarebbe stata peggiore di lei? D'altronde il lavoro le serviva. "Lo faresti davvero?"

"Certo, altrimenti perché dirtelo?"

Dopo scuola, Haneul seguì Insook che la fece salire sull'auto privata che veniva a prenderla a scuola. Anche se la famiglia Nam era molto più ricca di quella di Insook, non c'erano mai state cose del genere per Jihoon, figuriamoci per lei.

Il fratellastro, tra l'altro, l'aveva vista salire sull'auto di Insook, forse perché la stava aspettando proprio all'ingresso di scuola. Haneul lo aveva salutato, di sfuggita, sperava non si facesse troppe domande.

Il viaggio in auto fu semplicemente imbarazzante. Insook era rimasta a giocare col suo cellulare e Haneul guardava fuori dal finestrino, probabilmente oscurato. Prima di entrare non ci aveva fatto caso.

Il ristorante dove l'aveva portata era incredibilmente attivo anche a quell'ora del pomeriggio, anche se non c'era nessun ospite. Insook l'aveva fatta accomodare dentro e dopo con passo sicuro e svelto l'aveva condotta fino all'ufficio del padre, il quale era inizialmente piegato sulla sua scrivania a firmare alcuni documenti.

Haneul sorpresa dal lusso della stanza, sentì i muscoli irrigidirsi. Con quale coraggio poteva trovarsi in un posto simile? Lei che non aveva lavorato neppure un giorno, quale possibilità avrebbe avuto di essere assunta da uno dei ristoranti migliori in città? Non riusciva neppure a sollevare lo sguardo davanti a quell'uomo.

Lui, con la camicia attillata sulle braccia muscolose, il corpo sviluppato di un uomo maturo e lo sguardo terribilmente intenso, si era concentrato su di lei, inarcando un sopracciglio in attesa di spiegazioni da parte della figlia.

"Lei è la mia compagna di classe Haneul - spiegò Insook - avrebbe davvero bisogno di un lavoro. Non è che potresti affiancarla a qualcuno?"

Quello non rispose subito, spingendosi con la sedia più lontano dalla scrivania per alzarsi e avvicinarsi alle due giovani studentesse. Quell'uomo dalla mascella larga, si era stretto la cravatta e l'aveva poi stirata col palmo della mano, mentre osservava più da vicino Haneul, come una creatura, o forse un animale.

Quando con la mano leggermente socchiusa sotto al mento di Haneul la costrinse a sollevare il viso, sorrise. "Hai degli occhi davvero belli, lo sai?"

"Papà smetti di fare il maniaco." Lo rimproverò immediatamente Insook.

Nel frattempo Haneul era rimasta in silenzio. Prima di quel momento tutti avevano trattato le sue peculiarità fisiche come qualcosa da ghettizzare. Gli occhi azzurri? I capelli ricci? Bisognava avere un aspetto normale, non troppo curato, un aspetto forse trasandato?

Non è che capisse molto le richieste degli altri, comunque sebbene un po' a disagio a causa dell'improvviso contatto fisico con quell'uomo molto più grande, Haneul pensò che forse, finalmente, qualcuno avrebbe trovato belle quelle sue caratteristiche, e le avrebbe concesso ugualmente di lavorare. Il signor Kim sembrava avere un aspetto bello almeno quanto la sua personalità.

"Visto?" Non resistette neanche il tempo di chiudere la porta dell'ufficio, Insook.

"Sì, ti ringrazio di cuore." Disse Haneul che in fondo le era molto grata.

~•●•~


"Non puoi farlo!"

Non faceva che ripeterlo ma suo padre non sembrava ascoltare. Il signor Nam Minhyuk se ne restava chino sulla sua scrivania a leggere e firmare scartoffie, anche dopo l'irruento arrivo del figlio nello studio.

Jihoon, vedendo che non lo ascoltava, batté entrambi i palmi delle mani sul tavolo ricoperto da una pulita lastra di vetro, che in realtà quasi scompariva sotto a tutti quei fogli, sotto ai due computer (uno soltanto un desktop, l'altro un portatile) e gli svariati cellulari poggiati sulla scrivania.

L'uomo, snervato, sollevò il suo gelido sguardo verso quello del figlio. "Guarda che io non scelgo direttamente. I tutor mi hanno chiesto se fossi d'accordo e ho detto di sì, ma non mi occupo direttamente di lui."

"Sai chi è Dohyun. Viene qui che avevamo otto anni, dovrebbe essere come un figlio per te."

All'affermazione, Jihoon si sentì imbarazzato perché suo padre ridacchiò, con sarcasmo. In effetti un uomo come quello che non sapeva gestire l'affetto neppure dei suoi più stretti parenti, come la moglie o il figlio, poteva mai interessarsi ad un estraneo?

Sciocco da parte sua pretenderlo.

"Mi hanno detto che non si stava impegnando abbastanza - continuò l'uomo, tornato subito calmo. - Non è che lo stiamo lasciando per strada, se frequenta le lezioni private, come già fanno in molti, riuscirà a concentrarsi di più. I debutti partiranno tra due anni, dovresti iniziare anche tu a prenderla seriamente."

"Dohyun è molto più bravo di me, non ne ha bisogno."

"O magari tu ne hai ancora più bisogno di lui, ma non voglio ancora farti lasciare casa, non pensi?"

Di fronte ad una verità così spudorata, Jihoon fu costretto a tacere.

Prima o poi anche lui sarebbe andato via per vivere nel dormitorio della band in cui sarebbe stato inserito. Lo sapeva, ma prevedeva di farlo almeno dopo l'ultimo anno di scuola. La cosa che non poteva accettare era che mancava davvero poco al diploma, perché forzare le cose in quel modo?

"Non mancava molto."

"Non scelgo io - continuò a dire, annoiato. - Vedi di impegnarti anche tu o pensi che ti farò debuttare anche se dicono che non sei pronto? Finisci l'anno e basta, poi fai i bagagli, così puoi andare dal tuo amico."

Alle spalle di Dohyun in effetti non c'era nessuna famiglia. I suoi genitori erano persone umili, suo padre un pescatore, la madre una casalinga. Non si sarebbero mai potuti opporre alle scelte dell'agenzia, visto che il contratto era già stato firmato. Sebbene non fosse quello del debutto, il contratto, c'erano delle clausole che non potevano essere bypassate.

Mentre usciva dallo studio, Jihoon si fermò un secondo per guardarsi intorno. In effetti mancava poco, poi avrebbe dovuto lasciare la sua casa, che per quanto non vi fosse affezionato, gli sarebbe sicuramente mancata.


~•●•~

Il lavoro era abbastanza difficile, o comunque richiedeva grande tecnica, ma per fortuna aveva conosciuto una unnie decisamente disponibile. Lee Narae era una ragazza che frequentava l'università, lavorava in quel ristorante da quasi un anno e Haneul le sarebbe stata affiancata per le prime settimane.

Narae era estremamente amichevole, le aveva mostrato il suo lavoro e durante la serata le aveva dato qualche consiglio sul portamento, su cosa fosse giusto dire ai clienti, su come poggiare i piatti sul tavolo sapientemente apparecchiato.

Haneul certo non si aspettava di incontrare una persona tanto cordiale e disponibile, in un luogo snob come quello. In effetti, si chiedeva se avesse potuto mai lavorare in un posto simile senza l'aiuto di Insook.

Le cose iniziavano ad andare bene.

•••
Jihoon mi aveva notata
e io lavoravo.

Al tempo mi sembrava
un ottimo risultato.
•••


Mentre Haneul finiva di lavare i piatti, essendosi fatta una certa ora, Narae la raggiunse e l'aiutò ad asciugarli, così da fare prima. Era stata gentile, tutti gli altri erano già usciti e nessuno le aveva chiesto se avesse bisogno di aiuto o qualcosa del genere, ma d'altronde, era entrata grazie alla parola della figlia del capo e di questo tutti ne erano consapevoli, quindi non dovevano avere una buona opinione di lei.

A parte Narae, che aveva un sorriso bello, bianco e gentile come quello di Bohai.

"Come mai sei finita in questo posto?" Chiese Narae appena usciti dal ristorante, sfilando dalla borsetta un pacchetto di sigaretta e portandosene una alla bocca.

"La figlia del proprietario ha detto che voleva aiutarmi a trovare un lavoro." Non mentì Haneul, voleva essere chiara fin dall'inizio.

"Sei sua amica? Eppure sembra una strega, tu invece sei simpatica." Disse ridendo, mentre cercava di accendere il bastoncino di tabacco con un accendino che non funzionava troppo bene.

In effetti non erano amiche e anche se era stata assunta grazie al suo aiuto, non le stava certo simpatica Insook. Comunque apprezzava il suo gesto carino, molto carino.

Insieme si avviarono verso la fermata degli autobus. Sarebbe tornata a piedi ma era troppo buio per farlo, anche Haneul si sentiva più sicura a prendere l'autobus a quell'ora della notte. La sua Unnie si era offerta di accompagnarla fino a casa ma lei aveva rifiutato, cortesemente. In fondo non era una bambina, che poteva mai succedere.

Seduta in bus, mentre Narae teneva la sigaretta che non era riuscita a finire tra le labbra delineate e belle anche senza trucco, Haneul si accorse che aveva iniziato a piovere. Lei non si era portata neanche un ombrello, d'altronde non si aspettava che potesse piovere.

La fermata per la residenza Nam era prima di quella che avrebbe preso Narae, quindi si salutarono velocemente e la ragazza ancora studentessa delle superiori scese, correndo verso casa. Era notte ormai, sicuramente i signori Nam erano già in camera propria e Jihoon, che era certa fosse davanti alla playstation o al cellulare a giocare a qualcosa, con una semplice t-shirt con la grossa scritta Gucci sul petto, sotto la pioggia, con i capelli bagnati, si guardava intorno davanti all'enorme cancello della residenza.

La stava aspettando?

Haneul, pensandoci, non riuscì più a camminare. Jihoon era lì fuori per lei? Quando il ragazzo la vide, spalancò gli occhi, era infreddolito e tutto bagnato a causa della pioggia. Sembrava un cucciolo. La guardò ma non le andò incontro, e lei a testa bassa si avvicinò per prima.

"Per cosa lo usi il cellulare, tu?"

Haneul, davanti a lui, non seppe cosa dire. Dalla borsa di scuola prese il cellulare, che ci era rimasto per tutto il giorno da quando era entrata nel ristorante. C'erano svariate chiamate perse, ma siccome non poteva tenere la suoneria a lavoro, aveva messo il silenzioso.

All'improvviso, Jihoon l'abbracciò. Le sue braccia lunghe la strinsero così forte, eppure lei non sentì dolore. La pioggia li ricopriva da testa a piedi, ma invece che rientrare, Jihoon l'aveva abbracciata. Aveva abbracciato proprio lei.

•••
Da quel momento credo
di essere stata completamente
in balia di Jihoon.
•••


"Dove sei stata? - Sussurrò al suo orecchio, con la sua voce profonda, calda, che solleticava gentilmente il suo orecchio. - D'ora in poi, dimmi cosa fai, dove vai, con chi sei. Pensavo ti fosse successo qualcosa."

Ad Haneul non uscì suono alcuno. L'emozione che provò era così forte che le sembrò esploderle come fuochi d'artificio dentro alla pancia, al petto, alla testa, quale pulsava come in preda ad un terribile mal di testa, ma senza dolore. Era la seconda volta che senza alcuna ragione, Jihoon, la faceva piangere.

Come quella notte di fronte camera sua, Haneul sentiva che le lacrime di gioia avevano una consistenza diversa, più leggera, quasi più acquosa di quelle causate dal dolore, dalla tristezza, dalla frustrazione.

Jihoon si sarebbe preso cura di lei, da quel momento in poi? Ma soprattutto, era giusto sentirsi felice di una cosa simile? Sebbene in quel momento non riuscisse a farsene una condanna, Haneul si era persa, si era lasciata andare come se una fortissima corrente la stesse trascinando.

"Hai capito?" Le chiese ancora, sottovoce.

Haneul annuì, col viso nascosto e la guancia poggiata sul petto incredibilmente freddo di Jihoon.

•••
Non mi importava
se gli piacevo oppure no.
•••

Jihoon l'accompagnò fino alla sua camera. Alla fine, restando così a lungo sotto la pioggia, anche Haneul era fradicia. La camicia bianca della sua divisa era completamente bagnata ed era diventata quasi completamente trasparente e il suo reggiseno, celeste e merlettato, era diventato fin troppo evidente.

Jihoon, qualche volta, di sfuggita, lasciava cadere l'occhio ma non faceva nessun tipo di allusione. Alla fine, Haneul, nuovamente sull'uscio della sua porta, lasciata da quel ragazzo che non aveva detto più nulla una volta rientrato a casa, si era voltata come quella notte, verso di lui.

Allora Jihoon disse: "quella notte mi hai sognato?"

•••
Non lo avevo sognato
ma la mia mente lo aveva cercato
per tutto il tempo, per tutta la notte.

Le mie mani si erano aggrappate
tra le mie cosce, così tanto
che quasi riuscivo a vederlo.
•••

"Sì."

Allora Jihoon si avvicinò nuovamente. In quel momento la servitù, almeno quella che viveva in casa, era tutta al piano inferiore, mentre i genitori di Jihoon dovevano sicuramente dormire a quell'ora, o almeno lo sperava.

"Davvero?" Chiese lascivamente Jihoon, che camminando verso di lei, la costringeva ad indietreggiare.

Haneul ovviamente non pose alcuna resistenza e lasciò che entrasse nella sua stanza, lasciò che chiudesse la porta alle sue spalle, lasciò che quello sguardo, carico di desiderio, la scrutasse. Non le importava della vergogna, non le importava dei suoi vestiti, non le importava.

•••
Non mi importava neppure
che Jihoon fosse ancora fidanzato.
•••

Il signorino Nam, così come lo chiamavano i camerieri, aveva deciso di chiudere la porta a chiave, sotto lo sguardo vuoto, arreso di Haneul, che in quel momento non desiderava che averlo ancora tra le sue di braccia.

Le mani di Jihoon erano gentili, delicate, mentre senza paura e con calma le sbottonava la camicetta. In fondo, non c'era più nulla da nascondere.

Jihoon, allora, dopo averla osservata ancora un po', le afferrò la nuca per spingerla contro le sue labbra. Haneul non aveva mai baciato nessuno, non aveva mai avuto quel genere di contatto con nessuno, non sapeva neppure se era brava a baciare. Sicuramente le labbra così calde di Jihoon avevano toccato altre labbra prima delle sue.

Perché desiderare quelle inesperte e goffe di Haneul?

Eppure sembrò quasi istintivo, dopo qualche secondo il ritmo era ben scandito dalla bocca di Jihoon, dai suoi occhi socchiusi che osservavano l'espressione imbarazzata e adorabile di Haneul.

Quando le sue labbra si spostarono sulla sua guancia, poi vicino al suo orecchio, scandendo baci morbidi e umidi, fugaci leccate, scendendo poi sul suo collo, Haneul sentì continui brividi percorrerle la schiena.

•••
Non mi importava di nulla
volevo solo fare ciò che lo avrebbe reso felice.
•••

Alla fine, Jihoon si era fermato. Non aveva neppure slacciato il suo reggiseno e come riprendendosi da un sogno, si allontanò. La guardava in modo diverso, aveva le sopracciglia inarcate in segno di preoccupazione.

Haneul, vedendo forse del pentimento nel suo volto, gli diede le spalle, coprendosi velocemente con il lenzuolo.

"Non farlo." Disse allora Jihoon.

Cosa? Pensò Haneul, ma non lo disse.

"Non sognarmi."

Così dicendo, era semplicemente uscito dalla sua camera.

•••
Quella notte presi sonno
soltanto nella prima mattinata.

Una volta Jihoon mi disse
che avrebbe pregato per me.

Io gli chiesi
"perché dovresti pregare per me?"
e lui rispose
"prego affinché tu capisca
che meriti di meglio di me."
•••

Dopo quel giorno, a causa della stanchezza e un po' per la pesantezza psicologica causata dalla notte precedente, Haneul non era riuscita a concentrarsi neppure a scuola. A lavoro fu anche peggio, perché lì non poteva in alcun modo sbagliare.

A fine turno, Narae l'aveva invitata a prendere qualcosa da mangiare. Haneul aveva già un appuntamento con Bohai, così gli chiese se l'amica avesse potuto unirsi a loro. Ultimamente Bohai si allenava davvero intensamente, quindi non potevano vedersi come una volta dopo la scuola.

Comprarono del pollo fritto ad una bancarella, due bottiglie di soju13, un bel po' di birre e alcuni bicchieri di carta in un negozio per famiglie14, poi si diressero al fiume. Bohai e Narae, sebbene la differenza d'età, si trovarono subito a proprio agio tra loro.

"Stasera dovevo vedermi col mio ragazzo - disse ad un certo punto Narae, seduta sul telo da mare che portava sempre con sé, nella borsa, mentre con una sigaretta spenta tra le labbra e il bicchiere pieno di birra e soju, gesticolava molto. Doveva essere ubriaca - quel bastardo mi ha tradita."

Bohai, per tutta la sera, almeno così era sembrato ad Haneul, non aveva che guardato Narae. Quella ragazza aveva uno stile davvero singolare, sembrava una vera e propria donna anche se aveva soltanto vent'anni. Si truccava sapientemente e spiccava moltissimo rispetto a lei, che forse a confronto somigliava ad una bambina.

"Chi cazzo oserebbe mai tradirti?" Chiese Bohai, anche lui parecchio ubriaco.

"Un sumbae, è del terzo anno quel bastardo. Sapevo che non dovevo mettermi con lui." Annuì Narae, che però non sembrava particolarmente triste per la faccenda.

"Come lo hai scoperto?"

"Oggi pomeriggio mi ha mollata - spiegò l'amica, accendendo la sigaretta - non è che non sapessi che vedesse altre, però non credevo mi avrebbe lasciata."

Bohai, improvvisamente nervoso, disse: "e tu ci sei stata comunque?"

"Mi piaceva un sacco." Sbuffò Narae.

Haneul, interessata al discorso, bevve un sorso di birra. "A te andava bene che si vedeva con altre?"

"Non è che ne fossi innamorata, non mi interessava. Volevo comunque essere la sua ragazza."

Bohai allora si mise alzato, fino a poco prima seduto vicino a lei. "Yah, noona, perché una ragazza così intelligente e bella dovrebbe stare con qualcuno del genere?" Ad Haneul sembrò strano vedere Bohai prendere così velocemente confidenza con una ragazza e in qualche modo ne fu un po' gelosa.

Eppure, era felice che loro due andassero d'accordo.

Per un secondo Haneul fu completamente esclusa. Narae aveva guardato negli occhi Bohai profondamente e lui aveva ricambiato orgogliosamente sguardo. Esistevano soltanto loro due in quel momento, sulla spiaggia, e i loro occhi erano così spaventosamente intensi da confonderla.

"Pensavo che mi andasse bene, eppure, immagino di non essere quel tipo di persona a cui può andare bene. A quanto pare, mi piace essere l'unica persona per l'altro."

Bohai, evidentemente colpito, strinse le labbra prima di deglutire rumorosamente, poi sollevò i bicchieri, continuando a guardare negli occhi Narae. "Brindiamo, allora."

"A cosa?"

"Al tuo prossimo amore, migliore, speciale, unico."

Quando anche Haneul, perplessa, sollevò il bicchiere per brindare con loro, si accorse che in fondo al prato, con i piedi a mollo alla riva del fiume Nakdong, la figura familiare di una ragazza catturò il suo interesse.

I folti capelli bruni, i jeans corti sulle caviglie, la maglietta bianca infilata dentro i calzoni, il corpo esile ma orgoglioso. Era la ragazza del cugino di Jihoon.

Haneul, come posseduta, lasciò cadere il bicchiere sulla spiaggia e corse verso di lei. Per un secondo, le sembrò di star fuggendo da qualcosa, da Bohai, da Narae e dall'intimità da cui lei era stata esclusa. Non era rancore, non era gelosia, però si era sentita di troppo.

Poi si rese conto che di fronte, mentre se ne stava immobile a pochi metri da lei, una giovane donna con lo sguardo perso aveva i piedi nudi bagnati dall'acqua fredda del fiume Nakdong.

•••
Non ero sicura di cosa stesse succedendo
ma i miei piedi avevano corso così veloci
pur di raggiungerti.
•••

"Stai bene?" Chiese, e quella si voltò. Era sorpresa.

"Ci conosciamo?"

Impietrita da quella risposta, Haneul non seppe più cosa dire. Era stata attirata come una calamita fino alla riva, eppure quella ragazza di lei non si ricordava affatto. Inutile fingere che non ci fosse rimasta male.

"Ah - replicò poco dopo - sei tu. La non sorellina di Jihoon."

Haneul, inspiegabilmente felice, non poté evitare di sorriderle. "Sì! Io non so ancora il tuo nome!"

•••
C'era qualcosa in te
che non avevo mai visto.

Non so se fosse quell'orgoglio
quella bellezza così sobria e reale
quell'espressione consapevole e sempre troppo seria.

Eppure io lo avevo visto.

Eri già così donna
quando io ancora inseguivo le farfalle.
•••

"Che importa, tanto non ci vedremo mai più." Disse.

Haneul, pensando al peggio, si avvicinò bruscamente per poterle afferrare il braccio. Non poteva certo starsene a guardare mentre quella si gettava nel fiume! "Non farlo! Ti prego, non farlo!"

"Ma a che stai pensando, stupida?" Prese subito dopo la ragazza, che le aveva messo una mano sulla faccia, allontanandola giocosamente.

"La vita è meravigliosa! Anche io pensavo di farlo ma credimi, non è questo il modo per risolvere i problemi!"

Quando all'improvviso quella ragazza, dagli occhi stanchi, un po' arrossati forse dal pianto, le sorrise così caldamente, Haneul non riuscì più a muoversi.

•••
Al tempo, avrei voluto chiederti
davvero molte cose.
•••

"Sto solo giocando un po' nell'acqua, stupida. Non farei mai una cosa del genere."

Sollevata, Haneul ricambiò il sorriso. "Stai bene?"

"In realtà, no. Ma starò bene già domani. Non preoccuparti, torna dai tuoi amici."

"Sei pazza?" Sentì urlare in lontananza, era il cugino di Jihoon, Jaeyong, che cercando di correre verso la sua fidanzata era buffamente scivolato sulla sabbia.

La ragazza vedendolo cadere, sorrise. "Sei davvero ridicolo."

Jaeyong non appena fu abbastanza vicino a lei, anche se indossava ancora le scarpe, entrò in acqua per stringerla in un abbraccio talmente passionale da far venire la pelle d'oca ad Haneul, che come una stupida, era rimasta a guardare.

Quando Bohai li aveva raggiunti, confuso, prese Haneul dal braccio, dicendole che non era il caso di restare lì mentre quei due amoreggiavano. In effetti, Jaeyong l'aveva baciata sulla bocca.

Haneul non è che volesse fare la guardona o essere inopportuna, però, vedendo come quei due stessero piangendo mentre le loro labbra si trovavano e danzavano quasi arrabbiate le une contro le altre, la colpì profondamente.

Haneul provò a salutarla, mentre veniva trascinata via da Bohai, ma quella ragazza non se ne accorse neppure.

•••
Non diedi importanza
a quel "non ci rivedremo mai più".

Per fortuna
a volte succedono cose inspiegabili.
•••

Una volta che Haneul rientrò pensò, per prima cosa, di andare nella stanza di Jihoon che quei due li conosceva bene. Nonostante dopo quella notte non le avesse rivolto la parola neppure una volta, Haneul sentiva il bisogno di parlare con lui, di guardarlo in faccia, di sentire la sua voce.

Non era scusa. Era sinceramente preoccupata per quella ragazza di cui, anche la seconda volta che l'aveva incontrata, non era riuscita a scoprirne il nome.

Bussò diverse volte. Piano certo, ma continuò.

Jihoon non le apriva.

Rendendosene conto, Haneul si chiese cosa avesse fatto di sbagliato per essere così crudelmente ignorata da lui. Non è che non si fosse arresa, in realtà era stata brutalmente sconfitta e ne era consapevole, eppure, aggrappandosi alla porta e scivolando lentamente sulle ginocchia, Haneul continuò a bussare.

Non riusciva neppure a trattenere le lacrime mentre si incurvava su se stessa e disperatamente, mantenendo sempre un rumore soffocato, continuava a bussare.

Perché Jihoon si era spinto così tanto con lei? Perché aveva fatto in modo che Haneul sembrasse importante per lui? Perché si era chiuso in quel misterioso guscio, da cui aveva deciso di tener fuori la ragazza?

Ma soprattutto, perché il suo petto faceva così male?

Ad un certo punto, Haneul smise. Il suo polso era stanco, la sua dignità a pezzi. Rimase comunque inginocchiata di fronte alla porta, col viso basso mentre le lacrime scorrevano sul suo volto affranto. Jihoon era così cattivo.

Passarono i minuti e Haneul poteva sentire solo il rumore dei suoi singhiozzi.

•••
Mi ero aggrappata a lui
dopo un insignificante bacio
ero certa pensasse quelle cose.
•••

I passi pesanti di Jihoon si avvicinarono alla porta, ma non la aprì.

"Haneul, sei ancora qui?" Sussurrò la sua voce profonda.

La ragazza, sorpresa, sgranò gli occhi lasciando le ultime lacrime cadere. Si era sentita svuotata di tutto, fino a quando lui non le aveva parlato.

"Haneul, vattene."

Le sue gambe, anche se stanche, avevano sicuramente la forza sufficiente per farla tornare nella sua camera, ma era lei a non volersi muovere.

•••
Non che avesse torto.
•••

"Haneul, se non te ne vai, finirò per aprirti."

Quelle parole, come il colpo di una pistola, colpirono direttamente nel petto di Haneul.

"Haneul - disse ancora, però con voce quasi rotta - smettila di farmi sentire così."

Quando Jihoon aprì finalmente la porta, trovando Haneul ai suoi piedi, inginocchiata e in lacrime, la prese in un abbraccio che la costrinse ad alzarsi. La trascinò dentro e chiuse velocemente la porta.

Haneul poteva finalmente vedere gli occhi di Jihoon come non li aveva mai visti. Erano lucidi, come se avesse pianto. Fino a quel momento, non riusciva neanche ad immaginare il ragazzo che piangeva, figuriamoci per lei.

La strinse ancora, forte forte.

"Haneul, mi stai facendo perdere la testa. Devi lasciarmi stare."

Per la prima volta anche le mani più piccole, legate a braccia più corte, di Haneul, si aggrapparono a Jihoon, alla sua schiena larga e rassicurante. Strinse così forte il tessuto della sua maglietta leggera che forse gli fece male, graffiando la sua schiena.

"Cosa succede - parlò, e le sembrò di farlo per la prima volta, Haneul - se non riesco a smettere di sognarti?"

Jihoon sorpreso di sentirsi dire quelle parole, la baciò impetuosamente. Non era dolce come la prima volta, anche la sua presa era diversa. La sua mano destra teneva saldamente la schiena di Haneul, mentre con l'altra sollevava la sua stessa t-shirt, lanciandola lontano.

Jihoon non aveva più gli occhi umidi, Jihoon era diventato qualcosa di simile ad un predatore. Aveva allora spinto gentilmente Haneul sul letto e, a petto nudo, si era inginocchiato tra le sue gambe per fare qualcosa che lei, fino a quel momento, non pensava neanche potesse esistere.

•••
L'amore come nei drama
gentile, delicato, meticoloso
Jihoon m'insegnò che erano tutto bugie.
•••

Haneul, ansimante, si aggrappava alle coperte. Quelle emozioni nuove, strane, trascinanti, erano difficili da contenere visto quanto naturalmente sentiva il bisogno di urlare. Avrebbe voluto farlo ma doveva sopire i suoi respiri, quello era certamente il posto più pericoloso che esistesse.

Jihoon, che aveva sollevato il capo per osservare l'espressione goduriosa e incerta, sul viso arrossato e accaldato della giovane, sorrise con gran soddisfazione. Senza dire nulla, allora, le mise due dita in bocca.

"Mordi forte quando non riesci a trattenerti."

•••
Lo sapevi anche tu, Minsoo?

L'amore è anche quando
gli occhi si girano.

Anche quando senti
come un fuoco dentro alla pancia.

Anche quando le gambe
si muovono senza il tuo controllo.
•••

Haneul, come invasa da un lato oscuro di se stessa che non aveva mai conosciuto, non riusciva a staccarsi dal corpo di Jihoon, in quel momento disteso sotto il suo. Jihoon le teneva le mani per non farle perdere l'equilibrio.

Il suo viso bellissimo si contorceva a causa del piacere e a volte chiudeva gli occhi, mordendosi il labbro pur di non ansimare. Haneul, dall'alto, guardando come tutto ciò fosse provocato in lui proprio da lei e da nessun'altra, non riusciva a smettere di sorridere.

Sentiva bruciare e anche un po' dolore, ma con calma, con i movimenti del suo bacino, lenti, iniziava a dimenticarlo. Voleva soltanto che Jihoon avesse quell'espressione rilassata e compiaciuta per tutto il tempo. Voleva guardarlo per sempre, felice com'era in quel momento.

Il pollice di Jihoon si appoggiò sulla bocca di Haneul, trascinando verso il basso il labbro inferiore.

"Sei bellissima."

Anche se era sudata, anche se la frangetta accuratamente acconciata quel mattino, si era tutta appiccicata sulla sua fronte; anche col collo bagnato; anche con il suo corpo completamente nudo e imperfetto, probabilmente, per i rigidi canoni di bellezza coreani, anche con quelle fugaci espressioni di dolore che apparivano e scomparivano immediatamente nel viso di Haneul, Jihoon aveva detto fosse bellissima.

•••
Mi sentii come se finalmente
fosse arrivato anche il mio turno
per essere felice.
•••

Alla fine, Jihoon si era acceso una sigaretta. Seduto sulla larga finestra che aveva una sorta di mensola verso l'interno, Jihoon soffiava fuori il fumo, per non far rimanere l'odore in camera. Haneul non l'aveva mai visto fumare, in realtà non credeva lo facesse.

"Jihoon - lo chiamò e quello, che aveva guardato fuori tutto il tempo, si rivolse immediatamente a lei - cos'è successo tra Jaeyong e la sua fidanzata?"

"Sei venuta per questo?" Ridacchiò.

"Ecco..."

"Non ne ho idea, comunque."

~•●•~

A scuola non si parlava d'altro che dell'improvviso abbandono di Dohyun della scuola, anche Haneul ne era curiosa. Aveva sentito parlare alcune ragazze terribilmente dispiaciute della notizia, in quanto fan o aspiranti fidanzate del popolare Dohyun. Lo avrebbe chiesto a Jihoon, non appena ne avrebbe avuto la possibilità.

Seduta al suo banco, durante la pausa, era rimasta a trascrivere alcuni appunti della lezione quindi non aveva avuto neanche il tempo di pranzare in mensa.

"Mi aspettavo più intraprendenza da parte tua, Jung Haneul." Le disse all'improvviso Insook, appena tornata in classe, forse proprio dalla mensa.

"Cosa? Perché?" Haneul in quel momento era troppo rilassata e di buon umore per tremare davanti alla terribile, e quanto pare lunatica Insook.

"Ti sto facendo lavorare nel ristorante più esclusivo di tutta Busan e tu non proponi neppure a tuo fratello di venire a mangiare. Cos'è, non ti parla neanche lui?"

Le immagini della notte precedente, apparendole in ricordo, la fecero sorridere come divertita. "In effetti è così. Gliene parlerò sicuramente, non preoccuparti." Disse, poi tornò a scrivere sul quaderno.

"Fai in fretta, so che si è lasciato di recente."

Jihoon si è lasciato? Pensò, non riuscendo ad evitare di sorridere, anche se china sul banco nessuno lo avrebbe notato. Aveva ipotizzato di essere anche lei, nella situazione di Narae, che pur di avere un ragazzo avrebbe dovuto condividerlo con le altre, ma Jihoon aveva fatto tutto ciò dopo essersi lasciato!

Poteva avere intenzioni serie con lei?

"Omo! - Esordì una studentessa che non conosceva, probabilmente un'amica di Insook, spalancando le porte dell'aula - Jihoon si sta picchiando con dei ragazzi!"

Al suono di quelle parole, furono molte le studentesse e gli studenti ad alzarsi per andare sul tetto, dove si stava svolgendo il 'duello'. Anche Haneul, ovviamente, scattò per raggiungerlo. Cosa stava succedendo?

Corse in fretta su per le scale senza neppure affaticarsi, anche se quando arrivò sul tetto aveva il fiatone.

Jihoon, come un leone in un'arena, aveva appena sferrato un pugno ad un ragazzo che dopo il colpo era caduto per terra. La sua bellissima faccia era piena di lividi, quindi probabilmente doveva averle prese anche lui.

Il cuore di Haneul si strinse, vedendolo in quello stato.

"Dillo ancora, bastardo!"

"Cosa? - Chiese quello, ridendo e asciugandosi il labbro sanguinante col dorso della mano. - Che quel poveraccio di Dohyun spacciava? Che c'è, tu che eri il migliore dei suoi clienti, non lo sapevi?"

La rabbia negli occhi di Jihoon era evidente come se all'interno vi bruciassero delle fiamme mentre si scagliava su di lui, pronto a dargliene ancora anche per terra. Haneul, spaventata, gli corse incontro, mettendosi di mezzo. "Basta! Smettetela!"

Il ragazzo a terra, forse involontariamente, cercando di sollevarsi, spinse violentemente via Haneul che fu letteralmente scaraventata contro il muretto che recintava i bordi del tetto. Il colpo fu così violento che avvertì un terribile dolore alla schiena un secondo dopo aver toccato il cemento.

Jihoon, confuso, la guardò piegata per terra, ferita. Ancora più nervoso e arrabbiato, allora, si gettò sul ragazzo che non era riuscito ad alzarsi comunque, nonostante l'avesse allontanata, e seduto a cavalcioni su di lui gli diede così tanti pugni in faccia che ad Haneul venne quasi la nausea. Aveva dolore, ma non aveva perso i sensi.

Poco dopo arrivarono alcuni ragazzi a fermarlo. Quello per terra, doveva essere svenuto.

"Pezzo di merda ti ammazzo!" Aveva gridato Jihoon, mentre i suoi amici lo tenevano dalle spalle. Cercava di lanciare calci all'aria ma quello non avrebbe comunque reagito.

"Ti calmi, cazzo?!" Lo riprese un ragazzo.

"Haneul, stai bene?" Chiese, liberandosi finalmente dalla presa di quei ragazzi.

Il dolore alla schiena era così forte che lì per lì non era riuscita a muoversi. Quando Jihoon le si avvicinò, prendendole il viso tra le mani e, pericolosamente vicino, continuò a chiederle come stesse. "Andiamo in ospedale!"

"Il ragazzo - disse però Haneul - chiamate un'ambulanza!"

Dopo che erano intervenuti i professori, Jihoon era stato portato urgentemente dalla preside. Alcuni docenti avevano aiutato il ragazzo a raggiungere l'infermeria, mentre due di loro si erano avvicinati ad Haneul per capire come stesse.

"Studentessa, stai bene?" Aveva chiesto la professoressa di inglese.

Haneul annuì, ma aveva qualche difficoltà ad alzarsi. Arrivò allora Bohai, che in realtà non sembrava aver assistito alla scena. Le corse incontro e gentilmente la caricò sulle sue spalle, prendendola in consegna.

"Cosa cazzo è successo?" Chiese poco dopo Bohai, mentre la trasportava in infermeria, troppo affollata dagli studenti curiosi delle condizioni di salute del compagno massacrato da Jihoon.

"Io non lo so."

•••
Ero convinta che una volta trovata
non avrei potuto perdere
per l'ennesima volta la felicità.

Nessuno poteva minacciarla.
•••

Al rientro a casa, senza Jihoon, ad accoglierla fu la signora Nam che non appena la vide le sferrò un terribile, fortissimo schiaffo sulla guancia destra.

"Cosa pensavi di fare?"

Visto che con i signori Nam non aveva mai avuto grande confidenza, visto che non si erano mai rivolti a lei se non per le cose più essenziali, le sembrò surreale ricevere uno schiaffo dalla donna. Inoltre, cosa pensava di fare? Cosa aveva fatto?

Visti i precedenti, viste le situazioni consumate all'interno della casa, le ginocchia di Haneul presero a tremare. Una sensazione di terrore e instabilità la invasero mentre gli occhi severi della donna la ammonivano anche mentre non parlava.

"Pensavi di poter fare quello che volevi in questa casa?"

"Sign-" un altro schiaffo le impedì di continuare a parlare.

"Te ne vai nella camera di mio figlio, e poi ti permetti di metterlo in situazioni come questa? Cos'è, ti frequentavi con quel ragazzo che è finito in ospedale? È per questo che Jihoon si è comportato così??"

Ma cosa aveva capito? Lei in quella situazione non c'entrava proprio nulla. Eppure, visto che sapeva della notte precedente, come avrebbe potuto parlare davanti a lei? Che cosa avrebbe potuto dire?

La sua buona condotta durata tutti quegli anni, l'impegno scolastico, l'essersi trovata un lavoro, non aver mai chiesto nulla, non aver mai disturbato, era scomparso tutto davanti a quell'unica volta. Era troppo grave. Tremava al solo pensiero di essere sotto allo sguardo accusatore della donna, non osava neppure alzar ciglio di fronte a lei.

"Non potevi solo resistere... - disse poi, con voce più densa, bassa, quasi dispiaciuta - un altro po'?"


•••
I signori Nam definirono dei confini.

Non era mai stata la mia famiglia
eppure andavo in vacanza con loro.

Non li sentivo come dei parenti
ma mi trattavano meglio di quanto avesse fatto
persino mia madre.

Non immaginavo neanche
che tipo di strappo sarebbe stato
perdere anche loro.
•••

Anche se lo aveva pensato molte volte, adesso l'idea di abbandonare il suo liceo dopo aver trascorso meno di tutto il primo anno lì, le dava dispiacere. Quella era la scuola che aveva scelto per non infastidire i signori Nam, la scuola che le permetteva di stare in compagnia di Bohai.

L'ultimo giorno di scuola fu strano, le ore passarono lentamente come tutte le altre volte, a mezza giornata si era persino stancata di aspettare, aveva guardato chissà quante volte l'orologio.

All'ultima ora, divenne triste. In classe tutti sapevano che avrebbe lasciato quella scuola per motivi familiari, così come aveva annunciato la stessa insegnante. Quell'ultimo giorno neppure le risatine degli altri, le battute, la scalfirono.

La cosa peggiore le stava già accadendo. Né in casa, né a scuola, né da nessun'altra parte avrebbe potuto vedere Jihoon. In fondo, erano stati entrambi molto stupidi a consumare all'interno della residenza. Era terrificante immaginare che qualcuno della servitù avesse visto quella sceneggiata davanti la porta di Jihoon, ma faceva davvero raggelare il sangue pensare che potesse essere uno dei signori Nam.

Jihoon comunque era stato sospeso per tutto il periodo che aveva frequentato dopo lo sfortunato incidente, quindi di vederlo lì non vi era possibilità.

Riflettendo, con la guancia poggiata sulla mano e aspettando il suono della campana, Haneul si sentiva come se non avesse il controllo neppure del suo stesso respiro in quel periodo.

Era stata reclusa nella sua camera, poteva uscire soltanto per andare a lavoro, non era sicura neppure che sarebbe potuta restare in quella casa vista la reazione tanto brusca dei signori Nam.

Stava lasciando la scuola che, in fondo, era quella che aveva deciso. Certo, un po' per non disturbare i signori Nam, un po' perché in quella scuola c'era Bohai, c'era Jihoon, ed era anche un posto stimolante dove studiare, così lussuosa ed elegante.

Cosa sarebbe accaduto dopo? In realtà, non le importava troppo della casa o della scuola, ma con Jihoon? E lui? Cosa pensava di quella situazione? E se anche lui era arrabbiato con lei perché intromettendosi aveva fatto un gran casino?

Solo immaginando cosa Jihoon poteva pensare di lei, Haneul si mise entrambi i palmi sul viso per coprirlo. Avrebbe tanto preferito sprofondare in quel momento.


•••
Ero pronta a rinunciare ad ogni cosa.

Ero così patetica.
•••

"Ci stavi provando con Jihoon?" L'imbeccò Insook dopo che l'insegnante, salutando cordialmente Haneul e augurandole il meglio per il futuro, era uscita. Quelli erano per lei gli ultimi minuti all'interno della scuola.

Negli ultimi giorni Insook non faceva che insinuare cose simili. Haneul iniziava a pensare che dentro al cervello, quella ragazza, avesse un criceto o un porcellino d'india. Era davvero invadente, senza vergogna, senza garbo, spesso insensata. Si era comportata tanto gentilmente e poi era tornata la solita Insook.

Haneul sospirò, mentre sistemava le sue cose, con calma. "Sì, speravo che si innamorasse di me."

La compagna di classe, sorpresa e divertita, mise le mani sui fianchi, guardandola attentamente. "Mi stai prendendo in giro? Pensi di poter essere una persona in grado di prendersi gioco di me?"

"Non mi permetterei mai." Assentì, davvero non interessata alle sue parole.

Una soluzione estremamente efficace per ignorarla, aveva imparato, era acconsentire a qualsiasi cosa dicesse. In extremis ignorarla del tutto. Le era stato facile, soprattutto in quel periodo, visto che aveva la testa altrove, inoltre non voleva litigarci visto che lavorava per suo padre.

In classe dovevano essere tutti sorpresi di vederla così cambiata. Lei che era sempre stata particolarmente sorridente, oppure particolarmente triste quando gli altri se la prendevano con lei, vedere come tutte le accuse gli scivolassero addosso, doveva essere strano da vedere.

Eppure era l'unica verità. Accuse, insinuazioni, non avevano nessun peso in confronto a quello che succedeva fuori dalle mura di quella scuola.

"Hai fatto sospendere Jihoon oppa." Continuò Insook, per la prima volta apparentemente nervosa - cosa che, in qualche modo, fu gratificante per Haneul.

"Non sono stata io, dai, lo sai - rispose Haneul senza neppure guardarla in faccia, aveva quasi finito di prendere le sue cose, poi si avviò per andarsene. - Comunque tornerà e finalmente potrai offrirgli il tuo tempo e le tue cure. Gli parlerò di te."

Insook, decisamente offesa da quelle affermazioni, strinse la mano attorno alla lunga coda di cavallo di Haneul. Le dita si incastrarono facilmente tra i suoi boccoli corvini. Poi tirò abbastanza forte da farla fermare.

"Pensi di aver imparato a gestirmi? Pensi di potermi rispondere come vuoi? - Prese a parlare la velenosa, quanto lunatica, compagna di classe. - Pensi che noi siamo allo stesso livello? Tu lavori per mio padre, tu lavori per me, sei letteralmente un mio sottoposto. Come osi solo pensare di parlarmi così?"

"Cosa dovrei fare per farti chiudere quella cazzo di bocca, allora?" Rispose Haneul che, sebbene tanto calma, era anche tanto stanca. Il suo turno a lavoro sarebbe cominciato tra qualche ora e non aveva molto tempo da perdere.

Voltandosi all'improvviso, Haneul liberò la sua coda dalla mano di Insook, poi le sorrise. "Io sto per andare via, non importa cosa farò in questa scuola, potrei letteralmente ucciderti - disse, imitando la vocina superiore di Insook - a me non cambierebbe nulla, e a te? Smettila, vedi se riesci a crescere uno di questi giorni."

Si sentì adulta mentre lasciava la classe, sotto lo sguardo sbigottito di tutti. Era sembrata una ragazza grande mentre diceva quelle cose. Insook era talmente scioccata da non sapere neanche cosa dire per replicare e quella era per Haneul, una piccola, meritata, vittoria.


•••
Anche se non lo conoscevo
anche se eravamo stati insieme
soltanto per una notte...
la forza di reagire in quel periodo
me la diede Jihoon.

Non sapevo se era pentito
non potevo neppure chiederglielo.

Mi dava forza il solo pensare che
Jihoon mi aveva scelto, anche solo una volta
anche solo per una notte, ma io
ero stata scelta da Jihoon.

Non so perché avvenga
non capisco se è qualcosa di innato
ma so che capita a molte donne
e so che è deleterio per noi.

Al tempo però
potevo giustificarmi
dicendomi che avevo solo 17anni.
•••

"Dai cazzo - esordì suo padre, vedendo entrare Jihoon nel suo ufficio - davvero proprio lei? Quante altre ragazze ci sono? Che poi, a me non importava neanche."

Dopo i giorni di prigionia forzata in camera sua, Jihoon era stato chiamato da suo padre per parlare della faccenda. Sua madre era talmente offesa da non volerlo neppure vedere e Jihoon la trovava un po' ridicola, con quel silenzio, con quelle restrizioni. Non era neanche colpa di Haneul se era accaduto tutto ciò.

"Che vuoi dire?" Chiese il figlio, sedendo senza troppi complimenti nella poltrona di fronte alla scrivania. Suo padre, come al solito, non lo guardava in faccia mentre parlava ma continuava a scrivere e firmare i documenti davanti a sé.

"Che non mi importava se te la scopavi oppure no, anche se in effetti è ancora minorenne - disse Minhyuk Nam, e il figlio pensò che non avrebbe potuto trovare parole più spregevoli per parlare di Haneul - finché lo aveste fatto in silenzio e finché sarebbe finita non appena saresti andato via. Ma davvero? In questo modo? Uccidere quasi un ragazzo per una spinta alla ragazzina? Cos'è, sei davvero stupido?"

Dopo tutti quegli anni, anche se suo padre lo aveva sempre fatto arrabbiato, non gli era mai stato di nessun aiuto come genitore, sebbene non fosse neppure una figura stabile o positiva all'interno della famiglia, Jihoon si era abituato anche a lui. Come se fosse un lontano parente, un tutore quasi, Jihoon aveva imparato a canalizzare la rabbia.

"Haneul non c'entra niente, lo sai benissimo e lo sa anche la mamma che si è fissata con questa storia della reclusione. Quel tipo che ho quasi ucciso continuava a dire che Dohyun vendeva droga e soprattutto che io l'acquistavo. Se Dohyun non avesse lasciato la scuola avrebbe potuto risolverla in un altro modo ma io sono diverso."

"Non mi importa di questi retroscena, il fatto è che adesso dobbiamo risarcire profumatamente quel ragazzo sperando che la questione si chiuda qui. Se tu lo avessi semplicemente ignorato, non si sarebbe alzato questo polverone."

Aveva ragione, ma Jihoon non era uno che pensava troppo. Dopo tutto quello che stava succedendo a Dohyun non poteva solo starsene a guardare mentre uno stronzetto viziato infangava la sua reputazione per tutta la scuola.

In realtà, era vero che Dohyun aveva venduto sostanze illegali e che anche lui le aveva comprate. Comunque non era da Dohyun che si riforniva, e poi lo aveva fatto soltanto durante il loro primo anno alle superiori. Dopo aver vinto la borsa di studio per frequentare quel liceo, ed essendo la sua famiglia davvero povera, non poteva neppure permettersi la divisa. Jihoon gli aveva offerto dei soldi ma lui era troppo orgoglioso per accettarli, quindi li aveva presi in cambio di un servizio.

Dopo il rischio che aveva corso, pur di frequentare quella scuola, alla fine non aveva neppure potuto diplomarcisi.

"Jihoon - lo riprese poi suo padre, notando che il figlio si era perso nei suoi pensieri - smetti di frequentare la ragazzina. Neanche se vuoi solo divertirti. A questo punto è evidente che non potrete costruire niente assieme, d'altronde non penso fosse questo il tuo obiettivo. In ogni caso, una come lei, potrebbe solo aggrapparsi a te. Pensa al tuo futuro, di queste cose poi te ne dimentichi."

•••
Che io e Jihoon
non avessimo futuro
lo capii la prima volta che mi baciò.

Probabilmente le persone che si innamorano
fanno progetti, immaginano il futuro.

Tutte le volte che sono stata insieme a lui
io non ho mai immaginato
cosa sarebbe potuto accadere dopo.
•••

Passati i giorni, Haneul si era dovuta preoccupare solo di andare a lavoro (stranamente, Insook, non l'aveva fatta licenziare) e di adattarsi alla nuova scuola, una di quelle vecchio stampo, con le costruzioni vecchie e le divise marroni, bruttine. Era un istituto completamente femminile.

Jihoon era impossibile vederlo, anche solo l'idea di andare nella sua camera nel cuore della notte era follia. Sicuramente qualcuno rimaneva appostato fuori per vedere i suoi movimenti, quindi non voleva rischiare.

Lui non le aveva mandato neppure un SMS, e intanto erano passate due settimane da quel giorno. Forse era pentito, forse non voleva più vederla, forse si era già stancato di quel gioco pericoloso che avevano condiviso così teneramente. Non che avrebbe avuto torto a farlo.

Una sera, una sera come le altre, Haneul non aveva ancora preso sonno. Specialmente durante i giorni liberi, Haneul, più riposata del normale, passava le serate a guardare film o a decorare i suoi quaderni. Dopo quelle due settimane si era persino accorta di essere migliorata con le rose, i girasoli, i fiori di ren e quelli di loto.

Passava decisamente troppo tempo in quella stanza, a volte le capitava di non percepire più il tempo ed era costretta a controllare l'ora sullo schermo del cellulare o della tv, raramente del pc, visto che non lo utilizzava spesso.

Seduta scomodamente sul bordo del letto, col cellulare in mano intenta a fissarlo, Haneul ascoltava una canzone d'amore. Il film, era finito, e la musica dei titoli di coda era più bella di quanto fosse stata l'intera pellicola.

Jihoon non le avrebbe scritto neppure quella notte? È vero, non le era importato che fosse fidanzato, non le era importato di sapere se lo aveva fatto perché Haneul piaceva davvero a Jihoon, non le era importato di sé stessa fino a quel momento. Eppure lei meritava delle risposte, giusto?

Però, io che risposta voglio? Si chiese, così triste da curvare ulteriormente la schiena, come per rimpicciolirsi. In fondo voglio solo che mi parli. Se mi parlasse, non domanderei nulla.

Un colpo, sul vetro della finestra.


•••
Jihoon quella sera
non bussò neppure una seconda volta.

Mi ero alzata dal letto così velocemente
che anche se fosse stato solo il vento a bussare
me ne sarei comunque accorta dopo aver aperto.
•••

Non appena Jihoon entrò, saltando dalla finestra, per prima cosa abbracciò Haneul. Non le diede neppure il tempo di parlare che venne soffocata tra le sue braccia, Jihoon la stringeva così forte che sembrava aver paura di perderla.

La prima sera, Haneul non aveva notato che Jihoon profumava di mandorla. La prima sera, Haneul non aveva mai accarezzato i capelli di Jihoon e non sapeva quanto morbidi, folti fossero. La prima sera, Haneul era come stata investita da un autotreno.

"Mi hai sognato?" Chiese sottovoce Jihoon, non l'aveva ancora lasciata andare.

Haneul, che quasi non riusciva a respirare ma non voleva staccarsi dal petto solido di Jihoon, non poté che sorridere. "Continuamente."

Come se avesse appena ricevuto il permesso, Jihoon dopo le sue parole, si allontanò per poi baciarla sulla bocca. Era un bacio passionale, quasi rabbioso. Le labbra grosse di Jihoon continuavano a catturare quelle di Haneul, altrettanto carnose, tra le sue.

Jihoon le baciava le guance, gli occhi, poi di nuovo le labbra mentre con le mani, veloci, esperte, le sbottonava i jeans. Haneul, che come quella sera, sentiva di non avere nessun tipo di controllo in quella situazione, anche con le mani che tremavano, mentre si lasciava baciare, cercò goffamente di sollevare la canottiera bianca di Jihoon, lui si fermò e glielo lasciò fare, sorridendole.

Anche se quella sera avrebbe voluto parlare, capire cosa stesse succedendo, Haneul preferì lasciarsi toccare dalle dita di Jihoon. Che le accarezzasse una spalla o un seno, le emozioni nel ventre di Haneul erano le stesse. Quando anche solo il polpastrello dell'indice di Jihoon si era poggiato sul suo addome per segnare piccoli, trasparenti cerchi, Haneul si era sentita comesulle montagne russe.

Non aveva davvero alcun controllo se di mezzo c'era Jihoon.

Dimenticò ogni domanda, ogni pensiero, le bastò trovare semplicemente il suo sguardo, calmo, sensuale, mentre le baciava umidamente i seni. Jihoon la trattava come una donna e a lei piaceva sentirsi tale.

Forse perché quando era insieme a lui smetteva di essere Haneul la figlia di una poco di buono, Haneul la mantenuta, Haneul la ragazza che aspetta ancora sua madre, Haneul la ragazzina ingenua.

Insieme a Jihoon, Haneul era una donna, il suo corpo, come un fiore, era sbocciato che non se n'era accorta, finché Jihoon non aveva preso quel fiore con le sue mani. Solo nelle sue mani poteva sembrare così bello.

Come gli amanti dei film che fuggivano per passare qualche ora insieme, Haneul temeva di dover affrontare un destino simile quando quella notte, dopo un paio d'ore a letto, se in silenzio abbracciati comodamente, se rumorosi non certo per i discorsi, Jihoon si era alzato e aveva cercato i boxer in giro.

Li mise davanti a lei, si vestì con calma.

"Jihoon, che cosa devo fare?" Le sembrò, d'altronde, l'unica domanda che avrebbe potuto fargli. Qualunque altra cosa sarebbe stata semplicemente troppo pericolosa.

"Volevo dirti da un po' che non devi innamorarti di me."

Mentre Haneul, demolita da quella risposta, restava in silenzio, Jihoon si era allacciato le scarpe dandole le spalle. Ad Haneul però, dai suoi grandi occhi azzurri, erano sgorgati certi lacrimoni che quasi se ne vergognava.


•••
Mi chiesi se fossi io
magari, non conoscendo le dinamiche
che mi sorprendevo come una scema.

Eppure, dopo tutto quello che era successo
potevo davvero accettare che fosse solo un momento per Jihoon?
•••

"Allora non chiedermelo più."

"Cosa?"

"Se ti ho sognato. Non ti sognerò mai più."

Se per tutto il tempo aveva lasciato correre, le sembrò come di svegliarsi da un lungo sonno. Jihoon era venuto in camera sua e dopo tutto quello che lei gli aveva lasciato fare, lui semplicemente diceva che non doveva innamorarsi di lui?

Però pensò Haneul, notando che lo sguardo di Jihoon si era inspiegabilmente incupito non è che mi abbia costretta. Ero più che consapevole di quello che stavamo facendo. Si sentì in colpa.

"Allora smetterò di piacerti?"

•••
Avrei voluto dire di sì
ma alla fine rimasi in silenzio
perché non riuscivo neanche a mentirgli.

Jihoon uscì dalla finestra com'era entrato
e io rimasi da sola.

Non mi sentivo una donna
mentre piangevo di tristezza.

Fin dall'inizio
credo che Jihoon mi amasse.

Ma non per i miei occhi
non per il mio viso
neanche per il mio corpo.

A Jihoon piaceva
la mia totale, cieca, disperata
dedizione.

Oggi, guardando razionalmente il passato
mi rendo conto di essere stata un pessimo esempio per tutte le donne.

Sono ancora grata del fatto che tu, Minsoo
mi abbia aiutata a crescere.

Francamente, se non ti avessi conosciuta
non so dove sarei adesso.
•••



Hello guys! Qui è l'autrice, se siete arrivati fin qui immagino che abbiate almeno un pochino apprezzato questa storia, sarebbe fantastico se mi scriveste cosa ne pensate.

WAT è un progetto molto ambizioso, sarò sincera. Ho disegnato la copertina e intendo illustrare buona parte del racconto, soprattutto nelle scene più importanti. Potrà sembrare prematuro ma in realtà scrivere già la storia è parecchio faticoso e temo che se mi mettessi anche ad illustrare così per come lo voglio, pubblicherei un articolo ogni 6 mesi, per questo lancio questa proposta a chiunque voglia coglierla: mi servirebbe davvero un* collaboratore/trice che, se non del tutto, mi aiuti almeno a stringere i tempi con le illustrazioni.

WAT, secondo i miei piani, sarà pubblicata su un altro sito (ma non escludo che non possa tenerla anche sui siti dedicati dove l'ho pubblicata) ma ho comunque deciso di voler condividere i primi 4 capitoli della storia per avere un'idea generale (questo è soltanto il primo). Ci sono degli errori, sicuramente, e ci sono molte parole che sicuramente molt* non conoscono ma ho deciso di non allegare alcuna didascalia perché vorrei utilizzare questo materiale per fare qualcosa di bello e originale, in futuro.

Per chiunque sia interessat* a contattarmi potete farlo scrivendomi all'email whataboutfate@gmail.com o su telegram scrivendo a Ofelia_37, sarebbe fantastico e potremmo metterci d'accordo riguardo alle cose noiose (yey).

Ultima domanda, qualcuno saprebbe spiegarmi in che modo inserire le immagini? Perché ci ho messo tre giorni per disegnare la copertina ma EFP non me la carica e tynipic è stato chiuso........................ halp

Detto ciò, questo per me è un progetto che ho davvero tanto a cuore, anche solo una recensione può essere importante per me che sono all'inizio di questo ambiziosissimo percorso quindi sì insomma, non voglio elemosinare ma un po' lo sto facendo.

Ci vediamo alla pubblicazione del capitolo 2!

   
 
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