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Autore: thebumblebee    29/06/2021    0 recensioni
E vide riflesso nei suoi occhi quel pensiero, quel suo stesso pensiero che tanto l'aveva turbata nel corso della convalescenza.
Rivide i propri sorrisetti sghembi, stampati su un viso fresco, sereno, incorniciato dai boccoli dorati capaci di incantare qualunque passante per strada.
Rivide il sorriso di circostanza, freddo, che si allungava su un volto provato, segnato da un dolore antico che non avrebbe potuto mai spiegare, accompagnato da una cascata luminosa come una luce troppo accecante.
Infine vide ciò che le era rimasto, il sorriso caldo e maturo di chi ha sfiorato la mano della morte, il viso finalmente sereno pur nel terrore di chi ha trovato la via, i ricci lunghi, snodati, delicati, caldi come un campo di grano dalle spighe dondolanti.
Si chiese chi era stata, chi era diventata e chi era davvero adesso. E in quegli occhi, specchio dei suoi, trovò la verità.
Lo sviluppo hegeliano di Delphine tra tesi, antitesi e sintesi.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Altri, Cosima Niehaus, Delphine Cormier
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Synthese

Spiava.

Ecco quello che sapeva fare bene. Lei spiava. Lo aveva fatto fin dall'inizio, con Cosima. Poi aveva esteso il campo a tutto il progetto Leda, rischiando anche la vita quella volta. E adesso eccola, nella tana del coniglio.

Disperata, dopo il tradimento di Cosima per il libro, aveva trascorso la notte a leggere 'L'isola del dottor Moreau', cercando di annebbiare la mente, di dimenticare tutto. Mai avrebbe immaginato che nel corso di poche ore si sarebbe risvegliata proprio lì. Su quell'isola. Dopo lo sparo le era sembrato così facile scivolare via, proprio come aveva spiegato Cosima. Ma lei aveva già accettato il suo destino. E poi all'improvviso aveva visto quel volto, il suo volto, davanti a sé, come un fantasma. Aveva creduto per un folle attimo che allora le visioni esistono, aveva davvero avuto l'impressione che fosse così per tutti... Aveva pensato di mettere in discussione la scienza! Aveva desiderato di sopravvivere solo per poter dire a Cosima che si era sbagliata sulla religione e sull'aldilà e tutto il resto. Ma lei non aveva avuto nessuna visione. Quella era Krystal Goderitch, che le aveva in qualche assurdo modo salvato la vita. Comunque aveva impedito che Delphine ricevesse il colpo di grazia e così aveva dato modo a loro di guarirla.

“È il tuo giorno fortunato, Dr. Cormier” le aveva detto il Messaggero. “Lui pensa che tu possa ancora essergli utile”

E ora stava monitorando dei bambini. Stava spiando dei bambini. Tutto per permettere al famigerato dottor Moreau PT Westmoreland di utilizzare la parabiosi. Spregevolmente da lei, pensò Delphine. L'avevano piazzata in una posizione perfetta, dopotutto. Si era dimostrata un mostro negli ultimi mesi. Adesso almeno le avrebbero dato gli strumenti per esserlo completamente. E poi, pensò ridacchiando freddamente, non è questo che accadeva nel libro? Non è di questo che si trattava, in fondo? Su quell'isola non veniva data vita ai mostri?

Qualcuno bussò alla porta della yurta, facendola sobbalzare. Il suo cuore mancò una lunga serie di battiti, una fitta si accumulò allo stomaco, sulla ferita ormai guarita, ma era solo il Messaggero.

“Lui vuole vederti” le disse, facendole trattenere il fiato. Delphine era diventata molto cauta, forse troppo, ma voleva sopravvivere ancora. Stava aspettando l'occasione per indagare più a fondo su quella situazione. Era incredibile come, nonostante l'avessero messa a capo del DYAD, non avesse mai saputo niente di quel posto, di ciò che lì accadeva... E ogni volta che lui voleva vederla come un fuoco si accendeva nel suo petto, l'adrenalina le riempiva i vasi sanguigni, le dilatava la pupille, i polmoni...sentì la gola secca e un'improvvisa chiusura allo stomaco, come se l'antro pilorico si fosse chiuso e arrotolato ripetutamente su sé stesso. Le stavano dando l'ennesima occasione, e sapeva che loro non sarebbero stati così sciocchi da lasciarla sola con monsieur W. Sapeva che avrebbe avuto i loro occhi piantati addosso, come sempre, come tutte le altre volte in cui aveva messo piede nella casa. Ma l'occasione che avrebbe potuto avere, del resto...la faceva sperare sempre in bene.

Quando entrò nella casa fu avvolta dalla musica lirica. Sembrava un pezzo italiano, qualcosa di molto profondo, avvolgente. Raggiunse il vecchio con cautela, muovendosi sapientemente per i corridoi, sempre seguita da lontano da un paio di uomini. Non lo trovò bene. Non stava bene. Le sue guance erano terribilmente incavate, i suoi occhi vacillavano, era in evidente stato di tranquillanti. Eppure quel sorriso malvagio era sempre pronto a fare capolino sul suo volto. I pensieri di Delphine galopparono rapidi. A guardarlo, presto i tranquillanti lo avrebbero reso talmente pacato da distrarlo. L'emozione, un'emozione che solo baciare Cosima per l'ultima volta le aveva scatenato prima nel petto, la inondò completamente quando chiese ai suoi uomini di lasciarli soli. Lei sapeva che avrebbero atteso fuori dalle grandi porte, ma per lo meno se lui si fosse assopito, lei avrebbe potuto cercare qualcosa, qualsiasi cosa senza essere vista. Spiava. Sapeva farlo bene, no? Qualcosa avrebbe trovato. Ma il vecchio era ancora sveglio e voleva parlare. I suoi occhi infossati la tenevano incatenata al pavimento, impedendole ogni movimento. Lui era seduto, lei era in piedi, eppure era lei a sentirsi piccola, minuscola.

“Ho bisogno che insegni a Mud la procedura. Potrebbe succedere che io necessiti dei tuoi servigi lontano dall'isola”

Delphine riuscì a rimanere immobile, a non tradire l'emozione. Forse Cosima aveva fottutamente ragione. Forse c'era un destino, o un aldilà o qualcosa di provvidenziale. Forse Dio... Lontano dall'isola? Chissà quante cose avrebbe potuto fare...ma allo stesso tempo si chiese come mai. Cosa stava succedendo? Che cosa poteva fare lei se non il medico? E come medico, cosa avrebbe potuto fare per lui lontano da lì?

“Certamente, signore, come desiderate”

Lui sogghignò, ma era stanco. Era turbato da qualcosa. Le fece cenno di avvicinarsi, lì, davanti a lui. E Delphine si piegò sulle ginocchia, specchiandosi in quegli occhi vecchi, vitrei come quelli di un novantenne...ma niente di più che quello. Era sempre stata scettica riguardo all'età dell'uomo. Aveva solo bisogno di prove...

“Ci sono ospiti sull'isola, Delphine. Uno lo conosci molto bene. È il tuo soggetto. 324b21”

Talmente tanti sentimenti le abbracciarono il cuore da rendere la sua espressione un mix tanto incoerente che seppe, seppe di essersi tradita. Lo seppe dagli angoli della sua bocca che si sollevarono sornioni mentre la guardava, decisamente soddisfatto. Fu terrorizzata. Arrabbiata. Felice. Terrorizzata. No, forse più arrabbiata. 324b21. Quelle cifre evocarono sensazioni pesanti. Come avevano fatto a rinchiudere quella creatura angelica, sensazionale, intelligente, brillante, bella, bellissima in sei stupide cifre? Ma il terrore si infilò sotto l'indignazione, perché si chiese come avevano fatto a rinchiuderla sull'isola? E poi la felicità...perché fu ovvio che il vecchio riteneva di doverla spedire via perché temeva che in qualche modo Cosima potesse raggiungerla. Cosa sapeva il vecchio tradizionalista del loro rapporto? Cosa gli avevano detto? Cosa si diceva in giro?

“Il mio soggetto” ripetè con calma, mantenendo la sua freddezza per fingere di non essere rimasta colpita da quella scoperta “Non è mai stato più che un soggetto”

Il vecchio le sorrise delicatamente, ormai troppo stanco per continuare. Accennò un'ultima frase che fece tremare di paura le belle labbra della bionda. “Non è quello che mi ha riferito Rachel”

#

“Come puoi vedere, Rachel, Delphine è davvero dei nostri”

Il fondo di sarcasmo fece sbuffare Delphine in una risatina nervosa. Aveva appena firmato l'ennesima condanna a morte del suo rapporto con Cosima. Aveva appena accettato di tradire la folle scienza per rivelare al vecchio cosa lei, la figliol prodiga, aveva scoperto. Fu immediata la replica dell'altra donna.

“Ci scommetto”

Le due si guardarono cercando di mantenersi civili, il ricordo delle torture che aleggiava nell'aria silenzioso. Rivedere Cosima, ritrovarla dopo mesi trascorsi lontane sembrava aver avuto un effetto catartico su di lei. Aveva chiuso in un cassetto tutto il rancore, tutte le paure, tutte le parole che avrebbe voluto dire e si era lasciata andare tra le sue braccia. Sapeva di avere un disturbo da stress post traumatico, sapeva che si rifiutava di credere di aver fatto ciò che aveva fatto e sapeva anche che stava fingendo di non ricordare cosa aveva provato nel torturare Rachel, notte dopo notte, giorno dopo giorno...ma in realtà riusciva a sentire sulla punta della lingua il piacere, l'emozione che ogni stretta alla gola, o spinta nell'occhio, o frase tagliente le aveva provocato.

Non era pentita, questa era la verità. Non di quello. Il problema era che Rachel aveva trovato il modo di vendicarsi, quello più infido e crudele possibile: aveva rivelato il tipo di relazione che aveva legato lei e Cosima e che, inevitabilmente, le legava anche adesso. E lei aveva accettato di spiare la sua ragazza, di nuovo. Per amore di tutte le sorelle stava per ferire nuovamente l'unica persona a cui davvero teneva più che alla sua stessa vita. Ma avrebbe fatto qualsiasi cosa per arrivare a Ginevra...qualsiasi.

“Signore, permettetemi di accompagnare Delphine fuori. Vorrei congratularmi personalmente con lei per tutto quello che sta facendo per l'isola”

Il vecchio le lanciò un'occhiata, osservandola accuratamente prima di annuire. Delphine rimase impassibile, scrutando il clone con distacco, mantenendo quel velo di indifferenza dietro cui si era nascosta. Piegò la testa in un saluto delicato prima di iniziare a incamminarsi verso l'uscita, la mano di Rachel improvvisamente agganciata al suo gomito.

“Sei l'ultima persona a meritare quella cura, lo sai?” sussurrò Delphine, dimentica del suo percorso catartico. Rachel le sorrise, facendola fermare all'ingresso per guardarla negli occhi.

“E tu sai...che sono stata io a fare l'iniezione a Cosima? Avrei potuto distruggere quella fiala...avrei potuto lasciarla morire dopo che tu sei andata via. E invece sono stata io a curarla”

Delphine sentì il proprio respiro accorciarsi mentre Rachel le sorrideva, l'occhio finto ormai totalmente pigmentato, i lineamenti così uguali a quelli di Cosima, ma allo stesso tempo opposti.

“Avresti dovuto uccidermi quando ne hai avuto l'occasione. Goditi le poche ore che ti rimangono sull'isola, perché farò in modo che tu non la veda più. Hai chiarito molto bene che è diventato personale”

Rachel sollevò un braccio e per un attimo, un folle breve attimo, Delphine credette che stesse per colpirla. Le accarezzò il viso in quella che sembrò una promessa, lasciandola poi imbambolata sulla cima delle scale. Delphine si morse il labbro, lo tenne stretto tra i denti mentre rifletteva, mentre si dirigeva alla yurta. Aveva raccolto sufficienti informazioni per eliminare per sempre quel sorrisetto malefico dal viso di Rachel e gliel'avrebbe fatta pagare per ogni istante in cui, a causa sua, si era costretta a guardare il suo viso, i suoi lineamenti, ad ascoltare la sua voce...e non quella di Cosima.

Si, Delphine era la degna creazione del dottor Moreau. Non aveva scrupoli. L'avevano addirittura strappata dall'abbraccio delicato della morte. Era stata ingenua, poi manipolatrice. Era stata burattino e poi burattinaio. Aveva amato e aveva odiato. Adesso avrebbe dovuto sintetizzare quel dualismo in qualcosa di unico, qualcosa che potesse essere permeato da entrambi i momenti. Aveva bisogno di una sintesi dialettica.

Quando entrò nella yurta e vide Cosima sentì il cuore balzarle nel petto, sentì una gioia mai provata prima mozzarle il fiato. E vide riflesso nei suoi occhi quel pensiero, quel suo stesso pensiero che tanto l'aveva turbata nel corso della convalescenza. Rivide i propri sorrisetti sghembi, stampati su un viso fresco, sereno, incorniciato dai boccoli dorati capaci di incantare qualunque passante per strada. Rivide il sorriso di circostanza, freddo, che si allungava su un volto provato, segnato da un dolore antico che non avrebbe potuto mai spiegare, accompagnato da una cascata luminosa come una luce troppo accecante. Infine vide ciò che le era rimasto, il sorriso caldo e maturo di chi ha sfiorato la mano della morte, il viso finalmente sereno pur nel terrore di chi ha trovato la via, i ricci lunghi, snodati, delicati, caldi come un campo di grano dalle spighe dondolanti. Si chiese chi era stata, chi era diventata e chi era davvero adesso. E in quegli occhi, specchio dei suoi, trovò la verità.

#

Delphine tenne stretta tra le mani la tazza di the che Siobhan le aveva preparato. Aveva fretta, ma avrebbe potuto prendersi altri cinque minuti. Quella casa infondeva sicurezza, le sembrava di essere tornata in Francia...le sembrava che ci fosse altro per lei ancora, nonostante tutto.

“Come sta Cosima?” chiese a un tratto Siobhan, poggiandole una mano sulla spalla. La reazione fu immediata, Delphine ebbe l'impulso di sfuggire a quel tocco, per quanto delicato. Riuscì a trattenersi e lasciò uscire l'aria dalle labbra, con cautela.

“È la solita...combina disastri mentre io cerco di aggiustare. Indaga” sussurrò Delphine, un tocco improvviso di calore alle sue gote. Era fiera di lei. Era totalmente orgogliosa per ciò che era riuscita a fare con la sua cura.

Madame S. sorrise, ritraendosi sulla sedia. Delphine sentì che c'era qualcosa di cui voleva parlarle, così sollevò lo sguardo su di lei. La donna rimase in silenzio, ricambiando l'occhiata con profonda gravità. Delphine non ebbe bisogno di parlare, capì ogni cosa. Vide una tristezza senza tempo in quegli occhi, un sentimento proprio ma che era stato anche lo specchio di quello altrui.

“Delphine, sappiamo entrambe che questa storia potrebbe finire male. Ferdinand...ci sono tanti motivi per non fidarci di lui. Abbiamo già preparato il piano B, ma...ho bisogno di sapere che ti prenderai cura della mia famiglia”

Delphine socchiuse gli occhi, cercando di non pensare alla sua sparatoria, a quella di Kendall che Cosima le aveva descritto in un momento di folle delirio...a quella ipotetica che avrebbe stroncato Siobhan o qualcuno dei loro alleati. C'era qualcosa nel tono della donna che la faceva sentire impotente...mentre invece lei sembrava sapere qualcosa di più grande. La bionda aprì gli occhi, prendendosi ancora del tempo per finire la bevanda prima di rispondere.

“Lo farò. L'ho sempre fatto, lo sai. Le amerò tutte. Ho promesso”

Siobhan ridacchiò a quella solennità e si permise di accarezzarle di nuovo la spalla, lievemente.

“Non c'è bisogno però di ricreare l'ambiente di qualche mese fa. Cosima è quasi morta mentre tu non c'eri. E non sto parlando della malattia...”

Delphine sentì una forte fitta allo stomaco. Cosima era stata male per lei. Quanto male? Aveva organizzato tutto per non ferirla con la sua scomparsa e si era rivelato uno spreco. A ogni modo Delphine aveva imparato la lezione della vita. Aveva avuto ragione Cosima, mesi prima, quando le aveva fatto il discorso delle menti che brillano bene in coppia. Nel momento in cui avevano iniziato a nascondere la verità sulle rispettive decisioni, tutti era caduto a pezzi. Ma quali follie avevano fatto invece quando avevano pensato insieme? E in fondo era ciò a cui aveva pensato quando, nella sua deviazione dall'aeroporto a casa di Siobhan, si era fermata in quel negozio. Aveva visto scintillare l'insegna e non era riuscita a trattenersi dal fermare l'autista del suo taxi. Per questo aveva perso così tanto tempo. Si infilò una mano in tasca, nel cappotto, e tirò fuori una piccola scatola di velluto blu. La poggiò sul tavolo, sotto lo sguardo stupito di Siobhan e la aprì, rivelando un anello di diamante, caleidoscopico sotto i riflessi elettronici della lampadina.

“Oh dear...sono lusingata, ma devi sapere che il mio primo matrimonio non è finito bene” sussurrò, tristemente, ma con una punta di lieve ironia che fece arrossire Delphine. Siobhan carezzò il diamantino, inclinando l'angolazione del riflesso luminoso. I colori rimbalzarono sulla sua pelle, spettrali.

“Sei sicura, pulcino? Sono stati lunghi mesi difficili. E questo sarebbe un grande passo. Il grande passo”

Delphine sorrise, rilassandosi meglio sulla sedia. Erano stati mesi terribili. Si erano lasciati strappare via la propria umanità, la propria gentilezza. Ogni speranza era stata a lungo perduta. Ogni sicurezza neutralizzata. Ma lei avrebbe ripetuto tutto dall'inizio, dal primo reclutamento di Leekie, dal primo sorriso di Cosima, dalle prime occhiate diffidenti di Sarah e Felix. Avrebbe ripetuto le infinite notti trascorse a bere e a torturare Rachel, a torturare sé stessa. Avrebbe preso altri dieci spari all'addome solo per trovare Cosima. Cosima e le sue sorelle. Quelle infinite forme bellissime. Siobhan le lesse negli occhi quella nuova sicurezza, quella nuova maturità acquisita e fu certa che in fondo Delphine sarebbe diventata un solido pilastro per la famiglia nel caso in cui lei stessa non fosse riuscita a giungere alla fine.

“Madame S....non sono mai stata più sicura di nient'altro in tutta la mia vita”

Siobhan annuì prima di alzarsi e sostituire le tisane che aveva preparato con due calici di vino. Brindarono, godendosi gli ultimi istanti di quella lunga giornata.

“Se doveste aver bisogno di nascondere Kira...conosci l'indirizzo dei miei genitori, in Francia. Non esitate a dirigervi lì”

Siobhan la squadrò silenziosamente, accennando un sorrisetto. Che interessante combinazione di mistero e devozione era quella donna. All'inizio era stata trascinata dalla corrente, aveva permesso al DYAD di usarla, sbatterla da una parte all'altra solo perché non era stata in grado di schierarsi. Adesso però si era schierata. E se pochi mesi prima lo aveva fatto in modo ambiguo...stavolta non c'erano dubbi su chi avesse la sua lealtà. Ed era lì, più forte che mai, senza paura, rinata dopo quella che loro avevano creduto la sua fine. Forse Evie Cho non aveva mentito a Cosima quella notte. Forse Delphine Cormier era davvero morta in quel parcheggio. O forse si era solo evoluta. Dal positivo, al negativo, fino al ritorno al positivo, ma trattenendo in sé ogni briciola del negativo. Hegeliano, avrebbe detto Cosima. Siobhan pensava a qualcosa di più puro: umano.

  
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