Videogiochi > Mystic Messenger
Segui la storia  |       
Autore: ChrisAndreini    01/07/2021    1 recensioni
Sei mesi dopo la morta di Rika, una ragazza chiamata Margo, con lo pseudonimo MC, entra nell'RFA tramite un hacker, scomparendo nel nulla poco prima del party.
Due anni dopo, una ragazza identica a lei entra nell'appartamento di Rika, e le sue amiche d'infanzia approcciano casualmente i membri dell'RFA.
Martha Campbell, tatuatrice eccentrica in America, torna in Corea per cercare la sorella scomparsa da due anni.
Monica Collins, giornalista idealista con più lavori che soldi, ha la carriera appesa al filo di un'intervista alla C&R.
Miriam Coppola, musicista di strada dalla testa calda, incontra per la prima volta il suo idolo.
Mindy Cooper, studentessa della Sky University dal cuore d'oro, molto più interessata alla cucina che al suo major, trova il coraggio di approcciare la sua cotta.
Megan Carson, atleta incoraggiante squalificata a causa di un imbroglio, cerca casa in Corea mentre indaga sulla scomparsa di una vecchia amica.
Mistiche coincidenze, o uno schema attentamente pianificato da un abile marionettista?
Che fine ha fatto Margo?
E riusciranno le MC ad aiutare l'RFA a trovare la pace nei loro cuori?
Genere: Romantico, Slice of life, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Day 5

part 3

 

Yoosung era in partita, ma era decisamente distratto, quel giorno, e non riusciva a combinare niente di buono. 

E non poteva neanche contare sulla sua gilda, dato che in partita c’erano solo lui e Phoenix, che era considerato il padre del gruppetto, ma che non era il migliore del gioco, dato che, a differenza di Yoosung e di metà della banda, aveva una vita vera fuori dallo schermo.

-Superman Yoosung, va tutto bene? È la seconda kill che manchi, oggi- gli fece notare Phoenix, parlandogli attraverso le cuffie collegate.

-Mi dispiace tanto, Phoenix, non ho calcolato bene parata e attacco- si rammaricò lui, sbattendo la testa contro la scrivania, deluso da sé stesso. Non era da lui andare così male, ma tra le minacce all’RFA, la guardia del corpo che era con lui in quel preciso momento, in un angolo della stanza, e Mindy, non riusciva proprio a mantenere la testa in partita, anche se aveva sperato che entrare nel magico mondo di LOLOL lo avrebbe aiutato a distrarsi.

Eppure non faceva altro che pensare a Mindy.

Ai cupcake che aveva fatto, a quello che gli aveva detto, a quanto era carina con quel vestito e quanto fosse luminoso il suo sorriso.

Cavolo, quel sorriso era davvero brillante, Yoosung non credeva di aver mai visto dei denti più perfetti e una luce tanto meravigliosa negli occhi di nessu… 

-Superman Yoosung! Attento!- la voce preoccupata di Phoenix lo distolse dai suoi pensieri e il ragazzo evitò per un pelo un attacco che lo stava per uccidere.

-Mi dispiace!- si affrettò a dire, in tono acuto, scappando come un forsennato e sentendosi il peggiore giocatore del mondo.

-Sicuro di stare bene? Se vuoi fare una pausa per me non ci sono problemi. Vuoi parlarmi di ciò che ti affligge?- chiese Phoenix, fermando il gioco. 

Yoosung fece altrettanto, e sospirò.

Phoenix era il “padre” della gilda, ma Yoosung non era del tutto certo di volergli parlare di tutto quello che gli frullava in testa, soprattutto di Mindy.

Insomma, lui stesso non capiva esattamente cosa gli stesse succedendo, e non credeva che Phoenix sarebbe riuscito ad aiutarlo. E poi temeva si sarebbe preso gioco di lui.

Però… il compagno era un adulto, un vero adulto con una casa, un lavoro e una famiglia. Sebbene non avesse rivelato molti dettagli della sua vita privata, Yoosung sapeva per certo che fosse sposato, dato che spesso parlava di sua moglie e faceva parecchi dad jokes.

Decise di mantenersi sul vago.

-Ecco… tu sei sposato, giusto?- introdusse l’argomento, nel modo più stupido dell’universo, e prendendosi il volto tra le mani imbarazzato. Per fortuna l’amico non poteva vederlo in quello stato, rosso come un peperone.

-Sposato con enorme gioia con la donna più straordinaria dell’universo, la mia Edgy-girl. Perché me lo chiedi?- indagò lui, curioso.

-Beh, ecco… come hai capito, insomma, che era la persona… ecco… cioè, non dico che hai pensato subito al matrimonio, io non sto pensando al matrimonio, ma quando incontri una persona come fai a sapere che ti piace?- dopo un enorme tentennamento iniziale, Yoosung iniziò a parlare sempre più velocemente, in tono sempre più acuto e imbarazzato, fino a quasi urlare verso Phoenix, che rimase in silenzio per qualche secondo, prima di rispondere con un sonoro: 

-Awww, ti sei preso una cotta?- intenerito e leggermente scherzoso.

Yoosung voleva sprofondare.

-No!- rispose sulla difensiva, per poi correggersi quasi immediatamente -Cioè… non lo so… io… non sono poi così esperto, ecco. Non ho mai…- si interruppe, incapace di ammettere le sue mancanze.

-Sei propio adorabile, Superman Yoosung. Per rispondere alla tua domanda, ho avuto parecchie cotte, ma con mia moglie è stato tutto molto diverso. Sai, inizialmente ci odiavamo parecchio, poi ha iniziato ad interessarmi, siamo diventati amici e studiavamo insieme. Mi piaceva passare tempo con lei, ma non ero certo dei miei sentimenti nei suoi confronti. Poi tutto è cambiato all’improvviso. Un semplice gesto è bastato a trasformare una cotta incerta nel vero amore- dopo un esordio scherzoso, Phoenix fece il serio, e Yoosung pendeva dalle sue labbra.

-Davvero? Un gesto? Che ha fatto?- chiese, decisamente interessato.

-Ha alzato gli occhi al cielo e ha fatto una smorfia buffa, un misto tra seccatura e sorriso- rispose Phoenix, ridacchiando.

Yoosung rimase a bocca aperta.

-Davvero?- chiese, sorpreso e non del tutto certo che stesse dicendo la verità.

-Lo giuro. È stata una freccia di cupido. Un secondo prima era forse una piccola cotta passeggera, il secondo dopo era amore. Non l’ho più lasciata- gli assicurò Phoenix.

-Quindi a volte basta un gesto?- Yoosung prese nota -Ma come lo riconosci?- chiese poi, incerto, e pensando a tutte le cose che aveva fatto Mindy e che gli avevano fatto battere il cuore in modo inspiegabile.

-Fidati, quando arriverà, lo riconoscerai. Ma se la ragazza a cui stai pensando ti fa porre questi dubbi, credo che sei proprio sulla strada giusta- suppose, incoraggiante.

-Lo pensi? Sul serio? Perché insomma, è stupenda, simpatica, dolce, gentile e ha il sorriso più bello che abbia mai visto! Ma non ho mai avuto una ragazza, non so esattamente cosa si provi- gli confessò di getto tutto quello che gli vorticava in testa, e arrossì ulteriormente quando sentì l’awww soffocato dall’altra parte delle cuffie.

-Sei davvero adorabile, SY. Il mio consiglio è di passare tempo con lei e conoscerla meglio. Chissà, potrebbe davvero essere la ragazza giusta, ma se anche così non fosse, non credo che vorresti privarti di un’amica tanto grandiosa- gli suggerì.

-Sì! Hai ragione! Sei così saggio! Grazie dei consigli!- Yoosung si sentiva pieno di energie e deciso più che mai a chiamarla per sapere come stesse e magari proporle di pranzare insieme anche il giorno successivo… ah, no, non aveva lezioni… beh, quello dopo!

-Ora ti lascio, devo prepararmi, ho un impegno. Buona fortuna e tienimi aggiornato- con un saluto cortese, Phoenix si disconnetté dal server, lasciando solo Yoosung, che cercò di finire la missione e nel frattempo pensare a cosa dire a Mindy, mentre il coraggio iniziava già a lasciare posto all’incertezza.

Dopo essere quasi morto tre volte, decise di smettere di procrastinare, e dopo aver spento il gioco, prese il telefono chiedendosi se fosse meglio un messaggio o una telefonata.

Mentre rifletteva, però, fu preso alla sprovvista da una chiamata, proveniente proprio da Mindy, che per poco non gli fece cadere il telefono dalle mani.

Rispose il prima possibile, con mani tremanti, e ignorò il ridacchiare di Daejung, che era in un angolo cercando di farsi invisibile, ma onnipresente.

-Ciao Mindy! Stavo proprio per chiamarti!- ammise, con voce squillante e cercando di non far trapelare la sua agitazione.

-Davvero?! Wow, che bello! Siamo collegati!- esclamò lei con altrettanto entusiasmo, facendogli battere il cuore ad una velocità non misurabile.

-Come stai?- chiese, senza trovare altro da dirle, al momento, mentre cercava di rilassare il respiro e non fare una terribile figuraccia.

-Benissimo! Insomma, nella normalità. Ho studiato il tuo libro tutto il pomeriggio! È immacolato, lo hai tenuto davvero benissimo, sembra nuovo- si complimentò lei. Yoosung si imbarazzò parecchio.

In effetti era praticamente nuovo, perché Yoosung l’aveva studiato appena, troppo preso da LOLOL per concentrarsi a dovere.

Doveva decisamente migliorare. 

-Siccome le parti per il mio esame le ho studiate tutte, pensavo di restituirtelo domani. Ti va di vederci nuovamente a pranzo?- chiese in tono casuale. A Yoosung sembrò di sentire la sua voce tremare leggermente.

Avrebbe voluto rispondere un sì secco e senza pensarci due volte, ma non aveva lezioni, il giorno successivo, e sarebbe rimasto a casa a giocare probabilmente tutto il giorno.

-Mi piacerebbe, ma non ho lezioni, domani- ammise, un po’ incerto.

Non lo vedeva bene, ma a Yoosung sembrò che Daejung facesse un facepalm, dal suo angolo ombroso.

-Oh… va bene, non fa niente. Allora potremmo vederci mercoledì- propose Mindy. Il suo tono sembrava quello di un’altra persona, e non nascondeva la sua delusione.

-No! Cioè, sì! Cioè, perché non vieni a casa mia? Cioè, potresti venire a riportarmi il libro. Così ci vedremmo domani, in qualche… modo- Yoosung neanche sapeva esattamente cosa le avesse appena chiesto, ma era piuttosto certo di aver appena fatto un gran macello, perché Mindy rimase zitta per parecchi secondi.

Quando stava per ritirare tutto e scusarsi profondamente, la ragazza rispose, con eccitazione palpabile.

-Certo! Con piacere. Mi farebbe un sacco piacere venire da te per riportarti il libro! Mi dai il tuo indirizzo? Ti porto anche qualcosa da mangiare? Ah, no, scusa, sono troppo invadente. Ma mi fa davvero piacere, così posso vederti. Potrei venire prima di pranzo così…- il suo discorso sconclusionato ma decisamente adorabile venne interrotto da una voce che Yoosung non sentì bene, ma che la chiamò per fare qualcosa.

-Oh, scusa. Oggi ceno fuori con i miei genitori. È la serata bowling! Beh, non andiamo sempre al bowling, la chiamiamo così perché è divertente, ma facciamo ogni genere di serate insieme. Facciamo a turno per scegliere. Oggi è la settimana di mamma, ma credo che andremo… arrivo, arrivo. Scusa, Yoosung, devo andare. Ci vediamo domani- e con un saluto allegro e pieno di vita, la ragazza chiuse la conversazione.

Yoosung sospirò, sognante.

Mindy era la ragazza più dolce, divertente e adorabile che avesse mai incontrato. Era assurdo quanto gli ricordasse Rika, per certi versi. Non vedeva l’ora che venisse a casa sua, domani, sarebbe stato davvero… un momento…

L’aveva invitata a casa sua…

L’AVEVA INVITATA A CASA SUA!!

Casa sua era un porcile! Doveva assolutamente mettere tutto in ordine prima del giorno successivo. Non poteva aprirle e presentare quella casa. Già era minuscola! E poi sarebbe stato poco educato non invitarla a prendere qualcosa, quindi doveva pensare a cosa cucinare, e magari potevano vedere qualcosa insieme. Ma che gusti poteva mai avere Mindy? Beh, le piacevano gli animali, forse poteva fare qualcosa al riguardo. E sicuramente cucinare con meno carne possibile.

Mentre rifletteva e iniziava a mettere in ordine al meglio la camera, anche se sperava di non farla entrare lì dato che era la zona peggiore della casa, il telefono squillò nuovamente.

Yoosung accettò la chiamata senza neanche controllare il mittente.

-Pronto?- chiese, distrattamente.

-Tesoro, sono io- rispose l’inconfondibile voce di sua madre, con il solito tono severo ma allo stesso tempo affettuoso.

-Ciao, mamma. Come stai?- chiese Yoosung, continuando nelle sue faccende e sentendosi un po’ in colpa per non averla chiamata, gli ultimi giorni.

-Va tutto bene. Volevo solo informarti che domani passerò da te a farti un saluto. Non ci vediamo da tanto tempo e voglio essere sicura che tu stia bene- lo informò lei.

Yoosung rimase completamente congelato sul posto.

No, non poteva essere.

-Cosa?- chiese, cercando di non risultare troppo sconvolto.

-Arriverò di mattina presto. Non hai lezioni, vero?- chiese lei, senza dare segno di notare lo shock del figlio.

-Io… io… no… ma…- Yoosung era senza parole.

Non solo doveva mettere a lucido l’intera casa, ma aveva anche meno tempo di prima.

Daejung si avvicinò preoccupato, pronto a raccoglierlo nel caso svenisse.

Yoosung si sentiva proprio in procinto di farlo.

 

Quando Zen tornò al parco per farsi la sua corsa serale prima di cena, non si aspettava minimamente che a metà del suo percorso solito avrebbe rivisto Miriam, nello stesso posto di prima, intenta a contare i soldi prima di tornare a casa.

Era davvero rimasta lì tutto il giorno a suonare?! Aveva almeno cenato? Forse avrebbe cenato a breve, come Zen.

Oh, forse poteva invitarla a cenare con lui.

Quelli furono i pensieri che gli attraversarono velocemente la mente nel momento in cui la notò a parecchi metri di distanza, troppo lontana perché lo notasse a sua volta, dato che era distratta.

E fu una fortuna, perché a quei pensieri positivi, si aggiunsero presto consapevolezze molto meno positive.

Intanto che lei sicuramente era troppo stanca per voler fare altro.

Poi che era meglio non essere appiccicoso, per non sembrare uno stalker.

Terza e ultima cosa… lui era in tenuta da jogging, era impresentabile!

Ed è vero che gli donava qualsiasi cosa indossasse, ma non voleva farsi vedere da Miriam in quelle condizioni.

Così, prima che lei si accorgesse di lui, fece dietro front e cercò di allontanarsi il più possibile.

E riuscì nel suo intento senza troppi problemi, con le cuffie nelle orecchie e cercando di non pensare alla ragazza che gli faceva sempre più battere il cuore.

L’unico problema fu che per non pensare alla ragazza la sua mente si riempì di un’altra persona.

L’ultima persona a cui avrebbe voluto pensare.

Ma purtroppo anche l’ultima con la quale aveva interagito, in una chat del’RFA dove avevano litigato perché Jumin Han il perfetto pensava che il mondo ruotasse intorno a lui e fosse l’unico con dei problemi!

E non aveva neanche avuto la fortuna di avere Martha dalla sua parte, dato che la ragazza aveva salutato i due, chiesto notizie, e poi era uscita dalla chat per continuare a guardare Gorgeous.

Era più fissata di Yoosung con LOLOL.

Tsk, Jumin Han.

Quel figlio di papà viziato e insopportabile!

Ogni volta che leggeva un suo messaggio, gli sembrava di avere la sua pomposa voce nella testa, e gli veniva da starnutire per colpa del gatto infernale di cui parlava sempre e che si portava sempre dietro.

Sperava con tutto il cuore che non provasse a portarlo anche al party! Zen era pronto a fare di tutto per impedirglielo!

Quella palla di pelo.

Anche se… a Miriam piacevano i gatti.

Zen starnutì senza potersi trattenere. 

Forse la sua allergia era in parte psicosomatica, perché non aveva senso che gli venisse da starnutire solo pensando ai gatti.

Zen starnutì di nuovo.

E di nuovo.

E si guardò intorno, notando che in effetti poco distante da lui due gatti stavano combattendo.

Spaventato dalla minaccia pelosa, che si dirigeva in tutta fretta verso di lui, Zen fece un movimento brusco, mise il piede in una pessima maniera, e cadde a terra.

La prima cosa che provò, fu un dolore lancinante alla caviglia.

La seconda cosa che sentì, fu un’esclamazione preoccupata: -Zen!-

La terza cosa che notò, fu la figura di una ragazza che raggiungeva il suo campo visivo e si piegava verso di lui, gli occhi azzurri colmi di apprensione.

Zen pensò di essere morto, probabilmente a causa dell’allergia, perché non poteva essere altri che un angelo venuto a portarlo via. Miriam era meravigliosa.

Aspetta, non era un angelo, era Miriam.

MIRIAM L’AVEVA VISTO CADERE COSÌ MALAMENTE!

Il dolore sembrò quasi sparire, perché Zen non riusciva a fare altro che essere super imbarazzato.

-Stai bene? Sei ferito? Ti ho visto da lontano e volevo salutarti, ma vai velocissimo… e avevi le cuffie… e poi ti ho visto cadere. Ti sei fatto male? Puoi alzarti?- Miriam iniziò a controllarlo.

Zen non l’aveva mai vista con un’espressione così autentica, priva di maschere e bellissima. 

Cavolo se era bellissima!

Come poteva Zen accontentarsi di essere solo suo amico quando il suo cuore batteva così furiosamente soltanto guardandola.

-Io… sto bene. Tranquilla- provò a rassicurarla, cercando di preservare un briciolo di dignità -Quei gatti mi hanno preso alla sprovvista, ma sto…- Zen provò ad alzarsi, ma nel momento in cui la sua caviglia sinistra toccò il suolo, il dolore lancinante lo colpì di nuovo, e l’uomo non trattenne un’esclamazione sofferente.

Cavolo, eppure era un attore, doveva saper nascondere le proprie vere emozioni.

Solo che non si aspettava che la caviglia gli facesse così male.

Miriam impallidì, e lo spinse delicatamente a terra, per non fargli sforzare la gamba ferita.

-Allora, va tutto bene, chiamiamo un’ambulanza, e ti porto in ambulatorio per visitare la caviglia… ti fa male da qualche altra parte? Vuoi dell’acqua? Ci ho bevuto io però, sicuramente ti fa schifo. Come sei venuto al parco?- Miriam, nel panico più totale, iniziò a straparlare, e a girare intorno a Zen, preoccupata, e spaventando volontariamente tutti i gatti che giravano per la zona.

Zen non si era mai sentito così coccolato.

Anche se di solito era il principe azzurro ad occuparsi della principessa, no?

Non gli importavano gli stereotipi, era troppo piacevole starsene lì insieme a Miriam.

…no, okay, non era piacevole per niente avere un dolore così forte alla caviglia con un nuovo spettacolo alle porte. Ed era ancora meno piacevole preoccupare così tanto la ragazza.

Cercò di calmarla.

-Va tutto bene, Miriam, non serve chiamare l’ambulanza, posso camminare- provò ad alzarsi, e riuscì a mantenersi un po’ in equilibrio senza posare il piede.

Per tipo cinque secondi prima di rischiare di cadere nuovamente.

Per fortuna Miriam gli fece da sostegno, e gli lanciò un’occhiataccia.

-Riesci a camminare un corno! Appoggiati a me, andiamo in strada e intanto chiamo almeno un taxi. Ti accompagno all’ospedale- si offrì, e Zen accettò con piacere la sua spalla.

E arrossì appena per essere così vicino alla ragazza.

Non si erano ancora mai avvicinati così tanto, nei loro incontri.

Sentiva vagamente l’odore del suo shampoo. Era buonissimo.

La sua mente ritornò concentrata quando l’ultima frase della ragazza venne recepita del tutto.

-Mi accompagni?- chiese, sorpreso.

-Certo! Ti pare che ti potrei mai lasciare da solo?! Ti accompagno lì e non me ne vado finché non sarò sicura che stai bene!- promise, con determinazione negli occhi.

Il rossore sulle guance di Zen gli raggiunse la punta delle orecchie.

Nessuno si era mai così tanto preoccupato per lui in quel modo. O si preoccupavano per il lavoro che sarebbe rimasto arretrato, o surclassavano la questione come una faccenda da poco perché Zen aveva la salute di un mostro, e anche le ferite peggiori guarivano nel giro di pochi giorni.

Forse Miriam non lo sapeva.

Era meglio rassicurarla.

-Non devi preoccuparti così tanto per me, guarisco davvero molto in fretta- le spiegò, camminando a fatica e sostenuto dalla ragazza, che stava aspettando in linea per chiamare il taxi.

Lei inarcò le sopracciglia.

-Lo so, ovviamente! Tutti i tuoi fan lo sanno. Ma non cambia niente. Ti sei fatto male, e io starò al tuo fianco finché non starai meglio!- insistette.

Poi arrossì.

-Cioè, come farebbe un qualsiasi amico! E solo se vuoi. Insomma non voglio importi la mia presenza, sia mai- aggiunse, in un borbottio.

Zen sorrise teneramente.

-Non potrei chiedere un’amica migliore- la assicurò con il suo tono più dolce.

Miriam arrossì tanto quanto lui, e sorrise, soddisfatta.

Cavolo, amava quella ragazza!

 

-Monica, Sen non si sente bene. Puoi coprire i suoi tavoli?- le chiese il capo, indicandole la sezione più VIP.

Monica sospirò, Sen non stava mai bene, soprattutto quando c’era il signor Han.

Scosse la testa. Tante erano le donne, in quel ristorante che era il preferito del signor Han, che si erano prese una sbandata, ci avevano provato spudoratamente e poi erano state bellamente bidonate, ma Sen era un caso davvero esagerato.

Dato che solitamente veniva solo o con la donna del momento, Monica non pensò neanche per un secondo che potesse vedere Jumin seduto davanti a loro, e si avviò pronta a prendere l’ordinazione del suo tavolo con la solita tranquillità.

-I signori hanno deciso cosa ordinare?- chiese professionalmente, penna alla mano e come al solito molto orgogliosa di essere una scrittrice e quindi prendere ordinazioni molto più velocemente del normale.

-La migliore bottiglia di vino che avete, per cortesia- ordinò una voce seccata che Monica riconobbe immediatamente. 

Lanciò un’occhiata verso Jumin, che fissava a denti stretti il padre scambiarsi parole dolci con Glam Choi, la sua ragazza della settimana. Non sembrava essersi accorto che la sua cameriera fosse Monica. E la ragazza non lo biasimò. Era parecchio distratto, e si vedeva.

-Potrei consigliarle un Brunello di Montalcino del 2012?- propose. Ogni occasione era buona per fare pubblicità al vino italiano. Certo, lei non lo beveva, dato che non poteva permettersi neanche le marche scadenti e non reggeva affatto l’alcool. Ma era curiosa di sapere l’opinione di Jumin al riguardo.

Jumin fece un sorrisino.

-Può andare, mi ci vuole un bel vino italia…- giratosi un attimo per lanciare un’occhiata alla cameriera, si interruppe di scatto notando che era Monica, e le lanciò un’occhiata sorpresa.

“Buonasera” mimò con le labbra lei con un mezzo sorriso.

Lui ampliò il proprio. Per un attimo sembrò senza preoccupazioni.

-Vada per il Brunello- acconsentì, e lei segnò in fretta.

-Ottima scelta, signor Han. Desiderate altro?- chiese, cercando di attirare l’attenzione del signor Han più anziano.

-Padre- lo chiamò Jumin, e solo allora lui diede la sua ordinazione, in fretta e quasi infastidito.

Monica ringraziò la sua velocità nello scrivere. Sen non ci sarebbe mai riuscita.

Prese i menù e si allontanò, sentendo lo sguardo di Jumin dietro la schiena.

Che coincidenza incredibile!

Era strano che di nuovo cenasse lì dopo averci pranzato pochi giorni prima.

Solitamente l’erede Han si vedeva massimo una volta al mese per cenare con il padre. Doveva essere davvero un’occasione particolare e ghiotta.

E Monica, dopo la discussione avuta con Jumin quel pomeriggio, aveva una mezza idea di cosa potesse riguardare quell’incontro.

E avrebbe tanto voluto non saperne assolutamente nulla.

Purtroppo si conosceva abbastanza bene da sapere che non sarebbe riuscita a trattenersi dall’origliare. Anche solo per sapere cosa avesse reso Jumin così nervoso.

Consegnò l’ordine e iniziò a servire gli altri clienti e a prendere le altre ordinazioni, sia nella sua ala che in quella VIP.

Per fortuna nella sua c’era poca gente, così si sbrigò in fretta e si diresse all’ala VIP per consegnare il cibo ordinato, e notò che Jumin assaporava il vino con un certo fastidio, e la conversazione aveva raggiunto un argomento che non doveva piacergli affatto.

-Padre, se hai qualche nuovo business in mente, ti prego di dirmelo- interruppe il padre e Glam che probabilmente avevano abbandonato il centro del discorso per elogiarsi a vicenda, e spronò il padre a parlare.

Un nuovo business? Non l’aveva già proposto? Ne voleva proporre un altro? 

-Ah, giusto, mi stavo dimenticando. Non ho alcun dubbio che la C&R continuerà ad andare avanti a gonfie vele. Ma c’è un limite a quanto possiamo espanderci da soli- rispose l’Han più anziano.

Jumin inarcò un sopracciglio, confuso.

Monica si diresse al tavolo accanto e prese le ordinazioni, o meglio, attese che i due tipi decidessero su cosa ordinare e diede consigli abbastanza generici, tenendo l’orecchio teso per ascoltare la conversazione al tavolo affianco.

-Quindi stavo pensando che dovresti considerare di fidanzarti ufficialmente con una delle studentesse di Glam- annunciò l’anziano Han, col tono di chi stava per farti un regalo di natale in anticipo.

Solo che il regalo era il virus del vaiolo, o almeno Monica lo avrebbe considerato così. 

Dalla faccia che fece Jumin, sembrava considerarlo così anche lui. 

-Se sposerai Sarah, la sua studentessa, potremo comprare il suo business “Sugar Round” ad un prezzo immensamente più basso-

Sugar Round? Monica non aveva mai sentito il nome di quella compagnia. Qualcosa le puzzava, il suo senso da reporter prevedeva che qualcosa di grosso stava avvenendo, trasformato in un semplice matrimonio combinato tra ricche persone.

O forse era solo lei, che a sentire parlare di matrimonio aveva iniziato a sentire un enorme nodo fastidioso nello stomaco.

Segnò le ordinazioni e si spostò un attimo nel tavolo affianco per prendere i piatti ormai vuoti, in tempo per sentire Jumin commentare, confuso.

-Sarah? È il nome della donna che ha visitato casa mia oggi. Quindi sei stato tu a mandarla. Mi chiedevo come sapesse dove vivo- 

Monica ricordò il commento di Jumin sul fatto che non avrebbe mai venduto il padre per il suo gatto, e i pezzi del puzzle che aveva collezionato fino a quel momento iniziarono a comporsi. La figura, però, non le piaceva per niente.

Probabilmente dall’incontro avuto con Sarah quella mattina aveva già intuito quello che il padre voleva fare, e si sentiva tradito. 

Ma che razza di padre dava l’indirizzo del figlio ad una eventuale futura sposa senza neanche avvisare il figlio in questione?!

Monica prese tutti i piatti e si avviò in cucina, cercando di fare il più in fretta possibile.

Voleva ascoltare cosa altro avevano da dire, e, non sapeva neanche lei perché, voleva scoprire se Jumin avrebbe accettato o no di sposare quella fantomatica Sarah. Non sapeva neanche lei cosa avrebbe fatto in ogni caso, ma lo voleva sapere.

Quando tornò nella sala, l’anziano Han stava parlando della Sugar Round, probabilmente dopo una domanda del figlio, che aveva le labbra sempre più sottili, e sembrava controllarsi a stento.

-È una nuova compagnia, perciò è ovvio che tu non l’abbia sentita. È ancora una piccola compagnia di cibo, ma possiamo espanderla se la affiliamo a noi- disse l’anziano Han allegramente, convinto di quello che diceva.

Se era una piccola compagnia non poteva valere più di un milione di won, specialmente se nessuno l’aveva mai sentita prima.

Un milione sembrava anche tanto, ma comunque Monica non era così brava nel business da poter dare un’opinione, anche se aveva sostenuto un’esame di economia all’università, ed era uscita con il massimo dei voti.

Si stava dirigendo al tavolo più lontano della sala, passando proprio per il loro, quando Glam continuò al posto dell’anziano Han.

-Vale circa 3 milioni, ma possiamo comprarla a 2 milioni se voi due vi sposate- disse, facendo fermare per un attimo Monica.

Non poteva vedere Jumin, ma avevano la stessa identica espressione scettica e confusa in volto.

Entrambi però decisero di rimanere in silenzio, e Monica raggiunse la sua destinazione e prese i piatti vuoti, pronta a tornare in cucina.

-E potete entrambi lavorare sulla crescita del business- continuò Glam, come una strega che cerca di convincere un bambino ad entrare nella sua casa di marzapane avvelenato. Il compagno le diede man forte.

-Espandere un business già esistente è molto meno costoso che iniziare un nuovo progetto- 

Monica non sentì altro, ma scuotendo impercettibilmente la testa tornò in cucina e prese gli ordini pronti per il tavolo accanto agli Han.

Quando tornò, era ancora Glam a parlare, e tesseva le lodi di Sarah manco fosse sua figlia o sua sorella.

-Sarah è ancora giovane, ma è davvero capace, intelligente e bella. Non c’è niente di più perfetto che due persone capaci che si promettono matrimonio e fanno crescere la loro compagnia insieme-

I suoi argomenti avevano una logica, e Monica sapeva com’era il mondo degli uomini d’affari.

Mentre consegnava il cibo, incrociò per un secondo lo sguardo di Jumin.

Fu questione di meno di un attimo, ma subito dopo l’erede Han interruppe i due uomini davanti a lui.

-Mi dispiace interferire, ma rifiuto- disse secco, col tono di chi non accetta discussioni ulteriori.

Monica fu sorpresa da quella fermezza, e, doveva ammetterlo, parecchio sollevata, anche se non sapeva perché.

Un timido sorriso sollevato le increspò le labbra, mentre si dirigeva al tavolo accanto per pulirlo dopo che i clienti se n’erano andati, decisa a metterci il più tempo possibile per non perdere più nulla della conversazione, soprattutto in quel momento.

E non era per articoli o altro, ma solo ed esclusivamente per lei.

-Rifiuti?- chiese l’anziano Han, confuso.

-Sono sicura che è perché non hai parlato propriamente con lei, ma una volta che l’avrai fatto, la amerai- insistette Glam, in tono carismatico.

-Se hai un minimo di gratitudine sul lavorare nella mia compagnia, non dovresti almeno considerare la promessa sposa che ho selezionato per te?- le diede man forte l’anziano Han, puntando sul senso di colpa.

Monica iniziava quasi ad irritarsi. Possibile che suo padre non avesse un minimo di riguardo per i sentimenti del figlio?! Continuava a cercare di convincerlo come se il matrimonio fosse una specie di contratto.

Poi magari per le persone come loro lo era davvero, ma per Monica era inconcepibile che qualcuno potesse proporre un matrimonio alla stregua di un accordo finanziario.

-Non ho nessuna intenzione di sposarmi- obiettò Jumin, con una leggera incertezza nella voce.

Monica venne richiamata dal capo per consegnare dei tavoli e portare delle ordinazioni nella propria ala, e si perse un altro piccolo pezzo della conversazione.

Quando tornò nell’ala VIP, Jumin sembrava decisamente irritato, e tutta la sua compostezza stava andando a farsi benedire.

Rimase a modo, ma Monica capì che era davvero sul punto di scoppiare.

-Tu sei quello che mi ha detto che mi avresti trattato come ogni altro esecutivo se le mie performance avessero danneggiato la compagnia. Ma il mio dipartimento sta mostrando il doppio del profitto degli altri. Mi dispiace ma penso di stare facendo abbastanza per la compagnia- obiettò seccato.

Questo era vero, Monica lo stava notando nella stesura del suo articolo. Rispetto agli altri dipartimenti quello di Jumin era il più efficiente e quello che dava più profitto, nonostante i progetti dei gatti non fossero poi così redditizi. 

Probabilmente se avesse eliminato quelli il dipartimento di Jumin avrebbe raggiunto un profitto triplo rispetto a tutti gli altri.

-Mi dispiace sentire questo. Sono davvero felice di aver incontrato una bellissima donna come Glam. Ma tu sembri così contrario ad incontrare delle donne- cavolo, l’anziano Han le stava usando davvero tutte: senso di colpa, convinzione, l’influenza paterna e ora anche il buon vecchio “io sono felice, potresti esserlo anche tu”.

Davvero non riusciva a capire che era proprio il suo atteggiamento verso le donne che allontanava Jumin da loro?!

Probabilmente avrebbe dovuto consultare una psicologa, anche se rischiava di portarsi a letto anche lei, visto con quanta facilità accadeva.

Monica si rese conto che stava perdendo anche lei la calma, e teneva i piatti con troppa forza. 

Tentò di rilassarsi e li consegnò ai destinatari, per poi spostarsi in un tavolo un po’ isolato a pulire, sempre senza perdere una sillaba della conversazione.

-Questo matrimonio sembra organizzato più da Glam che da te- insinuò Jumin.

Monica non poteva essere più d’accordo.

Era felice che lui non si stesse facendo fregare così, era davvero un uomo più forte e fermo sui suoi ideali di quanto facesse credere.

E parecchio testardo, difetto che Monica aveva sempre trovato in sé stessa e che aveva sempre cercato di esaltare. Perché la testardaggine poteva diventare un pregio, e Jumin lo stava davvero rendendo tale.

L’anziano Han non era d’accordo.

-Lei è una straordinaria donna. Una donna sveglia come lei non sceglierebbe chiunque come tua futura sposa- obiettò.

Infatti ha scelto una sua studentessa con cui probabilmente dividerà i profitti. Le donne a volte erano davvero delle serpi. 

Però da grande femminista qual era, Monica dovette riconoscere che Glam era davvero brava ad usare le due armi che si ritrovava: bellezza e mente diabolica.

Jumin, per fortuna, era immune al suo fascino, probabilmente perché l’aveva visto innumerevoli volte.

-Molte volte tu sei diventato cieco di fronte alla bellezza fisica delle donne e hai fatto degli errori di business. Ma questo è il peggiore- obiettò infatti, alzandosi in piedi e bevendo un ultimo sorso di vino prima di posare il bicchiere.

Monica si sentì in diritto di guardarlo davvero e non solo come se lo stesse spiando, dato che tutti nella sala lo stavano guardando, e probabilmente anche loro stavano osservando gli Han di sottecchi già da prima.

-Il peggiore?- chiese l’anziano Han, sorpreso e infastidito.

-Per favore scusatemi. Spero che vi godrete la vostra cena- si congedò, pulendosi il volto con il tovagliolo e uscendo elegantemente dalla sala, non prima di aver lanciato un’occhiata di pochi secondi verso Monica, che aveva i piatti in mano ed era rimasta ferma quasi congelata sul posto.

-Cameriera. Prendi anche i nostri piatti- la chiamò quasi con disgusto Glam Choi, e Monica si affrettò ad eseguire, anche se il suo istinto le stava urlando di mollare tutto ed inseguire Jumin.

-Quel ragazzo. Non so da chi abbia preso- commentava nel frattempo l’anziano Han -Mi dispiace che tu abbia dovuto assistere a questo- si scusò con la compagna.

Monica si impose di restare calma e professionale.

Fosse stato per lei avrebbe obiettato che era tutta colpa loro e che stavano esagerando con Jumin, ma non voleva perdere il posto o la reputazione per un gesto così inutile.

-Non preoccuparti, lo capisco. È ancora giovane- surclassò la questione Glam. L’anziano Han la ringraziò, e Glam continuò.

-Sarah è davvero una ragazza dolce, quindi se darai loro del tempo, saranno loro a proporre il matrimonio. Come me e te- affermò Glam con sicurezza.

Certo, come se lei conoscesse Jumin abbastanza bene per dirlo!

Prese il piatto praticamente pieno di Jumin rischiando di buttare in giro tutto il suo contenuto, e si morse il labbro inferiore abbastanza forte da riaprire immediatamente le ferite.

-Lo spero, quel ragazzo tende ad essere testardo- commentò l’anziano Han.

Ed era una qualità! Monica ne era sempre più convinta. Almeno non era una forma di argilla nelle mani di una donna come lo era il padre.

-Non preoccuparti, ti garantisco che si innamoreranno. Non perdere la speranza. E tu, ci devi mettere così tanto?- Monica sobbalzò sentendosi richiamare, e si affrettò a prendere ogni singolo piatto con un mortificato -Mi scusi- e ad avviarsi, il più lentamente possibile, verso la cucina.

Glam continuò ad indagare senza la minima vergogna.

-Ma sembra che Jumin abbia un’altra donna in mente… hai sentito?- Monica rallentò il passo, tendendo bene le orecchie.

Jumin? Una donna? Chi poteva essere? E perché a Monica sembrava interessare tanto?

A meno che non stessero parlando… di lei? 

Ma no, non era possibile. Erano stati attenti, e poi non è che avessero ricominciato a frequentarsi. A meno che Ian non avesse fatto l’infame.

-Ho sentito voci, ma non ho mai visto o sentito Jumin incontrare alcuna ragazza. Probabilmente sono solo voci. Non ti preoccupare- tagliò corto il signor Han. Monica tirò un leggero sospiro di sollievo che non capì neanche lei, poi continuò per la sua strada, sentendo un ultimo commento di Glam.

-Capisco, non hai visto né sentito nulla- il tono di voce non faceva sperare nulla di buono, e Monica sentì il suo sguardo fissarla dall’altra parte della sala, ma non sentì nulla di più, e decise che per quel giorno era davvero esausta e non voleva più sentire nulla da quei due.

Sperò davvero che se ne andassero presto.

Dato che la situazione si stava facendo più tranquilla in entrambe le sale di Monica, il capo la mandò a buttare la spazzatura sul retro, e lei accolse il compito come una liberazione.

Quando uscì, però, si rese conto che non si era affatto tolta dagli impicci degli Han, ma almeno l’Han davanti a lei era il migliore.

-Signor Han- chiamò sorpresa, osservando Jumin appoggiato al muro, a braccia incrociate e intento a fissare le stelle, con espressione corrucciata, che si distese immediatamente non appena la vide.

Era così sorpresa di vederlo lì che si scordò di non usare le formalità.

-Monica, smetti di chiamarmi Signor Han- le ricordò Jumin, senza traccia di rimprovero, iniziando ad avvicinarsi a lei -Speravo davvero che uscissi- disse poi, accennando un sorriso. 

Monica non sapeva che fare. Non voleva dare a vedere che aveva sentito gran parte del discorso, ma non voleva neanche fare come se niente fosse.

-Come va, Jumin?- chiese, sperando che fosse lui a parlare così da agire di conseguenza.

Buttò la spazzatura e si avvicinò, pulendosi le mani sul grembiule per far far loro qualcosa, e perché si sentiva decisamente inadeguata con la sua uniforme da cameriera e odore di cibo vario confrontata a Jumin, nel suo elegante smoking.

-Quanto hai sentito?- chiese lui, come a capire quanto avrebbe dovuto spiegare.

Monica non se la sentiva di mentire, e voleva davvero essere più di supporto possibile.

-Abbastanza. Non ho potuto farne a meno- ammise, abbassando lo sguardo.

-Ci uscirebbe davvero un buon articolo. Ho già in mente il titolo: CEO della C&R vende il proprio figlio alla nota attrice Glam Choi. È un romantico regalo di nozze- commentò l’uomo, abbassando lo sguardo e sospirando, rassegnato.

Monica si appoggiò al muro accanto a lui, e gli mise una mano sulla spalla, per confortarlo.

Non sapeva come consolarlo. Se lei si fosse trovata in una situazione simile non avrebbe proprio saputo cosa fare. Un matrimonio combinato era forse uno dei suoi più grandi incubi.

-Mi dispiace- Jumin si portò la mano sulla fronte -Non sono mai così emotivo, e oggi sto sfogando tutto su di te. Deve essere un gran fastidio- suppose, facendo per allontanarsi.

Monica lo fermò per un braccio. L’ultima cosa che voleva era che Jumin si chiudesse a riccio. Era poco salutare, e lei voleva aiutarlo, voleva essere un sostegno. Lei gli voleva bene.

-Non è un fastidio. Sono felice che ti fidi di me abbastanza da sfogarti. Vorrei solo essere più d’aiuto. Non riesco neanche a immaginare quanto sia frustrante per te, ma so che in questi casi non bisogna essere soli- provò a trattenerlo.

Jumin si poggiò nuovamente al muro, e accennò un sorriso grato.

-Ti sei mai sentita in trappola? Come se qualsiasi cosa tu facessi finirebbe male?- chiese.

Solo a pensarci, a Monica iniziarono a tremare le mani.

Si limitò però ad annuire, nascondendole dietro la schiena per non farlo notare a Jumin.

La risposta giusta sarebbe stata “Troppe volte per poterle contare”, ma decise di risparmiare a Jumin i dettagli delle sue numerose esperienze con uomini sbagliati e pessimi ricatti, e si mantenne sul vago.

-Un paio di volte- ammise, in un sussurro.

-Come l’hai superato?- indagò Jumin, cercando un consiglio.

Una faccenda la doveva ancora superare, e l’uomo davanti a lei ne era il protagonista, ma Monica non voleva ancora parlare a Jumin del ricatto del suo editore, e pensò al ricordo che ancora le faceva tremare le mani e battere il cuore per la paura. Il ricordo che per una mistica coincidenza, si svolgeva pochi mesi dopo che Jumin l’aveva lasciata a sé stessa all’università.

-Non da sola, devo ammetterlo. Una persona ha scoperto cosa stava succedendo, e mi ha tirata fuori dalla trappola. Non so cosa avrei fatto se non ci fosse stata lei- iniziò a mordersi il labbro, e cercò di distrarsi da quel ricordo.

Fece un profondo sospiro.

-Monica, stai bene?- chiese Jumin, mettendole una mano sulla spalla, e cercando il suo sguardo, per controllare le sue condizioni.

Monica forzò un sorriso, e cercò di tornare naturale.

-Sì, è una faccenda passata. Ed ora è tutto risolto. Sono passati quasi otto anni- cercò di cambiare argomento.

Jumin rimase stranito dal preciso numero di anni passati, ma cercò di non darlo a vedere.

-Se posso dire, non credo che tu sia in trappola- aggiunse poi Monica.

Jumin piegò la testa.

-Perché lo credi?- chiese, senza capire il suo ragionamento.

-Comprendo che tu ti senta in trappola. Dover sposare qualcuno per, passami il termine, “uno sporco capriccio di tuo padre”…- Jumin fece un sorrisino amaro alla definizione -…è inconcepibile, ed è normale sentirsi traditi. Ma è tuo padre, e so che ti vuole bene, e sono certa che riuscirai a farlo ragionare. E se anche così non fosse, non ha il diritto di farti sposare con chi vuole lui. Il matrimonio, nei paesi civili, è un atto che può essere concluso solo con il consenso dei futuri coniugi, pertanto farti sposare contro la tua volontà sarebbe una violazione dei diritti umani- gli fece notare, cercando di rassicurarlo.

-Già, dovrei dirlo a mio padre. Ma quando c’è una ragazza coinvolta i diritti umani sono molto meno importanti- commentò, infastidito.

-Si risolverà, Jumin, ne sono certa. E nel frattempo ti aiuterò come meglio posso. Come all’università- gli sorrise, incoraggiante, piegando la testa per trovare il suo sguardo.

Probabilmente sarebbe dovuta tornare a lavoro, ma aiutare Jumin era molto più importante, e poi per un po’ la stava sostituendo Hea.

-Mi sei mancata, Monica- sussurrò Jumin, rivolto quasi di più verso sé stesso, e incrociando il suo sguardo.

-Anche tu- ammise Monica, rendendosene pienamente conto per la prima volta.

I loro volti iniziarono ad avvicinarsi.

-Sono grato di poter parlare con te, e sentirmi compreso- continuò Jumin, guardandola come se stesse cercando di imprimere nella sua mente ogni dettaglio del suo viso.

Monica sentiva il cuore battere all’impazzata.

Voleva rispondere, ma non ci riusciva. Sentiva che la bocca le era diventata secca, e cercò di ricordare se avesse mangiato cipolle o aglio di recente, ma le sembrava proprio di no.

Perché se lo stava chiedendo? La risposta le sfuggiva.

Ma in generale la sua mente si stava svuotando.

Fu il suono del suo telefono a farla sobbalzare e tornare alla realtà.

Tentò di prenderlo per zittirlo il prima possibile, e per poco non le cadde visto quanto le tremavano le mani.

Un momento, stava forse per baciare…

Il pensiero venne interrotto quando vide di chi era il numero sullo schermo.

-Jaehee?- osservò ad alta voce.

Jumin sembrò sull’attenti.

-Devo rispondere. Aspetta un secondo- gli fece segno di attendere e accettò la chiamata. Le sembrava scortese non farlo.

-Jaehee, come va?- chiese, cercando di passare in fretta i convenevoli e parlare il meno possibile.

Doveva finire di parlare con Jumin e tornare dentro al più presto. Stava perdendo troppo tempo.

-Sei a lavoro?- chiese Jaehee, con più fretta e più isteria di lei, saltando completamente ogni convenevole.

-Si, perché?- chiese lei, confusa da quella agitazione.

-Hai visto il signor Han?- chiese lei.

-Il signor Han?- ripeté lei, lanciando un’occhiata verso Jumin, che scosse impercettibilmente la testa.

-Beh, l’ho visto in sala, ma poi è andato via. Non l’ho più visto dopo…- mentì, cercando di risultare convincente. Non voleva creare problemi a Jaehee, ma Jumin aveva bisogno di restare in pace per un po’. E Monica non voleva togliergli quella possibilità.

-Cavolo! È andato via all’improvviso e il padre è furioso. Non riesco proprio ad avere un attimo di respiro. Che? Si, Megan, è Monica. Non ho tempo per passartela, va bene se te la saluto? Ok! Ti saluta Megan- le riferì.

-Risalutamela. Spero che riuscirai a trovare il signor Han e a riposare. Te lo meriti. Ti lascio al tuo lavoro e torno al mio- la salutò, e Jaehee fece lo stesso dall’altro lato della cornetta.

-Immagino tu debba tornare a lavoro- osservò Jumin, con una punta di rimpianto.

-Dovrei… ma posso rimanere un altro minuto, se hai bisogno di parlare- Monica si avvicinò di nuovo, e Jumin le fece un sorriso riconoscente appena accennato.

-Grazie, ma forse è il caso di chiudere qui. Mi sto esponendo un po’ troppo- si ritirò lui, un po’ a disagio.

-D’accordo- Monica si voltò e fece per rientrare, poi si fermò.

-Per quello che vale, sei un uomo capace e incredibilmente talentuoso che non ha niente da perdere rimanendo single se è quello che vuoi. Non farti convincere mai del contrario- gli disse infine. Era quello che si ripeteva sempre davanti allo specchio, e ciò che avrebbe sempre voluto sentire dagli altri. Conosceva Jumin abbastanza bene da sapere che aveva bisogno di sentirlo.

-Grazie, Monica. Grazie davvero- rispose lui, con un sorriso grato.

Monica gli fece un cenno e tornò dentro. 

Il cuore, però continuava a batterle furiosamente, e la mente era pervasa da strani pensieri, mentre ripercorreva il discorso che aveva avuto con il suo vecchio amico.

Cercò di ignorare il suo cuore, e concentrarsi sul suo lavoro.

Jumin era, appunto, solo un vecchio amico. Non era mai stato niente di più e non sarebbe mai stato niente di più.

Eppure, mentre cercava di dare una spiegazione platonica alla vicinanza di poco prima, un ricordo che aveva seppellito in profondità le tornò alla mente.

Perché non era la prima volta che era stata così vicina a Jumin Han.

E una parte sepolta di lei era certa che non sarebbe stata neanche l’ultima.

Un messaggio al telefono la distolse dai suoi pensieri. 

Solitamente non controllava il cellulare durante il lavoro, ma approfittò della piccola pausa per darci un’occhiata.

Era un messaggio di Miriam.

“Sono in ospedale, non torno a dormire”

Che cosa?!

 

Due anni prima

 

Margo aveva passato la giornata come ormai era abituata a fare da quando aveva ottenuto il messenger: mattina sveglia presto, chattare, colazione inviata da Ray, chattare, leggere un libro, fare qualche esercizio o passare il tempo sola in camera, chattare, annoiarsi parecchio, chattare, approfittare di un momento di disattenzione per hackerare qualcosa, chattare.

Insomma, Margo era una tipa adattabile, ed era più abituata di quanto fosse giusto a restare chiusa in un luogo stretto per molto tempo di fila, ma iniziava a sentirsi claustrofobica.

Forse era meno abituata di quanto pensasse.

E poi quel giorno Ray non era venuto che a colazione, e anche sulla chat era sempre assente e se compariva se ne andava dopo qualche frase.

Come poteva aiutarlo se non aveva la possibilità neanche di vederlo.

Di solito Margo era una donna di pazienza spaventosa, quasi innaturale. Era capace di subire una situazione mille volte peggiore di questa per mesi pur di raggiungere il suo scopo, pur di aiutare qualcuno. Era naturale per lei, non c’era niente che potesse farla crollare.

Ma forse ciò che iniziava a farle perdere la pazienza era che l’ambiente in cui era, al momento, per quanto claustrofobico, non era affatto male.

Anzi, era una camera da letto meravigliosa.

Grande, elegante, come quella di una principessa.

E Margo la apprezzava, ma diffidava dello zucchero molto più che dell’aspro.

Perché non sapeva mai cosa aspettarsi da qualcosa di bello che le veniva dato.

E Ray… era troppo bello per essere vero.

Margo sapeva che le loro interazioni erano tossiche. Lui era troppo gentile, troppo infatuato di lei, e lei non gli aveva dato alcun motivo per fargli provare quei sentimenti. L’aveva solo trattato bene, come tutti avrebbero dovuto trattarlo.

E iniziava a temere che avrebbe potuto fargli del male piuttosto che aiutarlo.

Forse doveva legarlo di più a lei e manipolarlo per farlo scappare dalla brace per finire nella padella? 

No! Non poteva fargli una cosa del genere, non sarebbe stata meglio della sua fantomatica salvatrice.

Doveva trattarlo meno bene in modo che si staccasse un po’ da lei così che potessero avere un rapporto più normale?

No, perché l’avrebbe solo deluso. Gli avrebbe inutilmente spezzato il cuore.

“Devi scappare e denunciare il Mint Eye” gli suggerì una voce nella sua testa, una voce che aveva ragione da vendere, ma che Margo non voleva ascoltare.

Non voleva tradire così tanto la fiducia di Ray.

“Perché ti importa tanto? Lo aiuteresti, finirebbe in un corso di recupero per i sopravvissuti ai culti religiosi, e piano piano recupererebbe”

Sì, era vero, ma… avrebbe per sempre odiato Margo per averlo tradito.

“E quindi? Salvare una persona è più importante che farti amare da essa”

…Sì, Margo lo sapeva bene.

Scosse la testa, cercando di cacciare indietro quei pensieri.

Preferiva trovare un altro modo, un modo più lungo, più difficile, ma che avrebbe permesso a Ray di uscire da quella storia con la fiducia nell’umanità intatta.

“Non ha fiducia nell’umanità, solo in te e nella salvatrice. Perché non vuoi semplicemente lasciarlo andare?”

-Stai zitta!- sussurrò Margo rivolta alla sua testa, seppellendo il volto sotto al cuscino e cercando di pensare ad altro.

Anche se la domanda aveva senso.

Perché non lo voleva lasciare andare?

Per sua fortuna, un timido bussare alla porta interruppe i suoi pensieri, e la ragazza si mise un po’ in ordine prima di andare ad aprire.

E sorrise caldamente quando notò che dall’altro lato della porta c’era Ray, insicuro come sempre, ma con un timido sorriso, una bottiglia in una mano, e una carta nell’altra.

-Ray! Sono felicissima di vederti!- lo accolse Margo, spalancando la porta e facendogli cenno di entrare.

Il ragazzo sembrò illuminarsi.

-Davvero?! Sono felice anche io! Pensavo mi odiassi perché oggi non sono venuto a trovarti quasi per niente!- abbassò la testa, come un cucciolo ferito, ed entrò timidamente nella stanza, come se temesse di disturbare.

Era così carino, con lei.

Troppo carino, non doveva essere così, non doveva agganciarsi a lei come se fosse il suo unico salvagente, ma Margo si sentiva comunque così… apprezzata.

-Non potrei mai odiarti, Ray. Sei la persona più gentile e affettuosa che io abbia mai incontrato. Mi dispiace solo che lavori troppo, tutto qui. Ma per te, perché voglio che tu sia in salute- cercò di rassicurarlo, avvicinandosi e prendendogli entrambe le mani tra le sue.

Ray la guardò con occhi brillanti, innocenti, di un bambino che riceve un elogio per la prima volta.

Come lo trattava la salvatrice?! Possibile che fosse così affamato di complimenti da aggrapparsi con tali forze alle poche frasi gentili di Margo?! 

Doveva farlo sentire meglio, anche se poteva essere dannoso. Doveva provare a fargli capire che era importante, unico, fantastico.

“Non devi attaccarti”

-Che mi hai portato?- chiese però, facendo un metaforico passo indietro, e adocchiando gli oggetti che il ragazzo teneva ancora in mano e che aveva rischiato di far cadere a contatto con Margo.

-Oh? Oh! Sì, sono… la tua tessera da fedele, con questa puoi andare in più zone dell’edificio, tranne alcuni punti importanti, e un finto elisir, da prendere quando ti chiedono di farlo. Non voglio che tu prenda quello vero, ti farebbe male, e non voglio che ti venga fatto del male- spiegò il ragazzo, con mani tremanti, dando entrambi gli oggetti a Margo. Aveva le lacrime agli occhi al solo pensiero che alla ragazza potessero dare l’elisir.

Margo osservò un attimo il finto elisir, poi lo posò, concentrandosi maggiormente sul pass per l’intero edificio.

Quello sì che era un punto di svolta.

-Allora… ora che ti ho dato le cose, io…- Ray provò a congedarsi, imbarazzato e torturandosi le mani, ma Margo lo fermò, posandogli una mano sulla spalla.

-Aspetta, so che sicuramente sei impegnato, ma ti andrebbe di fare una piccola passeggiata in giardino? Se possibile. Se è un luogo dove posso andare- gli chiese timidamente, mostrando la tessera.

Ray sembrava aver visto un angelo sceso in terra con tanto di luce divina e aureola.

-Davvero?- chiese, incredulo.

-Certo! Mi farebbe davvero tanto piacere- insistette lei, prendendogli di nuovo entrambe le mani, con dolcezza.

-Oh… okay, se ci tieni tanto, certo che possiamo fare una passeggiata. Farei di tutto per te- acconsentì Ray, facendosi poi trasportare verso il giardino.

Fu una passeggiata piacevole, molto più della volta precedente.

E ad un certo punto, nell’osservazione dei fiori, Margo lo prese per mano intrecciando le sue dita con quelle del ragazzo, e stringendolo forte.

Come una coppia che fa una romantica passeggiata sotto le stelle.

Non che fossero una coppia, loro due.

Margo però apprezzò stare in sua compagnia, anche se le parole erano poche, e il vento iniziava a tirare forte.

Aveva bisogno di aria, e Ray era così… così… Margo non riusciva a trovare una parola che esprimesse a pieno come la facesse sentire. Ma sapeva che fosse un complimento.

Dopo qualche altro minuto, si sedettero su una panchina, e rimasero in silenzio ad osservare le stelle.

Sembrava quasi una situazione normalissima. Due persone completamente normali intente a fare cose normali.

Margo era così in pace che si era quasi scordata la missione.

Poi avvertì la mano di Ray, ancora sulla sua, tremare quasi impercettibilmente, e quando posò lo sguardo su di lui, si rese conto che stava singhiozzando silenziosamente, cercando di non attirare l’attenzione della ragazza.

-Ray…- lei gli sussurrò avvicinandosi, cercando di essere più rassicurante e discreta possibile.

-S_scusa Ma_Mar_go… solo… io…- Ray non sembrava riuscire a parlare, le lacrime scorrevano copiose lungo le sue guance.

Margo gli lasciò la mano e la usò per asciugargliene quante più possibile, con calma, e tranquillità totale.

Iniziò poi ad accarezzargli i capelli in maniera affettuosa, e leggera.

-Va tutto bene, respira- cercò di aiutarlo, senza scomporsi, e continuando a sorridere.

Ritornando concentrata sulla missione.

Dimenticando tutto il resto.

Ray si prese il volto tra le mani, cercando di sottrarsi al gentile sguardo che non credeva di meritare.

-I_Io… sc_scusa… sono… sono… tr_oppo…- il ragazzo provò a giustificarsi, ma non trovava il fiato.

-Shhh, respira, con calma. Nessuno di corre dietro- Margo si avvicinò per guardarlo negli occhi, ma Ray continuava ad evitare il suo sguardo.

-Sono… felice. Io sono troppo felice, non me lo merito, mi dispiace tanto- si ritirò nelle spalle, cercando di farsi piccolo piccolo e sottrarsi alle carezze che Margo continuava a fargli sul capo.

La ragazza si aspettava una cosa del genere, ma non significava che non fosse ugualmente ferita da un’affermazione così.

-Ray…- sussurrò, sempre gentile, ma con più fermezza -Ray guardami- alzò leggermente la voce.

Come un cagnolino fedele, Ray tolse le mani da davanti al viso e la guardò negli occhi, aspettandosi di trovarci delusione, rabbia, o disgusto.

Vide solo un grande affetto, e gentilezza.

Reazioni che non aveva imparato ad associare a sé stesso.

-Ray, tu meriti tutta la felicità del mondo- gli rivelò Margo, e ogni parola sembrava risuonare nell’aria come un comandamento ancestrale.

Ma Ray scosse comunque la testa.

-No, io sono debole, e sono una delusione, e devo lavorare, altrimenti non potrò mai piacerti- ripetè le parole come un mantra che gli era stato inculcato a forza, per anni.

Margo sapeva di poter fare poco con affermazioni che si portava dietro da probabilmente tutta la vita, ma c’era una rivelazione che poteva fargli senza che lui potesse obiettare.

-Ma tu mi piaci già, e mi piaci ancora di più se sei felice, soprattutto se sei felice con me- gli sorrise, un po’ imbarazzata.

Non era una bugia.

A lei Ray piaceva davvero tanto. 

Era gentile, cortese, innocente.

Così dolce, persino con una come lei, che non meritava assolutamente nulla.

-Io… io ti piaccio?- ripetè Ray, senza credere ad una sola parola.

A quel punto Margo avrebbe dovuto allargare il sorriso, annuire, e rassicurarlo ulteriormente. Dirglielo fino allo sfinimento, abbracciarlo, magari, o anche solo tenergli le mani tra le proprie con forza, dato che il contatto fisico era meglio non usarlo eccessivamente.

Ma purtroppo, fece un’altra cosa.

Una cosa che non avrebbe dovuto neanche pensare di fare.

Ed infatti non ci pensò, agì e basta.

Avvicinò il suo volto a quello di Ray, e gli diede un fugace bacio sulle labbra.

Breve, leggero, ma abbastanza intenso da sentire il suo cuore fremere, e avvertire un tremendo sapore di vari medicinali sulle labbra del ragazzo.

Quando si allontanò, non ancora registrando il tremendo errore che aveva fatto, il volto di Ray era meravigliato, occhi spalancati, bocca socchiusa, sembrava non rendersi del tutto conto di quello che era successo. Respirava a fatica, affannosamente.

Poi si alzò di scatto, arrossendo vistosamente, e tremando come una foglia.

Margo si rese conto di aver appena fatto un errore madornale.

-Ray…- si alzò a sua volta, in tono di scuse, pentendosi amaramente di essere stata così diretta ed essersi imposta su un ragazzo che chiaramente non era pronto ad una cosa del genere.

-Mi…mi…mi dispiace!- esclamò Ray, con un filo di voce, prima di correre via come una furia, le mani sulla bocca, le ginocchia tremanti, veloce come il vento.

Prima che potesse essere Margo a chiedere scusa.

Si sedette sulla panchina, delusa da sé stessa.

Non doveva andare in quella direzione! Non lo avrebbe mai aiutato con l’amore! Non era la ragazza giusta per una cosa del genere!

Eppure… perché l’aveva baciato? Non se lo spiegava neanche lei.

A lei Ray non piaceva in quel senso. Voleva solo aiutarlo.

Ma era davvero solo quello…?

“Perché non vuoi semplicemente lasciarlo andare?”

Ora aveva la risposta.

Perché, in fondo al cuore, aveva iniziato a provare dei sentimenti per lui.

E quello era una enorme problema.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

E alla fine sono riuscita a pubblicare anche la parte 3. Non so quando arriverà il giorno 6, perché ho millemila altri progetti, quindi tornerò in hiatus dato che questa storia non la legge quasi nessuno quindi preferisco dare priorità ad altre storie, ma prima o poi continuerò senz’altro ;)

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Mystic Messenger / Vai alla pagina dell'autore: ChrisAndreini