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Autore: palanmelen    30/08/2009    3 recensioni
Questo *.* è un esperimento.
Femslash. (D'oh. Non c'è l'avvertimento.)
"E le piacerà vedere il mio seno
le piacerà il pizzo in rilievo attraverso la maglietta.
Mi toccherà e mi sfiorerà il collo colla bocca.
"
Genere: Romantico, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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13 YO Boy

 

Guardavo i miei sandali caduti al contrario, coi tacchi a spillo puntati, un po’ pericolosi, verso l’alto.
A pancia in giù sul letto, mi spostai più avanti per non schiacciare il seno sotto di me e lo feci cadere oltre il bordo.
Il lenzuolo era blu e la mia pelle bianca. Mi distrassi a guardarmi finché lei iniziò a punzecchiarmi il fianco coll’alluce.
Mi girai e raccolsi il seno sul petto col braccio.
Mi spinse la punta del piede nella pancia. La lasciai fare. Tanto non poteva farmi male, attraverso tutta la mia ciccia.
Mi sentivo bagnata e appiccicosa, ma ero così serenamente stordita che stavo pensando di infilarmi sotto le lenzuola senza lavarmi.
Non mi avrebbe lasciato stare, già lo sapevo.
Era una piccola vendetta, fare la smorfiosa, perché la infastidiva che alla fine fossi riuscita ad avere ragione di lei (che significa avere il controllo dei nostri giocattoli. Giocattoli che si infilano e giocattoli che vibrano ).
E anche la mia era una specie di ripicca. Entrambe sappiamo come mi piaccia lasciare la situazione nelle sue mani.
Guardavo il soffitto e lo scialle che avevo legato attorno al lampadario per smorzare la luce (anche se l’idea originale era renderlo più carino e quello era stato un effetto secondario), colle braccia penzoloni dal letto.
Pensai fugacemente a quando mi ero lasciata legare colle fasce di velcro alla sdraio, le mani dietro il cuscino, le ascelle esposte al suo solletico, le gambe piegate, i piedi immobilizzati sui braccioli. Io che di solito sono silenziosa, miagolavo come una gattina spaventata, contorcendomi verso qualsiasi cosa lei mi stesse facendo.
Mi distrasse smettendo di infastidirmi col piede. Il materasso dondolò e il suo volto entrò nel mio campo visivo.
Le sorrisi socchiudendo gli occhi e mi sentii come una bambina che aveva fatto un dispetto.
Mi accarezzò il seno, la pancia, la coscia.
Già non ero più abbastanza umida per una mano. La sua testa sparì di nuovo e prima sentii il suo fiato, poi la sua lingua.
Aprii di più le gambe e la lasciai fare. Voltai la testa e fissai il profilo magrissimo delle sue cosce, del suo sedere, del suo busto, mentre mi si appannava lo sguardo e tutto si confondeva nel biancore (un bianco diverso dal mio, compatto come gesso, come latte, senza sfumature o rossori o lentiggini) della sua pelle.

Mi piacciono le ragazze minute e femminili, flessuose. Bionde, possibilmente, e abbronzate.
Lei è alta e spigolosa, sinuosa quanto una scopa, con due tettine piccole da ragazzina (che forse è l’unica cosa che l’accumuna alle altre ragazze che ho avuto. Ne ho abbastanza io, di seno, per almeno tre persone), i capelli dritti e pungenti e bruni come i peli di un pennello. Bianca e dura come il marmo, i lineamenti levigati e indecisi per una barocca indifferenza tra maschile e femminile.
Bella in maniera graffiante, quasi spiacevole. Come un ragazzino di tredici anni.

Li ho comprati con lei, questi sandali.
Lei non ama fare compere, tuttavia la diverte vedermi illuminare davanti alle scarpe più assassine che riesco a trovare.
La cosa più femminile che sono riuscita a farle comprare sono queste orribili, assurde e graziose infradito con le perline che ora indossa.
Ho gli stessi abiti di ieri sera e sono truccata pochissimo (fortunatamente mi porto sempre la cipria e un rossetto in borsa) e male, perché lei non ha né un cosmetico né, di conseguenza, uno struccante, e temo mi sia rimasto del mascara sciolto sugli occhi, perché non mi sono fidata a lavarli col sapone.
Insomma, si vede che ho passato la notte fuori casa senza preavviso.
Mi sento sensuale e più allegra di quanto dovrei essere con Miss Negatività a fianco. Ogni tanto le borbotto di sorridere. Ma lei è testarda, imbronciata e imbacuccata nel suo tendone nero (la chiama “maglietta”) come… beh, come un tredicenne in fase di ribellione.
Non ho voglia di tornare a casa dei miei (dove stiamo andando), ma ho bisogno di struccarmi come si deve (latte detergente, struccante occhi, sapone per viso, spugna di cellulosa, crema idratante) e di cambiarmi, perché le miei mutandine sono in uno stato indecente (e proprio non avevo voglia di strizzarmi in una seconda striminzita delle sue).

Arriviamo e c’è mia madre ad accoglierci con un sorriso e due caffè.
È così contenta che io abbia un’amica anche qui in città, una ragazza più grande, seria (lugubre), che lavora, con un appartamento e una macchina (lo sottolinea con quel tono da “quando la fai tu la patente?”).
Mio padre è più scettico. Forse ancora non è convinto che lei sia una donna, forse gli dà solo fastidio che sia così poco femminile, o così poco curata. Penso che lui senta che c’è qualcosa (anche se ogni volta che parlo di omosessualità credono che stia scherzando). Dev’essere una specie di sesto senso da padre per scoprire chi si scopa la figlia.
Vado a sistemarmi, mentre lei si intrattiene coi miei (-Rimarrete per il pranzo?-).
No, per carità. Andremo a mangiare all’ipermercato e poi faremo la spesa. Per due, perché questa settimana starò da lei. Per studiare, naturalmente.
Indosserò una maglietta scollata. O stretta. O scollata e stretta.
Mi truccherò con un colore acceso, viola, rosso, vedrò in base ai vestiti.
Lei verrà da me per vedere se tutto è a posto e si beccherà una spolverata di fard sul naso (e se riesco a tenerla ferma abbastanza, anche un po’ di lucidalabbra).
E le piacerà vedere il mio seno
le piacerà il pizzo in rilievo attraverso la maglietta.
Mi toccherà e mi sfiorerà il collo colla bocca.

Perché le piace che io sia la sua donna, quella che cammina per ore sui tacchi, sempre col trucco impeccabile e i vestiti che mostrano e nascondono e ammiccano.
Come a me piace che lei sia la mia adolescente disadattata, che fa la dura e la scontrosa e piange sul mio grembo perché quando ha provato un vestito che davvero le piaceva si è vista brutta, si è vista più insulsa di un attaccapanni .
Oddio. Effettivamente già siamo strane da sole. Figuriamoci in due. Come Stanlio e Ollio.
E… anche noi, come comici, diamo un’impressione del tutto falsa a chi ci guarda. Ma non recitiamo, è solo che agli altri non interessa sapere come siamo fatte. O meglio, nessuno si interessa degli altri in generale.
Fard sotto gli zigomi, sulla mascella. Mi abbraccia e mi sussurra: -Quanto sei lunga…-.
Rido e le spennello il naso col fard. Così ora è rosa e brillante e io ho la scusa per truccarla.
Eccola qui, la mia ragazza, seduta sul mio letto, che mi lascia giocare con indulgenza.
Fingendo di essere adulta mentre io fingo di essere bambina.
La bacio ora che non ho il rossetto.
La mia strana ragazza che sembra un tredicenne.

  
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