Ultimo
capitolo, mi sono dilungata un po' troppo, ma ero
alla fine del viaggio di Sherrinford.
Ho
voluto chiudere con una festa che sciogliesse la tensione di tutti i
personaggi.
Ma
non dico addio al giovane Holmes, per ora è solo un
arrivederci.
Grazie
a tutti.
È
una giornata splendente, l'aria è frizzante. Papà
ha voluto festeggiare il mio
ritorno. Si sono adoperati a turno per farmi stare meglio. E
sì, perché ho
sofferto un po', ma mi sono stati tutti vicini.
Mycroft
non ha badato a spese. Si è sentito sollevato dopo la fine
di Auberton, andato
dritto in galera. E la mia riabilitazione morale è stata
totale. Oggi verranno
a farci visita anche i suoi colleghi.
Sono
tornato a Pall Mall da un paio di giorni, vivrò qui, nella
grande casa Holmes. Non
ho più bisogno del buon dottor Watson, il mio cuore va che
è una meraviglia.
Farò qualche controllo per accontentare mio padre che
è diventato apprensivo.
Mi
dispiace per la piccola Rosie, ma le ho promesso che andrò a
trovarla spesso e
qualche volta mi fermerò a dormire con lei, oppure
verrà da noi.
Tra
poco arriveranno gli invitati. Devo vestirmi con cura, papà
ci tiene che sia
elegante. Ha incaricato Anthea di procurarmi un vestito tre pezzi
sartoriale,
adatto alla mia figura snella, dovuta alla forzata degenza in ospedale.
Una
camicia azzurra e una cravatta in tono, che arrivano addirittura da
Firenze,
sono appoggiate sul letto. Quando alla fine mi specchio sembro la copia
di
papà. Sono orgoglioso di assomigliargli tanto.
Devo
portare ancora il tutore per non affaticare la spalla. Mi sistemo
meglio:
sembro un reduce di guerra, ma la battaglia l'ho vinta.
Beh,
sono soddisfatto di quello che ho fatto.
Oggi
ci saranno anche i nonni. Gli Holmes e i Sinclair.
Conoscerò
la famiglia dalla parte di mia madre. Non sarà un incontro
facile. Mycroft si è
assicurato che fossi deciso, e lo sono. La mamma me li ha indicati in
quello
strano sogno dove l'ho incontrata. L'ho raccontato solo a
papà e a nessun
altro. Lui è rimasto sorpreso, ma alla fine mi ha creduto,
visto che frequenta
quel suo palazzo mentale, dove si rifugia di tanto in tanto e trova i
ricordi
di mamma.
Sono
pronto. Sento le prime voci che arrivano dal piano di sotto.
Scendo
come una star, sussulto leggermente, finisco per aggrapparmi al
corrimano della
scala. Sono al centro dell'attenzione, Mycroft mi viene incontro e mi
aiuta a
tenere a bada l'emozione.
"Quanti
siete, Gesù. Non credevo in così poco tempo di
avere tanti amici." Sbotto
divertito, mentre Rosie galoppa verso di me, ma viene prontamente
trattenuta
dallo zio, prima che mi piombi addosso.
"Piano
Rosie, stagli vicino, ma non in braccio. Ancora non può,
vedi la spalla?"
Lei guarda il tutore e ripiega sulle mie gambe, le abbraccia strette.
Mi
chino, e la accarezzo con la mano libera. "Ciao, principessa. Come ti
sembro come principe ammazza draghi?"
"Rattoppato."
Afferma con veemenza, mentre tutti ridono. "Ma lo hai sconfitto e mi
hai
salvato. Perciò ti sposo."
"Rosie,
ancora con questa storia!" Suo padre la sgrida. E lei brontola.
"Uffa, papà ho capito! Aspetto di diventare grande.
Però dopo lo
sposo." Punta i piedini per terra. Faccio un gesto di intesa verso
Watson.
"Va bene, tranquilla, se non ci danno il consenso, ti rapirò
e ti porterò
nel mio castello."
È
felice, mi dà un bacio con lo schiocco, la prendo per mano e
ci avviamo in
giardino. Corre sull'altalena, che un sollecito zio Myc le ha regalato
per
quando viene a giocare da noi. Mio padre è molto cambiato,
non è più
infastidito dalle persone, è più tollerante,
più aperto alle relazioni umane.
Anthea
mi aspetta in giardino, mi guarda felice di vedermi guarito, si
avvicina
fasciata in un abito azzurro delicato ed elegante. I capelli mossi che
le
incorniciano il volto. La redarguisco bonariamente agitando la mano.
"Mi
hai fatto urlare quel giorno da Auberton. Ti ho odiato." Le sorrido
placato dopo tutto quel dolore fisico, che però ho quasi
scordato.
"So
quanto soffrivi, ma eravamo così in pena, io e Mycroft, che
ci importava solo
di salvarti."
"Ti
ho odiato lo stesso." Rido pieno di orgoglio. "Però se sono
qui è
anche per merito tuo. Mi sei sempre rimasta vicina anche quando
combinavo delle
cazzate." Scuote il capo castano in un moto di diniego.
"Eri
tormentato, insicuro, pieno di paure. Lo capivo e ho fatto il possibile
per
aiutarti. Ma sei coraggioso e onesto." Indica John che spinge Rosie
sull'altalena. "Se sono vivi è per merito tuo."
La
guardo dritta negli occhi chiari. So quello che amo e che voglio.
"Glielo
dovevo. Mi hanno accolto con tenerezza soprattutto John, non avrei
tollerato di
vederli soffrire."
Tocco
il tutore, aggiustandolo un pò. Lei è molto
protettiva. "Stai bene
Sherrinford?"
"Si,
tranquilla, sono solo un po' nervoso."
La
prendo sottobraccio e la porto a prendere un aperitivo. È
festa stasera e mi è
concesso di bere qualcosa in più.
Scorgo
Albert e un paio di uomini della scorta. "Vado a salutarli, Anthea."
Lei annuisce e rimane in compagnia di Mycroft.
Mi
sorride appena mi vede. "Albert, ti devo ringraziare per tutta la
pazienza
che hai avuto con me." Si schernisce aggiustandosi la cravatta blu.
È
stato un piacere lavorare per lei." Mi tende la mano.
"O
avanti, sono Sherrinford! Basta con questo lei. Ti sembro
così vecchio?"
Mi sorprendo per tanto rispetto, io che non ne ho mai avuto. Che ero,
fino a
poco tempo prima, allo sbando.
"Ma
le devo la stima che merita, signor Holmes."
"C'è
un solo signor Holmes, ti prego! E quello è papà.
Chiamami Hayc." Rido
mentre mi stringe più forte la mano. "Molto bene Hayc.
Sarò fiero di
lavorare per te."
Avverto
la sua dedizione per tutte le volte che ha guidato per me, e mi ha
scortato
gentile e silenzioso. I suoi colleghi, mi concedono un gesto di intesa
abbassando il capo, poi riprendono a fare il loro lavoro. Garantiscono
la
nostra sicurezza e la nostra protezione. So di doverglielo ribadire.
"Grazie anche a voi per avermi soccorso e salvato."
"È
stato un onore Hayc." Fanno un cenno col capo.
Mi
avvio verso il gruppo che chiacchiera con mio padre, riconosco Lady
Smallwood.
Mi viene incontro. "Sono felice di sapere che stai bene Sherrinford,
ora
sappiamo cosa hai fatto per tuo padre. Spero che un giorno deciderai di
lavorare per noi."
Sorrido,
muovendo la testa, i capelli mi finiscono sulla fronte. Lei li scosta
con
gentilezza. "Alicia, preferirei un lavoro meno pericoloso, ma
certamente
vicino a papà."
"Sei
troppo importante per rischiare ancora, ora che sei guarito. Mycroft
non
sarebbe d'accordo."
Mi
indica il petto. "Le persone come te sono essenziali per noi." Mi
fissa divertita. "A meno che tu non voglia intraprendere la carriera da
attore, perché sei stato da oscar."
Ridacchiamo
insieme, mi ricordo ancora la faccia allibita che aveva al ricevimento.
La
ringrazio e mi prendo un po' di pausa. Mi siedo sulla panchina sotto al
roseto,
lo ha piantato papà. Sono le rose bianche che amava mamma,
mi sembra quasi di
sentirla vicina. Mi apparto e osservo tutti da distante.
Nonna
Violet, mi è subito vicina. "Che fai nipote? Non prenderai
l'abitudine di
Mickey che finisce per isolarsi alle feste." Non ha tutti i torti
conoscendo mio padre. Mi appoggio alla sua spalla con la testa.
"No,
nonna, ma siete tanti, non mi capacito ancora di avere tutta questa
gente
intorno." Lei mi accarezza i capelli.
"Hai
gli stessi ricci di tuo padre da giovane, poi prese a tagliarli corti.
Un
peccato, non lo farai vero?" Le prendo la mano, è leggera e
calda.
"No, nonna, se non vuoi no. Diventerò il capellone di
famiglia."
Lei
ride. "C'è già Sherlock che ha il primato." Mi
guarda e sentenzia.
"Però hai la classe di Mickey. Lo stesso portamento." Mi
accarezza la
guancia. "Meno rigido si intende." Ridiamo insieme, perché
lo
scorgiamo che ci guarda innervosito, mentre sorseggia del brandy vicino
al
fratello.
Sherlock
intuisce e gli dà una bottarella, sbuffa annoiato, e
distoglie lo sguardo.
Divento serio, perché so che mi attende una visita difficile.
"Nonna,
tra poco arriveranno i Sinclair. Spero che papà la prenda
bene." Mi
sistemo i capelli, che continuano a coprirmi la fronte.
Mi
appoggia la mano sul ginocchio. "Stai tranquillo, sarà
ragionevole. Sa che
lo vuoi fare, e ti sarà vicino, comunque."
"Mi
hanno salvato la vita, senza il loro sangue non sarei qui."
"Lo
sa, è per questo che ha accettato. Non li ha contattati
Mycroft, è stato
Sherlock a trovarli e a convincerli. A volte è
più maturo di tuo padre."
Non approvo la sua conclusione, perché so quello che ha
sofferto. Ma va bene
così.
Si
interrompe, cambia voce, ora è più dolce quasi
affettuosa. "Si sono
offerti subito, non ha dovuto nemmeno insistere."
Vedo
muoversi Anthea e Sherlock. "Sono arrivati Violet. Vado a recuperare
papà."
Sono
loro che hanno l'incarico di accoglierli, mentre gli altri, amici e
conoscenti
sono in giardino. Purtroppo papà si è defilato,
si è versato da bere già due
volte. E la cosa non mi piace.
È
vicino al camino, con un altro bicchiere in mano, rigido, fermo,
accartocciato
su sé stesso. In pochi passi sono da lui.
"Basta
adesso. Lo so che è difficile per te, ma pensa che se sono
vivo è anche per
loro." Appoggia il bicchiere sul tavolo con poca attenzione e quasi lo
rovescia, ma non dice una parola.
Il
volto è contratto, la fronte corrugata, tutta la sua vita
è stata stravolta per
una decisione che hanno preso al suo posto. Per il figlio che gli hanno
sottratto.
Gli
prendo la mano. È fredda come il marmo, ma so che ribolle
dentro, ho imparato a
leggere nella sua freddezza: negli occhi grigi passa l'odio covato per
anni.
Non
va bene così. Non va per niente bene. Lo porto in libreria,
quasi lo spingo
dentro, chiudo la porta e lo sgrido subito.
"Guardami
papà! Non sei obbligato a venire! Ma cerca di accettare che
questo è il
presente. Lascia andare il dolore del passato, ora non puoi farci
più
nulla."
Gli
tremano le mani e le mette velocemente in tasca. Abbassa la testa e
mormora
quasi senza voce.
"Lo
faccio per te, ma il mio cuore è arido per colpa loro. Non
è facile per me
accettare la vita che non mi hanno concesso e l'amore che avevo per
Virginia." Lo scuoto per le spalle, gentilmente.
"Pensa
che mi hanno salvato, concentrati su questo. Lascia fare a me, lo sanno
quello
che provi."
Lui
si volta, gli occhi sono scuri e tormentati.
"Quando
Virginia mi ha contattato e mi ha detto che ero padre, ti ho subito
cercato.
Lei voleva così tanto abbracciarti!"
Si
ferma cercando di respirare meglio. "Non ho fatto in tempo ad
accontentarla. Non ti ho trovato, perché la legge sulle
adozioni era troppo
rigida anche per me, e sai bene qual è il mio lavoro."
Riprende fiato di
nuovo, gli accarezzo la schiena cercando di farlo sciogliere.
"All'ospedale
ci siamo incrociati con i Sinclair e li ho volutamente evitati." Il mio
gesto ottiene l'effetto desiderato, rilassa le spalle. "È
una tua scelta e
la rispetto, ma non riesco... a superare la sofferenza che mi hanno
inflitto."
La
mia mano è appoggiata sulla sua spalla che sembra portare un
macigno. "Va
bene papà, lo farai se te la senti, ma ti voglio vicino. Non
parlare se non
vuoi, ma stai con me."
È
convinto e mi segue con un passo pesante, lo zio Sherlock è
in ingresso con i
Sinclair.
Il
nonno è un uomo di statura media, con i capelli grigi folti,
porta i baffi. Ha
l'aspetto autoritario del militare, so che lo è stato per
anni: maggiore
dell'esercito di sua maestà. Il suo sguardo si scontra
subito con quello di
papà. C'è tensione fra loro, sono due persone
arroccate nelle loro posizioni.
La
nonna invece è una donna minuta, si capisce subito che lei
non decide nulla in
famiglia. Mi sorride sbalordita, mentre mi studia e cerca un po' di sua
figlia
Virginia in me. Le ricambio il sorriso, sento il passo incerto della
sorella
gemella di mamma, che si avvicina e mi abbraccia. Il suo calore
è confortante,
intuisco che entrambi lottiamo per avvicinare le due famiglie.
"Non
ti ha mai dimenticato Sherrinford, eri sempre nei suoi sogni." Me lo
sussurra all'orecchio mentre mi stringe con forza. So che mi ha dato il
suo
sangue, lei mi ha salvato la vita.
Sherlock
è affiancato a mio padre, ma non prende posizione. Lo
sostiene moralmente,
faccio un cenno con il capo verso di lui, e inizio a parlare.
"Ho
chiesto di vedervi perché volevo conoscervi e non accusarvi.
Lo faccio perché
una sola volta incontrai Virginia all'istituto, lei mi aveva cercato
è questo
mi basta. Era mia madre e mi sento di doverglielo." Lo dico con la mano
di
Vittoria nella mia.
"Non
sono arrabbiato, non voglio vendetta." Respiro profondamente. La mano
di
papà si appoggia sulla mia spalla ferita, delicata e
rassicurante.
"Quando
stavo male lei è venuta da me." Prendo un respiro profondo,
abbasso la
testa. "Potete crederci o no, mi ha fatto capire che la rabbia che mi
portavo dentro per essere stato abbandonato, non era più
necessaria." Mi
interrompo ancora, inghiotto a vuoto. "Lei era felice, e quella stessa
felicità me l'ha donata. Ora credetemi, non voglio nient'
altro che essere
sereno." La zia mi accarezza i capelli, ha gli occhi lucidi. "Sei
quanto di più bello Virginia abbia mai avuto." Mormora lenta.
Indica
con la mano un enorme scatolone appoggiato in ingresso. "Quelli sono i
suoi diari, ti ha scritto ogni giorno della sua vita. Ora sono tuoi.
Quando vorrai
li leggerai e lei sarà con te." Vittoria mi bacia la fronte.
Papà al mio
fianco rallenta il respiro.
Mi
volto a guardarlo, un moto di intesa passa fra noi, e approva muto.
Si
rivolge al vecchio James Sinclair. Si schiarisce la voce, inizia
incespicando,
poi si fa più sicuro. I miei occhi sono nei suoi.
"Quando
Virginia, mi ha contattato e mi ha raccontato tutto, mi ha chiesto di
portarglielo in tempo per abbracciarlo, ma..." Si ferma e prende tempo.
"Ma non ci sono riuscito, e mi rammarico per questo."
Le
sue parole sono appesantite dall'angoscia di avere fallito, fatica a
mascherarla.
"Ho
avuto pochi giorni con lei, la sua malattia era troppo veloce." Sento
la
sua voce incrinarsi. Lo guardo preoccupato, sembra nascondere qualcosa.
Sherlock gli è vicino, il fratello ribelle condivide con lui
un segreto di cui
non sono al corrente.
Ci
guarda entrambi, poi si sofferma sul vecchio James. Si raddrizza in
tutta la
sua altezza. Le mani lungo i fianchi.
"Signor
Sinclair, io, Mycroft Holmes, ho sposato Virginia tre giorni prima che
lei
morisse."
Respira
profondamente, ha gli occhi lucidi, ma nasconde bene il dolore,
è rapido a
riprendersi. Sposta lo sguardo su di me orgoglioso.
"Ho
riparato al danno fatto in gioventù, lei sarebbe stata
comunque mia moglie...
Perché l'amavo."
James
Sinclair è come una statua di pietra, forse non respira
nemmeno, la nonna
Evelyn abbassa la testa bianca e piange silenziosa sorretta dalla
figlia
Vittoria, che invece sorride felice.
James
fa un passo deciso verso mio padre e gli tende la mano.
"Mycroft,
nessuno potrà mai ripagarti del male che ti ho fatto. A te, a
Virginia, a Sherrinford. Dei
pregiudizi che avevo nei tuoi confronti. Di non aver capito che l'amavi
veramente. Mi hai dato una lezione e un rimpianto che mi
porterò dentro per
sempre." La mano è ferma, allungata verso papà.
Lui
tentenna, ha gli occhi incatenati ai miei, capitola e accetta. Il suo
volto si
distende, le rughe si annullano. Adesso riuscirà a elaborare
il passato.
James
continua, la voce calda, la mano stretta in quella di papà.
"Non me lo
merito, ma sono contento che Virginia sia stata felice i suoi ultimi
giorni.
Perdonami Mycroft... se puoi."
Si
volta verso di me. "Nipote, sei un uomo adesso, le mie colpe sono
gravi,
ti ho separato da mia figlia. Ma sappi che lei ti amava. Sarebbe stata
una
madre attenta se io non fossi stato così maledettamente
egoista."
Prende
una pausa, arranca un po', mentre mi guarda attento. "Non pretendo il
tuo
perdono, anzi non lo voglio, ho causato così tanti danni che
non lo merito. Ma
se vuoi la mia casa è aperta, per conoscerti meglio. E
parlare di lei e
riparare al male che ho fatto a tutti." China la testa, perde il
controllo, singhiozza. Vittoria gli è vicina e lo sostiene,
è rassegnato a
vivere nel rimpianto.
"Bene,
nonno James, perché è così che ti
chiamerò da oggi. Verrò da voi e mi parlerete
di mamma, mi renderete quello che ho perso." Si dà un
contegno, ma tiene
la testa bassa. "Grazie per avermi salvato, non era così
scontato farlo.
Ora guardami, sono qui."
Alza
la testa, gli occhi arrossati. "Farò tutto il possibile per
aiutarti." Ci abbracciamo e non c'è bisogno di dire altro.
Ci
raggiungono gli altri nonni e si presentano senza alcun rancore.
Passano
strette di mano, in una tregua univoca. Non c'è
più tensione, ora sembriamo una
famiglia. Una unica grande famiglia.
Nella
confusione che si crea, prendo papà per il braccio e lo
trascino da parte.
"Perché non mi hai detto che l'hai sposata?" Gli sussurro
sconvolto.
"Non
ne ho avuto l'occasione, né il coraggio. Con tutti i
pericoli in cui ti ho
trascinato, mi sono sentito in colpa, le avevo promesso di proteggerti
e non
l'ho fatto." Le sue mani sono rigide, mentre tormenta la catena dorata.
"Dio
papà, hai fatto una cosa dolcissima, perché
sentirti in colpa? I pericoli li ho
scelti io. Rammentalo bene." Cerco di guardarlo dentro i suoi occhi
grigi
che traballano un po'.
"All'inizio
eri molto arrabbiato e io non sapevo come fare... non ero pronto ad
avere un
figlio...non ti ho detto subito di Virginia...ho commesso degli errori
anch'io."
Le
mani sono strette così forte attorno alla catena, che sono
bianche. So cosa
prova, era un uomo solo, impreparato a diventare padre, chiuso nel
dolore di
quell'amore che aveva perso, senza capire il perché. Non
voglio vederlo
soffrire.
"Ora
basta. Ti voglio bene più di quanto tu creda.
Sarò con te sempre, in qualsiasi
momento, nessun altro conta più di te, papà." Lo
abbraccio così forte con
un braccio solo, che si lamenta.
"Fermati,
ti farai male Hayc." Mormora nel mio orecchio.
Gli
altri invitati, ci hanno osservati discreti ci sono tutti vicini.
Mycroft
quando se ne avvede appare confuso, non è abituato al
sentimento, tanto meno ad
esternarli, ma gli sono a fianco e lo sorreggo. Ho forza adesso, per
tutti e
due.
I
nonni, gli amici, Sherlock, il fratello che tanto ha protetto, sono
tutti lì,
in un abbraccio virtuale che ci scalda il cuore.
"Mycroft
faresti bene a tenertelo stretto un figlio che ti ama così."
John è
sollecito, sa quanto ho lottato per avvicinarmi a papà.
Lui
si schernisce, lo sento tremare sotto i suoi vestiti costosi. So che
devo
proteggerlo, non ha uno scudo per le emozioni.
"Bene,
allora che facciamo? "Li guardo tutti, passandoli uno ad uno. "Non
volete festeggiare il mio ritorno?"
Rosie
si aggrappa alle mie gambe. "Allora piccola principessa, diamo il via
al
pranzo?" Lei annuisce scuotendo i capelli biondi. Le prendo la manina e
imposto la voce.
"Allora
si apra la cucina, e si buttino i pensieri cattivi. Io Sherrinford
Holmes,
principe ammazza- draghi e Rosamunda dai riccioli d'oro, inizio i
festeggiamenti." Volano sorrisi e risate, e pacche sulle spalle ed
è così
che voglio che sia.
Mycroft
mi guarda interdetto, scuote la testa, ha riacquistato il suo British
aplomb.
"Sei proprio imprevedibile figlio, non so come farò a
sopravvivere con
te." Ci sciogliamo in una risata complice, la sua mano si posa sul mio
petto al centro del cuore. Vedo la fede nunziale sulle sue dita
sottili.
Pensavo fosse un vezzo, ma ora so perché la porta, la sfioro
con le dita,
tremando.
Mi
lascia fare senza ritrarsi. È bello l'amore che aveva per
Virginia.
Ora
so perfettamente, che ho avuto una famiglia che mi ha voluto bene. Il
destino
ci ha separati, ma ora siamo insieme. Anche oltre la vita. Mamma
è lì presente.
lo sento.
"Le
voglio bene papà, grazie per averla resa tua moglie e mia
madre." Annuisce
sereno, gli occhi limpidi e la gioia mi riempie il cuore, quello
malandato che
ora batte sicuro.
Raggiungiamo
fianco a fianco gli ospiti.
Sono
Sherrinford Haycok, ho un nome eccentrico come tutti i membri della
famiglia,
ma sono orgoglioso di essere un Holmes.