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Autore: paige95    05/07/2021    4 recensioni
La guerra in Afghanistan è il filo rosso che lega il destino di due uomini e due famiglie, due mondi distanti che non sanno di essere molto vicini tra loro.
Nell'estate del 2018, in pieno conflitto, il tenente comandante dei Navy SEALs Christian Richardson e l'inviato speciale del Los Angeles Times Samuel Clark verranno chiamati al fronte, lasciandosi alle spalle vissuti, affetti e i vasti territori californiani.
[Questa storia partecipa al contest "Chi ben comincia è a metà del prologo" indetto da BessieB sul forum di EFP]
Genere: Angst, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Destino'
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Un eroe non era mai stato

 

 
 

Ambasciata americana - Laboratorio di balistica, 16 settembre 2018

Christian non era solito frequentare l'ambasciata americana al fronte, le informazioni che giungevano dagli uffici degli ambasciatori erano solo relativamente utili senza buone notizie sulle sorti della popolazione afghana. Erano anni che le truppe alleate non collezionavano un successo rilevante, nulla che facesse intravedere un futuro di pace per civili e soldati. Sradicare lo stato islamico era un'impresa sulla quale non si riusciva mai a scrivere l'epilogo, con immenso dolore di tutti.
I diplomatici dialogavano con i loro pari, spesso erano gli ultimi ad intendersi di strategia militare, però erano i primi a ricercare uno strenuo conflitto contro i nemici - si sperava quantomeno non avessero tutti questa forma mentis; qualcuno di loro doveva pur credere che una tregua fosse la soluzione migliore per appianare la crescente tensione che alimentava le stragi di innocenti, un'escalation controproducente per giungere al fine ultimo.
Senza il supporto di un comando, l'iniziativa personale aveva condotto Christian fino all'unico punto di riferimento da cui ripartire per portare a termine la sua missione, diventata ormai in egual misura militare e personale. Il peso della fiducia che avevano riposto in lui era una zavorra e lui non si sentiva nelle condizioni di onorarlo. Eppure fallire sarebbero equivalso ad una condanna, perdere la loro scommessa sul suo conto avrebbe portato nel baratro persone indifese e avrebbe suscitato al comandante una devastante sensazione di complicità per una strage che in qualche modo avrebbe potuto evitare.
La frenesia dell'edificio che ospitava il consolato americano non era paragonabile all'adrenalina che scorreva ancora nelle vene del tenente, nel bene e nel male ricoprire un ruolo militare non lo lasciava impassibile, anzi in pochi fra quei corridoi e sugli sconfinati piani avrebbero potuto comprenderlo. Non riusciva ad intuire se anche loro vivessero in uno stato di apprensione perenne, per il seal era una condizione emotiva costante. Vi era un'atmosfera di rigida quiete che non lasciava trasparire alcun grado di tensione, anche se il pericolo restava consistente oltre le vetrate degli immensi finestroni, i segni della minaccia erano evidenti anche su un suolo che avrebbe dovuto offrire a Christian la percezione di respirare un clima familiare, soprattutto democratico.
I soldati avevano un solo compito: difendere la popolazione, anche a costo di sparare. Sparare restava ciò che non faceva parte della sua predisposizione, eppure la sua sig sauer non lo abbandonava mai, riposta fedelmente nella sua fondina in qualunque luogo si spostasse. Non era facile imporre un principio democratico attraverso mezzi tutt'altro che diplomatici. La parola era un'arma che raramente veniva chiesta di utilizzare ai militari impegnati al fronte, eppure l'unica in cui Christian non aveva mai perso fiducia, l'unica che avrebbe potuto avere insito in sé un potenziale benefico, se sfruttato nel modo giusto. Chissà però se si sarebbe astenuto dallo sparare se avesse incrociato islamisti che si trovavano ai ranghi superiori della jihad e si dilettavano a dirigere operazioni di morte, erano conosciuti pertanto dalle autorità per gli efferati crimini commessi.
La stoffa delle sue divise aveva battuto gli ultimi rintocchi e non gli restava che indossare la divisa blu con cui i SEALs erano soliti identificarsi nel Coronado per le loro esercitazioni quotidiane. Aveva indossato abiti puliti che comunque non cancellavano ciò che aveva trascorso negli ultimi giorni, i segni erano marchiati a fuoco sulla pelle. Il pensiero era interamente dedicato al generale Flores e al suo stato di salute. Non aveva alcuna intenzione di violare la busta che il comandante aveva destinato a lui, la conservava in tasca con la speranza che l'occasione di aprirla non si presentasse mai, era categorico che lui non potesse morire.
Tra le mura dell'ambasciata non si sentiva affatto al sicuro, ogni lieve vibrazione del terreno metteva in allarme, specie lui che era ancora fortemente scosso dalle esperienze vissute ancora nitide nella sua mente. Gli ultimi ricordi legati al consolato risalivano a nove anni prima e non erano piacevoli: era appena sopravvissuto ad un attentato e tutti raccontavano che era stato lui a scongiurarlo, ma non riusciva a realizzarlo - ora come allora. Ricordava di essere finito sulla prima pagina delle maggiori testate giornalistiche del Paese, eppure non era un evento che riportava alla memoria con letizia, tant'è che Alisia non aveva mai conosciuto l'esistenza di quell'episodio, la piccola di casa Richardson era all'oscuro di qualunque dettaglio che riguardasse la guerra e al contempo il padre in situazioni rischiose.
Non ricordava di essere stato un eroe, erano vivide le ferite dei suoi compagni, ma sul campo non era rimasto alcun caduto, di quello era sicuro. Rimembrava con rammarico il dispiacere che aveva dilaniato il cuore di Katherine quando l'ambasciata le aveva annunciato la sparizione del marito e che le possibilità di ritrovare anche solo il suo corpo si riducevano al minimo. Non riusciva nemmeno ad immaginare cosa avesse potuto provare la futura madre di sua figlia in quei momenti in cui il fiato era sospeso per lui e il loro futuro non era mai stato più incerto. Erano sposati da pochi mesi e forse aveva sbagliato ad accettare una missione, era stato incosciente, a distanza di tempo lo avrebbe ammesso, anche se si ostinava a commettere i medesimi errori nonostante fosse diventato padre pochi anni dopo il terribile attentato che era riuscito a scongiurare. Era stato solo fortunato,  si ripeteva, aveva avuto il privilegio di ricevere un raro dono da parte della buonasorte.
Tutti lo salutavano tra le mura del consolato, era una vecchia e piacevole conoscenza, in fondo. Lui si sforzava di essere cordiale, benché fosse sommerso da pensieri che impedivano il normale flusso dei convenevoli rivolti alle persone che incrociavano il suo cammino. 
Accanto al comandante Richardson, Gwendoline non si poneva le medesime questioni, lei era ammaliata come una bambina che si dondolava per la prima volta sull'altalena. Anche lei avvertiva scosse lontane provenienti da qualche campo di battaglia improvvisato tra le steppe dell'Afghanistan, ma non se ne curava, l'ambasciata aveva attirato la sua piena attenzione. Era quello il loro unico contatto con l'America, non si era sentita così a casa come in quegli istanti da quando era partita per il fronte, da quando aveva perduto per sempre una parte di Alexander in quelle terre ancora profondamente ignote per la sua magra esperienza.
Nonostante la stampella il passo del soldato Ward era più lungo e meno demoralizzato rispetto a quello del superiore. Gwendoline era diventata per Christian la sua unica certezza nelle ultime ore, aveva espressamente chiesto che lei lo affiancasse durante la visita al consolato; era un'importante fonte di supporto, il seal non era certo che lei lo sapesse, anche se lo sospettava. Quando raggiunsero l'ascensore, trovarono le porte aperte e la ragazza lasciò il passaggio al tenente, ma ebbe un tempismo talmente pessimo che solo la prontezza della recluta con l'aiuto della stampella riuscì ad evitare che le porte si richiudessero rischiando che il seal si ferisse al volto.
«Capitano. Faccia attenzione. È preoccupato?»
Christian navigava in pensieri non propriamente felici e non si sforzò di celarlo alla sua più fedele compagna sul campo bellico.
«E chi non lo sarebbe in guerra?»
Gwendoline stimava il superiore proprio perché non si atteggiava mai come un infallibile eroe, soffriva come ognuno di loro e non temeva di mostrarsi fragile davanti ai sottoposti. La faceva sentire meno sbagliata ogni volta che cedeva, era in quel modo sicura di non essere l'unica a provare debolezze se persino un veterano e sopravvissuto veniva pervaso da momenti di sconforto. 
Entrati in ascensore, la tensione di Christian non accennò a placarsi, tanto che indugiò sul tastierino dei piani ed infine dovette provvedere Gwendoline in pensiero per le condizioni del suo superiore. Le era grato per essere giunta in suo soccorso, sul volto del seal si dipinse un sorriso spossato.
«Signore, forse ha necessità di rip...»
L'ascensore intraprese la discesa e giunto a destinazione si spalancò con un boato che squarciò il tentativo di dialogo della ragazza; il tragitto dal piano terra al piano inferiore fu breve e non concesse loro nemmeno una parola in più di confidenza. 
Lo pseudo laboratorio di scientifica che il consolato aveva allestito si trovava a pochi passi da Christian e Gwendoline, era solo necessario attraversare una piccola porzione di oscurità per raggiungere il comodo ingresso. I due militari stavano per varcare senza indugi la sezione dell'ambasciata che si occupava di balistica. Il luogo era costellato dai più svariati macchinari utili all'identificazione delle armi alleate e nemiche. I visitatori vennero accolti da una voce che fu familiare soltanto al seal, di contro la ragazza ebbe un sussulto impreparata alla comparsa di una presenza sconosciuta.
«Credevo fossi felice insieme a tua moglie, così mi hai sempre detto. Chi è la fanciulla che ti accompagna?»
Nel tono dell'uomo vi era un velo di ironia che Gwendoline non colse, anzi le allusioni poco pudiche le donarono un colorito rossastro. Le venne spontaneo voltarsi verso il superiore per accertarsi che ci fossero le dovute distanze fisiche tra loro, aveva il timore di aver dato per errore l'impressione sbagliata scivolando involontariamente in un atteggiamento irrispettoso.
«No, noi non...»
Christian incrociò le braccia al petto assumendo una posa rilassata. Rivolse un mezzo sorriso alla giovane al suo fianco e le fece cenno di non prenderlo sul serio, non valeva mai la pena assecondare le sue battute pungenti e provocatorie. Il seal non ebbe difficoltà a riconoscere il suo tono scanzonato e audace, fu automatico un tuffo nel passato dal sapore tutt'altro che sgradevole; i momenti trascorsi in sua compagnia erano stati una luce nel buio del conflitto. Lo sguardo del tenente iniziò a vagare tra le mura del laboratorio alla ricerca impaziente della chioma dorata dell'amico e compagno delle missioni più ardue affrontate in passato sul suolo afghano.
«Hai sempre voglia di scherzare, vero Elijah? Ti farà piacere sapere che io e Katherine siamo diventati genitori sei anni fa»
«E me lo dici così? Non mi hai mandato nemmeno uno straccio di lettera o di messaggio per annunciarmelo. Congratulazioni, papà!»
L'uomo comparve oltre un ripiano con un grande sorriso senza l'ombra del minimo rancore. Elijah era intento a spingere le ampie ruote di una sedia a rotelle provocando la reazione sconcertata di Christian; per qualche secondo quest'ultimo avvertì il respiro venir meno nei polmoni. Il seal scorse un'impeccabile divisa pluridecorata sul petto e un camice candido sbottonato che la sovrastava rivelando il nuovo ruolo del soldato tra le file dell'esercito americano. Amareggiato il tenente Richardson comprese per quale ragione un valoroso ed esperto militare non si trovasse sulla striscia d'azione, ma fosse stato retrocesso ad una posizione d'ufficio, pur con le opportune onorificenze. Avevano impiegato Elijah nell'unico modo in cui non avrebbero potuto intaccare la sua autostima e il suo umore; era sempre stato un grande intenditore di armi, era abile nel tiro al bersaglio, tra i migliori che il capitano avesse mai conosciuto. Si sarebbe reso utile alla patria in un modo differente, ma non per questo meno indispensabile; la prova era il fatto che Christian dovette ricorrere alle conoscenze di uno specialista come lui.
L'umorismo che Elijah aveva acceso nello sguardo dell'amico era lentamente affievolito, non si sarebbe aspettato di incontrarlo in quelle condizioni dopo nove anni: metà gamba sinistra era stata amputata sotto la rotula rendendolo a tutti gli effetti un mutilato di guerra ancora in pieno servizio, anche se meno attivo rispetto al passato.
«Quando mi hanno comunicato che un certo comandante Richardson era alla ricerca di un consulto scientifico non potevo crederci. Cosa fai ancora in Afghanistan dopo quello che è successo? Pensavo non ci saremmo più rivisti al fronte»
Il loro rapporto era fermo a nove anni prima, ma l'uomo predilesse un passato meno remoto per rivolgersi a lui come se nulla fosse cambiato tra loro. Elijah riusciva sempre a portare una ventata di ottimismo, il suo sguardo era rimasto limpido e spensierato, le situazioni estreme non lo avevano mai spaventato, come era evidente non lo avesse fatto la sua condizione di invalidità. Il tempo trascorso non aveva scalfito i lineamenti morbidi, ma aveva sicuramente infranto i suoi sogni di giovane recluta, animati da intime speranze.
«Christian. Saluti così un vecchio amico? O forse ora dovrei essere più formale, dopotutto sei diventato un mio superiore, io sono un semplice sottotenente»
Elijah allargò le braccia in segno della più calorosa accoglienza, ma il comandante non riuscì a smuovere l'attenzione da ciò che gli mancava perdendo di vista tutto ciò che il tempo aveva preservato: un uomo solare che non aveva trovato soltanto la strada per sopravvivere, ma anche quella per continuare a vivere. Al tenente Richardson non importarono i gradi, in altre circostanze avrebbe scambiato con lui un abbraccio fraterno, la confidenza tra loro non era affatto mutata. A nulla servirono i richiami di Elijah per dimostrare al seal quanto ormai avesse conquistato uno stato di serenità e di rassegnazione; gli dispiacque che quell'incontro così inaspettato si focalizzasse su una sua mancanza che con il passare degli anni era diventata un nuovo stile di vita, a cui lui non faceva nemmeno più caso, ma poteva comprendere anche la reazione di Christian che non lo vedeva da diverso tempo.
«La tua gamba»
«La mia…? Ah, la gamba! Non ricordo più cosa voglia dire averla. Io invece ti trovo tutto intero e questa è una splendida notizia. A proposito di notizie, non mi hai nemmeno  detto se vostro figlio è un maschio o una femmina, né come si chiama. Conoscendoti presumo tu non abbia cercato ad ogni costo l'erede»
Elijah sapeva già la risposta. Christian non desiderava affrontare argomenti di circostanza dopo ciò che aveva scoperto sull'amico; voleva solo approfondire se lui fosse stato complice di quel destino avverso, per parlare del resto avrebbero cercato un altro momento più sereno.
«È stata colpa mia?»
«Come?»
«Sei rimasto ferito per causa mia, vero?»
Elijah non riuscì più a deviare l'argomento che il tenente sembrava impaziente di affrontare, così accettò il confronto cercando di trasmettergli tutta la comprensione  che aveva sempre provato nei suoi confronti. Era bizzarro, secondo l'ordine naturale il diretto interessato avrebbe dovuto esigere una spiegazione, qualunque logica che desse ragione al suo stato, invece Elijah non voleva niente, non aveva bisogno di niente, soprattutto da colui che, evidentemente senza rendersene conto, gli aveva donato una nuova possibilità per sopravvivere a morte certa così come i talebani avevano deciso.
«Nove anni fa ci hai protetti, sarebbe potuta andare peggio. Non angustiarti, nel corso del tempo ho avuto qualche complicazione che tu in quei momenti non avresti potuto prevedere in alcun modo»
«Elijah, ti prego, se ho distrutto la vita ad un compagno voglio saperlo»
«Christian, ciò che devi sapere è che hai salvato la vita a tutti, a te compreso. Possibile non ti basti? Non è una consolazione per te? Io sto bene, ho imparato a conviverci»
Gwendoline non riuscì a distogliere l'attenzione dallo sconforto del superiore. Da quando Flores era rimasto ferito non faceva altro che scorgere l'umanità più profonda e intima del tenente. Era meno somigliante all'eroe che tutti dipingevano - media compresi - e ciò non poteva essere considerata per forza una rivelazione negativa. Ogni cosa in quel frangente commosse la recluta e per la reazione il suo buon capitano avrebbe additato l'emotività femminile, poteva senza dubbio essere la principale responsabile, non sarebbe stata lei a negarlo. Il soldato Ward non poté evitare di rivedere Alexander nell'uomo che aveva appena conosciuto; la mente avrebbe preferito che il giovane di cui era innamorata ritornasse ferito nel corpo più che nell'anima, il cuore invece le ricordava che il soldato Campbell sarebbe potuto andare incontro ad una sorte ben peggiore e perenne. Ammirava la tempra dello sfortunato compagno del tenente, per Gwendoline la preparazione militare non sarebbe bastata a sopportare una vita di limitazioni. 
Christian non riusciva a ricordare quale errore potesse aver commesso ai danni dei suoi compagni, ma in ogni caso non lo avrebbe più dimenticato. In quei concitati momenti aveva riposto la massima attenzione ad evitare che l'attentato potesse essere portato a termine, ma a quanto sembrava aveva compreso tardi il pericolo a cui stavano andando incontro. Erano tutti salvi e non aveva capito che potessero esserci stati feriti gravi; si era lasciato pervadere dal sollievo quando aveva scorto che tutti respiravano. Ricordava di aver riportato lui per primo qualche escoriazione e contava che anche la gravità delle ferite dei suoi compagni fosse lieve. Era stato ingenuo e superficiale.
«Ha avuto coraggio tua moglie a creare una famiglia con un Navy Seal, visto che prendi spesso il volo. La signora Richardson ha tutta la mia stima, dovrai farmela conoscere un giorno»
«La stimo molto anch'io»
Fu l'unico rimprovero mosso da Elijah nei confronti dell'amico; aveva tutte le intenzioni di provocargli un sorriso, invece non riuscì, con il pensiero di Katherine ottenne solo di ammorbidire i suoi lineamenti contratti dall'appresione. L'uomo avrebbe proseguito la conversazione sul tenore spensierato che era riuscito a ristabilire, se non si fosse lasciato distrarre dalla ragazza accanto a Christian. 
«Tu mi ricordi...»
«È  Gwendoline Ward, la figlia del sergente Barclay Ward»
«Ma guarda, aveva una valorosa figlia e non ci ha mai detto nulla»
Per fortuna della giovane recluta, Elijah non pose ulteriori domande sulle sorti del padre, non riusciva ad annegare nei ricordi così frequentemente. L'uomo trattenne qualsiasi quesito, preferì rivivere silenziosamente i piacevoli ricordi che erano sorti all'udire il nome dell'ufficiale.
«Come posso esservi utile, Chris?»
Elijah condusse la sua sedia a rotelle accanto ad uno dei monitor che l'ambasciata gli aveva affidato, sicuro che gli sarebbe servito da lì breve. Attese indicazioni da parte dell'amico, la sua non era una visita di cortesia.
«Puoi avvicinarti, se vuoi, non mordo»
Christian seguì l'invito e colse l'occasione per porgergli il proiettile recuperato dai medici nel corso dell'operazione, dopodiché si mise comodo appoggiando i palmi sulla scrivania e restando così accanto allo storico compagno. 
«È un M40»
«L'avevo intuito. Riesci anche a capire a chi appartiene l'arma che ha sparato?»
«Posso scoprire se qualche connazionale ne ha denunciato la sparizione. È morto qualcuno?»
Il tenente fissò con interesse le operazioni effettuate da Elijah sull'elaboratore di dati, erano rapide e mirate, tant'è che l'amico riuscì ad identificare l'oggetto con estrema facilità. 
«È rimasto gravemente ferito il generale Mark Flores, è il comandante della nostra unità»
Fu sufficiente il nome per sconvolgere Elijah. Le dita si fossilizzarono sulla tastiera e gli occhi agganciarono avidi quelli del compagno.
«Hai detto Mark Flores?»
«Lo conosci?»
«È un veterano della guerra in Vietnam»
Riprese la ricerca sul monitor recuperando un foglio e una biro che si trovavano alla sua destra per evenienze come quelle.
«Gira voce che non abbia trascorso momenti felici dopo gli eccidi commessi nel sud-est asiatico»
Christian lanciò uno sguardo complice in direzione di Gwendoline. I due non seppero più cosa pensare sul conto del generale; era spesso burbero, il seal in parte poteva immaginare il motivo emerso dalle confidenze del colonnello Keller, ma non era in grado di ritenerlo complice dello sterminio di civili disarmati. 
Dio non voglia.
«È stato accusato per aver commesso crimini di guerra?»
«Si dice avesse chiesto il congedo pur di non perpetuare simili brutalità, lo avrebbero accusato di diserzione se non avessero ordinato il rientro delle truppe americane e alleate. Ha la fama di essere un comandante intransigente. Prima che mi parlassi del suo ferimento non ero nemmeno certo fosse fatto di carne e ossa. Ti ha preso in simpatia?»
«Non esattamente,  anche se credo sia maturato reciproco rispetto tra noi»
Christian non avrebbe potuto immaginare che alle spalle di una personalità così austera nascondesse una storia così travagliata caratterizzata da sangue e perdite, men che meno avrebbe potuto ipotizzare che le mani insanguinate fossero sue ai danni di innocenti. Provò una morsa all'altezza del petto, non riuscì a realizzare da chi avesse ricevuto ordini fino a quel momento, ma fu più semplice comprendere la sua mancata empatia nei confronti del prossimo, dell'insensibilità che ostentava aveva avuto prova sulla pelle. 
«Ecco il tuo uomo, o meglio donna»
Il tenente sbatté più volte le palpebre per tornare con la mente tra le mura del laboratorio di balistica e mettere a fuoco le scritte sul foglietto che l'amico gli stava presentando. La sorpresa più pura attraversò lo sguardo del seal, un nome e un cognome - Beatriz Reyes - ebbero il potere di farlo sussultare per lo stupore.
«Ci deve essere un errore. Lei non può essere in Afghanistan»
«Nessuno sbaglio, capitano, è la persona che stavi cercando»
 

◦•●◉✿✿◉●•◦

 

Richardson risalì le rampe di scale fisicamente in solitudine, ma in compagnia di certezze vacillanti e un malessere che non era in grado di decifrare; Gwendoline aveva ragione, necessitava di riposo, di dimenticare per qualche ora dove si trovasse e le questioni che lo circondavano. Non era ancora giunto il momento però, innanzitutto aveva bisogno di riflettere, così lasciò che la recluta si servisse dell'ascensore, anche se era convinto di non essere riuscito a tranquillizzarla sul suo apparente stato di quiete. Alla collega avrebbe spiegato più tardi le sue ragioni, lui doveva riordinare i pensieri prima di comunicarli a terzi, anche se probabilmente sul conto del generale Flores erano in parte condivisi da Gwendoline. Al tenente venne a mancare la tenacia che gli avevano insegnato nel corso dei suoi vent'anni di servizio, era stordito dalle ultime novità di cui era venuto a conoscenza e non sapeva come riprendere il controllo della situazione, ricomporre almeno i pezzi su cui si fondava la sicurezza che lo rendeva stabile su un terreno scosceso come quello di una guerra priva di regole.
Non aveva ancora superato l'ultimo gradino della lunga scalinata che si estendeva verso i piani più alti, inavvertitamente il suo sguardo si posò su un paio di occhi nocciola familiari e attraenti. Non pensava di incrociare così presto il suo cammino, aveva appena scoperto che si trovava nella capitale, non era pronto per un loro incontro dopo anni di silenzio. 
La donna ricambiò con intensità. Il tempo non l'aveva sfiorita, l'accademia aveva reso tonico il suo fisico senza tuttavia perdere morbidezza e leggiadria. A Christian parve che non fosse passato nemmeno un giorno dal loro ultimo saluto sulla terrazza fatiscente della caserma, specchio dei mesi che avevano condiviso tra quelle quattro mura.
«B-Beatriz. Cosa fai a Kabul?»
Era molto più abile di lui a reggere il confronto, aveva imparato a farlo in un ambiente formato prettamente da uomini non sempre disposti a cedere parte del loro orgoglio, ma non aveva mai saputo difendersi dagli impenetrabili occhi celesti del compagno, li aveva spesso rimpianti - forse a ben vedere al pari di una sciocca. Avrebbe voluto sorridere in nome degli indimenticabili ricordi che le aveva donato durante il loro periodo di leva, ma la fede che brillava sul petto di Christian le suggerì quanto fosse inopportuno riportare alla mente le loro prime esperienze in campo sentimentale. A Beatriz fu necessario mordersi il labbro inferiore per non esternare considerazioni inappropriate davanti ad un uomo inaspettatamente sposato. L'avevano preparata sulla sua presenza, lo stava cercando per necessità e non sapeva cosa aspettarsi dal loro incontro. Era stata risucchiata in un vortice di sensazioni e l'accenno di un sorriso le parve la soluzione migliore per riconquistare il controllo della sua sfera emotiva.
«Potrei porgerti la stessa domanda, capitano Richardson. L'ultima notizia che ho sul tuo conto risale a nove anni fa. Ti dipingevano come un eroe. Ti ho lasciato recluta e ti ritrovo comandante. È bizzarra la vita, sai, non ti vedo da vent'anni, eppure ora siamo entrambi qui»
«Non ho mai sostenuto, in realtà, di essere un eroe. Non mi sono mai sentito tale. Avrei preferito rivederti in circostanze più tranquille»
Tra la silenziosa e celata commozione che Beatriz stava sfogando vi era sconfinato orgoglio nei confronti dell'uomo che in giovane età aveva scaldato più di una sua notte, ma forse non le era più lecito essere fiera di lui, non spettava a lei. Fu lieta di scoprire quanto fosse rimasta inviolata l'ingenuità di Christian, benché non fosse più una recluta inesperta. Non era cambiato proprio tutto, anche se non era sicura che non aspettasse altro che incontrarla.
«Sei troppo modesto, giornali e testimoni affermano altro. Un giorno dovrai raccontarmi la tua impresa»
Riuscì ad intimidirlo come forse non era più riuscita a fare dai loro primi incontri amorosi in accademia. Christian si limitò a schiarire la gola, le lusinghe erano fuori dalla sua portata e lei vedendolo così in difficoltà decise di cambiare argomento; la deliziava il colorito roseo della sua vecchia fiamma, ma in quel contesto era decisamente fuori luogo.
«Ero passata a denunciare la sottrazione della mia arma e hanno colto l'occasione per affidarmi il comando dell'unità del generale Flores, almeno finché non tornerà in forma. Se non ho capito male tu fai parte di quell'unità. Dovrai scortarmi fino alla base o a quel che ne è rimasto»
Era contenta di constatare che lui stesse bene, le avevano descritto un attacco spietato da parte dei talebani che aveva contato più di un militare deceduto.
Il tenente era appena scampato ad un assedio, aveva accompagnato il suo diretto superiore dalla morale discutibile fino alla soglia della sala operatoria e aveva riconosciuto i volti dei compagni che avevano spirato da pochi giorni il loro ultimo alito di vita. Il tempo all'improvviso stava girando troppo velocemente al fronte. Il tenente superò malamente l'ultimo gradino rimasto; dovette reggersi alla ringhiera, un capogiro lo prese impreparato, ma non il tocco leggero sulla spalla del comandante Reyes.
«Christian! Tutto bene?»
«Sono solo stanco e la stanchezza non mi aiuta a superare le avversità. Spero mi assista la fortuna o il cielo, mi è sufficiente che si mettano d'accordo. È stata la tua arma a sparare a Flores. Chiunque te l'abbia sottratta aveva un omicidio in mente»
Beatriz era a pochi centimetri da lui, il tocco della donna lo aiutava a non cedere alla debolezza, ma fu costretto ad abbassare lo sguardo per non incrociare il suo; lei non si accorse di quanto fosse promiscua a lui spinta dall'appressione, ma ciò lo mise in soggezione. Un nuovo peso sul petto gli aveva mozzato il respiro, era il rischio che si correva a trascurare la salute, ma non trovava tempo e pensieri nemmeno per preservare la sua incolumità. Le notizie del tenente passarono per lei in secondo piano.
«Christian. Stai sanguinando»
Una macchia scarlatta si era espansa all'altezza della spalla. Il fluire del sangue sembrava essere cessato, ma non era il caso di trascurarlo, era ciò che l'espressione tesa di Beatriz cercava di comunicargli.
«È una vecchia ferita, dovrà aspettare. Spero tu sia già al corrente della missione,  non abbiamo più molto tempo»
Non le diede modo di rispondergli, si diede una spinta sul corrimano dedicandole solo un ultimo fugace sguardo e sciolse bruscamente il loro contatto. Lo riconosceva, ma aveva il timore che subentrasse in lui l'incoscienza e lei conosceva bene anche quel suo pericoloso lato; sperava solo che la maturità degli anni l'avesse affievolito.


Base militare americana (o quel che ne rimane) – confine Nord/Est di Kabul, 16 settembre 2018

 

Christian scortò Beatriz nell'esatto punto in cui sorgeva la base. 
Vi era desolazione. 
Le mura portanti erano ancora erette, ma la vita si era del tutto spenta. Le rovine frutto di granate e mitragliatrici abbandonarono il tenente allo sconforto. In un mese di permanenza al fronte aveva iniziato a maturare un legame affettivo con i commilitoni con cui era costretto a condividere tempo e spazio. La nuda terra era macchiata con il sangue dei suoi compagni; in quello scenario di morte non vi era più nemmeno l'ombra dei momenti più spensierati condivisi con loro, erano minimi, ma erano il carburante che manteneva fresco il loro animo. 
Christian smosse le macerie più piccole. Ritrovò qualche effetto personale dei commilitoni; non ricordava a chi appartenessero, ma sperò che il legittimo proprietario fosse ancora in vita per poterglieli consegnare. Accostò il palmo impolverato alle palpebre in un gesto di raccoglimento per la carneficina consumata tra le mura del luogo che per loro sarebbe dovuto essere il più sicuro. 
Lungo il tragitto Beatriz non gli aveva rivolto una singola parola, si era solo premurata di guidare fin alla base seguendo le indicazioni di Christian. L'ambiente che stava esplorando non sfiorò la sua emotività, complice il fatto di non essere stata parte di quell'armata; non si premurò di rivolgere un gesto di conforto per il lutto del compagno, la tristezza di Christian non era tra le sue priorità. Il comandante Reyes cercava indizi, informazioni utili, armi e la prova che quella base fosse ancora agibile e strategica per portare a termine le loro missioni. Esplorava insieme al tenente le quattro ali dell'edificio ormai divenuto pericolante a causa del fuoco nemico, ma i due militari vagavano per quel luogo spettrale animati da uno spirito diverso. Nel silenzio tombale Beatriz lo sorprese con un pensiero che sembrava essere riservato più a sé che a lui.
«Dobbiamo cambiare centro operativo»
«Non credo che il generale sarebbe d'accordo»
«Sono io al comando dell'unità, ora»
Avevano opinioni diverse a riguardo, ma soprattutto Christian aveva deciso di lasciarsi guidare dal cuore, nonostante le evidenze dessero ormai per persa la loro base. 
Beatriz era sfuggente mentre faceva valere la sua autorità su di lui. Non aveva alcun problema a prendere ordini da lei, si fidava della sua competenza e della sua coscienza, ma da quando erano giunti sul luogo dell'assalto era diventata impenetrabile senza una ragione apparente. Christian la bloccò afferrandole il polso mentre lui si trovava ancora in ginocchio, intento a valutare i danni e speranzoso sul fatto che si potessero rimediare.
«Ferma. Non riesco a lavorare se c'è astio tra noi. Mi porti rancore per qualche motivo?»
Beatriz tentò di liberarsi con un gesto stizzoso, era un contatto non desiderato, ma lui aumentò la pressione e si alzò quasi sovrastandola con il suo fisico slanciato. L'aveva irritata esplicitando un semplice pensiero oppure il livore era più radicato; si convinse che la seconda ipotesi fosse purtroppo più plausibile. 
«Sei cambiata»
«Scusa, ma non ho più l'entusiasmo dei nostri vent'anni in accademia, la guerra mi lascia piuttosto indifferente, non c'è alcuna novità nella morte giornaliera di compagni che saremmo potuti essere noi. E poi mi risulta sia cambiato molto da allora, non solo per ciò che mi riguarda»
La voce di Beatriz divenne un sussurro nel tentativo di rendere la constatazione una confidenza personale. Benché in guerra fossero soli nella maggior parte dei casi e potessero contare solo sui compagni, non lo si era mai davvero nel bene e nel male. Lo sguardo della donna ricadde sul petto del tenente macchiato di sangue, ma anche ornato dalla fede nuziale portata con una tale disinvoltura da far credere a Beatriz che il suo matrimonio fosse consolidato da anni. 
«Non mi hai più cercata uscito dall'accademia, c'era già tua moglie ad aspettarti?»
«No. Non volevo ...»
Anche lo sguardo del capitano fu attraversato da uno scintillio, un gioco di luci creato dal sole alto nella volta celeste, probabilmente lo stesso effetto che aveva rispecchiato la lucentezza della vera negli occhi di Beatriz. Christian si distrasse dalla loro conversazione, sciolse la presa su di lei e le porse distratto una carezza di scuse sul braccio per poi superarla. Il tenente si concentrò sul lato opposto della stanza in cui si trovavano; era il salone nel quale il comandante dialogava con i suoi uomini e comunicava le sue decisioni, non sempre in modo democratico. Il tavolo, sul quale era posizionata una cartina del luogo che li circondava per non perdere mai le coordinate anche nei casi più rischiosi, era stato scaraventato al suolo con irruenza. 
«Cosa? Relazioni serie?»
L'uomo non la stava già più ascoltando, la sua attenzione era stata catturata da una questione più urgente. Era uscito dall'edificio per avviarsi verso un altro stabile a pochi metri dalla base quasi rasa al suolo. Beatriz lo seguì senza porre a lui ulteriori domande. Fecero un paio di rampe di scale fino a giungere al piano su cui si affacciava la finestra che Christian aveva scorto da lontano e contro cui il riverbero del sole aveva rivelato cocci di vetro rotti e appuntiti. Beatriz avanzò per esplorare la stanza in cui erano giunti e riconobbe al suolo il suo fucile da precisione; si inginocchiò e lo raccolse come se con esso avesse instaurato un legame affettivo, notò che era scarico - scoprendo il motivo principale per cui avevano deciso di disfarsene - e difficilmente avrebbero scoperto a chi fossero stati destinati gli altri proiettili,  intristiva il solo pensiero. Sulla canna fredda vi erano residui di polvere da sparo che rimasero sui polpastrelli del comandante Reyes. Christian si avvicinò alla finestra con le ante semidistrutte e capì che da quel punto avrebbero potuto ferire Flores; la traiettoria coincideva con il punto nel quale aveva soccorso il generale.
«Non può essere stato un ragazzino, ci vuole esperienza per prendere la mira da una tale distanza, anche se per fortuna non sembra avere una mira perfetta, non ha puntato agli organi vitali. Temo che la milizia che tiene in ostaggio l'ospedale sia coinvolta, il generale deve avere pestato loro i piedi»
Un pensiero fu rivolto ai numerosi bambini-soldati che, volenti o nolenti, erano costretti a macchiarsi di crimini pur di avere salva la propria vita e quella di persone a loro care. Pensò al giovane che lo aveva ferito, alla sua terribile storia. Non sapeva dove si trovasse Rashid, era sicuro di averlo affidato a mani amiche e sperò fosse già molto lontano da ogni tipo di violenza. La compagna rispose con prontezza ai dubbi di Christian e cercò una soluzione tattica.
«Raduniamo gli uomini di Flores che sono sopravvissuti, dobbiamo entrare in quel nosocomio ad ogni costo»
L'uomo si limitò ad annuire favorevole. Beatriz recuperò l'M40 e si diresse verso le scale per entrare in azione il prima possibile. Stavolta fu il turno del tenente seguirla senza porre domande. L'assenza del superiore non lo spaventava se era lei a guidarlo, anzi era pronto a suggerirle strategie e a collaborare con una vecchia conoscenza di cui si fidava.
 


Ciao, cari lettori e care lettrici!

Pubblico questo capitolo sulla scia della gioia per il ritiro delle truppe americane dalla base di Bagram. Il mio sogno sarebbe quello di spostare questa storia nella sezione storica e relegare così la guerra in Afghanistan ad un tempo passato. Nutro la speranza che possa arrivare davvero quel giorno entro la fine dell'anno, ma dubito purtroppo possa estinguersi presto e definitivamente. 
Ho presentato tanti personaggi fin qui, mi auguro sia sempre chiaro il quadro generale della storia e di non fare confusione. Recupero tutti i personaggi nei prossimi, non lascio in sospeso la trama per nessuno. Sto cercando di trattare tanti temi, spero che la narrazione non risulti troppo lenta e noiosa. 
Grazie davvero di cuore per la costanza con cui mi seguite, scommetto sempre poco su ciò che scrivo e voi mi offrite un grandissimo supporto ♡
Spero a presto! 
Un grandissimo abbraccio
-Vale

   
 
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