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Autore: Monkey D Anjelika    09/07/2021    0 recensioni
Dal testo:
""Ho tutto sotto controllo, ho tutto sotto controllo, ho tutto sotto controllo".
Diventava sempre più forte e, a volte, dovevo tapparmi le orecchie per non sentire. Ascoltavo la musica con le cuffie a tutto volume ma era tutto inutile.
Quella voce veniva da dentro di me. Sembravo pazza, e forse lo ero.
Cercava di convincermi che andava tutto bene. Ma non era così e il mio corpo ne era la conferma.
Era da un po' che non mi guardavo allo specchio. Avevo paura della realtà, ultimamente le ero sfuggita e questo mi aveva rovinata."
Genere: Drammatico, Song-fic, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Ho tutto sotto controllo".
Quella frase riecheggiava nella mia mente in continuazione.
Nell'ultimo anno era la frase che dicevo spesso.
Era come un motto, il mio modo per ricordarmi che avevo un obiettivo e non dovevo mollare.
"Ho tutto sotto controllo, ho tutto sotto controllo".
Però, poi, con il tempo è diventato un tormento.
Non riuscivo a pensare ad altro, aveva contaminato la mia mente.
Era diventata come una preghiera ma al Diavolo.
Prima pensi che possa salvarti, ma poi scopri che ti porta alla dannazione, alla morte.
Era un incubo e io non riuscivo a svegliarmi.
"Ho tutto sotto controllo, ho tutto sotto controllo, ho tutto sotto controllo".
Diventava sempre più forte e, a volte, dovevo tapparmi le orecchie per non sentire.
Ascoltavo la musica con le cuffie a tutto volume ma era tutto inutile.
Quella voce veniva da dentro di me.
Sembravo pazza, e forse lo ero.
Cercava di convincermi che andava tutto bene.
Ma non era così e il mio corpo ne era la conferma.
Era da un po' che non mi guardavo allo specchio.
Avevo paura della realtà, ultimamente le ero sfuggita e questo mi aveva rovinata.
Non mi serviva uno specchio per sapere com'ero.
Lo percepivo.
Facevo fatica a stare in piedi, ero sempre stanca, nervosa e sentivo freddo.
Ero finita in un limbo e non trovavo più la via d'uscita.
Non sapevo come tornare in Paradiso e star bene.
Precipitavo sempre di più nell'abisso.
I brividi percorrevano il mio corpo fino a raggiungere l'anima.
La congelarono.
Sentivo così tanto dolore ma non riuscivo a piangere.
Le lacrime ghiacciavano dentro.
Provai ad urlare ma la voce non usciva.
Morta dentro.
Tutto di me era morto.
Ormai ero solo un parassita nella casa dei miei genitori.
Non potevo più fare nulla, respiravo a fatica finché un giorno smisi anche di vedere.
Il buio mi avvolse e la debolezza mi spinse a terra.
Forse era arrivata la fine o forse no....
Mi risvegliai dopo pochi giorni in un letto d'ospedale.
I miei occhi ripresero a vedere, anche se infastiditi dalla luce.
Grazie ai tubi riuscivo a respirare ma mi sentivo sempre stanca.
"Anoressia" aveva detto un medico.
E io già lo sapevo ma fingevo il contrario.
"Non sono anoressica. Ho tutto sotto controllo, fidatevi di me".
Bugie.
Nemmeno io mi fidavo più di me stessa.
Non ricordo nemmeno come tutto sia iniziato.
So solamente che cercavo di controllare qualcosa, di far funzionare la mia vita.
Ma avevo fallito.
Tutto era precipitato così in fretta che non me ne resi conto, oppure me ne ero accorto ma fingeva il contrario.
Il mio psicologo mi disse che, probabilmente, la causa fu il divorzio dei miei genitori.
La famiglia è l'unico equilibrio che si ha nella vita.
Si pensa che, a differenza di amore e amicizia, quella resti sempre unita, intera.
Ma la mia fece un'eccezione.
Quando seppi di questa loro decisione, qualcosa in me si ruppe.
Stavo perdendo la mia unica certezza.
E così nacque quel desiderio maniacale di avere qualcosa sotto controllo.
Che cosa meglio del cibo e delle calorie?!
Spettava a me decidere cosa mangiare e quanto farlo così iniziai a pesare ogni minima cosa.
Contavo calorie e macro.
Diminuivano sempre di più.
Ogni volta che qualcosa, nella mia vita, andava male, io rimediavo con il cibo.
Perdevo amicizie?!
Meno calorie, meno persone da abbracciare, meno calore da dare agli altri.
Perdevo il mio valore.
Cercate di capirmi, non giudicate.
Era un'adolescente e sappiamo tutti che non è un periodo facile.
Cambiamo noi e cambiano gli altri.
È sempre difficile accettare un cambiamento.
Si perde tutto insieme.
Persi la mia migliore amica.
Eravamo amiche dalle elementari.
Amavamo entrambe le barbie e i gli animali.
Era ciò che ci univa.
Ma poi crescemmo e non avevamo più legami.
Ma io questo l'ho capito dopo.
Quando lei se ne andò, mi sentii ancora più sola di prima.
Mamma non c'era, papà non c'era, lei non c'era, il cibo non c'era.
Avevo una voragine dentro e la riempii con le lacrime.
Meno amici, meno cibo.
Poi se ne andò anche il mio ragazzo.
Mi disse che tra noi non funzionava più.
Ero sempre più assente, triste e lui si sentiva trascurato, messo da parte.
Ma quella ero io o forse entrambi.
Forse eravamo entrambi soli, lui a causa mia e io a causa della mia famiglia e degli amici.
Non si può entrare nella solitudine altrui, dopo non sarebbe altro.
Io, dopo la rottura, precipitai sempre di più.
Avevo smesso di mangiare.
Anche quel poco che mangiavo, mi dava il vomito.
Che senso aveva allora ingerire?!
Mi stavo ammalando e lo si vedeva dal mio corpo.
Ero sempre più pallida, si potevano vedere le ossa, le occhiaie violacee e perdevo i miei capelli.
Non mi importava nulla di come apparivo.
Gli altri non mi vedevano più e a me andava bene così.
Volevo sparire come loro erano spariti dalla mia vita.
Ero chiusa in me stessa e nessuno aveva la chiave.
C'ero solo io e la voce, la mia voce.
"Ho tutto sotto controllo" mi ripetevo.
Avevo un obiettivo ed era sparire.
Sapevo come farlo. Sparire mi avrebbe aiutato a non sentire più dolore, a controllarlo.
Stavo morendo, potevo sentirlo.
Il freddo mi avvolgeva, il vuoto dentro aumentava e io diventavo sempre più magra.
Per me era tutto perfetto.
Stavo morendo ed era fantastico.
Nessuno può sapere come e quando morirà ma io lo sapevo.
Ero esaltata.
Ero riuscita a controllare la mia vita fino alla morte.
Ero felicissima.
Piangevo dolore ma ero felice.
Stavo morendo, stavo controllando tutto, stavo impazzendo e non lo capivo.
Per me era normale.
Il dolore era la felicità, l'anoressia la salute... avevo la mente deviata, contorta.
Ero al limite.
Mi trovavo appesa ad un filo e nessuno se ne accorse.
Tutti troppo presi da se stessi per notarlo.
Ma a chi interessa dei problemi altrui?!
Troppo impegnati su loro stessi ed era giusto così.
Io non avevo bisogno di nessuno.
Io non avevo problemi, io avevo tutto sotto controllo.
Avevo un mio equilibrio interiore.
Era un equilibrio malato, ma pur sempre un equilibrio.
Mai lo avrei rotto come avevano fatto gli altri.
Io ero perfetta, tutto era perfetto.
Il mio equilibrio interiore non si ruppe ma una sera persi quello esteriore e crollai sul pavimento priva di senso.
Mamma sentì un tonfo e quando mi vide in quello stato, si rese conto di quello che era successo, si rese conto di me.
Avevo fallito, ero tornata visibile per gli altri.
E io che volevo sparire fino all'osso, fino all'anima, fino all'essere invisibile.
Però non successe, l'unica cosa che sparì fu quel pensiero malsano ma non fu facile.
"Ho tutto sotto controllo, ho tutto sotto controllo, ho tutto sotto controllo".
Ci vollero mesi per far sparire questa frase.
Si era impossessata di me e solo la realtà poté esorcizzarla.
Un giorno vidi il mio riflesso allo specchio.
Un viso stanco e scavato, un incarnato pallido, occhi spenti e pelle che a fatica copriva le ossa.
Lì realizzai, qualcosa si ruppe in me, di nuovo.
Mi ero liberata dalle catene del mio equilibrio malato e capì che la giusta frase era "ho tutto fuori controllo".
Crollai nel terrore, nella paura della morte e mi pentii dei miei pensieri malsani.
Piansi, urlai e pregai di tornare in me.
Non fu facile.
Una battaglia ardua con un mostro che avevo dentro, un demone che mi aveva divorato.
Dovetti lottare tanto ed avere il supporto di molti esperti ma ce la feci.
Mi promisi che non avrei mai dato più questo potere al dolore.
Non potevo controllare tutto ma potevo evitare di cadere ancora.

 
   
 
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