Anime & Manga > Katekyo Hitman Reborn
Segui la storia  |       
Autore: Ghostclimber    11/07/2021    2 recensioni
Gokudera ha passato due mesi in Italia nel vano tentativo di dimenticare il Decimo.
Ora è di ritorno, e dovrà decidere se continuare a fingere o guardare in faccia la realtà.
5927
Genere: Demenziale, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hayato Gokudera, Tsunayoshi Sawada
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

And you're sitting there wishing you'd never been born,
with that self-inflicted crown of thorns.






“Ehi, sfigato, buon secondo mesiversario!” Gokudera sbuffò una mezza risata e si ficcò il telefono in tasca. Il fatto che Viola si fosse ricordata che quel giorno lui e Tsuna erano insieme da due mesi gli scaldava il cuore.

“La tua torta, Hayato.” disse il proprietario del konbini in cui Gokudera lavorava, porgendogli una scatola di cartone. Il ragazzo mise mano al portafoglio, ma l'uomo lo schiaffeggiò con i guanti da lavoro che stringeva nella mano libera: “Lascia stare, sciocco. Sono stato preoccupato per te per così tanto tempo che credo di essere persino più felice di te.” Gokudera arrossì.

“Ma... ma io...”

“Silenzio. E adesso muoviti, vai dal tuo bello.” come se considerasse chiuso il discorso, l'uomo gli voltò le spalle, estrasse il taglierino e si mise ad aprire con cautela uno scatolone di snack da disporre nell'espositore di cassa. Gokudera guardò la sua figura magra e muscolosa: cominciava a credere che qualcuno potesse davvero volergli bene.

Uscì dal negozio, reggendo con cautela la scatola con la torta, e pensò che era inutile rimpiangere di non aver avuto il signor Akagi come padre e Viola Bovino come sorella: se c'era una cosa che le prime avventure con la Decima Generazione Vongola gli avevano insegnato, era proprio che non era mai troppo tardi per ricominciare da capo.

 

Viola controllò di nuovo il calendario.

Poi l'orologio.

Poi di nuovo il calendario.

Poi ancora l'orologio.

Infine, controllò il test di gravidanza e mormorò un sommesso “Cazzo”.

Prese in mano il cellulare, lo sbloccò poi decise che non era ancora il caso di lanciare l'allarme: se il test si fosse rivelato un falso positivo, avrebbe solo ottenuto di far perdere dieci anni di vita ad Hayato. E di rovinargli quello che finora era l'unico momento di gioia nei suoi primi vent'anni di vita. Viola ebbe la fortissima tentazione di fare seppuku con il test di gravidanza, ma dubitava che fosse sufficientemente affilato.

L'unico modo per sapere come procedere, ora, era andare da un dottore. Non il medico di Famiglia dei Bovino: Viola non credeva neanche per sbaglio che avrebbe mantenuto il segreto professionale, e sapeva cosa succedeva alle ragazze che restavano incinte al di fuori del matrimonio. Invece, sarebbe andata in un consultorio qualsiasi, e se avesse avuto conferma si sarebbe lanciata sul primo treno per Roma: era certa che Dino le avrebbe offerto supporto e l'avrebbe messa in contatto con Hayato senza tirare in ballo l'idea di un matrimonio riparatore.

 

Due ore dopo, stava dando di matto nella sala d'aspetto del consultorio del paese vicino.

Per farsi fare gli esami seduta stante aveva dovuto insistere parecchio, almeno fin quando l'infermiera alla reception non aveva visto la sua carta d'identità, cavandole una sonorissima imprecazione: era riuscita a mantenersi in modalità stealth fino a lì, e neanche le era passato per l'anticamera del cervello che sui suoi documenti faceva bella mostra di sé il cognome “Bovino”.

Rimase seduta, trattenendo l'istinto di gemere e dondolarsi avanti e indietro, sperando ardentemente che quel consultorio non pagasse il pizzo alla Famiglia.

“Mai una gioia...” borbottò quando vide la sagoma di suo padre dietro alla porta.

“Viola.”

“Ehm... papà, ciao, che coincidenza!” tentò di scherzare Viola. Si domandò se sarebbe riuscita ad andare in bagno con la scusa di un improvviso attacco di cagarella e poi scappare dalla finestra, ma suo padre le ghermì un braccio.

“Ehm... papà, io veramente dovrei... mi scappa...”

“Vieni con me.”

“Io...” Enrico le rifilò la sberla del secolo con la mano libera, e Viola si zittì. Ogni ulteriore tentativo di sarcasmo avrebbe solo provocato altri schiaffoni, e lei davvero non era dell'umore per sopportarli. Avrebbe finito per piangere e acconsentire a qualunque idea di merda di suo padre, mentre ci teneva a rimanere lucida e razionale: Hayato era una bella persona, e Viola non aveva la minima intenzione di rovinargli la vita. Aveva già sentito parlare del Comitato Vongola, sapeva che erano anche meno progressisti della Chiesa Cattolica e non intendeva dover scegliere tra farsi sparare in testa e sposare Hayato: finora, gli unici che erano usciti apparentemente indenni da un'inchiesta erano Xanxus Vongola e Superbi Squalo, accusati di sodomia (sì, sodomia, evviva il Medioevo), e loro erano decisamente su un altro piano rispetto alla figlia minore del Boss di una Famiglia di imbecilli.

“Dottore.” salutò Enrico, poi scagliò di malagrazia Viola su una sedia scomodissima.

“Don Enrico. Baciamo le mani.”

“Qual è la situazione?”

“La signorina è inguaiata.”

“La signorina preferirebbe l'utilizzo di termini medici.” ribatté Viola. Enrico le rifilò un altro schiaffone. Il medico finse di non vedere nulla e si mise a sistemare degli attrezzi in una vaschetta. Indossava i guanti di lattice e Viola si sentì un brivido lungo la schiena.

“Ora, Don Enrico, dal momento che non vedo una fede al dito della signorina, potrei proporre un'interruzione di gra...”

“NO!” urlò Viola. Va bene, era nella merda fino al collo, ma non intendeva assolutamente abortire. Generato per puro caso, certo, ma quello era suo figlio.

Enrico tacque a lungo, poi disse: “Non sono d'accordo neanche io. Si tratta di una vita umana, dottore. È omicidio.” Viola trasecolò. Quello era l'uomo che non si faceva problemi a far uscire di casa in una bara un visitatore indesiderato, e ora si metteva a parlare di omicidio come se fosse una cosa del tutto inconcepibile.

“In realtà, la attuale legislazione del Paese sostiene che...”

“Tu sposerai Hayato Gokudera.” decretò Enrico.

“Meglio morta.”

“Ah, va bene per una scopata ma non per un matrimonio?”

“Lui ama un'altra persona!” protestò Viola.

“E tu fallo disamorare.”

“Certo, come no, poi se mi avanza tempo vedrò di convincere Osama Bin Laden a diventare pacifista.” ribatté Viola. Mentre cercava di restare in equilibrio dopo la terza sberla, si disse che avrebbe dovuto prevederlo.

“Lo sposerai. E non accetto storie. Parlerò con il Comitato Vongola e...” Viola si alzò di scatto, spinse via il medico e afferrò un bisturi. Se ne appoggiò la punta sul polso e ripeté: “Meglio morta.” e oh, quant'era forte la tentazione. Da morta non avrebbe più dovuto preoccuparsi degli scatti di rabbia di suo padre, delle sue idee retrograde e malate. Non avrebbe più dovuto soffrire per la mancanza di Dani... i suoi occhi si riempirono di lacrime, poi Enrico disse: “Non lo farai. Non hai le palle per farlo.” e Viola tagliò.

Un taglio netto, nitido, nessuna esitazione: si incise il braccio dai braccialetti della fortuna fino a metà strada verso l'incavo del gomito, e fu solo quando il sangue cominciò a fluire che si rese conto che così facendo avrebbe ucciso anche il bambino che portava in grembo.

Lasciò cadere il bisturi, due mani guantate le strinsero il braccio, poi Viola perse i sensi.

 

Si risvegliò in un letto soffice ma con delle lenzuola così ruvide che sembravano fatte di carta vetrata. Sollevò la testa e il mondo prese a ballare la macarena. Gemette.

“Cara, resta giù.” disse una dolce voce di donna. Viola cercò di metterla a fuoco. Assumendo che non fosse un pinguino parlante, ritenne di poter riconoscere una suora.

“Bambino?” chiese. Si sentiva stordita come non mai.

“Cosa... oh! Sei incinta?”

“Sì. O almeno, spero di esserlo ancora.” rispose Viola, un po' biascicando.

“Chiamo subito il medico, ti faremo un'ecografia. Ti ricordi il tuo nome?”

“Viola... Cavallone.”

“Bene, Viola. Sai dove sei?”

“Suppongo non in un bar sulla spiaggia.” la suora ridacchiò.

“Vedo che l'umore è buono.” commentò, poi si sedette su una seggiola di legno accanto al letto. Viola voltò la testa per guardarla, e la suora si presentò: “Sono suor Aloisia. Ti hanno lasciata davanti alla chiesa ieri sera, eri svenuta. Uno dei ragazzi che chiedono l'elemosina sul sagrato ti ha vista e ti ha portata da noi. Questo è un centro di accoglienza per ragazze in difficoltà.”

“E mi sa tanto che rientro nella categoria...” ammise Viola, le lacrime agli occhi.

“Ti abbiamo trovato una lettera addosso, è sul tuo comodino. Quando e se te la sentirai, potrai raccontarci cos'è successo.” Viola annuì, troppo stanca per parlare, e chiuse gli occhi.

Quando si risvegliò, suor Aloisia le stava dolcemente scuotendo una spalla. La donna le rivolse un sorriso confortante e disse: “Il dottore è arrivato.” Viola si sollevò a stento, e salutò con un cenno del capo il medico, un uomo alto e un po' sovrappeso che, al contrario di quello del consultorio, le dava l'idea di essere una brava persona.

“Suor Aloisia mi ha detto che dovresti essere incinta. Ti farò un'ecografia, sentirai un po' freddo quando ti metterò la crema sulla pancia.”

“Lo so, me ne hanno appena fatta una.” il medico parve perplesso: “E allora come mai...?”

“Perché non so cos'è successo dopo!” Viola scoppiò in lacrime e suor Aloisia corse da lei per stringerla tra le braccia. Il medico attese che si calmasse un pochino, poi sorrise di nuovo: “Di solito, un aborto causa un massiccio sanguinamento. Non fasciamoci la testa prima di essercela rotta, vuoi?” Viola annuì.

Il medico spinse la macchina per le ecografie di fianco al suo letto, le sparse un po' di crema sulla pancia (e come promesso quella roba era gelida), poi passò il visore sotto al suo ombelico, avanti e indietro, piano piano. Viola non riusciva a vedere lo schermo, vedeva solo il volto corrucciato e concentrato del dottore che lo scrutava, in cerca di una risposta.

Poi, il dottore sorrise e girò lo schermo verso di lei: “Eccolo qui. Questa specie di fagiolino, vedi?” glielo indicò sullo schermo e Viola si lasciò sfuggire un suono a metà tra un singhiozzo e una risata.

“Sinceramente non ci capisco un cavolo, dottore, ma mi fido di lei.” ammise. Suor Aloisia le accarezzò la testa, scostandole i capelli sudati dal viso, poi chiese a bassa voce: “C'è un modo per cui possiamo contattare il padre del bambino?” chiese. Viola ragionò rapidamente, poi rispose: “Non lo so. È... siamo entrambi in una situazione difficile.” suor Aloisia sembrò prendere per buona la sua spiegazione e Viola si ripromise di dirle tutto, prima o poi. Non sapeva se il segreto della confessione valesse anche con le suore, era un po' arrugginita in materia, ma istintivamente si fidava della donna. E se le avesse spiegato di essere una pentita della Mafia, nessuno avrebbe osato insistere: con i mafiosi, meno ci si parla e meglio si sta.

“Tra qualche ora serviremo la cena. Non è nulla di che, una minestra e un po' di formaggio, ma ti farebbe bene provare a mandare giù un boccone.”

“L'anoressia non è mai stata un problema, mangio come un toro.” rispose Viola. E per fortuna i Bovino tendono ad avere un metabolismo iperattivo.

Suor Aloisia si allontanò ridacchiando, evidentemente contenta che la nuova arrivata non fosse sull'orlo del suicidio; riflettendoci, Viola ricordò di essersi tagliata le vene, quindi probabilmente la donnina era davvero in ansia. Abbassò lo sguardo: il suo braccio sinistro era fasciato, e qualche gocciolina di sangue faceva capolino sulla garza candida.

Sospirò.

A quel punto, si disse, tanto valeva leggere quella dannata lettera. Presumeva che fosse il solito ritrito mucchio di cazzate che i Bovino rifilavano alle ragazze inguaiate, ma si sbagliava.

La firma in calce era quella di Reborn.

 

“Buongiorno, Viola.

Don Enrico mi ha messo al corrente della situazione in cui ti trovi. Mi addolora che tu e Gokudera siate stati così incauti da mettervi in un guaio del genere, e purtroppo le regole della Famiglia Vongola vietano che possa nascere un bambino fuori dal matrimonio.

Tuo padre mi ha informato del tuo categorico rifiuto a sposare Gokudera, ed è con cuore pesante che ho dunque acconsentito alla sua proposta di allontanarti permanentemente dalla Mafia.

Se proverai a contattare chiunque all'interno dell'Alleanza Vongola, sarai rintracciata e ti sarà portato via il bambino. Quanto alla tua sorte, credo tu sappia più che bene cosa succede a chi si oppone al Consiglio.

Su mia richiesta, sei stata portata presso un istituto di cura gestito dalle suore. Loro provvederanno a te fin quando non sarai in grado di sparire.

Tuttavia, la mia clemenza ha un limite: se tu dovessi tentare di contattare Gokudera, sarò io personalmente a occuparmi di te.

I miei migliori auguri.

Reborn”

 

“Figlio di puttana.” sbottò Viola con voce rotta, accartocciando la lettera.

“Tesoro?” chiamò suor Aloisia. Viola prese un bel respiro, tremante di lacrime, e confessò: “Sono la figlia di un Boss mafioso. Sono rimasta incinta per uno stupido incidente da ubriaca. Il padre del bambino è un ragazzo meraviglioso, e sono sicura che si prenderebbe cura di entrambi, ma qui c'è scritto che se mi faccio viva con lui non resterò viva molto a lungo.” suor Aloisia si portò una mano alla bocca, sconvolta.

“Credo...” proseguì Viola poi deglutì a fatica, “Credo che dovrò approfittare del vostro aiuto ancora per un po'.” suor Aloisia esitò, ancora sotto shock, e Viola sentì il cuore che le accelerava nel petto. Le era costato oro pronunciare quella frase, era sempre stata abituata a cavarsela da sola e le uniche due persone a cui aveva mai confessato le proprie debolezze erano state Danilo e Hayato. “Non fargli vedere che sudi”, era una frase trovata per caso in un libro tanto tempo prima e che Viola aveva adottato come stile di vita, non tanto perché si divertisse a cercare di cavarsi fuori da situazioni difficili solo con le proprie forze, quanto perché all'aiuto della sua Famiglia seguiva sempre una lunga dissertazione su come Viola non valesse proprio un soldo bucato, se non per quel prezioso bene (il suo utero) che avrebbe permesso alla Famiglia Bovino di continuare ad espandersi.

Nessuno l'aveva nemmeno consolata per la morte di Dani, anzi. Suo padre aveva commentato a mezza voce, mentre la riportava ai Giardini Bovino: “Adesso dovrò vedere cosa farmene di te. Ci avevamo messo così tanto tempo a lavorarci i Cavallone, proprio non potevi stare più attenta?” come se Viola avrebbe potuto trovare un modo per evitare a quel proiettile vagante di conficcarsi nel cuore del suo fidanzato. Come se avesse potuto salvarlo magicamente invece di lasciarlo morire nelle proprie braccia. Come se la morte di Dani fosse solo e soltanto colpa sua.

Viola si riscosse dai propri cupi pensieri al tocco delle mani ruvide della suora sulle spalle e alzò gli occhi su di lei. La donna aveva gli occhi lucidi e le sopracciglia aggrottate, ma si stava sforzando di rivolgerle un sorriso fiducioso: “Tutto il tempo di cui avrai bisogno, tesoro. Ti troveremo un lavoro e un posto dove tu e il tuo bambino potrete rifarvi una vita.” Viola scoppiò di nuovo in lacrime, sopraffatta dal sollievo.

 

Enrico si rigirò in mano il telefono di Viola.

Qualche ora prima, le era arrivato un SMS da quel Gokudera, che la informava che quella notte sarebbe rimasto a dormire a casa di Tsuna. Nel suo stesso letto.

Alzò il telefono, compose il numero di Villa Vongola e attese di essere messo in contatto con Don Timoteo.

“Don Enrico, a cosa devo il piacere?” rispose finalmente l'uomo.

“Nessun piacere, Don Timoteo, sono mortificato. Ho appena ricevuto un'informazione che la interesserà. Potrebbe dipenderne il futuro della Famiglia Vongola.”

 

Timoteo appoggiò lentamente la cornetta del telefono. Coyote Nougat alzò gli occhi dal rapporto inviato da Reborn e sollevò un sopracciglio in un muto interrogativo.

“Non so come, quel ficcanaso di Enrico Bovino ha scoperto che il giovane Tsuna si è fidanzato con il suo Guardiano della Tempesta.” Coyote annuì. Il report che il Boss gli aveva dato da leggere, trattenendo a stento un sorrisetto compiaciuto, diceva la stessa identica cosa.

“Sarà un problema?” chiese.

“Gli ho detto di mantenere il riserbo, pena la morte.” rispose Timoteo, “Ho detto che parlerò con Tsuna per ricondurlo alla ragione, senza coinvolgere il Consiglio.” Coyote chiuse il rapporto e alzò gli occhi, senza commentare. Dopo un po', Timoteo disse: “Scrivi a Reborn di raccomandare ai ragazzi la cautela assoluta. Dobbiamo sondare il terreno con i nostri alleati.”

“Boss...” cominciò Coyote, ma Timoteo lo interruppe: “Fosse l'ultima cosa che faccio, quei due resteranno insieme tutto il tempo che vorranno. Prendimi l'agenda, ho bisogno di contattare Xanxus.”

 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Katekyo Hitman Reborn / Vai alla pagina dell'autore: Ghostclimber