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Autore: ONLYKORINE    11/07/2021    6 recensioni
Prompt di Afaneia, datomi sul gruppo Facebook ‘Il giardino di Efp’.
"A vorrebbe presentare B ai suoi genitori, ma B ha paura di non essere all'altezza"
Emma sta tornando a casa in treno e proprio qui incontra una persona che la farà parlare di sé e, senza saperlo, la convincerà a dare una svolta alla propria vita.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Incontri casuali ma straordinari

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Emma sbuffò guardando il telefono. Non ora, Niccolò, non ora. Bloccò lo schermo e continuò a guardare fuori dal finestrino del treno. Ancora un'ora e mezzo e sarebbe arrivata a casa. Ancora un'ora e mezzo…

"E quindi cosa pensi che succederà?" Emma si girò al suono della voce di una signora di mezza età al di là del corridoio del vagone. Una donna bionda, truccata ma non in modo vistoso, sorrideva e teneva banco circondata da ragazzi giovani. Emma cercò di seguire con la coda dell'occhio la situazione, ascoltando la conversazione; quando era salita sul treno la signora era già seduta e stava chiacchierando con un ragazzo giovane che era seduto davanti a lei, sul lato del finestrino.

Nel corso del viaggio i ragazzi che parlavano con la donna erano cambiati: chi era sceso dal treno, chi era salito, chi aveva cambiato posto per ascoltarla. Effettivamente sembrava molto carismatica, anche Emma fece fatica a distrarsi da quello che diceva.

Purtroppo la stazione di Bologna portò via molti dei suoi spettatori, in quanto centro di smistamento dei vari treni, e lei rimase sola.

Emma sperò che non le rivolgesse la parola perché lei era una persona riservata e poco incline alle chiacchiere con gli sconosciuti, anche se la donna era riuscita a far parlare proprio tutti i ragazzi, per lo più studenti. Forse era per questo: Emma non era più una studentessa, aveva ventisei anni e aveva finito la scuola già da un pezzo. Non era una ragazzina che si faceva invogliare da qualcuno che sapeva parlare bene.

Anche se, effettivamente, la signora bionda era stata sempre molto carina e disponibile. Si era interessata ai ragazzi e li aveva fatti parlare di quello che volevano fare o delle loro aspirazioni. Chissà, forse aveva lavorato nel mondo scolastico o qualcosa del genere.

Lo squillo del telefono interruppe i suoi pensieri: 'Niccolò', lesse sul display. Emma sospirò forte. Sapeva cosa voleva. Niccolò voleva discutere ancora, anche se lei aveva già detto quello che pensava.

Silenziò il telefono guardando di nuovo la signora di sottecchi. La donna sorrideva ancora e si guardava in giro, aspettando probabilmente il prossimo conversatore.

Qualcuno passò verso la coda del treno e qualcuno andava nel senso opposto, ma nessuno si fermò nel loro piccolo spazio di otto sedili. Emma silenziò ancora il telefono e probabilmente sbuffò ad alta voce, perché la donna disse: "A volte danno proprio fastidio, quando insistono così, vero?"

Emma alzò lo sguardo verso di lei e sorrise un po' mestamente. "Oh, è il mio ragazzo. È che stamattina abbiamo discusso e ora non ho voglia di continuare al telefono. Aspetterò di arrivare a casa e litigarci di persona". Sorrise ancora, ma questa volta il suo volto era un po' meno triste.

La donna rise: un suono allegro e vagamente melodioso. Emma si scoprì a trarne piacere. "Molto meglio farlo di persona. Così puoi prendere la mira quando gli tiri i piatti!"

Emma scoppiò a ridere anche lei e quando si zittì, rimase in silenzio un po', prima di parlare. "A dir la verità, stavolta non ha tutti i torti. Dovrebbe essere lui a tirare i piatti a me…"

"Oh. E perché mai?"

La ragazza sospirò e guardò fuori dal finestrino: il treno era ripartito e loro si stavano lasciando la stazione alle spalle. Iniziò a giocare con il lembo della maglietta che indossava, un tic che le era rimasto dall'adolescenza, quando si sentiva insicura.

"Perché non vieni a sederti qui vicino a me?" le chiese la donna e, come se non avesse aspettato altro, nonostante quello che aveva pensato poco prima, Emma si alzò e attraversò il corridoio, sedendosi proprio di fronte a lei.

"Sono sicura che risolverete la cosa" disse ancora, sorridendole dolcemente. Lei continuò a guardarla come se non potesse fare altro: chissà, forse era una strega e le aveva fatto un incantesimo. "Sai, quando arrivi alla mia età scopri che a volte certi problemi, in verità, sono solo sopravvalutati."

Emma sospirò ancora e guardò di nuovo fuori dal finestrino: ora campagna e campi erano l'unico spettacolo. "Il mio ragazzo vuole farmi conoscere i suoi genitori" confidò, con lo stesso tono con cui avrebbe confessato l'omicidio di qualcuno.

"Oh!" si sorprese la donna. "E dici che è una cosa così brutta? Tu non vuoi conoscerli?" Emma scosse la testa.

"Mi piacerebbe conoscerli. E a lui farebbe piacere, ma…" Emma tornò a giocare con l'orlo della maglietta. Non aveva detto neanche a Beatrice, la sua migliore amica, cosa aveva scatenato in lei quella richiesta di Niccolò. La donna non cercò di farla parlare, non affrettò il resto della sua confessione ma rimase in silenzio. "Io… E se poi non piaccio? Se loro pensassero che non vado bene per lui?" esclamò tutto d'un fiato la ragazza, come se si fosse tenuta dentro quel pensiero fino a quel momento. E chissà, forse era proprio così.

"È un pensiero pesante, effettivamente. E lui cosa ti ha detto?"

Emma scosse le spalle. "Non lo sa."

"Ah."

"Non potevo mica dirgli che penso che i suoi mi odieranno, no?"

"E perché lo pensi? Sei una brutta persona? Oppure ti stai approfittando di lui?"

Emma rise. "Ma no! Lui è fantastico, appunto. Ma…"

Questa volta la donna non rimase zitta, ma, forse incuriosita dalla situazione, chiese: "Ma?", spronandola a continuare.

"Loro sono tutti laureati. Io non ho neanche il diploma. Non sono andata a scuola perché…" Sospirò ancora mentre il labbro inferiore le tremava. "Potrebbero pensare che lui si meriti di più…"

La donna appoggiò una mano sul suo ginocchio e le sorrise ancora, rassicurandola. "La scuola non è tutto nella vita, sai?"

"Lei è laureata?" le chiese allora Emma, a bruciapelo. La donna annuì, sorpresa dalla domanda. "Allora forse non è nella condizione adatta per dirlo, no?" La bionda sorrise ancora ed Emma poté vedere delle piccole rughe circondarle gli occhi. Dovevano essere le famose zampe di gallina che sentiva nominare spesso.

"Cosa fai nella vita?"

Emma stritolò ancora il lembo della maglietta. "Lavoro in un negozio".

"E ti piace?"

La ragazza annuì e il suo sorriso divenne ampio e sincero. "Oh, sì. Ho ereditato la merceria da mia nonna; ci ho passato parecchi pomeriggio da bambina. Mi faceva cucire i bottoni sugli scampoli di stoffa. Diceva che bisogna imparare a fare tutto". Il volto di Emma era raggiante e si distese mentre raccontava di quello che la nonna le aveva insegnato a fare.

"Adesso insegno a Ilaria, la figlia della mia vicina, a fare l'uncinetto. La sua mamma è da sola, e lavorando tutti i pomeriggi, la bambina sta in negozio con me per non stare a casa in solitudine."

La signora bionda l'ascoltò mentre spiegava come gestiva il negozio e di come le sarebbe piaciuto organizzare corsi per insegnare alle bambine le cose che sua nonna le aveva insegnato.

"Dovresti proprio farlo, allora."

Emma sospirò. Ma non era mica così facile. "Se fosse facile, non ne varrebbe la pena, sai?" La ragazza alzò lo sguardo verso la donna: doveva averlo detto ad alta voce.

"Magari ci penserò…"

"Fallo davvero. Comunque, non mi sembra che tu abbia niente da invidiare a una qualsiasi ragazza laureata che potrebbe diventare la nuora dei genitori del tuo fidanzato" disse la donna, sorridendole dolcemente.

Emma la guardò: voleva crederle. Aveva un disperato bisogno di crederle. "Vedremo" disse invece, senza dire nient'altro.

"Sai, una volta mia figlia mi ha presentato un ragazzo che non mi piaceva" confidò la bionda. Emma riportò subito l'attenzione su di lei, interessata.

"E sua figlia cosa ha detto quando lo ha saputo?" Emma non riuscì a non chiedere.

"Niente, io non glielo ho mai detto". La donna sorrideva, come se non avesse appena detto che non le piaceva il fidanzato della figlia.

"Come? E… perché?" La ragazza era stranita, perché lei non lo aveva detto a sua figlia? Non erano quelle le cose che si facevano nelle famiglie normali? La sua, di famiglia, si era sfasciata presto, quindi Emma non sapeva bene cosa facessero le altre famiglie, ma pensava di averne un'idea abbastanza chiara.

"Perché non stava a me dirglielo. Sai… Lui non mi piaceva, vero, ma magari poteva essere la persona giusta per mia figlia. Io non potevo decidere per lei, perché alla fine non lo conoscevo."

"Oh. E cosa ha fatto?" Emma si agitò sul sedile, cambiando posizione. Come era finita?

"Ho consolato mia figlia quando lui l'ha tradita, le ho consigliato di seguire il suo cuore quando lui ha tentato di riconquistarla e le ho detto che qualsiasi scelta avesse fatto, mi avrebbe trovato sempre accanto a sé. Anche se io non l'avessi condivisa."

"Mi sembra sensato". Emma annuiva. "Se le avesse detto che non doveva stare con lui, probabilmente non l'avrebbe più vista perché si sarebbe arrabbiata e sarebbe scappata…" constatò la ragazza, guardando un buco nella stoffa del sedile accanto alla donna bionda.

"Possibile. E non avrebbe avuto nessuno da cui andare quando lui iniziò a trattarla male."

Emma annuì ancora. "Ma ora sua figlia sta bene?" La donna annuì, sorridendo dolcemente. Emma se la immaginò come una mamma dolce e forte, con un gran carattere. Chissà, se sua figlia le assomigliava solo la metà, doveva essere una gran donna.

"Mia figlia si è poi sposata con un altro uomo e ha un bambino piccolo. Sto andando a trovarla proprio adesso" spiegò. Emma sorrise del suo viso contento.

"E questo genero le piace?" La donna annuì e la ragazza pensò, per un attimo, che i suoi occhi brillarono mentre la luce della sera si faceva più lieve. "Bene. Quindi dice che dovrei preoccuparmi se i genitori del mio ragazzo non diranno niente di negativo su di me?"

La donna rise ancora. "Non ho detto questo. Magari piacerai loro davvero". Emma ridivenne pensierosa e storse il naso. "Forse devi solo credere un po' di più in te. Mi sembri una brava ragazza e immagino che a loro interessi solo che tu voglia il bene di loro figlio. Sii forte e indipendente. Ciò che vedi in te è quello che vedranno anche loro. Il resto non ha importanza".

Emma non disse niente e storse il naso. "Speriamo".

"Quindi hai deciso di incontrarli?"

"Immagino che mi toccherà comunque, no? Tanto vale levarsi il pensiero. Se poi non piacerò…" Emma si alzò quando l'altoparlante nominò le stazioni successive a quella dove si stava fermando. E poi sorrise mentre diceva insieme alla voce meccanica: "Piacenza!" Prese le sue cose e poi si voltò di nuovo verso la donna. "Ha ragione, non sono una cattiva ragazza e se non riusciranno a vedere quello che sono, sarà un problema loro".

"Sai cosa dovresti fare?" le disse a bruciapelo la donna. Emma piegò di lato la testa. Cos'altro avrebbe dovuto fare, secondo lei? "Dovresti organizzare davvero quei corsi per i bambini. Trovo che sia un'idea molto bella. Un sogno che dovresti coltivare".

Emma annuì, un po' stranita. Era saltata di palo in frasca. Non sapendo bene cosa dire, borbottò: "Mi saluti sua figlia".

La donna sorrise alzando una mano. "Sono sicura che andrà tutto bene, cara. Tutto davvero".

Emma ricambiò il sorriso e annuì. Poi qualcuno si mise dietro di lei e dovette andare avanti per scendere. Si rese conto di non averla ringraziata e di non averle neanche chiesto il suo nome. Né di averle detto il suo. Pensò che forse era giusto così. Chissà quante persone incontrava lei, su e giù dai treni. Probabilmente se lo sarebbe scordato, il suo nome. Però a Emma avrebbe fatto piacere conoscere il suo, forse lei non lo avrebbe scordato velocemente. Chissà se quella donna chiacchierava così liberamente con tutti, dando consigli e aneddoti di vita.

Con un sospiro saltò giù dai gradini e quando toccò il marciapiede della pensilina, si voltò verso il treno: purtroppo la signora bionda era seduta al di là del corridoio, quindi non avrebbe potuto vederla comunque.

Saltò un po' per cercare di dare un'occhiata all'interno del vagone, ma vide la gente salire e prendere posto, impedendole la visuale oltre al corridoio.

Poco prima che il treno si rimettesse in moto, tutti i passeggeri si sedettero ed Emma, sempre saltellando e tirandosi sulle punte, vide un'altra ragazza sedersi al posto che era stato suo fino a pochi minuti prima. Nel momento in cui il treno si mosse, la signora bionda volse lo sguardo e incrociò gli occhi di Emma, che la guardavano. Alzò una mano in segno di saluto e sorrise ancora.

Emma ricambiò velocemente, prima che il treno la portasse via correndo.

Fu con un sospiro leggero che rispose a Niccolò, quando chiamò ancora. "Ciao! Non crederai mai a chi ho appena incontrato! Come? No, no, non la conosci. Beh, nemmeno io, a dir la verità. No, no hai ragione scusa…" Emma rise quando Niccolò disse che faceva fatica a starle dietro e per un attimo pensò che stesse davvero farneticando senza senso. "Sto arrivando, comunque" disse ancora, scendendo gli scalini del sottopasso per raggiungere l'esterno della stazione.

"Hai pensato a cosa fare?" le chiese Niccolò, dopo averla baciata sulla guancia, quando arrivò da lui, che l'aspettava sotto al tabellone degli orari. Emma annuì: sì, aveva deciso. "Conoscerai i miei, allora?"

"Ho pensato di aprire un corso per bambini in merceria" rispose, sorridendo. Niccolò corrugò la fronte, perché non si era aspettato quella risposta. "E sì, organizza pure la cena con i tuoi genitori".

"Grazie. Lo sai che ci tengo. E so che la cosa ti preoccupa, ma ci sarò anch'io. E scommetto che andrà tutto bene. Ti piaceranno e tu piacerai a loro."

Emma sorrise e gli passò la mano dietro la schiena stringendosi a lui mentre uscivano dalla stazione. "Se ti hanno cresciuto così bene devono essere delle persone meravigliose" disse. La sua mente andò alla signora del treno: anche lei sembrava una persona meravigliosa.

"Ti amo, lo sai?" disse Niccolò, baciandola sulla testa.

 

***

Emma quella sera era stanchissima: il corso per bambini era partito quel pomeriggio e i bambini si erano presentati numerosi e molto entusiasti. Ma lei era felice e contenta: non avrebbe potuto desiderare di più.

Entrò in casa e sentì Niccolò canticchiare dalla cucina: stava cucinando, uno degli hobby che piacevano di più a Emma. "Scusa il ritardo, alcuni genitori hanno voluto fermarsi per iscrivere i bambini subito dopo la lezione di prova" disse, baciando il ragazzo sulle labbra quando si girò verso di lei. "Mi lavo le mani e ti aiuto".

Emma si lavò le mani, perdendosi a giocare con acqua e sapone un po' perché era stanca e un po' per ripensare alla sua bellissima giornata, piena di soddisfazioni. Subito dopo, un po' della vecchia apprensione tornò a premerle il petto: quella sera avrebbe conosciuto i genitori di Niccolò e, anche se aveva pensato che sarebbero state troppe emozioni in una volta, non aveva voluto spostare la cena: loro abitavano in un'altra città ed era già stato difficile mettersi d'accordo su una data precisa, con i turni di Niccolò in ospedale.

"Vado a prendere il vino in cantina". Niccolò si affacciò sulla porta del bagno e lei si girò verso di lui.

"Ti amo, Niccolò" disse Emma e il ragazzo sorrise, avvicinandosi a lei.

"Non devi preoccuparti. Ti adoreranno come ti adoro io". Niccolò la baciò sulle labbra e poi scappò via.

Emma guardò la tavola apparecchiata e pensò di prendere i bicchieri per l'aperitivo per sciacquarli. Mentre apriva la vetrina del mobile del salotto suonarono alla porta e la ragazza sorrise: Niccolò doveva essersi scordato di nuovo le chiavi.

Andò ad aprire dicendo: "Ti scordi sempre di prendere…" La sua voce morì quando si accorse che non era stato Niccolò a suonare il campanello.

"Oh! Ma…" La signora bionda del treno fece un passo indietro e si guardò intorno, mentre l'uomo brizzolato accanto a lei controllava il polsino della sua giacca, senza accorgersi della sorpresa della moglie.

"È lei la mamma di Niccolò?" Il sorriso di Emma esplose sul suo viso come un bambino la mattina di Natale. E quando la signora del treno ricambiò il suo sorriso annuendo, rimase paralizzata sull'uscio.

"Siete in anticipo!" La voce di Niccolò risuonò forte sulla tromba delle scale, mentre raggiungeva il pianerottolo.

L'uomo brizzolato si voltò verso il figlio e spiegò: "Tua madre era un po' agitata, così ci siamo preparati troppo presto. Tanto valeva venire prima".

La risata di Niccolò fece eco alle parole del padre e tutti entrarono in casa.

"Non avresti dovuto dirlo, Fabio, ora sembrerò una vecchia bacucca…" iniziò la donna bionda, sorridendo con imbarazzo.

"Mamma, smettila. Non sembri proprio niente" la rassicurò il ragazzo abbracciandola. Poi si voltò verso Emma, la ragazza a cui avrebbe chiesto di sposarlo il giorno dopo.

"Lei è Emma. Emma, loro sono…"

Emma non riusciva più a stare ferma: aveva pensato a quella donna così tanto negli ultimi due mesi che ora, ritrovarsela davanti, le sembrava uno dei regali più belli.

"Non sa come sono contenta di rivederla, ho un sacco di cose da raccontarle!" esclamò, prima di abbracciarla con affetto.

"Ma… Vi conoscete?" chiesero in coro Niccolò e suo padre e le due donne risero.

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***Ho chiesto un prompt sul gruppo di Facebook del Giardino di Efp e Afaneia è stata così gentile da darmi il prompt: "A vorrebbe presentare B ai suoi genitori, ma B ha paura di non essere all'altezza". Ora, so benissimo di aver girato intorno al prompt in una maniera quasi disgustosa, di non averlo sviluppato nella maniera canonica, ma se non rendo mio qualcosa, difficilmente riesco a scriverci, così, spero che non dia troppo fastidio e la storia sia carina lo stesso.

***La signora bionda del treno non ha un nome, perché non lo conosco, ma ho conosciuto questa donna quando viaggiavo molto in treno, per la scuola o per amicizia, e mi ha colpito così tanto da averci speso tanti pensieri anche dopo vent'anni. Non so cosa darei per poterle dire che non ho aperto la pasticceria per diabetici, ma continuo a fare dolci per le persone che amo e mi sembra così di aver 'realizzato' questo mio piccolo sogno.

***Il titolo non c'entra niente con la storia. Ma c'entra con me. 💜

 

 

   
 
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