Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: _aivy_demi_    11/07/2021    10 recensioni
Gli individui sudcoreani di sesso maschile sono tenuti a prestare un totale di due anni di servizio militare, che può essere effettuato tra i 18 e i 28 anni di età.
Jin, 2020, anni 28.
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Sarà doloroso separarsi dalla sua seconda famiglia, tanto quanto decidere se aprire o meno il proprio cuore al collega più giovane, prima di partire.
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Seokjin/ Jin, Kim Taehyung/ V, Min Yoongi/ Suga, Park Jimin
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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When the time will come

Good or bad ways



«Hai un aspetto orribile.»
«Che bel buongiorno, grazie.»
Jungkook tirò su col naso massaggiandosi la tempia: ricercava una qualsiasi traccia di calore avvolto in una felpa dal grigio anonimo di un paio di taglie più grandi, residuo da fondo armadio di tanti allenamenti passati. Se l’era ritrovata al mattino, posata sul piumone del letto che aveva occupato la notte precedente, assieme a dei pantaloni di tuta aderenti.
E ad un bigliettino che non aveva avuto nemmeno il coraggio di leggere. Aveva soltanto riconosciuto la calligrafia con la coda nell’occhio prima di rendersi conto di essere rimasto solo nella stanza.
«Nottataccia?» Yoongi lo sapeva benissimo, lo leggeva nelle iridi stanche dell’amico. Oltre ad aver parlato con Jimin poco tempo prima, approfittando dell’assenza dell’altro e di Jin.
«Sono stato meglio.» Aveva la bocca impastata, la testa pulsava terribilmente e il bisogno di bere stava spegnendo ogni altro segnale da parte del cervello. Si versò con mano tremante del caffè in una tazzina di ceramica, imprecando silenziosamente all’incapacità di portare a compimento un gesto così semplice senza fare danno.
«Tranquillo, faccio io.» Yoongi si sporse mordendosi il labbro, tentava di trattenere le domande che gli stavano divorando lo stomaco dal momento in cui Jimin gli aveva riferito dello stato attuale delle cose, aggiornato a qualche ora prima. Oltre a chiedere avrebbe voluto anche dargli uno scossone, e non soltanto retorico. Si sarebbe trattenuto ancora per un po’, probabilmente l’amico avrebbe reagito in maniera pacata, considerando le sue condizioni.
«Mangia qualcosa, ti conviene. Non dovresti prendere qualche medicina, o roba simile?»
«Penso di sì, ma è Jin che sa quando le ho mandate giù. Le odio, mi sento la testa dentro a una bolla piena d’acqua…»
L’altro gli sfiorò la pelle con le dita, constatando come fosse calda. «Guarda che hai ancora la febbre, ti consiglio di mangiare qualcosa e tornare a stenderti. Riposa finché puoi.»
«E se mi venisse il mal di pancia?»
«E se la smettessi di farti domande così stupide adesso? Dai, ti preparo qualcosa. Tu aspetta qui tranquillo e cerca di mandare giù quella brodaglia tiepida che Taehyung ha spacciato per caffè stamattina.»
Jungkook si soffermò sulla parola “stamattina”, non sapeva nemmeno che ora fosse. Non presto di sicuro. Focalizzò lo sguardo sull’orologio da parete: era passata l’ora di pranzo, e spostandosi verso la finestra della cucina notò quanto stesse piovendo fuori. Un brivido gelido attraversò i muscoli ed i nervi scatenandogli la pelle d’oca su tutto il corpo: si strinse nella felpa massaggiandosi le braccia e sollevando il cappuccio fino a coprirsi completamente il capo.
Avvertiva la febbre lavorargli da dentro e sfinirlo ad ogni momento di più. La voce di Yoongi lo riportò al presente, assorbito com’era dal maltempo e dal costante ticchettare delle gocce violente sui vetri.
«Non sarà molto, ma è caldo, fidati. L’aveva preparato Jin ieri, io l’ho riscaldato. Non credo ci sia bisogno di aggiungere altro, è perfetto già così com’è. Adesso siediti e mangia.»
Yoongi lo lasciò tranquillo, seduto sullo sgabello ed appoggiato coi gomiti alla penisola in legno levigato, mentre mangiava scomposto e con le palpebre abbassate. Si richiuse la porta alle spalle, contattando qualcuno al telefono con una certa impazienza.
«Allora, Jin, quanto ti ci vuole ancora?»
All’altro capo del telefono il ragazzo rispose con tono visibilmente scocciato. «Ho quasi finito, lasciami stare. Sono stato in farmacia, adesso sono al supermercato e poi devo passare al negozio di elettronica.»
«Jungkook sa che stai facendo tutto questo per lui?»
Jin non rispose, semplicemente sospirò.
«Giuro che non ti capirò mai. Lasciatelo dire, io non sono come Taehyung che sa stare zitto solo quando vuole, o come Jimin e il suo non farsi mai i cazzi suoi. Se non ti muovi, ci vado io da Jungkook, e sappi che non ti piacerà quello che ho intenzione di dirgli.»
Le parole arrivarono appena sussurrate: «e cosa dovresti dirgli scusa? Credevo non ti saresti mai intromesso… Jimin gli ha già detto tra quanto partirò.»
«Che sei innamorato di lui, stupido.» E chiuse la conversazione. Infilò il telefono in tasca evitando di rispondere alle nuove chiamate ricevute, tre di seguito per la precisione. Aveva stipulato un tacito accordo con se stesso qualche tempo prima: non si sarebbe dovuto intrufolare negli affari di cuore degli altri, ma la cosa ormai rasentava il ridicolo. Jungkook era palese come non mai, e già aveva avuto modo di renderglielo noto, ma con Jin era diverso: non aveva negato.
Anche quando glielo aveva chiesto, non aveva detto no: doveva farli muovere, con le buone o con le cattive.

   
 
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