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Autore: Clodie Swan    12/07/2021    8 recensioni
Un semplice gesto di gentilezza e di amicizia può cambiare la vita di una persona, è la storia di David e Max che un giorno in maniera semplice e spontanea diventano amici.
“Questa storia partecipa al contest L'Amicizia indetto da Daffodyl83 sul forum di EFP”
«Partecipa al contest "Invincibilmente fragili e imperfetti" indetto da Soul Mancini sul forum di EFP».
Genere: Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Questa storia partecipa al contest L'Amicizia indetto da Daffodyl83 sul forum di EFP”

«Partecipa al contest "Invincibilmente fragili e imperfetti" indetto da Soul Mancini sul forum di EFP».

 

 

Il mio nuovo amico

 

“...c'è un amico che è più affezionato di un fratello.”

Proverbi 18:24

 

 

Riuscire a tenere in equilibrio una pila di dieci libri non doveva essere un’impresa facile, specie se a compierla era un adolescente mingherlino, con le braccia non propriamente muscolose.

David osservava la scena mentre riponeva il materiale scolastico nel suo armadietto, quando al suono dell’ultima campanella tutti gli studenti si riversarono nei corridoi per guadagnare l’uscita il più in fretta possibile. Come prevedibile, il tipo smilzo fu travolto da una serie di spallate che minarono l’equilibrio già instabile della sua magnifica torre, facendolo crollare in ginocchio.

David si infilò lo zaino sulle spalle e corse verso il povero ragazzo che fissava desolato i suoi libri sparsi sul pavimento.

“Ciao, serve aiuto?” esordì David inginocchiandosi accanto a lui. Senza attendere una risposta, cominciò a raccogliere da terra alcuni volumi. L’altro lo guardò stupito: aveva dei grandi occhi marroni, dalle ciglia lunghe, nascosti da un paio di occhiali quadrati.

“Io mi chiamo David Banner.”continuò il ragazzo con un sorriso. “E tu?”

L’occhialuto non rispose, limitandosi a fissarlo diffidente mentre raccoglieva gli altri libri. David notò la sua maglietta troppo larga, i jeans scoloriti e le scarpe da ginnastica anonime. Era stato vittima di qualche bullo?

“Max Morales, giusto?” chiese con dolcezza leggendo il nome su una delle targhette. L’altro annuì e mise insieme quattro o cinque libri. David radunò l’altra metà e si alzò in piedi.

“Grazie...” mormorò Max con voce flebile. “Sei gentile.”

“Prego. Tu sei nel mio corso di inglese.” esclamò ad un tratto riconoscendolo. “Possibile?”

“Sì, infatti.” confermò l’altro “Mi hai anche prestato una matita, ma non te l’ho ancora ridata.”

“Figurati...ne ho tremila.” rise David “ A proposito tu ti senti pronto per la verifica di domani?”

Max balbettò qualcosa, incerto “Insomma...non tanto.”

“Neanch’io. Volevo ripassare con qualcuno per esercitarmi ma erano tutti impegnati. Tu sei libero per caso?” Max lo fissò a bocca aperta.

“Possiamo andare a studiare a casa mia.” propose David. “Se non sei impegnato...”

“No.” rispose subito Max. “Non sono per niente impegnato.”

“Grandioso! Allora, andiamo. Oggi viene a prendermi mia madre con la macchina.” Max sembrava titubante. “Tranquillo non sono un serial killer che fa a pezzi le vittime con la motosega.”

Il ragazzo sorrise accennando al suo fisico gracile “Oh, con me ti basta un taglierino.”

David rise e gli diede una pacca sulla spalla. “Sei forte, amico.”

 

Una signora di mezz’età seduta alla guida di una vecchia land rover sorrise vedendoli arrivare. Aveva i capelli castano chiari e gli occhi azzurri, proprio come quelli di David.

“Ciao mamma, lui è Max, un mio nuovo amico.” disse David indicandolo con lo sguardo. “Oggi può venire a studiare da noi?”

“Ma certo, tesoro!” esclamò la donna. “I tuoi amici sono sempre i benvenuti.”

A quelle parole Max sgranò gli occhi per lo stupore. “Grazie, signora.” mormorò educatamente lisciandosi i capelli a spazzola. “Spero di non disturbare.”

“Ma no, anzi. “ ribatté la signora Banner “Oggi ho anche fatto il ciambellone.”

“Ci hai messo il limone?” s’informò David “Gli da quel profumino...”

“Certo. Ma vedi di non esagerare. Lasciane un po’ anche al tuo amico.”

“Io non esagerò...Che saranno mai quattro fette?” brontolò David mentre caricava il suo zaino e i libri di Max nel bagagliaio. “Quanta roba ti sei portato? Devi cambiare aria all’armadietto?”

Max si strinse nelle spalle mentre deponeva la sua roba.

“Dovevo fare una cosa oggi...ma non ha più importanza.” spiegò con un tono sollevato prima di sedersi sul sedile posteriore. David non fece domane e andò a sedersi accanto alla madre.

“Metti la cintura, tesoro.” disse premurosamente la signora Banner. Max obbedì e si abbandonò sul sedile incredibilmente comodo Si sentì emozionato come se stesse partendo per un viaggio speciale.

 

Quando Max rientrò a casa sua era già buio. L’appartamento gli appariva più squallido e silenzioso del solito quando rientrò con la pila di libri dentro un trolley che David aveva insistito per prestargli ed una porzione abbondante di ciambellone che la signora Banner gli aveva offerto per la colazione del giorno dopo. Si diresse in cucina con la speranza di trovare qualche traccia di sua madre, per un attimo si illuminò vedendo il bigliettino attaccato al frigo ma un istante dopo si rese conto che era lo stesso della settimana prima. Non era rimasto molto da mangiare in dispensa. E il frigo era praticamente vuoto, fatta eccezione di un cartone di latte dall’odore sospetto. A quanto sembrava il ciambellone gli avrebbe fatto da cena. Il giorno dopo avrebbe dovuto cominciare ad usare i soldi che aveva messo da parte per le emergenze. Sua madre non aveva risposto alle sue ultime chiamate ma decise di ritentare. Come previsto il telefono squillò a vuoto. “Mamma, ti prego, ho solo quattordici anni...” pensò prima di riagganciare. Stava cercando di non piangere quando gli arrivò un messaggio di David. Il primo messaggio che riceveva in vita sua da parte di un compagno di scuola. Lo stava ringraziando per quel pomeriggio e gli proponeva di fare un altro ripasso prima del compito. “Se facciamo in tempo andiamo a fare colazione insieme se ti va.”

Max lesse e rilesse quel messaggio, incredulo. Poi prese una decisione. Andò in bagno ed estrasse un flacone dall’armadietto. Fissò la scritta per qualche minuto poi ne svuotò il contenuto nel water e tirò lo sciacquone. Rispose a David che poteva contare su di lui e si preparò per andare a dormire

 

Il compito fu un successo. David fissò la sua A sul foglio e si lanciò in un balletto di gioia sollevando da terra Max. Era incredibilmente leggero. Lui aveva preso una A – ma sembrava ugualmente contento. “Dobbiamo festeggiare.” disse David. “Ti siedi con me a mensa?” Max lo seguì volentieri. Poco dopo seduti davanti a due bottiglie di coca cola, continuarono a chiacchierare del compito.

“Sei stato grande.” disse David “Mi hai aiutato un sacco. Sei sempre così bravo in letteratura inglese?”

“Mi piace leggere.” disse l’altro semplicemente come se fosse la spiegazione più ovvia.

“Ah e cosa leggi di solito?”

“Un po' di tutto, fantasy, narrativa, fumetti...”

“Quelli pure io. Che videogiochi ti piacciono invece?”

Continuarono a chiacchierare del più e del meno, scoprendo di aver parecchi gusti in comune quando Max assunse un’espressione terrorizzata.

“Che succede? “ chiese David allarmato “C’è un terrorista nella mensa?”

“Peggio: una ragazza mi sta guardando!” spiegò Max incredulo.

“Carina?” chiese David ridacchiando.

“La più bella ragazza del mondo...”disse Max incantato.

David incuriosito si girò appena per guardare con la coda nell’occhio nella direzione in cui doveva trovarsi “la ragazza più bella del mondo.” Per poco non si mise a ridere.

Si trattava di una ragazza magrissima, acqua e sapone, lentigginosa, dai capelli castani lisci e lunghi fino alla schiena. Stava lanciando degli sguardi timidi a Max, mentre parlava con altre tre ragazze sedute al suo tavolo. Non era brutta, comunque a confronto delle amiche a dir poco inguardabili.

“Eh si, ti sta guardando.” confermò David “La conosci?”

“E´ nel mio corso di scienze. Mi ha prestato la gomma l’altra volta...” raccontò Max.

“Ma tu, un astuccio?” rise David. “ Beh salutala, allora.” Max lo fissò sconvolto come se gli avesse suggerito di sposarla.

“Dai è semplice.” David sollevò la mano e da sotto il tavolo fece alzare anche l’avambraccio di Max, agitandolo. “Salve, ragazze! Buono il pranzo, vero?”

La ragazza sorrise mentre le amiche decisero di ignorarli completamente. Poi inaspettatamente Miss Timidezza si alzò e andò verso di loro. Max si fece rosso.

 

“Sta venendo qui.”osservò Max nervoso. “Cosa devo fare?”

“Sorridi, per cominciare.” gli consigliò David divertito.

“Secondo te rivuole la gomma? Non l’ho portata oggi...” gemette preoccupato Max.

David richiamò la sua attenzione con un leggero calcio sotto il tavolo.

Quando lei li raggiunse calò un silenzio imbarazzante.

“Ciao!” cominciò David amichevolmente. “Come va?”

Max non riuscì a spiccicare una parola e nemmeno la ragazza

“Piacere, io sono David e lui è il mio amico Max.” continuò il ragazzo intuendo che se fosse dipeso da quei due, sarebbero tranquillamente invecchiati tutti a quel tavolo, prima che si parlassero.

“Samantha.” disse timidamente la ragazza presentandosi. “Lui lo conosco. Seguiamo lo stesso corso di scienze.” Max annuì con un sorriso ebete.

“A proposito...” proseguì Samantha. “Tra poco c’è la verifica...secondo te su cosa sarà?”

Max aprì la bocca per dire qualcosa ma non riuscendo a dire nulla lanciò uno sguardo disperato a David.

“I vulcani?” suggerì quest’ultimo. “La fotosintesi? La cellula? L’impollinazione? Il sistema solare? L’atmosfera? I vulcani gli ho già detti?Ragazzi se non mi fermate continuo fino a stasera.”

“Stiamo facendo il corpo umano.” spiegò Max. “In effetti...non ho idea di cosa chiederà il professore.”

“Pare che dovrete studiare un sacco...bene, devi sapere Samantha che Max è un ottimo compagno di studio. Abbiamo appena preso una A in inglese.”spiegò David con un sorriso furbo.

Samantha parve sinceramente interessata. “Dovremmo prepararci insieme allora.” propose la ragazza rivolta a Max. Tirò fuori il cellulare e gli chiese il numero di telefono. Questi non reagì finché David non gli allungò una gomitata.

“Certo! Con piacere!” rispose emozionato. “Te lo do subito.” Cominciò a smanettare sul suo cellulare e si scambiarono i numeri Samantha sorrise con dolcezza.

“Bene, adesso devo andare. Ci vediamo.” Prima di andarsene diede un ultimo sguardo a Max. “Carina la tua maglietta.”

Quando si fu allontanata Max si permise di andare nel panico. “David e adesso cosa faccio? Mi ha chiesto di studiare con lei!”

“Potresti...studiare con lei.” rispose l’altro con semplicità.

“Ma io in scienze faccio schifo. Farei una figuraccia e non mi parlerebbe più.”

“Max credo che il compito sia solo una scusa. Vuole solo conoscerti meglio.”

“Perché?”

“Forse perché le piaci?”

“Io? Non è possibile!”

“Ha detto che le piaceva la tua maglietta: perdonami ma questa maglietta fa veramente schifo!”

“Forse vuole fare la stilista di magliette.”

David si diede una manata sulla fronte. “Questa ragazza ti piace si o no? Se la risposta è sì allora buttati. Chiamala.” Max annuì sospirando.

David non poté resistere. “Ti aiuto io se vuoi con scienze. Me la cavo piuttosto bene.”

Max a quel punto si illuminò. “Davvero lo faresti? Io ti aiuterei con inglese, anche constoria se vuoi...”

“Mi sembra un ottimo accordo. Ma in mezzo ci mettiamo qualche partitina, un film, una pizza? Mica dovremo studiare tutto il tempo?”

“Affare fatto.” rispose Max raggiante. D’un tratto sembrava sicuro e fiducioso.

I due ragazzi brindarono con le loro bottigliette di coca cola. “Saremo un’ottima squadra.” disse David.

 

“David mi spieghi che stavi cercando di fare oggi? In che razza di modo hai giocato stasera?” al termine di una partita di basket, presso una scuola avversaria, la parole dell’allenatore furono una doccia fredda. “Continua così e ti butto fuori dalla squadra.” L’uomo uscì dagli spogliatoi mentre i ragazzi finivano di rivestirsi. David avvilito si sforzò di sorridere e guardò i compagni di squadra.

“Poteva andare peggio!” esclamò ironico. Per tutta risposta gli altri gli lanciarono delle occhiatacce e non si presero nemmeno il disturbo di rispondergli. David con un sospiro prese il cellulare e avvisò la madre che stava per uscire. David attese che i suoi compagni lo precedessero e poi prese il borsone e spinse la porta dello spogliatoio. Gli altri di solito venivano accolti dalle fidanzate o dai loro amici. Ad aspettare lui invece non c’era mai nessuno tranne i genitori, o uno dei due, che lo aspettavano nel parcheggio. Quella sera invece seduto in disparte sulle gradinate trovò Max, coi suoi capelli dritti, con gli immancabili occhialoni quadrati.

“Max? Che cosa ci fai qui.” esclamò piacevolmente sorpreso mentre l’amico gli andava incontro.”Non dovevi uscire con Samantha?”

“Sì, siamo usciti poi l’ho riaccompagnata e sono venuto qui.” disse semplicemente. “Ci tenevo a vederti giocare.”

“Ma come sei arrivato fin qui?”

“Con i mezzi.”

“No, mi dispiace...chissà quanti autobus hai dovuto prendere per una partita schifosissima.”

“Solo tre...non importa. Comunque anche se avete perso siete stati bravissimi. Anche tu sei stato bravo. Sei stato fantastico.”

David si mise a ridere. “Ma se l’unico tiro che ho fatto ha mandato la palla fuori. A momenti ammazzavo una cheerleader.”

“Si ma per quanto fosse un tiro impossibile ci hai provato lo stesso. Mi sono emozionato. Insomma...ce l’hai messa tutta!”

David abbassò lo sguardo e sorrise divertito. “Grazie.” mormorò. “Dimmi un po di te: com’è andato questo sospirato appuntamento?”

Max arrossì. “Oh, le ho chiesto dopo i compiti se voleva andare a prendere un gelato e lei ha detto: Sì. Poi per strada, per sbaglio le ho sfiorato il braccio e lei non si è scansata.”

“Bene, mi sembra un buon segno.” commentò David cercando di non ridere.

“Una cosa importante: ho saputo che a casa la chiamano Sammy. Le ho chiesto se posso chiamarla anche io Sammy e lei ha detto di sì. Volevo dirtelo così quando mi sentirai chiamarla Sammy, capirai che sto parlando di lei.”

“In caso mi confondessi, con tutte le tue donne...” ribatté David ridendo. “Ma poi che è successo? Vi siete baciati? L’hai presa per mano?”

La faccia di Max si fece di tutti i colori e lui rimase zitto per qualche secondo.

“No...” bisbigliò alla fine. “Non...ancora.”

“Giusto. Tra trenta gelati forse...”

Max sporse il labbro dubbioso. “Si sarà già stufata allora...non capisco neanche adesso cosa ci trovi in me.”

David fu infastidito da quelle parole. “Non dire così. O ti tiro una pallonata!”

Max lo guardò intensamente e poi sorrise. “Sai che minaccia...se la tiri tu.”

David mollò la sacca e cominciò a inseguirlo per tutta la palestra mentre l’altro correva urlando e ridendo al tempo stesso. Alla fine David riuscì ad afferrarlo e gli spettinò tutti i capelli.

“Basta, ti prego.”implorò Max ridendo.

“Senti. “ propose David lasciandolo andare “Visto che si è fatto tardi ed è già buio perché non resti a dormire? Stasera prendiamo la pizza.”

“Hai detto pizza?” chiese Max interessato.

“Dai: io ho fatto un tiro emozionante. Tu hai sfiorato il braccio di Samantha. Anzi di Sammy, perdonami. Dobbiamo festeggiare.”

“Con piacere!” accettò Max.

“Devi avvisare tua madre?” chiese David mentre si avviavano verso l’uscita.

“No.” Max si incupì. “Stasera lei...non rientra.”

David non fece domande. “Meglio così andiamo.” Gli cinse le spalle esili con un braccio e lo condusse fuori sua madre lo stava aspettando in macchina.

“Mamma, sono preoccupato per Max.” disse David una mattina mentre finivano di fare colazione. “Mi trovo bene con lui e nelle ultime settimane abbiamo legato parecchio. Solo che c’è qualcosa che non mi dice. Non parla molto di sé e della sua famiglia, specie di sua madre. Secondo te ha dei problemi?”

“Tesoro, a me e tuo padre piace molto il tuo amico Max. E´un ragazzo molto sensibile ed è educatissimo. Quando viene qui non chiede mai nulla ma è sempre riconoscente per ogni piccola attenzione. Ma si vede che soffre. Io credo che quel ragazzo sia molto solo e molto probabilmente ha dei problemi a casa.”

“Cosa posso fare per aiutarlo?”chiese David rattristato.

“Aspetta che sia lui a confidarsi. Nel frattempo dimostragli che ci sarai per lui nel momento del bisogno.

 

Il momento arrivò pochi giorni dopo quando ricevette una strana telefonata da parte di Max.

“David...” mormorò con un tono appena udibile.

“Max!Non eri a scuola oggi. Che è successo? Stai male?”

Per qualche secondo non ebbe risposta. “No...” bisbigliò Max respirando con affanno. “E´ che...”

Dall’altra parte del telefono David udì i singhiozzi sommessi dell’amico. “Cosa posso fare? Vuoi che venga da te?” chiese preoccupato.

Dopo un attimo di esitazione sentì un “sì” sofferto. “Vengo subito allora. Dammi l’indirizzo.”

“David...ascolta: io vivo in un posto un po’ brutto...ecco.”

“E io verrò nel posto un po’ brutto.”

 

Brutto forse era un eufemismo. Mentre David osservava dal finestrino dell’autobus la periferia degradata dove viveva Max, ebbe i brividi. Scese alla fermata indicata dall’amico e si fece strada in mezzo alle palazzine decadenti ricoperte di scritte e circondate di rifiuti. Non c’era neanche un albero, né un’aiuola, l’unica traccia di verde erano i mucchi di erbacce che infestavano i marciapiedi. La gente lo guardava in modo truce, molti erano già ubriachi in pieno giorno, ma per fortuna nessuno lo infastidì fino a quando varcò la soglia del palazzo di Max. Mentre saliva le scale incontrò un omaccione dai folti capelli scuri con un grosso mazzo di chiavi legato alla cintura. “Cosa vuoi ragazzino?” chiese sospettoso. David sorrise nervosamente e usò un tono garbato. “Buongiorno, cerco Max Morales, sono un suo amico.”

L’uomo sospirò amareggiato. “E´al terzo piano. Seguimi.” Mentre gli faceva strada il suo accompagnatore prese a raccontare. “A me dispiace. Mi dispiace veramente. Ho aspettato. Sono sei mesi che aspetto, ma ho una famiglia da mantenere, i soldi degli affitti mi servono. Cosa gli do da mangiare ai miei figli? Me lo spieghi tu?” David all’inizio non capì perché gli stesse raccontando tutto ciò. “Che cos’è che le dispiace, signore?” chiese mentre continuava a salire dietro di lui.

“Nessun signore.” replicò l’altro. “Mi chiamo Tony. Io ho avuto pazienza, dicevo, ma poi quella è sparita nel nulla lasciando quel povero ragazzino da solo. Ha provato a fingere il contrario ma io non sono nato ieri e alla fine ho capito benissimo che la madre non viveva più lì. Quindi basta è finita. Oggi devo liberare l’appartamento.”

David sussultò “Sta parlando di Max? Lo vuole mandare via?”

“Devo farlo ragazzo. Non ho scelta.”rispose Tony. Sembrava seriamente dispiaciuto. Il pianerottolo del terzo piano aveva le pareti sporche e le mattonelle scheggiate. Una delle porte era spalancata e aveva davanti una fila di scatoloni di cartone appoggiati contro la parete.

“Max, hai visite.” annunciò Tony affacciandosi nella stanza. David entrò ansioso e trovò il suo amico seduto sul divano con lo sguardo perso nel vuoto. Aveva gli occhi rossi.

“Max...” mormorò andandogli incontro. Si sedette vicino a lui e gli posò un braccio sulle spalle.

Max si girò a guardarlo ma non disse nulla.

“Mi dispiace ma non c’è più tempo.” disse Tony amaramente, accennando alle scatole. David si rivolse al padrone di casa. “Può concederci solo un minuto, per favore.” L’uomo annuì. “Quello che non ti porti via, dovrò buttarlo.” disse prima di uscire. Max non gli rispose.

“David mi dispiace.” disse finalmente quando rimasero soli. “Mi dispiace averti fatto venire qui. Vedere questo schifo...”concluse alludendo allo squallore dell’appartamento.

“Non mi importa. Sono preoccupato per te. Cosa è successo? Dov’è tua madre?”

“Lei...se n’è andata, David. E non tornerà più.”

David non voleva crederci. “Perchè dici questo?”

“Era triste. Passava da un lavoro all’altro. Poi ha conosciuto un tizio. L’uomo della sua vita, secondo lei. Lui voleva che vivessero insieme, diceva che si sarebbe occupato di lei, che poteva portare tutta le sue cose a casa sua, tranne una. Indovina quale? Non gli piacciono i ragazzini. Mia madre allora gli ha detto che non c’erano problemi: “mio figlio è grande, sa badare a sé stesso.” Ha fatto le valigie, mi ha lasciato una spesa e un po’ di soldi e mi ha promesso che sarebbe venuta ogni giorno. Per un po’ l’ha fatto poi non è più venuta. Quando l’ho chiamata l’ultima volta si è pure arrabbiata. Poi non ha più risposto. I soldi sono finiti. E anche le provviste. Non c’è rimasto niente.”

David ascoltò sbalordito. Poi si fece coraggio e fece un’altra domanda all’amico.

“Max, posso chiederti una cosa? Non ne hai mai parlato...ma dov’è tuo padre?”

“Non lo so...” bisbigliò Max sul punto di piangere. “Non so chi sia mio padre.”

David lo abbracciò e non aggiunse altro per diversi minuti.

“Dove andrai adesso? Hai altri parenti? Ti ci posso accompagnare.”

Max scosse la testa. “Non ho nessuno. Mi metteranno in una casa famiglia o in un posto del genere.”

“Troveremo una soluzione. Vuoi che ti aiuti a prendere le tue cose?”

Max annuì e si alzò. “Non c’è molto da prendere...”

 

La camera di Max era minuscola, arredata con pochi mobili di legno scadente, tra cui un armadio ad una sola anta che si reggeva per scommessa. Le pareti erano spoglie ad eccezione di pochi disegni appesi con lo scotch raffiguranti i personaggi dei videogiochi preferiti di Max. Sul muro vicino alla finestra invece era stata ritratta con i gessi una figura alata che David non riconobbe subito.

“Mi piace.”

“Doveva essere l’escaflowne, ma mi è venuto male. Sembra un drago con l’artrite.”

“E´ carino sembra che voglia uscire dalla finestra.”

“Più o meno l’idea era questa...” David non fece altri commenti e aiutò Maxchi a piegare i pochi vestiti che aveva dentro un borsone insieme a qualche libro e dei pupazzetti da collezione.

Aveva ragione, non c’era molto da portare via. Quando uscirono dalla stanza Max entrò nella camera di fronte e si guardò intorno con gli occhi lucidi. David fu sorpreso di vedere il contrasto tra l’arredamento raffinato e alla moda di quella camera con il resto della casa. Su una cassettiera spiccava un minuscola cornice che raffigurava Max da piccolo in braccio alla mamma. Non c’erano altre foto recenti di lui in quella stanza, solo dei primi piani dedicati alla madre. Era piuttosto bella, nonostante un trucco un po’ pesante ma la cosa lo fece irritare, se possibile, ancora di più contro quella donna.

“Vuoi prendere qualcosa da qui?” Alcuni oggetti sembravano costosi, forse poteva farci qualche soldo. Max avanzò lentamente verso la cassettiera e prese la piccola cornice. “Solo questo.”

 

Quando tornarono in salotto ritrovarono Tony. “Mi dispiace tanto ragazzo ma adesso dovrò chiamare i servizi sociali..”

David si fece avanti con aria protettiva. “Non serve. Viene a stare da me.”

 

Mentre aspettavano l’autobus su una panchina rimasta miracolosamente intatta, Max guardò l’amico preoccupato. “Credi che i tuoi genitori saranno d’accordo?”

“Max! I miei saranno felicissimi. Non solo perché ti vogliono bene, ma anche perché hanno sempre desiderato un altro figlio. Mamma ha provato a darmi un fratellino, ma non ha potuto...Poi hanno provato ad adottare un bambino, ma non ci sono riusciti. Tu sei una risposta alle nostre preghiere.”

L’altro lo fissò stupito.

“Puoi restare quanto vuoi. Ti daremo la stanza degli ospiti. Tanto non abbiamo mai ospiti. Almeno fino a quando avrai diciotto anni e andrai al college. Pensi di riuscire a sopportami per quattro anni?”

Max si asciugò una lacrima e sorrise. “Ci possiamo provare.” sussurrò.

 

Quattro anni dopo

 

Trasportare uno scatolone pensante colmo di libri fino al bagagliaio della vecchia passat non era un’impresa semplice. Ma il giovane proprietario dell’auto poteva contare sulle braccia ormi divenute robuste e sull’aiuto del fratello adottivo.

“Al mio tre.” disse Max. “Uno, due...” Alzarono lo scatolone e lo spinsero dentro il vano bagagli, pieno fino a scoppiare. “Max, ti prego dimmi che questo è l’ultimo!” implorò David col fiatone.

“Tranquillo abbiamo finito. Dobbiamo solo chiudere lo sportello.”

“E´una parola.” osservò David. “Sta per esplodere.”

“Coraggio possiamo farcela.” lo incitò Max. Spinsero con la pressione delle mani, poi si voltarono e spinsero anche con quella delle loro schiene. Alla fine il portellone si chiuse mentre loro scivolarono a terra.

“Lo avevi messo il freno a mano?”chiese David percependo uno strano rumore.

Max fu assalito da un dubbio e si alzò velocemente mentre la macchina cominciava a muoversi da sola per la discesa. Fece in tempo a raggiungerla e a tuffarsi nel finestrino, lasciato miracolosamente aperto. David gli corse dietro e respirò di sollievo quando l’auto si fermò.

“Ancora un po’ e si avviava per il college da sola.”rise David quando Max riemerse fuori dall’abitacolo col fiatone.

Max sorrise e tornò verso di lui. “Insomma...” disse andando di fronte all’amico. “Pare che ci siamo.” David si fece improvvisamente serio mentre gli andava incontro. Per un po’ nessuno disse nulla.

“Telefona quando arrivi, ok?”

“Promesso.”

“E non correre in autostrada, piuttosto tieniti a destra e lasciati sorpassare.”

“Sì, e se fa freddo mi metterò il maglione. Sembri tua madre.”

“Tu ci scherzi, ma ti ammali sempre appena si alza un filino d’aria. Ma ci penserà Samantha a te adesso. Andrai da lei per il Ringraziamento?”

“Si, glielo ho promesso.”

“Ma per Natale torni, vero?” chiese in tono minaccioso.

“Non si discute.” promise solennemente Max.

David annuì e lo abbracciò. Max ricambiò la stretta e pianse.

“Grazie...” disse semplicemente. “Grazie di tutto.”

“Grazie a te.” rispose David con un sorriso. “Non mi farai piangere.”

Max ridacchiò e tirò fuori una lettera. “Questa è per te. Ma leggila quando sarò partito.”

David lo guardò perplesso e accettò la busta, incuriosito. Max preparò le chiavi e cominciò a dirigersi verso lo sportello del guidatore.

David lo trattenne e gli diede un altro abbraccio. “Chiama quando arrivi.” gli ripeté con la voce rotta dall’emozione. “Anche durante il viaggio se vuoi, quando fai una sosta...”

“Va bene. Vedrai che ti romperò spesso le scatole. Quando parti tu?”

“Tra tre giorni.”

“Bene mi preparo la lista di raccomandazioni inutili e tra tre giorni ti chiamo.”Max entrò in macchina mise in moto e partì continuando a salutare David agitando la mano fuori dal finestrino.

David lo seguì con lo sguardo mentre si allontanava, con un groppo in gola e aprì la lettera.

 

 

 

 

 

Caro David,

 

Non so quando sia iniziata la nostra amicizia; in realtà non è importante che io ricordi la data esatta. Mi basta sapere che tu ci sei e che mi aiuterai quando ne avrò bisogno. Ti guardo e so che insieme abbiamo capito il valore di parole come fiducia, rispetto, tolleranza e affetto.

Molte persone entrano ed escono dalla nostra vita, però sono solo poche quelle che lasciano una traccia indelebile nel nostro cuore. *

Non potrò mai ringraziare abbastanza te ed i tuoi genitori per avermi accolto nella vostra famiglia ed esservi presi cura di me. Ho cercato di ripagarvi con tutto l’affetto di cui sono stato capace, anche se non sarà mai abbastanza. Ma c’è una cosa per cui non ti ho mai ringraziato e che era difficile da fare a voce.

Il giorno in cui ci siamo incontrati la prima volta a scuola c’era un motivo se stavo svuotando l’armadietto. Mia madre se ne ero andata ed ero distrutto. Non avevo nessuno al mondo a cui importasse di me e avevo deciso di farla finita. C’erano delle pillole che mi madre aveva preso tempo prima che sembravano adatte allo scopo. Mi stavo portando tutto a casa perché, in caso avessero informato mia madre, non volevo esporla all’umiliazione quando sarebbe andata a scuola per prendere le mie cose. Quando ti ho conosciuto ho avuto la speranza che la vita potesse essere diversa e ho gettato via quelle maledette pillole. Mi sono vergognato tanto per quello che stavo per fare, per questo non ne ho mai parlato con nessuno. Ma non potevo partire senza averti confessato questa cosa. Quel semplice gesto di gentilezza ha cambiato la mia vita. Grazie di aver raccolto i miei libri. Grazie di essere stato mio amico. Sarai sempre un fratello per me.

Max

 

David lesse e rilesse la lettera, finché non fu inzuppata dalle sue lacrime. Sorrise e si asciugò gli occhi guardando nella direzione in cui era andato via Max. Il suo migliore amico. Il suo fratellino a tutti gli effetti.

“Alla fine c’è riuscito a farmi piangere.”

 

 

 

 

Note autore

Il racconto è ispirato ad una storia vera che avevo letto in un libro tanti anni fa. Non sono riuscita a ricordare o a rintracciare il libro, comunque la storia dell’adolescente che aveva svuotato l’armadietto prima di tentare il suicidio, che poi venne fermato dall’amicizia offerta da un altro ragazzo, è un fatto reale.

 

La vicenda familiare di Max si ispira a quella del pastore americano Bill Wilson che venne abbandonato per strada dalla madre all’età di dodici anni. Venne accolto da una famiglia che lo adottò e da adulto fondò un’associazione che si prende cura dei bambini abbandonati.

 

Alcuni nomi e cognomi Banner, Morales, Tony sono ispirati a quelli di alcuni personaggi Marvel

 

*Citazione dal telefilm Rebelde Way

 

 

  
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