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Autore: Sakuminitan    13/07/2021    14 recensioni
La vita di una ragazza alta poco meno di un pollice nell'Italia dei nostri giorni, tra quotidianità e desiderio di realizzare sé stessi.
Mise da parte il 'piumone', e giratasi di lato appoggiò i piedi direttamente sul 'pavimento'. Quello che per lei era un piumone è per noi solo un batuffolo quadrato di cotone, e quello che per lei era un pavimento è per noi la superficie fredda e legnosa di una scrivania. Camminò seccata, a passi veloci, in direzione della sorgente di quel frastuono infernale. Quella che si trovava davanti era un'enorme piattaforma rettangolare, giacente a pancia in su, nera ai bordi e dotata di una superficie scura e riflettente nel mezzo; la musica sembrava provenire da una piccola grata su uno dei bordi. In poche parole, era un telefonino.
(dal prologo)
Genere: Introspettivo, Slice of life, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo.

 

Una musica infernale rimbombava sulle pareti della stanza, risuonando a un numero inaudito di decibel da ogni direzione. Il pavimento tremava a intervalli regolari come colpito da un terremoto a intermittenza, e c'era un forte ronzio che—con la stessa cadenza—non faceva che aggiungersi alla confusione già prodotta dalla musica. Una tale baraonda avrebbe fatto impazzire chiunque: ma si trattava solo di ciò che noi comunemente definiremmo sveglia.

Marina aprì gli occhi, ancora semiaddormentata ma già visibilmente infastidita. Mise da parte il 'piumone', e giratasi di lato appoggiò i piedi direttamente sul 'pavimento'. Quello che per lei era un piumone è per noi solo un batuffolo quadrato di cotone, e quello che per lei era un pavimento è per noi la superficie fredda e legnosa di una scrivania. Camminò seccata, a passi veloci, in direzione della sorgente di quel frastuono infernale. Quella che si trovava davanti era un'enorme piattaforma rettangolare, giacente a pancia in su, nera ai bordi e dotata di una superficie scura e riflettente nel mezzo; la musica sembrava provenire da una piccola grata su uno dei bordi. In poche parole, era un telefonino.

Ci salì su facendosi leva con un ginocchio, e quando fu in cima si mise a saltare a più non posso. Non sarebbe mai riuscita a spingere il bottone laterale che avrebbe sbloccato lo schermo, ma sapeva che il saltare su e giù sullo schermo avrebbe prima o poi fatto capire allo smartphone che era ora di attivarsi. Dopotutto era così che spegneva la sveglia ogni mattina. Ci vollero quasi dieci salti perché il telefono ne captasse due di fila, e li associasse a un doppio tocco per sbloccare il display. Adesso si trattava solo di camminare in punta di piedi (per non attivare nulla involontariamente), e saltare con decisione sul punto esatto del menu per interrompere definitivamente la sveglia. Subito cadde il silenzio nell'ambiente, e anche il terremoto causato dalla vibrazione del cellulare si acquietò.

«È fatta» si disse Marina piano piano, quasi a far riposare le orecchie, mentre si sedeva a riprendere fiato sul bordo del telefonino, e trascinava i piedi sulla superficie della scrivania sotto di lei. Raggiungere la cucina per la colazione non sarebbe stato uno scherzo, ma la cosa non la preoccupava: l'aveva già fatto sì e no altre settemila volte e più, in fondo.

   
 
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