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Autore: coopercroft    13/07/2021    0 recensioni
Laura Lorenzi è un giovane dottoressa italiana, arrivata a Londra per specializzarsi in patologa forense. Convive con un doloroso passato che l'ha chiusa in una solitudine forzata.
Quel lavoro, che tanto ha voluto, le fa conoscere un uomo complicato e singolare con cui inizia un rapporto altalenante pieno di luci e ombre: Mycroft Holmes, fratello maggiore del più noto Sherlock.
Quella frequentazione problematica trascina Laura in gioco di potere, di attentati, di omicidi che logorerà entrambi.
Tra discussioni e riavvicinamenti, si ritroverà a combattere con caparbietà per quel sentimento tormentato che li avvolge sempre più strettamente: una "solitudine elettiva" che li porterà ad aprirsi reciprocamente.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Watson, Mycroft Holmes, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Arrivati a Pall Mall, Albert ci lasciò all’ingresso della villa. Era testimone della nostra intesa e del nostro primo bacio. Mycroft lo sapeva fidato, non si preoccupò più di tanto. Mi aiutò a scendere e mi sorresse anche se protestai decisa, ma insistette così tanto che dovetti cedere.

“Ora farai un bel bagno caldo, ti rilasserai fino all’ora di cena.” Lo fissai sorridendo. “Scusa e come mi vesto, che non ho nulla con me.” Lo strattonai ridendo.

“Ma come, sono l’uomo oscuro più potente di Londra, e non ho pensato alla tua biancheria? Mi sottovaluti Laura.” 

“Uhm…Aspetta fammi pensare…Anthea? Hai ordinato a lei di portarmi un cambio?”

Gli si stampò un sorriso malizioso sulle labbra.

“Indovinato! Un cambio completo che ti ripaghi del tuo, rovinato dal sangue. Era il minimo che potessi fare.” Prese a roteare il suo ombrello, felice di avermi sorpreso.

“Myc, sei un manipolatore! Ti eri già preparato, dimmi la verità?” Gli diedi una spinta affettuosa.

“No, mia dottoressa operosa, sei talmente imprevedibile che ho atteso la tua decisione. Ma ero certo che avresti ceduto.”  Aggrottò la fronte mi prese per la mano e mi trascinò lungo il vialetto. 

“E per quale motivo, uomo oscuro più potente di Londra?”

“Perché mi ami, che altro.” Aprì le braccia in segno di resa.

“Non ho detto di amarti e nemmeno tu l’hai fatto!”  Ribadii abbassando la testa, lui storse il naso.

“Anche questo è vero. Forse non abbiamo ancora superato la fase friends.” 

“Dopo quel bacio? Non dirmi che non hai provato nulla, mentiresti, perché sappiamo entrambi il sentimento che ci avvicina sempre di più.” Mi fermai, respirai profondamente, non volevo dubitasse di me.

 Lui annuì, ma parve esitare. Mi domandai cosa lo turbasse.

“Prendiamoci del tempo Laura, ora però ti riposi.” Evitò di parlarne e io non lo sollecitai.

 Eravamo giunti in casa, salimmo di sopra dove c’era la sua camera. Una matrimoniale ampia, con colori chiari, un lungo mobile basso di fronte al letto, con appoggiato un ampio specchio. Un armadio a muro che probabilmente conteneva i suoi costosi vestiti.  Un portabiti di legno vicino alla finestra.  Il letto coperto con una trapunta panna con ricami in tinta. 

Mi buttai in malo modo sul matrimoniale e mi raggiunse un’occhiata truce.

“Tira su le coperte, piccola selvaggia! Fila a lavarti, tra poco arriva Anthea con il tuo cambio.”   Mi mostrò un bagno alla fine della stanza, con doccia e un ampio idromassaggio. Per non bagnare la ferita, optai per la vasca, così Myc la riempì.

“Per Dio, hai praticamente le terme in casa.” Era il bagno più lussuoso che avessi visto, con tutti i confort.

Strizzò gli occhi. "Qualche comodità ci vuole, dopo tutto l’impegno che metto nel lavoro. Fai pure, la biancheria l’appoggio sul letto. Usa il mio accappatoio è pulito.”

“Non lo metto in dubbio, conoscendoti.” Si irrigidì alla mia frase.

“Perché, che vuoi dire?” 

Agitai le mani in aria girandomi a guardarlo. “Non andare in allarme Myc, volevo dire che sei sempre così preciso nel fare le cose.”

“Vuoi dire pignolo, Laura? Perché ti conosco, piccola selvaggia.”

Sbuffai, e non risposi, iniziai a spogliarmi e lui uscì discreto.

Mi immersi nella vasca, mi sentii molto meglio, rimasi a mollo un bel po'. L'idromassaggio era divino, rilassante al punto giusto. La stanchezza si fece sentire, così uscii cercando di non allagargli la stanza. Il suo bagno era così ordinato e pulito, nemmeno il tubo del dentifricio era piegato in modo asimmetrico. Non era pignolo, era proprio un maniaco dell’ordine.

 Mi asciugai nel suo accappatoio e sorrisi pensando che era morbido e avvolgente come il bacio che ci eravamo scambiati.

Sul letto c’era la mia biancheria intima, e una maglia di cotone oversize bianca che probabilmente era di Myc, la indossai come pigiama, sentivo la voglia di distendermi un po'. Tirai indietro le coperte, attenta a non fare danni. Il cuscino aveva il suo profumo, appoggiai la testa e lo respirai. La spalla si era calmata e la ferita sul collo era inerme. Mi addormentai come una stupida.

Sentii i rintocchi del pendolo del corridoio, mi svegliai coperta, con la stanza e il bagno in ordine. Mi maledissi per non aver messo a posto le sue cose, sapevo quanto ci tenesse.

Mi cambiai, infilai la camicia azzurra e i Jeans che aveva portato Anthea, scesi di sotto curiosa di vedere cosa stesse facendo.

Era seduto sul tavolo, vicino al camino in camicia, le maniche arrotolate con le buffe giarrettiere, il gomito appoggiato sul tavolo e la mano sotto al mento, guardava il suo prezioso laptop. Non si avvedeva di nient’altro.

Scesi le scale in silenzio e mi avvicinai.

“Laura, sei sveglia. Come stai?”  Alzò gli occhi e chiuse di scatto il laptop.

“Sto meglio, ma non avere paura, non voglio sbirciare il tuo prezioso computer.” Evitai di avvicinarmi troppo, ma la sua reazione mi aveva infastidito. Se ne avvide.

“Meglio che tu ne stia alla larga, molti vorrebbero metterci le mani.”

“E lo metti in mostra così?”  Glielo indicai.  “Mi avrebbero ucciso per quello.”  Sorrisi amaramente e mi accucciai sulla poltrona vicino al camino a godere del tepore del fuoco.

“Già è vero,” si pizzicò il naso, la fronte piegata dalle rughe, “ho deciso di cambiare metodo.”

“E quale Myc?  Qual è la soluzione che ci allontani dai pericoli e dalle tue maledette cartelle!”  Stavo andando oltre e me ne rammaricai.

“Non ti do torto Laura, ho messo in pericolo molte vite.” Si fermò un paio di secondi. “Parto...  Domani vado in Europa dell’est.” 

Se mi avessero sparato avrei reagito in modo più sobrio.

“Come, parti? Ma per quale motivo.”   Mi accomodai meglio, arrancai senza fiato.

“Volevo dirtelo dopo cena, ma fa lo stesso, se dobbiamo litigare facciamolo subito.”  Mi alzai seccata. “Hai una faccia che non promette nulla di buono. Cosa stai per dirmi?”

 

 

“Siedi e ascolta ti prego.”  Lo feci svogliata e preoccupata. Lui si accomodò di fronte. Il camino crepitava e sarebbe stato bello stare abbracciati a godere del suo calore. E invece no!  Aveva il potere di rovinare tutto. Parlò lentamente, la voce però era decisa.

“Ci era giunta voce di un attacco terroristico alla linea British Airways. Così decidemmo di preparare un volo con persone decedute, che in caso di abbattimento fossero verosimilmente…morte: il nome in codice “Bond Air.”  Sherlock mi aiutava con l’aiuto di Molly, venivo all’obitorio a cercare cartelle di persone decedute, che nessuno reclamasse.  Sventato l’attentato, la trappola per individuare i mandanti, avrebbe dato i suoi frutti.  Ma qualcosa è andato storto.”

Prese tempo, si versò dello scotch che io invece rifiutai.

“Sappiamo che Sir Malvest fa il doppio gioco, ma non ne abbiamo le prove. Ha cominciato a insospettirsi e mi ha mandato un avvertimento, importunando… te.  Fu allora che incaricai Gwen di introdursi nelle sue fila.” Mandò giù lo scotch troppo in fretta e tossì.

“Non so come l’ha scoperta, ma per mantenere il segreto, lei si è fatta uccidere.”

La voce gli mancò.  “Edwin sa che ti proteggo, come tutta la mia famiglia, siete il mio “pressure point”.  Appoggiò il bicchiere, sospirò.  “Così inscenai l’esca di stamane facendo filtrare la notizia che il laptop conteneva tutti i codici del piano.   Una loro visita e la dimostrazione della mia debolezza mi avrebbe spinto a consegnare i piani. Un virus informatico e Malvest sarebbe caduto in trappola.”  Si abbandonò sulla poltrona.  “Non avevo calcolato il tuo ritorno e ho dovuto cambiare i miei piani.”

Agitò la mano per scacciare un dolore nascosto.  “Il resto lo sai, certo non potevo lasciare che ti facessero del male. Così ho chiesto l’intervento della sicurezza.” Si alzò e si portò davanti a me, che ero completamente spiazzata. Avevo mandato a monte la sua trappola.

“Mi dispiace di averti rovinato tutto, ma Molly è andata via prima e di conseguenza sono rientrata. Mi alzai e lo raggiunsi, lo presi per il braccio. “Dio, scusami.”

Myc afferrò le mie mani. “Di cosa, Laura? Di un piano che era traballante? Dove ho rischiato di coinvolgere altre persone? No, io ho sbagliato mettendoti in pericolo e io rimedierò.” Si allontanò senza che potessi trattenerlo. Temevo qualcosa di inaspettato. La sua voce mi spaventò, era dura.

“Per tenerti al sicuro, per tenervi tutti al sicuro, devo partire, risalire a loro, nel loro stesso covo.”  Si fermò al centro della stanza, si voltò con la fronte percorsa da rughe profonde. 

“Il mio rapimento è già programmato, dovrò resistere tre o quattro giorni, poi arriverà Sherlock e li prenderemo tutti. Solo allora finirà ogni pericolo.”

 Si aspettava la mia reazione che arrivò puntuale.  “Dico, ma sei ammattito? Ti tortureranno, vorranno i codici a qualsiasi costo!  Finirai per farti uccidere.”   Balbettai, incespicai nelle parole confusa mentre lo fissavo esasperata. “Ti vuoi sacrificare per Dio! Mycroft sei completamente fuori!”

“Fuori? Come? In che senso?”

“Non fare questi giochetti con me e la Lingua. Pazzo, va bene, vuol dire PAZZO!”  Mi alzai fuori di me, gli occhi lucidi, incapace quasi di respirare. Ma mantenni la distanza mentre il mio cuore sembrava fermarsi.

“Ma che razza di piano è? Fai più presto a spararti un colpo in testa!”  Fu lui ad avvicinarsi, mi prese per le spalle dimenticandosi della torsione. Mi lamentai.

“Scusami, non volevo.”  Abbassò rapidamente le mani.  “So che tieni a me, so anche quanto, ma non posso fare altro Laura, è il mio lavoro ed è un mio errore. Sono comunque addestrato, non sono sempre stato dietro ad una scrivania.” Sospirò, ma la voce mi sembrò incerta.  “Forse potrebbe non succedere nulla, ci sono molte variabili.”

“Parli come un martire!  Gesù Cristo! Ma ti rendi conto cosa vuol dire resistere a quattro giorni di torture?”  Non riuscii a trattenere le lacrime, perché sapevo, ero assolutamente certa che non si sarebbe fermato.

“L’hai vista Gwen come l’hanno ridotta? Per Dio, Myc.”  Singhiozzai, lo fissavo, lui era dannatamente vicino.

“Chi l’ha uccisa ha già pagato.” Un ghigno cattivo gli passò sul volto.

“E questo ti consola? Dovrebbe consolare anche me?  Lei aveva una vita, te ne rendi conto.” Gridai, troppo e malamente.

“Era un agente, sanno a cosa vanno incontro, anch’ io lo so.”

Persi la ragione, piena di dolore e paura.

“Ma ti senti? Senti quello che dici?” Lo spinsi via da me, furiosa. La voce mi morì in gola.  

“Laura, mi dispiace, avrei voluto avere più tempo, ma è andata così.” Mi tenne testa, si riavvicinò e mi abbracciò. La sua stretta mi sembro disperatamente rassegnata, mi lasciò piangere sulla sua spalla.

“Non puoi farmi questo, Myc! Non così.”  Mi lasciò sfogare come fossi una bambina capricciosa, mi dondolò dolcemente, poi mi prese il volto fra le mani. 

“Promettimi che se tornerò cambiato, sarai paziente col tuo British Government, anche se non dovessi essere…. propriamente in me.”

 

Annuii, con il volto bagnato, gli stampai un bacio sulle labbra che lui ricambiò dolcemente, ma non andammo oltre.

Ora non ero più sicura di nulla: se provavo amore, se dolore, se rabbia per la sua partenza.

E nemmeno lui capiva bene come comportarsi. Lo sentii esitare, ma si allontanò, perché ebbe il sopravento il suo senso del dovere di proteggere la nazione. Mi asciugai le lacrime, un mutuo accordo passò tra noi. Nessuno dei due doveva parlarne più.

 Cenammo mantenendo una falsa serenità. L’unico contatto che mi permise, fu tenergli la mano e accarezzarla.

Parlammo dei suoi libri preziosi, stemperammo un po' la tensione.  Riordinammo in cucina, prima che me ne andassi perché doveva prepararsi e non potevo restare di più.

 Si avvicinò alla poltrona, prese il suo libro prezioso: Il mercante di Venezia.  “Laura, prendilo tu e rileggilo, ma non finire l’ultimo capitolo,” si fermò a respirare profondamente, “lo finiremo insieme quando tornerò.”

Mi mancò l’aria, annuii e afferrai saldamente quel libro che tanto mi legava a lui. Mantenni la calma cercando di non fargli pesare la partenza.

“Promettimi che tornerai.” Mormorai.

“Te lo prometto, perché ora ne ho il motivo... e sei tu, Laura Lorenzi.”

 

 

 

 

 

   
 
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