Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Cida    13/07/2021    20 recensioni
Raccolta di AU (OneShot e FlashFic) non necessariamente collegate fra loro sulla coppia Elsa/Jack.
#1 - A game we have to win [Modern!AU - No Powers] - Partecipa alla "Real Life Challenge" indetta da ilminipony sul Forum EFP
#2 - Temptation [Angel/Demon!AU - GoodOmens!AU] - Partecipa alla "AU!Week" di M a k o
#3 - Prova a prendermi [Cat'sEye!AU]
#4 - In the Blood [Vampire/Witch!AU]
#5 - (The world doesn't need another) Dream Girl [OUAT!AU] - Candidata agli "Oscar della Penna 2023" indetti sul forum Ferisce più la penna
#6 - Mr. & Mrs. Frost [Mr&MrsSmith!AU]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Elsa
Note: AU, Cross-over, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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A_game
Questa one-shot partecipa alla "Real Life Challenge" indetta da Ilminipony sul forum di EFP.
Dettagli in fondo.

Rating: Verde


    Se c’era una cosa che tutta la cittadina di J. sapeva era che l’energia scaturita dalla rivalità fra la giovane Elsa Bleket e il suo coetaneo Jackson Overland sarebbe stata in grado di sopperire al fabbisogno elettrico di una settimana intera.
J. non era molto grande ma neanche così piccola da non potersi permettere un istituto scolastico in cui ospitare i suoi bambini e ragazzi. Elsa e Jack si erano, così, incontrati per la prima volta fra i banchi della stessa classe e si erano bellamente ignorati come solo i bambini e le bambine piccoli sapevano fare, finché non si erano ritrovati, con gli scarpini ai piedi, a gareggiare sullo stesso campo di atletica.
Erano entrambi davvero bravi e, gara dopo gara, dove l'uno perdeva poi recuperava e così via in un circolo vizioso che li portava a migliorarsi ancora e ancora, senza che nemmeno se ne rendessero conto.
Vederli gareggiare era uno spettacolo: Jack era uno spirito libero, energico e frizzante mentre Elsa era precisa, metodica e si muoveva sulla pista con l'eleganza di una vera regina. C'era una cosa, però, che li accomunava, capace di rapire chiunque li guardasse: nei loro esercizi erano così leggiadri e rapidi che sembrava godessero dei favori del vento stesso.
Ogni gara era accesa, infiammata, dal loro spirito di competizione, il che era davvero buffo date le ondate di gelo che si riversavano addosso e il risultato finale non era mai scontato, almeno finché i loro fisici non avevano iniziato a crescere e il loro cambiamento era diventato, improvvisamente, un ostacolo troppo difficile da superare.
In soccorso dell'orgoglio ferito di Elsa, incredibilmente, era venuta la cittadina di J. stessa che ospitava, sì, un istituto scolastico ma non arrivava ad averne uno di grado superiore. Così, le loro strade si erano separate e le loro gare si erano concluse. Tuttavia, l'orgoglio in certi frangenti rischiava di rivelarsi più un limite che uno sprone: capace di saziare solo per un istante ma, poi, la fame tornava inesorabile e implacabile[1]. Quei frangenti, però, sia Elsa che Jack erano ancora ben lontani dal comprenderli, sebbene ne fossero già - loro malgrado - inesorabilmente risucchiati.
Complici studi e giri di amicizie diversi, i due ragazzi avevano cominciato a frequentarsi sempre meno e gli anni erano passati, li avevano visti laurearsi e, al momento, prendersi un meritato periodo di riposo prima di lanciarsi nel frenetico mondo del lavoro.


    Elsa uscì dalla porta e inspirò a fondo l’aria di J., l’aria di casa. Era arrivata il giorno precedente, dopo un lungo viaggio e tutto quello di cui aveva avuto bisogno era stato un bel sonno ristoratore e la compagnia e l’affetto della sua famiglia.
Come ad ogni suo ritorno, però, il giro di rito in solitaria non poteva mancare: era un piacere constatare come certe cose non cambiassero mai, dando quella giusta dose di sicurezza in contrapposizione alla curiosità che sapevano accendere quelle piccole novità come un nuovo negozio, ad esempio, o dei vicini trasferitisi da poco.
«Bleket?» una voce familiare, sebbene un poco diversa dall’ultima volta che l’aveva sentita, la fece voltare.
Il suo sguardo si accese non appena si rese conto di non essersi sbagliata «Overland…»
Il sorriso che si disegnò sulle le labbra di lui ebbe il potere di confonderla per un attimo «Allora è vero che sei tornata, ho saputo dei tuoi risultati eccellenti. Congratulazioni!»
«Grazie» si schermì un poco, presa in contropiede «A quanto pare le notizie volano qui, eh?»
Jack sghignazzò «Lo sai com’è fatta J., le notizie sono sempre sulla bocca di tutti, soprattutto quelle belle… o quelle piccanti»
Lei si trovò a ridere con lui, constatando come il ragazzo non fosse cambiato per nulla… se non che era diventato più alto, i lineamenti più marcati, il fisico più definito… perché cavolo stava pensando a quelle cose? «Tu, invece?» buttò lì, cercando un pretesto per evitare che l’imbarazzo si trasferisse sul suo viso «Temo di essere arrivata da troppo poco e non ho ancora ricevuto la mia giusta dose di pettegolezzi»
Il ragazzo scrollò le spalle «Anch’io sono finalmente libero dall’università e, visto che sono stato via a lungo, prima di scoprire cosa mi riserverà il futuro, ho preferito tornare a casa per un po’… come te, immagino»
Elsa annuì e lui pensò che non fosse cambiata poi granché: sempre di poche parole, riservata… bellissima. A ben guardarla, forse, in due o tre punti era decisamente cambiata
«Ti ho trovata!» la voce squillante della giovane Anna si intromise di forza fra i loro pensieri e due esili braccia circondarono il collo della maggiore delle sorelle «Ciao, Jack!» lo salutò con un rapido cenno del capo, per tornare subito a richiamare l’attenzione dell’altra «Ti stavo cercando, prima non sono riuscita a chiederti se volevi venire al pub di Oaken: Kristoff e i Reindeers suonano lì»
Elsa tremò: non che non amasse Kristoff e i suoi amici ma, talvolta, sapevano essere davvero chiassosi e invadenti e, cielo, non era psicologicamente pronta per affrontarli quella sera «Ti ringrazio Anna ma ecco, io, sì… avrei già un impegno…»
«Un impegno?» chiese quella sospettosa «E con chi?»
Lei si liberò dolcemente dalla sua presa e si spostò di un poco «Con lui» buttò lì, senza pensarci, disposta a tutto pur di cavarsi da quella rogna.
«Con me?» trasecolò il giovane ora al suo fianco, prima di beccarsi una gomitata secca nelle costole «Ouch… Sì, sì… con me, certo. Ci siamo incontrati e ci siamo detti, perché non rivangare un po’ di sana rivalità del passato?»
Il sorriso che si allargò sulle labbra di Anna aveva un che di inquietante «Allora va bene, ci vediamo più tardi a casa» le si avvicinò per baciarle una guancia come saluto ma, quando fu abbastanza vicina al suo orecchio, le sussurrò «Dove mi racconterai tutto!»
Quando si fu allontanata, Jackson – ignaro - sospirò «Dato che hai scampato il pericolo e, in effetti, io non ho niente da fare… che dici, andiamo al Luna Park?»
Elsa non era poi così sicura di averlo scampato quel pericolo, considerando lo sguardo di sua sorella acceso dall’eccitazione, non appena aveva pronunciato quelle due maledettissime parole: aveva la netta sensazione di essere appena saltata dalla padella alla brace. Impegnata nei suoi ragionamenti, comprese con un attimo di ritardo quel che lui le aveva appena detto. Alzò un sopracciglio divertita «E’ un invito?»
Lui si strinse nelle spalle «Abbiamo un finto appuntamento, tanto vale goderselo, no?» lo disse volutamente con un tono di sfida perché, lo sapeva, ciò avrebbe di molto alzato le possibilità a favore della risposta desiderata.
«D’accordo»
E infatti.



    Il Luna Park di J. non era molto grande e si presentava solo nel periodo delle vacanze estive. Contava fra le sue attrazioni ben poche giostre, un carretto dello zucchero filato che vendeva anche le mele candite, uno di bibite e pop-corn e alcuni stand di giochi di abilità in cui, con la giusta dose di bravura e fortuna, si potevano vincere i classici premi. Fra una pesca alle ochette e l'immancabile tiro a segno, svettava una grossa insegna luminosa: Derby Race.
I due, nella loro giovinezza, avevano speso fior di paghette a spingere palline in quelle buche gialle, blu e rosse, tutti intenti a far avanzare i loro fantini issati su cavalli meccanici tirati a lucido, in quella corsa concitata verso il traguardo.
Non appena arrivarono lì davanti, Jackson si voltò verso la ragazza al suo fianco – fino a quel momento chiusa in un silenzio imbarazzato - e trovò i suoi occhi accesi dalla stessa sensazione che, era certo, brillava anche nei propri. Si frugò nella tasca dei pantaloni e tirò fuori un dollaro sgualcito «In memoria dei vecchi tempi?»
Elsa sorrise e annuì. Si avvicinarono al banco di gioco e presero posto, rigorosamente il solito di sempre.
«Due gettoni, per favore»
Nell’attesa che anche gli altri partecipanti fossero pronti, lei ne approfittò per legarsi i lunghi capelli biondi in una morbida treccia, in modo che non la infastidissero durante la gara. Lo scoprì a fissarla e si imbarazzò «Sei pronto a perdere?»
Lui sgranò gli occhi, comprendendo di essere stato colto in flagrante ma, come lei, ci mise giusto mezzo secondo a ripararsi dietro ad una giusta dose di spocchia «Come sarebbe? Se è il migliore quello destinato a vincere, non ho nulla da temere»
Elsa roteò gli occhi al cielo, nello stesso momento in cui il padrone dell’attrazione invitava a prepararsi per la partenza «Staremo a vedere» sibilò fra i denti.
Il suono di una tromba diede il via alla gara, lanciarono.

    «Chi vincerà? Il ragazzo o la ragazza?»
I due si scambiarono uno sguardo di sfida, mentre le mani battevano frenetiche sul bancone per far scendere più velocemente la pallina. Ultimo lancio: cavallo bianco contro cavallo grigio, gli altri ormai persi lungo i verdi binari di plastica. *Swiss*, le sfere rotolarono sul piano di appoggio e oscillarono perfide fra i buchi dai bordi colorati, dondolarono e dondolarono ancora finché non caddero in quello designato: uno rosso, l’altro blu.
*Driiiiiiin*
L’assordante suono del campanello decretò la fine della corsa ed elesse il vincitore: il muso del cavallo bianco era rimasto un centimetro - di troppo - dietro a quello del cavallo grigio.
«Sì!» esultò Jack, mentre alzava entrambe le braccia al cielo, senza ritegno «Sono il re del mondo
Si voltò verso la sua sfidante e vi lesse in viso la stizza della sconfitta. Rapido portò una mano alla tasca dei pantaloni e ne estrasse il cellulare. Ancor prima che lei riuscisse a capire le sue intenzioni, lui le aveva già scattato una foto.
«Perché diamine l’hai fatto?» il suo nervosismo, se possibile, aumentò.
«La tua faccia…» sghignazzò l'altro impertinente «Me la voglio godere tutta
«Tu.Sei.Impossibile!» sentenziò gelida, prima di voltargli le spalle e allontanarsi.
Jackson scosse la testa e sbuffò: ovviamente l’avrebbe raggiunta ma, prima, c’era assolutamente un’altra cosa da fare.

    Quando avvertì la sua mano sulla spalla, ad Elsa la sconfitta bruciava ancora e non poco «Hai intenzione di continuare a prendermi in giro a lungo?»
Jack scosse la testa in segno di resa «Assolutamente no, sono qui per offrire un segno di pace» sorrise, rivelando quel che teneva nell’altra mano, fino a quel momento sapientemente nascosta dietro alla schiena.
«Non penserai di comprarmi con un pupazzet… oh, ma è troppo carino!» ogni proposito battagliero crollò di fronte a quella morbidissima salamandra di peluche azzurro, con due adorabili occhioni dolcissimi[2] «Questo non significa che sei perdonato…»
L’altro sogghignò divertito «Andiamo, vuoi dirmi che se avessi vinto tu non mi avresti tartassato da qui all’eternità?»
Finalmente anche lei tornò a sorridere «Può darsi…» concesse, dandogli un leggero colpo alla spalla con la propria, mentre stringeva al petto il dono appena ricevuto.
«Tutta questa tensione mi ha messo una gran sete, ci beviamo qualcosa per sugellare la tregua?»
Lei finse di pensarci su per un attimo «Perché no?»





    Elsa non beveva spesso: di certo non disdegnava una birra fresca per stemperare le afose temperature estive o un buon bicchiere di vino durante una cena al ristorante, ma da qui a dire che fosse una gran bevitrice ci passavano giusto quei quattro o cinque cocktail di mezzo. Perciò una volta finito quel liquido fresco, capace di andar giù subdolamente come la più innocente delle bevande, si era improvvisamente trovata con i pensieri rallentati, come ingrovigliati in un intruglio di melassa, e con le gote della stessa tonalità di quelle di un’adolescente alla prima cotta. Il fatto che il profumo di lui arrivasse - leggero e invitante - a solleticarle le narici, non c’entrava proprio niente di niente.
Improvvisamente la terra sotto ai suoi piedi cominciò a sembrare non più così stabile, perciò, decise di prendersi una pausa dalla loro passeggiata e ritrovò sicurezza posando le mani su un corrimano lì vicino. Lui si fermò al suo fianco, poco distante «Sai già dove andrai?» chiese tutto d’un tratto.
Elsa si stupì di quella nota malinconica che gli avvertì nella voce «No, ma l’ignoto non mi spaventa»
Jack sbuffò appena «Già… è una sfida, no? Perché dovrebbe?»
Lei sorrise e annuì, l’aveva capita perfettamente «E tu?»
Anche lui scosse il capo «No: certo, l’idea di allontanarmi definitivamente un po’ mi destabilizza ma, forse, J. è un posto troppo piccolo per tipi come noi»
Elsa sorrise di nuovo «Hai ragione ma ciò non significa che non possa rimanere il nostro posto sicuro in cui tornare»
«Hai altri posti sicuri?»
Forse per colpa dell’alcol, o forse perché non voleva capire, il significato nascosto in quelle parole le rimase oscuro «In che senso?»
Jack non la guardò più «Hai qualcuno che ti aspetta da qualche parte?»
Una domanda così diretta non se l’aspettava, avvampò «Assolutamente no…» rispose in tutta fretta, nell’imbarazzo più totale «Sei veramente uno stupido, Overland» borbottò sottovoce poi, guardandolo di sottecchi «In tutto questo tempo non ti sei mai accorto che a piacermi eri tu…» sgranò gli occhi e si portò una mano alla bocca che, di fatto, si era appena aperta contro la sua volontà.
La speranza che lui non l’avesse sentita s’infranse non appena incontrò uno scintillio di puro divertimento nel suo sguardo «Ah e così ti piacevo…» le disse, senza nemmeno cercare di trattenere quel sorriso sfacciato che gli era cresciuto sulle labbra. Si chinò quel tanto che bastava per portare il viso all’altezza di quello di lei e, poggiando il gomito sulla staccionata, adagiò il mento sulla propria mano «E sentiamo… ti piaccio ancora?»
Lei assottigliò gli occhi e inspirò col naso, gonfiando appena le guance risentita… oh, al diavolo: gli arpionò il colletto della camicia e lo attirò a sé. Quando le loro bocche si staccarono si riscoprì senza fiato, con un calore in corpo che niente aveva a che fare con quello che aveva appena bevuto «Tu che dici?» lo sfidò con lo sguardo.
Lo stupore sul viso di lui durò solo per un istante «Dico che non sono io l’unico stupido qui…» e, questa volta, non ebbe bisogno di lasciarsi trascinare per un unire di nuovo le labbra alle sue.




Ciao a tutti!
Riapprodo su questi lidi approfittando dell'ispirazione che i trope legati al mio segno zodiacale hanno saputo regalarmi, i quali prevedevano: fake dating, rivals to lovers  e drunken confessions.

Questa shot partecipa alla "Real Life Challenge" indetta da Ilminipony(Leila91) sul forum EFP che richiedeva di inserire un episodio di vita vissuta all'interno della storia. Ebbene sì, io amavo (e amo tuttora) alla follia questo giochino dei cavalli del Luna Park e nella mia vita credo di aver fornito al giostraio una buona parte di budget per i suoi acquisti (Il "Chi vincerà? Il ragazzo o la ragazza?" era una sua frase tipica). E, come dire, sono anche un tantinello competitiva quando c'è da mettersi in gioco ù_ù Ho anche provato sulla mia pelle cosa significa essere in quello status leggermente alterato in cui intimamente ragioni ancora lucidamente ma, di fatto, la bocca va per i fatti suoi e ti ritrovi a pensare "Ma cosa cavolo sto dicendo?". Come autosputtanarsi in tre, due, uno... XD
La challenge prevedeva, inoltre, l'utilizzo facoltativo di alcuni prompt tratti da citazioni e qui si sono praticamente inseriti da soli: il "Sono il re del mondo" di Titanic pronunciato dai Jack (uazuazuaz XD) e il "Me la voglio godere tutta" dal cartone animato Robin Hood.

Quando ho scritto della cittadina di J., lo ammetto, ho pensato al paese di Jelsa che si trova in Norvegia (!) (ditemi voi se non è un segno chiarissimo del destino) ma qui è stato trasformato in questa non meglio definita località americana. Si ringrazia infinitamente blackjessamine per avermi fatto entrare questo espediente nella testa con il paesino di B. della sua storia.

Come da specchietto, tutte le prossime AU (che non prevedano più capitoli) che mi verranno in mente su questi due adorabili ghiaccioli verranno inserite in questa raccolta.

Spero che questo inizio vi sia piaciuto: grazie per aver letto e grazie a chiunque vorrà perdere un pochino del suo tempo a farmi sapere cosa ne pensa.

Alla prossima
Cida


[1]  Tratto dalla canzone "Per Sempre" di Nina Zilli.
[2]  Sì, è il pupazzetto di Bruni (Più e più riferimenti ai rispettivi film di appartenenza sono sparsi per tutto il testo. Sapreste trovarli tutti?)
  
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