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Autore: CedroContento    14/07/2021    3 recensioni
[Thilbo Bagginshield]
"Ricominceremo da capo, chiaro; siamo masochisti, quasi speriamo che la volta dopo le cose saranno diverse.
Potrebbero, perché no?
Allora, se siete pronti, riavvolgiamo tutto ancora una volta."
Sulla scia degli eventi del film "Lo Hobbit", questa fic racconta la storia d'amore che vorrei.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bilbo, Gandalf, Thorin Scudodiquercia
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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“Due volte. Per ben due volte ho evitato che qualcuno cadesse giù per quel dannato dirupo, prima Bilbo e poi Thorin. Pensi che mi abbiano detto grazie?! Che poi, provaci tu a tirare su Thorin, non era mica un figurino neanche a quei tempi sai?” 
 
Dwalin
 
 
 
Thorin era inquieto, lo era stato costantemente negli ultimi giorni, quelli trascorsi a Gran Burrone, e
quella sera lo era in particolare. Continuava a rigirarsi tra le mani la spada che aveva trafugato nella grotta dei troll: Orcrist, la Fendiorchi, così gli aveva detto che si chiamava il signore di Imladris, il giorno in cui erano arrivati. 
Thorin era ancora combattuto riguardo quell'arma. Erano stati gli elfi a forgiarla, gli alti elfi dell'ovest, e lui li odiava gli elfi. Era anche vero che da buon nano non poteva non riconoscere la qualità di quella lama; era perfetta, sarebbe stato un vero spreco disfarsene. 
Lanciò un'occhiata distratta al resto dei suoi compagni sparsi nella stanza tutto attorno a lui. Si intrattenevano demolendo la mobilia dei loro ospiti, per dargli fuoco e cercare di abbrustolire l'unico cibo che veniva loro offerto, quelle dannate foglie d'insalata e l'insipido lembas (1) , il pan di via. Fortunatamente avevano ancora qualche salsiccia affumicata e un po' di carne secca nelle loro scorte.
Decise di fare due passi all'aperto, aveva tanti pensieri per la testa e non riusciva a sentirli stando in mezzo agli altri. L'aria era fresca e profumava di fiori, la notte era rischiarata dalla luna crescente, che risplendeva tra le stelle in tutto il suo candore; si sarebbe potuta dire una serata romantica con la compagnia giusta. 
Perso nei suoi pensieri, vagò per le innumerevoli terrazze di Gran Burrone. Nonostante tutto, quel posto era ideale se qualcuno voleva riflettere in pace, questo doveva ammetterlo.
Rimanere nella casa del nemico era snervante, ma Elrond era davvero riuscito ad aiutarli svelando le rune lunari celate nella mappa, quelle che nemmeno Gandalf era riuscito ad individuare.
Gli era costato dare la mappa di Thror in mano all'elfo. Quello era il lascito del suo popolo, era sua da proteggere, così come i suoi segreti, e i segreti dei nani non erano di certo affari degli elfi. Anche Balin si era opposto fino all'ultimo, ma Thorin aveva bisogno di sapere, così erano stati costretti a mettere da parte il proprio orgoglio.
Se non altro ne era valsa la pena. Le rune avevano rivelato che il giorno del Dì di Durin l'ultimo raggio di sole al tramonto avrebbe illuminato il passaggio segreto per accedere alla Montagna.
Ora non avevano più motivo di trattenersi lì, al contrario: non avevano ancora molto tempo da perdere, l'estate stava finendo, l'ultimo giorno d'autunno sarebbe arrivato in un baleno, dovevano muoversi. Come se non bastasse, Elrond non sembrava essere affatto entusiasta della loro missione.
Thorin temeva che il figlio di Eärendil avrebbe tentato di fermarli prima o dopo, ma Gandalf temporeggiava a ripartire, e Thorin non riusciva a capire perché.
Arrivato a metà di una gradinata, si fermò bruscamente, aveva intravisto qualcuno nell'ombra. Era lo Scassinatore, se ne stava lì in piedi da solo, al buio.
Bilbo era uno dei motivi per cui Thorin era nervoso, era dispiaciuto per come erano andate le cose tra loro. Quando Gandalf aveva messo una spada in mano a lo hobbit, Thorin aveva pensato che non fosse una grande idea. Non era perché credesse che a Bilbo sarebbe mancato il coraggio di usarla se avesse dovuto, anzi, aveva già dimostrato di avere più fegato di quanto Thorin non si aspettasse; ma sapeva anche quanto facilmente il coraggio potesse trasformarsi in avventatezza, e Bilbo era ancora così ingenuo ed inesperto. Aveva già potuto vedere con i suoi occhi che tipo di stile di vita conducessero gli hobbit, una vita di pace e tranquillità, e Bilbo incluso, per sua fortuna, non conosceva altro. Per questo Thorin aveva cercato di fargli capire che, che gli piacesse o meno, i suoi avversari avrebbero sempre avuto più esperienza di lui come vantaggio. Ma lo Scassinatore non lo aveva capito a giudicare dal modo in cui si era risentito. Throin era rimasto davvero interdetto per il modo in cui lo hobbit lo aveva affrontato durante la loro lezione di scherma. Perché parlare con Bilbo doveva essere tanto difficile? Thorin non era affatto bravo in queste cose, i nani non erano così sensibili. 
Pensò che quello poteva essere un buon momento per cercare di parlargli, per cercare di spiegarsi. Teneva a farlo, Bilbo gli piaceva, e questo, almeno con sé stesso, non poteva più negarlo. 
Lo Scassinatore non dette segno di essersi accorto di lui, sembrava concentrato su qualcosa. Thorin capì cosa fosse quando le voci arrivarono anche alle sue orecchie.
Lo scroscio dell'acqua, onnipresente a Gran Burrone, attutiva le voci, ma non abbastanza da impedire di distinguere cosa dicessero. 
“Cosa accade se il tuo piano fallisce, se risvegli quella bestia?” udì la voce di Re Elrond arrivare da un punto indistinto più in basso. 
“E se avessimo successo? Se i nani si riprendono la Montagna le nostre difese ad est saranno rafforzate,” ribatté Gandalf.
I due probabilmente stavano conversando non molto lontano e non si erano accorti di non essere soli.
Thorin raggiunse silenzioso la cima della gradinata. Una volta lì si tenne in disparte, alle spalle de lo hobbit, smanioso di sentire il resto della conversazione. Dopotutto non era sbagliato origliare visto che quella questione riguardava anche lui, soprattutto lui. 
“È una mossa pericolosa, Gandalf”.
Quasi un secondo dopo che Elrond ebbe parlato, Bilbo sobbalzò e si voltò, in qualche modo aveva percepito la sua presenza. Nonostante l'attimo di sorpresa ebbe l'accortezza di non fare un rumore. Discretamente, tornò a girarsi e Thorin gli fu grato per quell'attenzione. Ora, se fossero stati scoperti, sarebbero stati complici. 
“È pericoloso anche non fare niente. Avanti, il trono appartiene a Thorin per diritto di nascita! Di cosa hai paura?”
“Hai dimenticato? Una vena di pazzia scorre profonda in quella famiglia. Suo nonno uscì di senno, suo padre soccombette all'identica malattia. Puoi giurare che Thorin Scudodiquercia non farà altrettanto?” 
Thorin, colto alla sprovvista da quell'argomento, sentì un senso di nausea impadronirsi di lui. La domanda che aveva fatto Elrond, non solo era più che lecita, era la stessa che spesso lo tormentava, specie di notte, quando nel sonno era in balia dei propri incubi, per questo dormiva solo lo stretto necessario. Aveva amato immensamente il padre e il nonno, avevano sempre rappresentato una guida ed un modello da seguire per lui, quando era ragazzo; vederli perdere loro stessi, consumarsi giorno dopo giorno, era stato un dolore immenso, di cui non faceva mai parola con nessuno. 
E se quella sorte, quella della pazzia, fosse toccata anche a lui? Non sarebbe più stato sé stesso, forse non ne avrebbe più nemmeno serbato il ricordo. Avrebbe finito per perdersi, come aveva visto succedere a chi amava, senza che potesse fare nulla per salvarsi.
Colpito da questi pensieri, avvertì il familiare senso di panico invaderlo, mentre i contorni di ciò che aveva attorno sfumavano, si confondevano.
“Gandalf, queste decisioni non spettano solo a noi. Non tocca a te o a me ridisegnare la mappa della Terra di Mezzo,” la voce di Elrond arrivò da lontano, come ovattata. 
Stordito, Thorin non notò nemmeno Bilbo avvicinarglisi, in apprensione. 
“Thorin…” lo chiamò piano lo hobbit, posandogli delicatamente una mano sul braccio.
Quel tocco lo riportò alla realtà.
Guardò Bilbo negli occhi limpidi, una luce da seguire mentre era perso nella nebbia più fitta, e piano lo stato d'ansia che si era impadronito di lui passò. Il mondo tornò a definirsi, la mente ritrovò la lucidità, mentre cercava di rilegare in un angolo i pensieri cupi. 
Gandalf e Elrond ormai si erano allontanati, troppo perché potessero udire ancora cosa dicessero.
Thorin ritrovò il controllo, e in quel momento la consapevolezza di cosa significasse ciò che aveva appena udito lo riscosse completamente. 
“Thorin, stai bene?” gli chiese ancora una volta lo Scassinatore, tra il perplesso e il preoccupato.
Bilbo. Bilbo era una visione così dolce in quel momento, mentre era in pensiero per lui, che Thorin lo avrebbe baciato.
Ma non c'era tempo. 
“Presto. Seguimi, mastro Baggins”.
I suoi sospetti erano fondati: Elrond li avrebbe fermati alla prima occasione.
Prese per un braccio lo hobbit e tornò da dove era arrivato, avrebbero parlato un'altra volta. 
“Fate i bagagli. Dobbiamo andarcene adesso!” ordinò, una volta raggiunto il resto della compagnia.
I nani non si fecero ripetere due volte l'ordine di Thorin. In men che non si dica misero insieme i loro pochi averi e ripresero il loro viaggio con entusiasmo e rinnovato vigore. 
Thorin in particolare era contento di poter proseguire, finalmente libero, la sua missione.
Si rendeva conto di aver portato sullo stomaco un grosso peso per tutti i giorni che aveva trascorso nell'Ultima Casa Accogliente, un peso che ora si era sciolto e lo faceva sentire leggero e più motivato che mai. 
La loro partenza non era passata del tutto inosservata: Gandalf li aveva sorpresi proprio all'ultimo. Lo stregone però si era detto d'accordo con Thorin, si offrì addirittura di distrarre gli elfi fin quando gli sarebbe stato possibile, così avrebbero avuto un po' di vantaggio nell'evenienza che avessero cercato di fermarli per davvero, anche se Gandalf aggiunse che non credeva Elrond si sarebbe spinto a tanto. Si accordarono per ritrovarsi con lui tra le montagne.
 
 
 
Thorin, alla guida del gruppo, condusse i nani della sua compagnia alla volta delle Montagne Nebbiose, una lunga catena montuosa che scorreva da nord a sud per migliaia di chilometri.
Quelle montagne erano piene di valichi, passi e sentieri che consentivano di attraversarle, ma ognuno di essi nascondeva anche un gran numero di insidie. Non sarebbe stato facile superarle, una volta arrivati dall'altra parte però si sarebbero ritrovati nelle Terre Selvagge, ancora un passo più vicino alla loro meta finale; Erebor non sarebbe distata più molto da lì. 
Marciarono instancabili per diversi giorni, scalando e spingendosi sempre più in alto, diretti verso le vette dove la neve non si scioglieva mai completamente. Il piacevole clima estivo diventò un ricordo man mano che salivano, la temperatura scese e il tempo peggiorò notevolmente.
Un forte vento sibilava costantemente e fastidiosamente nelle loro orecchie, rallentandoli quando soffiava loro contro. 
Presto il morale crollò, tutti si fecero silenziosi e taciturni, ma Thorin continuava a guidarli, instancabile. Poi il tempo già inclemente peggiorò ancora.
Cominciò a piovere e la pioggia continuò a cadere insistente in ogni momento del giorno. Presto furono zuppi, oltre che stanchi e infreddoliti. Il cielo era sempre buio, sembrava fosse perennemente notte, quando invece doveva essere appena pomeriggio.
Si scatenò un temporale e tuoni e fulmini facevano fremere le montagne attorno a loro.
I nani procedevano attraverso una gola, in bilico su uno stretto sentiero scavato nella roccia, se quello si poteva definire un sentiero. Sotto di loro la parete scendeva a strapiombo per centinaia e centinaia di metri.
Thorin aguzzò la vista alla ricerca di un riparo. Non era saggio continuare a marciare con quel tempo, l'acqua rendeva il terreno scivoloso, un pericolo non indifferente considerando a che altezza si muovevano.
Un altro tuono e sopra le loro teste si sentì un forte crack. Una scarica di rocce sfiorò i nani per un pelo, prima di precipitare nel vuoto. 
Thorin, ormai quasi disperato, udì un’altra frana da qualche parte alle sue spalle e la terra tremò. Quando si voltò per controllare che stessero tutti bene osservò incredulo un enorme masso volare in aria, contro il cielo scuro, sfidando la forza di gravità quasi fosse una bolla di sapone. Sembrava che qualcuno lo avesse lanciato, ma nemmeno un troll sarebbe riuscito nell'impresa, doveva trattarsi di qualcosa di più grande. 
“Guardate!” urlò Balin, indicando qualcosa con il dito. 
Thorin rimase a bocca aperta, non aveva mai visto nulla di simile: un enorme gigante, fatto interamente di pietra, si stava staccando dal fianco della montagna, stiracchiandosi, come se si fosse risvegliato da un lungo sonno.
“Questo non è un temporale, è una battaglia fra tuoni!” esclamò Balin a pieni polmoni, nel tentativo di farsi sentire sopra il rombo della tempesta. 
“Che mi venga un colpo, le leggende sono vere! Giganti, giganti di pietra!” disse Bofur, eccitato più che spaventato.
“Riparati, stupido!” gli gridò Thorin.  
Un secondo masso volò sopra le loro teste. Era stato un secondo gigante di pietra, spuntato da chissà dove, a lanciarlo, così come probabilmente aveva lanciato il precedente. Colpì il primo gigante al petto, proprio dove avrebbe dovuto esserci il cuore; quello incassò piegandosi in avanti, ma non cedette di un passo. 
La terra sotto i loro piedi tremò ancora, distraendo Thorin da quello spettacolo portentoso. Uno squarcio si aprì sotto i loro piedi separando il gruppo.
Con orrore, Thorin realizzò di trovarsi proprio sulle gambe di un terzo gigante; la maggior parte di loro era insieme a lui sul ginocchio sinistro, gli altri nani e lo Scassinatore sul destro. 
Quando il colosso si alzò, tutto oscillò furiosamente, minacciando di farli cadere uno per uno nel baratro. Thorin si appiattì contro la parete alle sue spalle, nel tentativo di mantenere l'equilibrio, in assenza di un appiglio stabile. 
Il gigante su cui si trovavano barcollò sui piedi ancora incerti e facendolo si avvicinò abbastanza a ciò che rimaneva del sentiero che avevano percorso solo pochi minuti prima, la parte ancora ferma e stabile. Thorin vide la loro occasione. Con un urlo di avviso per gli altri, balzò senza esitare via dalle gambe del gigante, con suo sollievo i nani dietro di lui fecero in tempo a fare altrettanto.
Atterrarono incolumi, ma ora il problema era recuperare la parte del gruppo che si trovava ancora in trappola sul ginocchio destro.
I colossi intanto, ignari della loro presenza, si davano battaglia senza esclusione di colpi. Enormi schegge di pietra e sassi grandinavano attorno a loro, alcuni arrivarono a ferirli e graffiarli; erano completamente esposti, non avevano alcun riparo. 
Thorin vide la metà del gruppo ancora in balia del gigante sfrecciare davanti a lui mentre quello si allontanava, inarrivabili eppure così vicini, vicini come con ogni probabilità non sarebbero più stati. Dovevano approfittare di quel momento.
“Saltate, forza!” li incitò.  
Ma proprio in quel momento il gigante venne colpito violentemente alla testa, che si frantumò. Ferito, il colosso di pietra crollò contro il fianco della montagna e la sua gamba destra impattò violentemente sulla dura roccia. Thorin non poté fare altro che osservare sgomento ed impotente i suoi compagni venire stretti da quella morsa letale.
“Nooo” gridò, mentre il gigante sconfitto precipitava nel vuoto.  
Con il cuore stretto, incapace di dare un senso a ciò che aveva appena visto, Thorin si fiondò nel punto in cui erano stati travolti i suoi compagni, preparandosi al peggio.
Con gran sollievo scoprì che erano tutti lì, scossi ma miracolosamente illesi: Fili, Dwalin, Bombur, Oin, Bofur e Bilbo…Bilbo. Bilbo non c'era.
Si voltò di scatto credendo di essersi sbagliato, ma non era con lui di questo era certo, e voltandosi ne ebbe la conferma. Sentì il cuore mancare un battito, non poteva essere vero, lo Scassinatore doveva essere lì da qualche parte, doveva, non poteva averlo perso. 
“Bilbo, dov'è Bilbo! Dov'è lo hobbit?” chiese Bofur allarmato, prima che Thorin riuscisse a parlare.
Non si sentiva in grado di emettere un singolo suono tanto sentiva il petto serrato, gli altri invece cominciarono a chiamare Bilbo a gran voce. 
“Là!” urlò ad un certo punto Bofur, indicando qualcosa in basso. 
Thorin sussultò e seguì con lo sguardo il punto indicato dal nano: Bilbo era aggrappato al bordo del precipizio, gli occhi sbarrati per il terrore di cadere. 
Una parola arrivò infine alle labbra di Thorin: “Prendetelo!” 
Due nani stavano già cercando di afferrare lo Scassinatore anche senza aver udito il suo comando, ma lo hobbit, sempre più sfinito, stava perdendo la presa sul suo appiglio e scivolò ancora più in basso. 
Senza aspettare oltre, Thorin cercò un punto che gli consentisse di raggiungerlo.
Trovò un buon appiglio e si calò a sua volta sulla parete di roccia, riuscì ad aiutare Bilbo ad issarsi, spingendolo dal basso, finché gli altri nani non furono in grado di tirarlo in salvo. 
Una volta che fu certo che Bilbo fosse al sicuro, Thorin fece per risalire a sua volta da dove era sceso. Si allungò nel tentativo di afferrare la mano tesa di Dwalin, ma perse la presa sulla pietra bagnata e si ritrovò con le gambe penzoloni, i piedi che annaspavano nel vuoto, mentre cercava senza successo di puntellarsi sulla parete. Fortunatamente Dwalin, le cui braccia possedevano una forza non indifferente, riuscì nell'impresa di sostenere da solo il peso del suo corpo, e issarlo nuovamente sul sentiero.
Thorin, senza fiato per lo sforzo e lo scampato pericolo, rimase qualche istante carponi a terra, alzò solo brevemente la testa per fare un cenno di ringraziamento a Dwalin. Come era già accaduto spesso in passato, aveva potuto contare ciecamente su di lui, affidandogli la sua stessa vita, e l'amico si era dimostrato all'altezza. Non erano molte le persone di cui Thorin si fidasse fino a quel punto. 
“Credevo l'avessimo perso,” commentò Dwalin, alludendo a Bilbo. 
Era quello che aveva temuto anche Thorin. Una volta che si fu ripreso, sentì l'urgenza di controllare che lo hobbit fosse tutto intero. Quando lo vide lì a terra, ansimante e stremato, quando vide quanta paura c'era ancora nei suoi occhi, dovette reprimere la voglia di prendere il suo viso tra le mani e dirgli che andava tutto bene
D'un tratto sentì un'inaspettata rabbia crescere dentro di sé. Era sbagliato, era tutto sbagliato: Bilbo non avrebbe mai dovuto unirsi a loro; era troppo per lui, avrebbe dovuto rimanere a Gran Burrone, o ancora meglio nella sua adorata Contea, al sicuro. Thorin sapeva che aveva valutato di farlo, lo aveva capito dal modo in cui lo hobbit si era voltato a guardare un’ultima volta la Valle Nascosta prima che la lasciassero.
Bilbo avrebbe voluto rimanere lì, ma Thorin lo aveva esortato a proseguire, senza dargli tempo di riflettere sulla sua decisione. Aveva commesso un errore che stava per costate la vita ad entrambi. 
“Lui si è perso fin da quando ha lasciato casa sua. Non sarebbe mai dovuto venire. Non c'è posto per lui tra noi” disse, forse più duramente di quanto non intendesse, ma gli risultò difficile controllare la collera.
Capì che era meglio che si allontanasse, prima che potesse sfuggirgli qualcosa di cui si sarebbe sicuramente pentito.
Cercò di non tradire ulteriormente il suo stato d'animo, il suo turbamento, la gran confusione che sentiva dentro, che certamente chi lo conosceva da tanti anni avrebbe potuto leggergli in volto; non voleva che qualcuno potesse mettere in dubbio la sua lucidità, avrebbe minato la sua autorità e questo non poteva accettarlo. 
Proseguì lungo la via a testa bassa, sfrzandosi di non guardarsi più indietro.

 

 
  1. Non credo che effettivamente anche gli elfi di Gran Burrone preparino il lembas, dovrebbe essere una cosa più tipica di Lothlorien e degli elfi silvani. (su)
 
 
Scena tagliata:
Bilbo, che chiudeva la fila, si voltò un’ultima volta ad ammirare dall'alto la stupenda Imladris. Gli spiaceva lasciare quel luogo, era stato sereno come non mai lì.
Promise a sé stesso che un giorno ci sarebbe tornato, per una lunga, lunghissima vacanza magari, di quelle da cui si è tentati di non tornare più. Con un lungo respiro assaporò un’ultima boccata d’aria pura, chiuse gli occhi per fermarla nella sua memoria.
“Ti consiglio di tenere il passo, mastro Baggins,” lo colse di sorpresa la voce di Thorin, alle sue spalle.
Il nano evidentemente si era fermato per aspettarlo, Bilbo si chiese da quanto lo stesse osservando, in silenzio. Fece un gran sospiro e pretese di mettere più decisione nei suoi passi di quanta non ne avesse realmente; aveva deciso di mostrarsi sicuro d'ora in poi davanti al principe dei nani, anche quando non lo era per niente.
 

Angolino dell’autrice:
Bentrovati a tutti!
Ricordate quando nelle note del primo capitolo accennavo ad una scena del film che mi ha fatto scattare la lovestory? Ecco, qui c’è la scena incriminata, ovvero quando Bilbo scivola e Thorin urla di prenderlo e sembrano tutti e due sconvoltissimi (beh, Bilbo ne ha anche motivo visto che stava per sfracellarsi, dettagli).
Questa parte, ovvero questo capitolo e i due successivi, sono stati difficili da buttare giù. In realtà potrebbero rientrare tutti in un lunghissimo capitolo che ho dovuto dividere visto che l’azione non si ferma mai del tutto, spero che non mancheranno le emozioni visto che ormai la ship dovrebbe aver ingranato.
Proprio per il tempo che mi ha richiesto la stesura di questa parte (che non mi convince ancora per niente, ma che sono anche stufa di prendere a testate) sono un pochino indietro con la stesura del seguito, quindi non so per quanto riuscirò ad aggiornare ancora con regolarità, posso dirvi che fino ai primi di agosto sì, e poi boh.
Come avete visto ho inserito una scena dopo la fine che avevo buttato giù diverso tempo fa, ma che poi avendo usato il pov di Thorin non ha trovato posto. Mi spiaceva non poter mettere il riferimento alla “lunga vacanza” di Bilbo, così eccola.
In ultimo ringrazio chi ha letto fin qui (battete pure un colpo se ci siete), e in particolare Manzcan e mask89 (alias: coluiacuinonsiriesceanasconderenulla) che mi hanno ricordata, e shilyss che si fionda negli scambi <3
Alla prossima ^^
 
Cedro
 
 
   
 
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