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Autore: Calime    15/07/2021    1 recensioni
[Serie Bridgerton]
[Un uomo da conquistare | Colin Bridgerton/Penelope Featherington]
Ed era proprio Penelope, la donna intenta a rimirare il proprio riflesso. Sorrideva con una complicità che solo lei poteva capire, lisciava la veste da camera contro le proprie forme per evidenziarle e capire se fossero mutate anche solo di qualche millimetro dal giorno precedente. Era una sorta di rito privato che, pur ritrovandosi spesso ad assistervi, Colin sapeva di non poter comprendere nella sua interezza.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Storia scritta per l'iniziativa Polin Week 2021 Day 2 - Prompt: Mirrors. Buona lettura ♥






Vanity






Penelope Featherington non aveva una particolare predilezione per gli specchi. Non li amava, non li odiava, li tollerava per via della loro utilità. Quelle superfici riflettenti erano necessarie per il solo fatto di poter apprezzare il lavoro delle domestiche e sincerarsi di persona come fosse stata addobbata per l’ennesimo evento mondano della società, se avesse avuto qualche ricciolo fuori posto, una piegatura errata nella stoffa o una sbavatura nel trucco. Non vi era nulla di peggiore che apparire trasandata, seppure quel puro impeto di orgoglio tutto femminile non le avrebbe fatto trovare più in fretta marito.
Gli specchi non erano neppure mai stati clementi nel loro verdetto, tristemente uguale di occasione in occasione: Penelope Featherington era paragonabile ad un agrume troppo maturo, con quei capelli rossicci, la carnagione spruzzata di lentiggini e le forme abbondanti strette in abiti dagli sgargianti e vivaci colori, tra i quali spiccavano brillanti gradazioni di giallo.
Poi, semplicemente, un giorno, era tornato Colin Bridgerton da uno dei suoi viaggi e non era più ripartito.
«Penelope?»
Colin si annunciò con un richiamo e un leggero bussare. Poi, in assenza di risposta, aprì e si affacciò dalla porta della loro camera da letto, sapendo esattamente dove posare lo sguardo. Oltre il letto, nell’angolo che la moglie aveva dedicato alla toelettatura, si trovava un meraviglioso specchio ovale, ormai diventato il posto preferito di lei, dopo le braccia di lui e la biblioteca.
Ed era proprio Penelope, la donna intenta a rimirare il proprio riflesso. Sorrideva con una complicità che solo lei poteva capire, lisciava la veste da camera contro le proprie forme per evidenziarle e capire se fossero mutate anche solo di qualche millimetro dal giorno precedente. Era una sorta di rito privato che, pur ritrovandosi spesso ad assistervi, Colin sapeva di non poter comprendere nella sua interezza.
Penelope non si era mai trovata oggettivamente bella, bella come lo erano le altre giovani, avvenenti e, all’apparenza, più promettenti debuttanti. Era, però, orgogliosa della donna che era diventata e delle conquiste che aveva ottenuto nelle vesti di Lady Whistledown ed altrettanto confidente nelle proprie qualità.
Tuttavia, le fondamenta su cui poggiavano quell’orgoglio e quella confidenza erano le molte, troppe, insicurezze causate da un passato di inaccettabile indifferenza da parte della società, famiglia Featherington e lui stesso compresi. Per questo e perché era incredibilmente e magnificamente pazzo di lei, Colin aveva deciso di seguire pedissequamente i voti nuziali, rispettandola ed amandola ogni giorno, e nondimeno si era prodigato nel dimostrarle quello che vedeva lui per mezzo di un uso meno convenzionale dello specchio che avevano a disposizione. Se, all’inizio dell’esperienza, Penelope ne era stata deliziata ed eccitata, a mano a mano che lui procedeva nello svelare ed esplorare in maniera più approfondita del solito quel corpo, che già conosceva, l’aveva sentita agitarsi, tremare e sfuggirgli. Aveva anche udito parole terribili, come: «Non sono bella», una convinzione che lui credeva di aver già sradicato, e così ben volentieri si era assicurato che un’atrocità del genere non le uscisse di bocca mai più.
Che quell’episodio potesse scatenare in Penelope vanità, non l’aveva lontanamente supposto e, la prima volta che l’aveva sorpresa ad osservarsi con interesse allo specchio, ne era rimasto colpito. Adesso che lei indugiava più di sovente in quell’attività, ne era intenerito e commosso.
Colin era fiero di essere suo marito. Nei suoi occhi, in cui si erano riflesse le molteplici e variegate bellezze del mondo, vi si era imposta la più stupefacente di tutte.
«Colin!» esclamò Penelope, voltandosi di scatto non appena ebbe scorto la figura di lui nello specchio.
Colin alzò un angolo delle labbra e, dalle spalle, la condusse nuovamente di fronte al riflesso. L’abbracciò da dietro, avvolgendola tra le braccia, e venne ripagato dalle sue guance che si colorano di apprezzamento e una punta di imbarazzo.
Penelope si vergognava di sé stessa per quella frivolezza che non le era mai appartenuta; Colin avrebbe forse pensato male di lei?
«Non ti ho sentito arrivare» sussurrò.
«Non volevo disturbarti» rispose lui, affondandole il viso tra i capelli.
Penelope, allora, si rilassò tra le sue braccia, beandosi di quel momento di strana intimità, diversa dai doveri coniugali che consumavano di notte. Colin era sereno e quella serenità permeava anche l’animo di lei, facendola sentire leggera ed ebbra al tempo stesso.
Colin si abbassò a posarle un bacio sul collo e portò le mani sopra il suo ventre teso e arrotondo. «Mi stavo chiedendo se dovessi morire di fame nell’attenderti».
Penelope coprì le sue mani con le proprie e appoggiò la nuca contro la sua spalla. Ruotò il collo verso di lui e naso e guancia sfregarono contro la sua camicia, pizzicandole la pelle con le briciole presenti e che lui non si era neppure curato di spazzare via per rendere più credibile quella recita. Sbuffò tra la rassegnazione e il divertimento e a Colin bastò un piccolo movimento per silenziare qualsiasi cosa lei stesse per dire, con un bacio al sapore di burro e marmellata.
«Bugiardo» soffiò lei contro le sue labbra.
Colin alzò entrambe le sopracciglia con l’aria insolente di un bambino. «Ho solo assaggiato qua e là per controllare che il cibo fosse buono abbastanza per voi due. È ancora tutto intatto a tavola».
«Davvero?» domandò lei con scetticismo. Conosceva la fame atavica di lui e non gli credeva.
Il marito la ricambiò con la stessa sagacia. «È il sarcasmo di Lady Whistledown quello che sento, tesoro?»
Penelope rise e si voltò completamente verso di lui che l’accolse con un sogghigno malandrino.
«Questa Autrice» attaccò lei tra il serio e il faceto, «riferisce di aver assistito con i propri occhi, più e più volte, al modo garbato, seppur nella mostruosità del suo appetito, con cui Colin Bridgerton spazzola interi piatti di leccornie a qualsiasi ballo della società sia stato invitato. Avesse preso coscienza di ciò prima della sua proposta di matrimonio, la sua amatissima signora Penelope Bridgerton avrebbe ponderato certamente con più attenzione la risposta da dare, in particolar modo adesso che deve mangiare per due». Prese un respiro per declamare con estrema pomposità: «Questa Autrice non vorrebbe essere nei panni della suddetta e neppure del bambino che potrebbe ereditare questo tratto del padre. Poveretto!»
Gli occhi di Colin si illuminarono vispi e con la fronte urtò giocosamente quella di lei. «Poveretto? Non dovremmo temere, al contrario, che diventi vanitoso come la madre?»
Penelope sussultò e distolse lo sguardo, imbarazzata dall’appunto. «Non sono vanitosa».
«No, ma non sono io quello che alla mattina ritarda la colazione per guardarsi allo specchio».
Lei avvampò. «È perché sono un disastro e non voglio che tu mi veda scarmigliata più del necessario».
Colin ridacchiò per l’assurdità di quella giustificazione; l’aveva vista più e più volte in disordine, bellissima, e tutte le volte lo era stata per i motivi più giusti.
Le alzò il mento per ritrovarsi nei suoi occhi e trasmetterle tutto l’amore che provava per lei. «Penelope, se sei scarmigliata è perché noi-».
«Colin!» lo interruppe lei con il volto in fiamme. Sgranò gli occhi e, contagiata dal suo divertimento, le labbra formicolarono per schiudersi in un sorriso. «Lo so, il perché!»
«Oh, peccato» s’imbronciò lui. «Sarebbe stato un vero piacere rinfrescarti la memoria» le sussurrò con voce roca e suadente.
Penelope premette i palmi contro il suo petto per allontanarlo e non cedere alla tentazione. «N-Non ce n’è bisogno». La colazione era pronta e lei era in ritardo. Non era proprio il caso di tergiversare ancora e così scivolò via dal suo abbraccio. «Adesso mi cambio e arrivo. Sto morendo di fame anch’io».
Colin le afferrò il polso fermandola mentre si dirigeva verso la toeletta. «Questo tuo rifiuto mi ferisce» sospirò drammaticamente, facendole un appassionato baciamano.
Lei rabbrividì, ma resistette con tenacia. «Dopo, sarò tutta tua» cedette, lusingata e desiderosa di averlo anche lei tutto per sé.
Il marito la lasciò andare. «E se la facessi portare qui?»
Penelope si sedette davanti al mobile e afferrò la spazzola per districare i nodi dei capelli – Colin amava passarci le dita attraverso e stringerli mentre facevano l’amore e, la mattina dopo, il risultato era un ammasso intricato di rovi.
«La colazione? Non siamo più novelli sposini» rispose, confusa.
Colin scrollò le spalle. «Che importa? Non ti senti bene e hai bisogno di essere imboccata». Le sue labbra si piegarono con malizia e i suoi occhi si scurirono di lussuria. «Da me».
Penelope esplose in una risata incredula, nonostante fosse evidente la serietà della sua proposta.
Colin corrugò la fronte. Non era possibile che lei ignorasse con così tanta disinvoltura i suoi molteplici e molto efficaci tentativi di seduzione. Forse era colpa della gravidanza e non provava più desiderio sessuale per lui? Eppure, la notte appena trascorsa lei non gli aveva dato quell’impressione.
Le si avvicinò, un po’ risentito. «Se non ti conoscessi e non fossimo sposati, potrei pensare che tu sia innamorata più del tuo riflesso che di me».
Penelope si mangiò un sorriso senza distogliere l’attenzione dal rettangolo posto sopra il mobile e che le mandava indietro il volto felice di una donna in cui riconosceva soltanto le fattezze: le gote tonde, le labbra piene, la curva del naso e il taglio e il colore degli occhi; il resto, il rossore, il sorriso e il luccichio, le appariva ancora deliziosamente estraneo, nonostante avesse avuto il tempo per abituarsi agli effetti che la vicinanza di Colin suscitava in lei.
«È anche colpa tua, se passo così tanto tempo davanti allo specchio» lo rimproverò bonariamente.
Colin si appoggiò alla toeletta con un fianco, osservandola perdersi nella propria contemplazione. «Giuro che quella volta non era stata questa la mia intenzione».
«No». Penelope scosse la testa e appoggiò la spazzola sul ripiano per volgersi verso di lui.
Gli prese una mano tra le proprie e la accompagnò sopra lo stomaco, abbassando lo sguardo per contemplare il miracolo che avevano compiuto insieme. Colin mosse le dita procurandole impalpabili carezze che la fecero sentire amata, che fecero sentire entrambi amati.
«Mi sembra di vedere il nostro piccolo attraverso i cambiamenti del mio corpo» rivelò, emozionata.
Colin le spostò un ricciolo dietro l’orecchio, incorniciandole quel lato del viso con la mano libera. Appoggiò le labbra sulla sua fronte con dolcezza e le sorrise di cuore. «Anche io sono impaziente di incontrarlo».
Penelope si illuminò e si sporse chiedendogli silenziosamente un nuovo bacio a cui lui non si negò.







   
 
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