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Autore: celestialslug    19/07/2021    1 recensioni
Una serie di brevi racconti horror, secondo la mia personale interpretazione del genere letterario e dell'emozione umana della paura.
Genere: Dark, Horror, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Le gite scolastiche sono una delle occasioni che ogni studente, dalle scuole elementari a quelle superiori, attende con ansia. Fonte di divertimento, esperienze, amicizie, amori; danno a ragazzi e bambini uno sguardo al mondo che li circonda, specie se quei ragazzi, come me, sono cresciuti in un infimo paesino lontano chilometri dalla città più vicina. Non che abitassi in una fattoria, certo, era più come se fosse una versione rimpicciolita di una vera città. Dunque per noi, adolescenti volenterosi di viaggiare e scoprire cose, quella della gita era una delle occasioni più imperdibili che capitassero a scuola. È motto comune dire che ciò che capita in un luogo debba rimanerci, tuttavia c'è qualcosa che successe nella prima gita che feci al liceo, un fatto che mi porto dietro come un fastidio, ma che fremo dalla voglia di raccontare per l'inquietudine che ci suscitò all'epoca, prima che promettessimo di non farne parola con nessuno. Ma un patto del genere oramai è storia vecchia, quindi trovo sia giunto il momento di parlare di cos'accadde. I pullman che ci avrebbero portati a Roma partirono prima dell'alba, con su un carico di studenti stanchi che speravano nella comodità dei sedili per ritrovare il riposo che non avevano potuto ricercare quella notte. Il viaggio, si svolse pressoché come tanti altri, con le sue fermate per far sgranchire le gambe ai passeggeri. Arrivammo a Roma in piena mattinata, con un sole cocente, che ormai anticipava l'imminente arrivo di giugno e del caldo estivo. Come prima cosa ci assegnarono le camere dell'hotel, in modo che potessimo sistemarci prima di visitare la città. Non si trattava di una catapecchia, non era certo una reggia, era la piena definizione di mediocrità, considerato soprattutto che la nostra stanza era una doppia che era stata adattata a tripla, con un letto quasi sulla porta d'ingresso. Ovviamente, le camere erano divise in maschili e femminili, per evitare che potesse succedere qualcosa, ma certe regole vanno infrante. Così, dopo un giro della città e un ritorno sudato, vista la stanchezza del viaggio, tornammo in hotel e ci riunimmo tutti nella sala da pranzo. Dimenticavo di dire che uno dei miei due compagni di stanza, quella stessa giornata si era reso conto di essere malato, andando a dormire poco dopo cena, lasciando noi a dormire nella camera di alcune amiche. La loro stanza era sicuramente più accogliente della nostra, seppur anche questa sembrava per una quantità più ristretta di persone di quante non ce ne fossero effettivamente. Alla conta eravamo due ragazzi e tre ragazze, ma presto, con l'avanzare della notte, rimanemmo sempre in meno, finché alle 4 di mattina, quasi tutti ci lasciammo andare ad un sonno più che meritato. Tranne uno, il mio compagno, che rimasto ancora sveglio e stranamente pimpante, aveva voglia di girare per l'hotel. Va presa nota del fatto che seppure fosse notte, la temperatura non era scesa particolarmente, e che dunque avevamo lasciato delle porte-finestre aperte, dopo essere usciti per fumare sui balconi; accompagnati dunque dalla leggera brezza che entrava, prendemmo silenziosamente le chiavi della camera e uscimmo. Il giro in sé non fu nulla di entusiasmante, i corridoi erano deserti ed era buio pesto, il che rendeva il tutto sufficientemente inquietante, abbastanza da farci dimenticare la nostra voglia di esplorare e farci tornare di filato in camera, dove entrammo sempre con la furtività solita per non svegliare le altre ragazze. Fu quando ci girammo per andare al letto matrimoniale in cui eravamo stesi che ci accorgemmo di "lui" o qualunque cosa fosse. Era qualcosa scuro, tanto scuro che sembrava risucchiare la luce, ma tanto fino e sottile che sarebbe passato inosservato, non fosse stato per i bagliori della luna. Ansimava quasi come un cane, ma in un modo talmente impercettibile da risultare silenzioso. Ed eravamo lì, bianchi come cadaveri, immobilizzati dal terrore, nel silenzio rotto solo dai respiri delle nostre amiche e dal suo leggero ansimare, mentre con qualcosa che non saprei nemmeno se definire mano, accarezzava i capelli dell'unica ragazza stesa su quel letto, che ogni tanto mugugnava qualcosa nel sonno. Non so dire quanto passò, ma sono sicuro che se anche fossero secondi, a noi sembrarono ore intere, finché poi un raggio di luna lo attraversò come se non ci fosse mai stato, come se fosse stato solo un'illusione del buio. Andammo a letto, decidendo di fare finta di niente e dopo aver giurato di non riparlarne, ci risvegliammo il giorno dopo, convinti di aver fatto solo un incubo. Incubo o no, seppur il ricordo non sia più particolarmente nitido, da quella notte, ho paura del buio.
   
 
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