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Autore: settembre17    20/07/2021    15 recensioni
La raccolta si compone di tre capitoli indipendenti uno dall’altro, ma tutti accomunati dalla domanda “Com’era la Normandia?”.
In ciascuno si immagina che André ponga la domanda del titolo in uno specifico momento della storia. I tre momenti sono alternativi, non consecutivi, a riprova del fatto che molto spesso il “quando” si chiede è importante quanto il “che cosa” si chiede.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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La raccolta si compone di tre capitoli indipendenti uno dall’altro, ma tutti accomunati dalla domanda “Com’era la Normandia?”.
In ciascuno si immagina che André ponga la domanda del titolo in uno specifico momento della storia. I tre momenti sono alternativi, non consecutivi, a riprova del fatto che molto spesso il “quando” si chiede è importante quanto il “che cosa” si chiede.

I tre capitoli sono pronti, ma li pubblicherò a qualche giorno di distanza uno dall’altro per mantenere una certa distanza temporale.

Grazie a tutti quelli che leggeranno e perdonate se scrivo poco di me e delle mie storie: sarà la timidezza, sarà che bastano le storie da sole. Un abbraccio a tutti.

Com'era la Normandia?

 
1. Nell’ufficio del Comandante

Antefatto
 
Quella mattina l’avevano chiamato per un incarico che nessun altro voleva: preparare l’ufficio per il nuovo comandante. Il destino talvolta ha una sua ironia. Ancora una volta avrebbe preparato una stanza per il suo arrivo.
Avevano scelto lui, che era l’ultimo arrivato, e un ragazzo mite pieno di lentiggini; c’erano mobili da spostare e da sistemare, dal momento che il precedente comandante si era portato via la scrivania e una cassapanca appartenute alla sua famiglia dal tempo di Luigi XIII, diceva lui. I tendoni alle enormi finestre erano stati fatti pulire per l’occasione e andavano issati su bastoni che non erano alla portata di alcun inserviente.
Lui aveva assolto a tutti quei compiti con lo zelo del soldato e ignorando volutamente per chi in realtà stesse preparando quella stanza, finché. Finché.
Finché era entrata nell’ufficio una ragazza, -è un’aiutante del sarto della caserma- lo aveva informato il ragazzo con le lentiggini, che aveva salutato con un sorriso timido entrambi. Lui fu immediatamente travolto da quello che lei teneva tra le mani: tutta la sua sicurezza crollò, l’impersonalità di cui aveva rivestito il suo incarico svanì e si sentì per un istante disarmato.
La ragazza portava tra le mani un vaso. Un vaso di rose. Rose bianche e rosse.
Un segno di benvenuto per il nuovo comandante, disse.
In un modo che lo colse di sorpresa, a lui venne da ridere, anche se non c’era niente da ridere. Ma era così, gli venne da ridere e rise di una risata aperta e sonora.
La ragazza non capiva, ma rimase a guardarlo affascinata: non aveva mai visto un soldato così bello.
Poi lui fece una cosa che la fece arrossire e che lei ricordò anche nei giorni seguenti più spesso di quanto avrebbe voluto: la guardò negli occhi con ancora quel sorriso sulle labbra, si avvicinò, le prese il vaso dalle mani con dolcezza e poi con una voce così gentile, ma così gentile, le disse:
- Non credo che il nuovo comandante gradirà. Vieni, portiamole nell’ufficio del colonnello.
Poco più tardi, terminato il lavoro, il ragazzo con le lentiggini osservò l’ufficio dalla porta e disse pensieroso:
- Non sarà troppo… spoglio?
Lui, che non aveva più voglia di ridere, rispose che andava benissimo e poi chiuse la porta.
 
Fatto

- E va bene, fai come ti pare.
Era esausta, voleva solo smettere di discutere.
Lui si avviò alla porta, registrando mentalmente quanto quell’ufficio spoglio spoglio non era ora che lei lo occupava tutto con il suo profumo, con la sua voce, con la sua presenza così cara a lui e così rimpianta nell’ultimo mese, quindi mise una mano sulla maniglia e poi.
E poi pronunciò il nome di lei.
Allora lei capì, le ci volle una frazione di tempo talmente minuscola che gli uomini non hanno ancora trovato l’unità di misura per definirla, capì che quell’uomo di spalle non era più il soldato, ma era lui, quello che aveva avuto al suo fianco per tutta la vita. Riconobbe sé stessa e il suo nome, nudo e senza titoli, pronunciato da lui così tante volte, ma mai con quella morbidezza e guardò le sue spalle e si accorse che si alzavano e si abbassavano lentamente.
Lui stava facendo uno sforzo indicibile per farle una domanda, la domanda che da un mese si era stabilmente acquattata in mezzo ai suoi altri pensieri, la domanda che non voleva assolutamente che a lei sembrasse una provocazione, ma che con urgenza sentiva di doverle, volerle, fare.
E così, con lentezza e con dolore, dopo aver pronunciato il suo nome, stringendo un po’ di più la maniglia della porta, chiese:
- Com’era la Normandia? –

E in un istante lei capì perfettamente che quella non era una provocazione, che quella domanda conteneva mille altre domande tipiche di lui, come è andato il viaggio, sei sempre stata bene, i domestici si sono presi cura di te, e tu hai avuto cura di te, hai mangiato a sufficienza, hanno governato bene il camino della tua stanza, chi si è occupato del tuo cavallo, ma anche che conteneva altre domande tipiche di loro due, ti sei fermata alla solita locanda durante il viaggio, come stavano i bambini dell’oste, hai raccolto conchiglie, e quanti croissant sei riuscita a mangiare uno dopo l’altro, io al terzo mi ero arreso l’anno scorso: troppo burro, ti ricordi, e quante albe, quanti tramonti hai visto, e hai corso sulla spiaggia, hai galoppato a briglie sciolte, e hai messo i piedi nell’oceano, ti ricordi che ci erano venuti i crampi ai polpacci un inverno che l’abbiamo fatto, e la birra alla locanda del villaggio, l’hai bevuta, e mentre capiva, in un istante solo tutto questo, a una velocità di elaborazione di pensieri e ricordi che uno scrittore non può riprodurre sulla pagina, insomma mentre capiva tutto questo le salì un groppo in gola violentissimo e sentì le lacrime pungerle le ciglia e così si voltò verso la finestra dandogli le spalle. E in un altro istante vide la sua immagine riflessa e vide sé stessa, con nome, secondo nome e titolo, e con la nuova uniforme blu, era il primo giorno che la indossava quindi quella figura riflessa le era ancora un po’ estranea, e sentì lo sguardo di quell’ufficiale dell’esercito francese che la osservava e si ricordò, in un istante ancora, chi fosse lei ora, chi avesse deciso di essere, con risolutezza e determinazione, e si ricordò anche che piangere, ancora, davanti a lui, o a chiunque altro, era escluso, non poteva accadere e si ricordò dell’ultima volta che aveva pianto davanti a lui e no, non lo odiò perché in Normandia aveva pensato tanto e no, non lo odiava e non lo voleva punire, ma ora lei era chi aveva deciso di essere e cioè un uomo, anzi, un Comandante e non poteva crollare al suo primo giorno in servizio e quindi con uno dei suoi proverbiali sforzi di autocontrollo, ricacciò giù tutto e, a distanza di due secondi dalla domanda di lui, pronunciò scandendo bene:
- Ventosa –
Lui curvò un po’ di più le spalle e uscì chiudendo la porta senza fare rumore.
 
   
 
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