Möge der Wind in deinem Rücken sein
-Kinderheit-
“Avrei violato cosa?”
Hange ha otto anni,
un principio di infezione alle sbucciature sulle ginocchia e le guance
imbrattate di fango.
Ha anche una strana sensazione in petto, l’ha avuta per tutto il giorno:
sarebbe accaduto qualcosa di brutto.
E adesso che il
manuale di chirurgia generale dello zio è in una pozzanghera, capisce di non
essersi sbagliata.
“Dottor Zoë,
non se lo faccia ripetere per l’ennesima volta”, dice, stanco, uno dei gendarmi
che l’hanno riaccompagnata a casa, “Istruendo sua nipote, lei ha violato
l'articolo 6 delle norme distrettuali che riservano l’istruzione unicamente ai
bambini di sesso maschile.”
Ulrich Zoë,
lei, lo conosce poco. Non sa quale sia il suo colore preferito, o se si è mai
rotto un osso, o se è mai andato oltre pagina 232 del libro che adesso si
ammolla nell’acqua piovana; quella che mostra così bene le diramazioni
dell'arteria epatica e della vena porta.
Sa però che odia
sostare sotto la pioggia, e diventa nervoso quando qualcuno gli impedisce di
tornare al suo lavoro, proprio come stanno facendo quei due.
Dunque, tace. Non si immischia. Lo lascia fare.
Lascia anche prenda
il suo polso in mano, perché sembra che mostrarlo ai gendarmi sia
particolarmente importante; persino più importante del recuperare il suo libro.
“Le vedete queste
mani?” domanda, “Avete idea di quanto possano essere utili delle mani così
piccole nel mio lavoro?”
“Dottor Zo—”
“No, statemi a
sentire voi, razza di fannulloni!”
Si è già arrabbiato.
Aumenta la stretta, il polso comincia a far male.
“Voi potete pure
passare le giornate in ozio vagabondando per campi e città, ma qui non si
mangia se non si lavora. Mio fratello sarà pur passato a miglior vita
scaricando su di me l’onere di crescere questa mocciosa, ma io non sfamo bocche
per pietà. Se vuole restare, dovrà rendersi utile e fare la sua parte! E questo
è quello che sta facendo!”
Hange ha uno strano
formicolio in corpo; diverso da quello che ha provato per tutto il giorno.
È qualcosa che va al di là della pioggia che le ha ormai inzuppato ogni
centimetro di stoffa, o della colpa che le brucia in petto per essere andata a
leggere nella brughiera, malgrado le raccomandazioni.
Forse, è lo stesso fastidio che paralizza i gendarmi e suo zio, che come
statue, continuano a fissarsi ingrugniti, senza proferire alcuna parola.
O forse, no.
Forse è qualcosa di completamente differente.
Ha già cominciato a far buio. Le giornate sono diventate più corte, e il freddo
vento di tramontana che soffia di solito a quest’ora, oggi la sta abbracciando
forse con troppo vigore.
Serra le gambe, le serra più forte. Non basta, e così, serra anche il viso.
Geme.
“Hange!”
La sgrida suo zio, quando con un gesto secco libera il polso dalla sua stretta,
e scappa. Fugge.
Si precipita come un
fulmine verso le latrine.
“Andiamo via, Johan. Abbiamo già perso abbastanza tempo qui.”
O almeno, questo è quanto filtra da sotto il riverbero della pioggia e del suo
fiato affannoso.
Chiunque concorderebbe che non vale la pena pisciarsi sotto pur di continuare
ad osservare il grugno arcigno di due gendarmi fradici.
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“Le cose che ho detto
prima a quei soldati…io non le pensavo davvero, sai?”
Le fiamme del camino scoppiettano un po’. Lambiscono avide il ciocco che poco
prima il Dottor Zoë ha dato loro in pasto, e Hange osserva quel fuoco tracciare
in controluce i contorni brillanti dei suoi indumenti stesi ad asciugare; tra
questi, c’è anche il suo libro.
“Non mi pesa averti qui con me, Hange.” ribadisce suo zio.
C’è del rimorso nel modo in cui srotola le bende intorno alle sue ginocchia
secche.
“Lo so.”
La carezza veloce che le lascia tra i capelli bagnati, avrebbe forse meritato
qualcosa di più che la sua risposta sbrigativa; un sorriso, un segno di
perdono.
Ma la verità è che Hange sta pensando ad altro; e quell’altro è come un
tarlo.
Zio Ulrich guarda
nella direzione in cui sta guardando, cerca di capire, e poi crede di
capire.
Scrolla le spalle; la luce del lume colpisce il suo sorriso nascosto tra i
baffi grigi.
“Ho pensato che mettendolo davanti al camino,
forse riusciamo a recuperarlo. Le pagine di quel libro sono resist—”
“Zio Ulrich, perché non hai detto la verità?”
“Cosa?”
“Ai gendarmi, perché non hai detto la verità?”
Smette di frizionarle la nuca con l’asciugamano; si alza, fruga tra i cassetti.
“A volte la verità è
troppo complessa. Va riadattata e rielaborata. Prima di rivelarla, bisogna
sempre aver chiaro chi si ha davanti, capire qual è il modo migliore per
stabilire un contatto.”
“E tu lo hai capito?”
solleva i talloni allo sgabello, vuole ascoltare una storia, “hai capito come
stabilire un contatto con quei gendarmi?”
“Non lo so—” scuote
il capo, sospira, “Mi piace credere sia stato così.”
“Avresti potuto dire
loro che mi stai istruendo in quanto tua unica erede e non hai altra scelta. È
il codice distrettuale a permetterlo.”
“Quella sarebbe stata
la loro verità. Troppo semplice.”
La camicia da uomo in
cui le fa infilare le braccia è più grande di almeno due taglie. Se la
abbottona da sola.
“Preferisco far
sapere che ti sto istruendo perché un giorno con queste mani salverai le loro, e
probabilmente le vite di tanti altri scansafatiche. E voglio che le ricordino
bene, quando penseranno ‘che spreco sarebbe stato, se quel figlio di puttana
non avesse istruito davvero quella geniale, petulante mocciosa
di sua nipote, che proprio non ce la faceva a stare alla larga dai libri e appunti’. È questa la mia eredità.”
Hange non riesce a riflettere più di tanto sul vero significato di quella
frase; una gioia incontenibile sta già correndo in tutte le vene di cui riesce
a ricordare nome e posizione, e può sentirne quasi il suono, mentre l’euforia
le esplode in viso, sui polsi, ovunque.
Balza in piedi,
blocca i polsi di suo zio ai fianchi.
“Vuoi dire che faremo
davvero quella cosa del braccio rotto!?”
“Non ho detto questo.”
“Ti prego, zio!”
“Ti farò sezionare la
prossima salma, va bene?”
“Ti prego!” cantilena, ciondolando felice.
-
“Dottor Zoë,
cos’è successo al suo braccio?”
“Sono veramente spiacente, signora Dörr. Sono caduto
giù per le scale e mi sono fratturato la clavicola. Ma non abbia timore, ci
penserà mia nipote Hange ad aiutarmi a sistemarle quel taglio.”
‘Non
mostrarti troppo felice, non mostrarti troppo felice.’, si ripete mentalmente Hange, mentre frenetica
sfrega le mani con la spugna in crine, grattando bene anche sotto le unghie.
Afferra gli strumenti di sutura, saluta la signora Dörr
chinando ossequiosa il mento, e dopo aver sollevato il lembo scucito della sua
gonna, si sforza di pensare alla cosa più triste che riesca a ricordare.
Fine prima parte
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Note: Fanfiction scritta per la challenge ‘A Character
Study’ del gruppo Hurt/Comfort
Italia. Si tratta di un’opera
appartenente al filone ‘slice of life’ che mira ad esplorare, investigare, narrare e
approfondire bene la vita, i trascorsi, eventuali sfaccettature di un solo
personaggio, che sarà il protagonista indiscusso del lavoro.
Io, ho scelto di scrivere su Hange, partendo da vari missing
moments della serie nonché headcanon che ho al
riguardo.
Ogni lavoro che
pubblicherò sarà una storia autoconclusiva; non ho idea di quante ne verranno
fuori, ma conto di aggiornarle di tanto in tanto.
Lavoro non betato. Il riferimento a Schindler’s List è puramente causale.
Grazie per aver letto fin qui! <3