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Autore: BeaterNightFury    22/07/2021    0 recensioni
Le riusciva persino difficile credere che una volta alzati tutti da tavola, Riku sarebbe andato finalmente a cercare la sua mamma… che ora gli era stato permesso. Che Sora sapeva dov’era Ventus e sarebbe andato a recuperarlo dopo che le Principesse fossero state al sicuro.
Che se avessero vinto quella guerra, Shiro avrebbe avuto di nuovo una famiglia, una casa.

Seguito di Legacy e Journey.
Sora, Riku e Kairi dividono le loro strade per proteggere le Principesse, salvare i Guardiani perduti, e prepararsi alla battaglia.
Lea si ritrova dopo undici lunghi anni a fare i conti con il proprio passato irrisolto.
Ventus e Roxas aspettano il momento in cui potranno tornare a fare qualcosa che non sia osservare...
Il momento dello scontro è vicino.
Sette contro tredici.
A volte, la differenza è tutto quello che un eroe può fare.
Genere: Avventura, Fantasy, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Avremmo anche finito prima, ma un mostro grosso così chiamato "sessione estiva"... beh, insomma, sapete la storia.

(attenzione, possibili lievi SPOILER sul finale di Union X. Ammesso e non concesso che da Giugno a mo non abbiate recuperato)

 
 

Guardians – Capitolo 12
Fractus, Non subiectus
 
Stanno arrivando i rinforzi.
Ventus non sapeva cosa doveva aspettarsi, e poi appena prima che Xehanort usasse il corpo di suo fratello per ferirlo di nuovo…
Terra era tornato.
O meglio, la sua armatura. E la sua voce.
«Oh, non ci credo!» Dietro di loro, Sora aveva sbottato, nella sua voce euforia mista a paura.
Aqua, probabilmente ancora memore del passato che Sora aveva cancellato, fu rapida a prendere Ventus per il polso e tirarlo via, poi gli lanciò un’occhiata.
«Quanto sapevi di tutto questo?» gli chiese.
«C’entra Ephemer in qualche modo. Lui sapeva. Sta agendo tramite un complice.» Ventus si strinse nelle spalle. Non avrebbe compromesso Shiro e Roxas, non adesso che era tutto soltanto cominciato. «Ma non mi ha nemmeno detto chi è. Non vorrei sia quel gatto di cui parlava Sora.»
Nella sua tasca, sentiva il Trovavia quasi caldo. Che Terra li avesse trovati tramite il loro portafortuna? Ma non c’era tempo per le domande… Terra e quello che lo controllava avevano preso a duellare tra loro… e chiunque avesse prevalso, sarebbero state brutte notizie per Terra.
«Dobbiamo aiutarlo!» Ventus portò Evocavento alla mano.
«Aiutare chi e come?» Aqua lo riportò alla ragione. «Ven, stanno arrivando gli Heartless…» Scosse la testa, poi fece un cenno della mano verso il gruppo. «Stiamo uniti! Serrate i ranghi, per qualsiasi ragione non fatevi prendere! Qualcuno di voi è capace di alzare una barriera forte abbastanza?»
«Io!» Riku fu il primo ad alzare la mano. Paperino alzò il suo scettro appena dopo di lui.
Come previsto da Aqua, dalle gole attorno a loro si stavano riversando sciami di Shadow e altre creature oscure. Ce ne erano così tanti che avrebbero potuto oscurare il cielo.
La giovane donna stava tremando a vista d’occhio, ma aveva assunto una posizione di guardia ed era pronta a pronunciare la formula per la magia di protezione.
«Se resistiamo anche a questa ondata, potremo andare avanti. Dove Xehanort si nasconde.» Stava ansimando quasi con ogni parola, ed era pallida come un cencio. «Avanti… avanti…»
La Marea Demoniaca, davanti a loro, si faceva più grande, sempre più grande, prendendo quasi la forma di un tornado…
I Guardiani della Luce stavano già serrando i ranghi, gomito contro gomito, nel miglior tentativo possibile di resistere all’ondata oscura, ma tutto a un tratto, alla sinistra di Ventus, Sora prese a correre in avanti.
«Sora, che fai? Fermo!» Riku fu il primo a reagire, allungandosi in avanti per prendere l’amico per il dietro della giacca, ma Sora fu troppo agile per farsi prendere e continuò a correre verso l’orda di mostri, Keyblade in resta. Fece per andargli di nuovo dietro, ma qualcosa lo fermò.
«L’ho sentito!» Annunciò, girandosi verso gli altri.
A un passo dall’ammasso di mostri, Sora venne inondato da un lampo di luce, e una voce familiare echeggiò nelle teste di tutti…
Serve una mano?”
«Ephemer!» Ventus si illuminò. Si rese conto che probabilmente non avrebbe dovuto parlare – avrebbero potuto pensare che Shiro fosse nei paraggi – ma la sua sorpresa fu presa per quello che era.
«Quindi è così la sua voce?» Lea scosse la testa. «Com’è che la sentiamo anche noi?»
Ventus si strinse nelle spalle. Sopra di loro, qualcosa stava iniziando a volare. A Ventus sembravano quasi uccelli, poi guardò meglio. Keyblade. I Keyblade dei caduti si erano mossi da soli, e adesso volavano su di loro, in sciame, come avevano fatto anni prima per Vanitas.
Ma non c’era né ruggine né polvere attorno ad essi. Non stavolta.
Si fermarono davanti a Sora, un istante, appena necessario perché il ragazzo salisse su, e poi presero a trasportarlo, falciando Heartless dopo Heartless.
«I Custodi del Passato…» Aqua aggrottò le sopracciglia. «Se quello era Ephemer…?»
Guardò Ventus.
«Ven, sei sicuro che lo conoscevi realmente?»
Ventus scosse la testa. Aveva detto di conoscerlo, quando si erano visti nei sogni di Shiro. Aveva fatto una fugace menzione del suo passato, descrivendo quello che avrebbe potuto essere il suo aspetto da bambino – e gli aveva augurato di essere cresciuto rispetto alla sua infanzia.
Qualcosa sembrava turbare Aqua, ma non era il momento di preoccuparsene, non adesso.
 
 

Ephemer riapparve sulla cima della guglia, e Roxas dovette chiedersi come mai stava tremando nonostante non avesse un corpo vero e proprio.
«Ha! Avete visto?» Il ragazzo annunciò, indicando lo spiazzo davanti a loro. Sembrava quasi soddisfatto di sé stesso.
«Ti sei fatto sentire? E se mamma si accorge di me?» Shiro lo criticò.
Ephemer riprese – metaforicamente – fiato e si fece serio.
«Non potremo nasconderci per sempre.» Guardò verso il basso. «Ovvio che vedranno sempre prima me, e sarò io a dirvi quando intervenire…»
Sembrava pensieroso, come se stesse nascondendo qualcosa. Tredici anni a non avere una faccia dovevano averlo reso un pessimo bugiardo, Roxas si disse. Ne sapeva qualcosa, anche se per lui non erano stati che due mesi.
«… tu non conti, Roxas. Se vedi Quattordici, buttati.»
«Quindi siamo tutti agli ordini di Ephemer adesso?» Luna commentò con un sorriso sarcastico. «E io che credevo che dovessi seguire le direttive di Aqua.»
«Maestro Ephemer, prego.» Il ragazzo rise. «Quali sarebbero le direttive di Aqua?»
Luna si strinse nelle spalle.
«Stare indietro e portare i feriti al sicuro. Noctis e i ragazzi sono nello spazio aereo con la loro Gummiship, hanno coperto le spalle a quella di Sora e adesso aspettano il segnale di ritorno. Sanno combattere, è vero, ma se siamo troppi sul campo, sarebbero solo altri bersagli per Xehanort. Quanto a voi tre, per la stabilità di questa linea temporale, dovete essere qui.»
Davanti a loro, grazie all’intervento dei Keyblade del passato, Sora e gli altri erano riusciti a farsi strada oltre gli Heartless.
Il deserto era libero – e stavano quasi per perderli di vista.
«Li seguiamo?» Roxas azzardò. «Credo che ne stiano per arrivare altri da laggiù. Dalla direzione che stanno prendendo.»
Luna scosse la testa, poi alzò una mano e tracciò un cerchio nell’aria con due dita.
«No, ma andiamo un po’ più avanti.»
Un altro portale di scintille apparve davanti a loro, ed Ephemer fu il primo a passarci attraverso. Shiro lo seguì a ruota, e Roxas fece lo stesso. Luna fu l’ultima a passare, e se lo richiuse dietro.
«Ora siamo davanti a loro, giusto?» Roxas chiese.
Stavolta erano in un anfratto tra le rocce, riparati e nascosti.
«Davanti abbastanza.» Luna si strinse nelle spalle.
Poi la terra prese a tremare.
 
 
Le pareti apparse dal nulla, da sotto la sabbia del deserto, sembravano essere il risultato di una qualche potente magia.
Aqua non poté fare a meno di chiedersi quanto avesse ancora da imparare – o quali segreti nascondessero certi mondi. Sarebbe stato più difficile che mai senza…
… no, non ci doveva pensare. Se il Maestro Eraqus fosse stato lì, le avrebbe detto di concentrarsi sul qui e sull’ora, avevano una missione da compiere, e la missione al momento era neutralizzare la minaccia per i mondi e riportare tutti a casa.
«Ha l’aria di essere un labirinto.» Topolino affiancò Aqua e commentò.
«Mi pare ovvio immaginare che i nostri avversari saranno sparsi e appostati.» Lea poggiò il suo Keyblade su una spalla. «Abbiamo una strategia? Loro sicuramente avranno una loro.»
«Sì, e la fase uno è assicurarci che siamo tutti nelle migliori delle condizioni.» Aqua si girò verso gli altri. «Qualcuno di voi è ferito? Stanco? Come state per quanto riguarda le medicine?»
Il suo sguardo indugiò su un Guardiano in particolare.
«… Sora?»
Il ragazzo sobbalzò come se fosse stato toccato, anziché chiamato.
«Mi dispiace! Non volevo rompere le righe, Ephemer mi ha detto di rompere le righe…» Prese a scusarsi.
Aqua non gli disse nulla, limitandosi ad eseguire uno Scan per controllare la sua salute, ma un altro pensiero le si fece galla nella testa. Ephemer.
Quando Shiro, Ventus e Lea lo avevano menzionato le prime volte, Aqua lo aveva dismesso come quello che aveva dichiarato di essere – un vecchio amico di Ventus. Qualcuno che probabilmente doveva avere sofferto quanto, se non più di lui, per i piani di Xehanort – che probabilmente ci aveva lasciato le penne.
Poi aveva ritrovato quel nome nei libri di storia che aveva letto febbrilmente per cercare risposte. Come il nome del Primo Maestro – del rifondatore dell’ordine dei Custodi del Keyblade, dopo la guerra che aveva reso quel posto un cimitero.
Non potevano essere la stessa persona – il Maestro che aveva fondato l’ordine, il bambino che era cresciuto con Ven – ma adesso quale dei due era la voce nella testa di Shiro?
… o nelle loro, a quanto pareva.
A giudicare dalla reazione di Ventus, Aqua avrebbe detto il bambino, ma le chiavi? Un atto del genere – qualcosa di pari almeno a quello che aveva fatto Xehanort con il labirinto – non sarebbe stato plausibile per un bambino, anche fosse stato più grande di Ventus quando Xehanort gli aveva… fatto del male.
Forse era la memoria di Ven a giocare brutti scherzi… ma no, non ora, doveva assicurarsi che i suoi alleati stessero bene…
«Ven, dobbiamo parlare quando saremo a casa. Io, te, e Shiro.» Aqua disse, più per ricordarsene che per farlo presente all’amico.
«E Terra.» Ventus annuì, lanciando un’occhiata al corridoio davanti a loro.
Soltanto il silenzio li circondava, ma Aqua era pronta a scommettere che molto presto sarebbe stato infranto una volta per tutte.
«Va bene, se siamo tutti in condizione di procedere, direi di separarci in gruppi.» Aqua fece alcuni passi avanti. «Avete visto tutti la torre su cui Xehanort si è piazzato, no? Sarà sicuramente il centro del labirinto. Dobbiamo dividerci in modo equo per avere più possibilità di proseguire.»
«Forse coppie sarebbe la soluzione migliore.» Topolino azzardò.
«Sua Maestà s’è scordato che siamo in sette?» Lea commentò.
«No, ma sono quello che qui è più abituato a combattere da solo.» Topolino incrociò le braccia. «Lea, tu ti sei addestrato con Kairi, andrai avanti con lei. Sora e Riku, su voi ci sono pochi dubbi. Aqua, Ven, voi due aprirete la fila, io vedrò di chiuderla.»
 
 
Di una cosa, Riku era certo, si disse mentre lui e Sora fronteggiavano i loro avversari – Xigbar e il falso Riku, dopo che Ansem l’Heartless era fuggito via chissà dove.
Per quanto il piano di Xehanort fosse stato eliminarli all’inizio, e grazie a Ephemer questo non era accaduto, il labirinto era sicuramente un’altra trappola.
Una che non avevano altra scelta che far scattare, perché se non avessero combattuto, Xehanort non avrebbe esitato a minacciare Rapunzel, Elsa, Anna, Luna… e solo Luna e Kairi sapevano in un qualche modo difendersi, e non abbastanza per resistere a tutte e tredici le Oscurità comunque.
La loro ipotesi migliore di successo era uscirne tutti e sette, anzi nove. Terra e Quattordici potevano essere liberati, se non con il Potere del Risveglio, in una qualche altra maniera, e se Ephemer aveva eliminato la prima trappola, probabilmente avrebbe avuto piani anche per l’altra.
Evidentemente ci stava pensando troppo, perché a un certo punto finì lungo disteso nella polvere, e Sora dovette respingere un po’ di proiettili violetti per proteggerlo.
Xigbar era il solito vecchio baro, ma aveva aggiunto un altro tipo di proiettile al suo arsenale, uno che si conficcava nel terreno e faceva male anche semplicemente a starvi vicino. Quanto all’altro Riku… beh, era prevedibile come fare a pugni con uno specchio. Non ci volle molto a Riku per trovare un’apertura, colpirlo alla testa con il piatto del Keyblade e tramortirlo.
Con uno sforzo in più da parte di Sora, che – come aveva menzionato Ventus – stava combattendo come un disperato, Xigbar ricevette un colpo fatale.
«Come pensavo.» Ansimò. «Se avessi un Keyblade, le cose sarebbero diverse…» Sopra di lui, un pennacchio di tenebra si alzava al cielo come il fumo di un comignolo.
«Come se tu fossi degno di averne uno.» Sora gli ribatté in tono sprezzante, e dopo tutto quello che il vecchio guercio aveva fatto loro, Riku non poté pensare che lo meritava fino in fondo.
Con le sue ultime forze, Xigbar si teletrasportò in cima al labirinto.
«Oh, ma io lo sono. Il vecchio trombone ha promesso di lasciarmi il suo. Altrimenti perché mai sopporterei tutte le sue fesserie?»
Fece alcuni passi all’indietro… e cadde dalla parete.
Riku non sentì il tonfo.
Sora rimase a fissare il punto in cui Xigbar era sparito, attonito, con le braccia lungo i fianchi.
«Non credo… mi ci abituerò mai…»
Riku evitò di ricordargli che se era ancora un Nessuno, probabilmente sarebbe tornato.
«Forza, era solo il primo.» Gli diede una pacca sulla spalla. «Gli altri contano su di noi, dobbiamo andare avanti.»
Si girò verso il suo doppio, ancora privo di sensi contro una parete.
Aspetta.” Una voce nella sua testa lo fermò prima che vibrasse un colpo fatale.
Oh, adesso era lui ad avere voci nella testa? E questa… gli sembrava esattamente di sentire sé stesso.
Non distruggere quella Replica. Naminé ha ancora bisogno di un corpo.
Oh…
«Non sarà necessario. Tron, Otto e Nove possono pensarci da soli.» Riku mormorò, causando un’occhiata curiosa da parte di Sora.
Non voglio correre altri rischi. Non c’è più niente per me in questo mondo. Ma… lei… io…
«Non devi. Anche tu hai diritto a vivere.»
Prima che Riku potesse ribattere, una figura trasparente gli uscì letteralmente di dosso, per balzare contro il suo doppio esanime e artigliargli il torace con una mano.
Un pennacchio di fumo nero si erse dalla Replica, lasciandolo come un semplice pupazzo con il volto impersonale e un mantello nero.
E Sora e Riku rimasero soli.
«Aspetta, ma quindi…?» Sora guardò Riku, inclinando la testa di lato. «Kairi non è finita alla mercé del Lich perché ha combattuto tutto il tempo. E non ho trovato lì te perché… lui ti aveva tenuto fuori
«Già, la mia Replica del Castello dell’Oblio non era morto come pensavamo. Non finora…» Riku tirò un sospiro. «… non oso immaginare come saresti andato in panico se si fosse piazzato davanti a te, senza che ti avessimo raccontato tutto io e Shiro…»
Abbassò la testa e dismise il Keyblade, poi mise una mano sulla spalla a Sora. Il contatto fisico gli veniva ancora difficile da quando non erano più bambini che giocavano alla lotta, ma se avessero passato quella battaglia… quando avrebbero passato quella battaglia… le cose dovevano cambiare.
Fu Sora a prendergli la mano e a dargli una stretta affettuosa con le dita.
«Forza, gli altri hanno bisogno di noi.»
E mentre prendevano un bivio – Sora a sinistra, lui a destra, e iniziavano a correre per aiutare le altre squadre con i loro avversari, Riku si rese conto di una cosa.
Quei pennacchi di tenebra.
Che Xehanort stesse facendo perdere i suoi sgherri di proposito?
 
 
«Credo che questo sia l’ultimo!»
Ventus attese che Aqua lo raggiungesse, poi fece un passo sul glifo illuminato sul pavimento. Un sistema di portali sembrava impedire loro di avanzare, ma Aqua aveva ipotizzato – giustamente – che ci fosse un modo di aprire le porte, e insieme avevano risolto l’enigma dei glifi che controllava aperture e chiusure.
Ancora una porta… e poi sicuramente si sarebbero imbattuti in Vanitas e Terra. Xehanort era un patito dei gesti teatrali, non avrebbe resistito a metterli davanti a loro…
… e Ventus non aveva voluto confessarlo ad Aqua – sempre che lei non lo sapesse già – ma temeva che il suo legame con Vanitas avrebbe potuto di nuovo mettere a repentaglio la sua vita.
Forse era vero quello che Roxas aveva detto – “Notizia dell’ultimo minuto, Ventus. L’ORGANIZZAZIONE BARA.” – ma questo non era una garanzia assoluta che, se questo Vanitas fosse stato eliminato, non avrebbe portato Ventus con sé.
«Tutti e due i piedi, Ven.» Aqua gli fece gesto di andare avanti. Ventus le lanciò un’occhiata, poi fece un respiro profondo e mise anche l’altro piede sul simbolo.
L’ultima porta si aprì, rivelando due figure familiari in lontananza nello spiazzo davanti a loro.
Aqua fece due passi, stagliandosi davanti a Ventus, poi rivolse lo sguardo verso di lui.
«Andrà tutto bene.»
 
 
Sora si addossò a una parete e cercò di riprendere fiato.
Il suo intervento in soccorso di Topolino aveva fatto la differenza nella vittoria tra il Re e i tre Nessuno Luxord, Marluxia e Larxene, ma era comunque stata una vittoria per il rotto della cuffia, specialmente dopo che Luxord aveva imprigionato Topolino in una carta e Sora aveva dovuto vedersela contro tutti e tre.
Era stato allora che aveva di nuovo sentito Ephemer.
Appena prima che Larxene potesse fulminarlo, la voce di Ephemer aveva urlato «Elrena!» e la giovane era crollata in ginocchio, tenendosi la testa.
Senza la più feroce dei suoi tre aggressori alle calcagna, Sora era riuscito a sconfiggere Luxord e liberare Topolino – e ottenere un jolly da un Luxord morente, senza che capisse cosa significasse realmente un dono del genere – e insieme erano riusciti ad avere la meglio prima su Larxene, ancora apparentemente confusa, e poi su Marluxia, non prima che Ephemer si facesse sentire di nuovo.
«Questo non sei tu, Lauriam
Sora ricordava ancora la “lezione” di Shiro sugli anagrammi – se era davvero stato Ephemer a urlare… quelli erano i loro veri nomi… quindi oltre a Ventus, Ephemer aveva conosciuto anche loro?
«Quando saremo a casa, Ephemer, dovrai spiegare un po’ di cose.» Sora mormorò ad alta voce, anche se non era certo che il suo interlocutore lo stesse ascoltando.
Topolino era già andato avanti, ma gli aveva ordinato di riposare prima di procedere. Beh, Sora non gli avrebbe dato retta, avevano troppo bisogno di lui perché si potesse permettere di indugiare tropp…
«Sei senza speranza, Sora.»
Per un momento, Sora pensava che Ventus fosse tornato indietro, ma era Roxas quello che si era appena affacciato da un cerchio di scintille. In divisa scolastica, cravatta, e maglione.
«Tu non eri andato a scuola con Shiro?» Sora alzò un sopracciglio, una volta resosi conto di con chi stava parlando.
«Il sorvegliante dei corridoi mi ha fatto uscire.» Roxas si strinse nelle spalle, dicendolo come se fosse stata la cosa più logica e normale del mondo – e in effetti, una scusa del genere lo era. Poi si frugò nelle tasche e mise un Elisir nelle mani di Sora. «E Luna ti manda questo.»
Sora stappò la bottiglietta e la vuotò senza quasi neanche vedere cosa fosse, solo per rimanere soddisfatto quando sentì tornargli le forze.
«Ora, se vuoi proprio andare a farti del male, ci andiamo insieme.» Roxas gli diede una pacca sulla schiena e indicò il corridoio davanti a loro. Prese a correre, e quando Sora lo seguì, iniziò a parlare.
«Come siete messi?» gli chiese, mentre le pareti davanti a loro cercavano letteralmente di sbarrare loro la strada. Dovettero scartare di lato più volte o addirittura saltare, ma Roxas non smetteva di parlare. «Vi siete divisi in gruppi, no? Chi è da solo a parte te?»
«Riku e il Re sono andati avanti da soli. Probabilmente a quest’ora si saranno già ritrovati.» Sora rispose alla domanda, più concentrato sugli ostacoli che sul discorso. «Ventus è con Aqua. Kairi con Lea.»
«Fa strano sentirlo chiamare Lea.» Roxas ammise.
«A Ventus fa strano sentire Axel.» Sora ridacchiò. Si fece immediatamente serio – appena davanti a loro, riusciva a sentire urla e clangore di armi.
Dopo un urlo quasi disperato e l’inequivocabile rumore di Keyblade contro Keyblade, Sora riconobbe la voce di Kairi.
«Una ragazza
Accanto a Sora, Roxas si portò una mano alla tempia, ma continuò ad avanzare.
«Quattordici!» Ringhiò tra i denti, accelerando il passo. Qualcosa lo fece letteralmente fermare dietro un pilastro… ed Ephemer comparve accanto a lui.
«Ti ho detto forse…?» Iniziò a dire.
«Sì, le tue esatte parole.» Roxas ribatté. «E ringrazia di essere incorporeo o ti avrei dato un pugno.»
«Le mie esatte parole erano se vedi Quattordici. Non mi pare che l’abbiamo… vista.» Ephemer fece le virgolette con le dita. Sora scosse la testa, confuso.
«Va bene, e io posso andare allora? C’è Kairi lì davanti!»
«Tu rispondi ad Aqua, non a me.» Ephemer si strinse nelle spalle. Sarebbe stata una scena molto comica, se non fosse stato per la situazione.
«Non ricordo il suo nome… ancora non ricordo il suo nome…» Roxas stava dicendo mentre Sora correva in avanti. «… potevi evitare di tirarmi per il maglione di scuola, Axel mi uccide se glielo rovino…»
Con chi stava parlando? Sora aveva un sospetto… e sperava di sbagliarsi.
Non era la prima volta che Shiro si mostrava capace di rendersi invisibile.
No… non poteva pensarci adesso, c’erano Roxas ed Ephemer lì dietro, e doveva andare ad aiutare Kairi…
Girò l’ultimo angolo per trovarsi davanti a Kairi e Axel, intenti a un duello a quattro con Saïx e… una ragazzina. Una ragazzina con un Keyblade identico a quello di Sora.
«Quindi è lei Quattordici?» Sora affiancò Kairi e diede un’occhiata ai nuovi avversari.
«Sì, ma Lea ancora non ricorda il suo vero nome.» Kairi gli rispose. «Ma lei sembra essere confusa, e molto. Tecnicamente non sa nulla della propria identità, ma quando ha sentito Axel e Roxas… beh, ha reagito.»
Kairi smise di spiegare per parare un colpo in arrivo da Quattordici. La ragazza combatteva quasi ciecamente, senza nemmeno guardarli in faccia. E nemmeno parlava.
«Quindi sei tu che eri scomparsa dai diari di Shiro?» Sora tentò la sorte enfatizzando uno dei nomi che ancora non erano stati menzionati. La ragazza puntò la sua attenzione verso di lui e balzò con l’intenzione di colpirlo dall’alto, ma Sora riconosceva quel colpo – era uno dei suoi – e lo parò senza sforzi. «Lo sai che lei si è fatta un po’ di notti in bianco per ritrovarti?»
La ragazza ritrasse l’arma e rimase ferma per un momento, pietrificata davanti a lui, portandosi una mano alla testa.
«Qual è il piano?» Lea, che stava duellando contro Saïx, urlò a Sora.
«Hai visto come sta tentennando… Axel…» Sora usò di proposito il nome che Quattordici ricordava per tenerla a bada. «Roxas è scappato da scuola. Credo sia venuto qui con Ephemer e Luna.»
«Quindi era davvero Ephemer? Vuoi dirmi che Shiro è qui?» La voce di Lea era la personificazione della preoccupazione, ma quel dialogo stava rendendo Quattordici sempre più confusa.
«Non l’ho vista.» Sora corse ad aiutare Lea. Aveva già battuto Saïx una volta, e Lea aveva lo svantaggio di un’arma relativamente nuova. «Roxas sta cercando di ricordare il suo nome. Quando ha sentito la sua voce… anche lui sembrava sentire qualcosa…»
Lea sbatté le palpebre e scosse la testa. Sora dovette proteggerlo da Saïx quando la sua vista si fece fuori fuoco.
«Ma certo! Quei due erano legati. Al punto che riuscivano a passarsi i poteri tra loro. Dovetti intervenire a un certo punto perché…» Scosse di nuovo la testa. «Xemnas voleva uccidere Roxas. Lasciare che lei lo assorbisse.»
Il suo sguardo si fece sempre più determinato.
«E a quanto pare, invece è accaduto il contrario.» Imbracciò meglio il suo Keyblade, e si preparò a contrattaccare Saïx. «Sora… dov’è Roxas adesso? Ci sarà bisogno di lui!»
«Vicino abbastanza da sentirci.» Sora balzò di lato per cercare di colpire il loro avversario. «Continua a parlare. Continua a ricordare. Ti copro!»
«Mi stai chiedendo di pensare e combattere, Sora, ti rendi conto di quanto sia difficile?» Lea fece un passo all’indietro, tenendo la guardia alta.
«Ieri stavi parlando di un Moguri.» Sora cercò di guidarlo.
«Mister Kupò. Il pupazzo di Shiro. Saïx paragonò… paragonò lei a Mister Kupò.» Sia Lea che Sora dovettero parare per fermare l’attacco di Saïx, che sembrava sempre più inferocito. «Quel giorno avrei dovuto fermarla. Quel giorno avrei dovuto trattenere Shiro… non la vidi mai così arrabbiata. Fu Roxas a farlo prima di me…»
Quattordici aveva smesso di attaccare. Teneva il Keyblade puntato davanti a sé, ma li fissava, gli occhi ancora nascosti dal cappuccio, respirando rumorosamente.
Roxas, adesso sarebbe un buon momento…, Sora si trovò a pensare. Saïx era arrivato al culmine della furia, e gli bastò un solo fendente per spazzare Lea, Sora, e Kairi indietro e farli finire a gambe all’aria.
Poi apparve Xemnas.
«Un tempo assegnavo a te il compito di occuparsi dei traditori.» Camminò verso Lea, squadrandolo dall’alto in basso. «E ora, il tuo tradimento li sorp…»
«Belle parole, dette dal re dei bugiardi.» Lea si alzò sui gomiti, senza dargli la soddisfazione di continuare. «Padre di Shiro, seh. Niente cuori, davvero. La domanda è, chi è il vero traditore?»
Si rimise in piedi, tremando e scrollandosi la polvere dai vestiti.
«La mia lealtà non è mai stata tua, Superiore dei miei stivali.»
Lo fissò negli occhi.
«Non mi hai mai avuto, da quando hai fatto del male a Cloud e Zack, da quando mi hai portato via Kairi, da quando hai tolto Shiro alla sua famiglia. Mi avrai anche fatto in mille pezzi, bastardo… ma stai pur certo che non mi vedrai mai piegare davanti a te! Non finora e non adesso! E ti prometto che prima che tramonti il Sole, i miei amici saranno fuori dalle tue grinfie… lo hai memorizzato
Era la sua solita frase, ma non il suo solito tono di voce. Aveva detto quelle tre parole quasi in un ringhio.
Riportò il Keyblade alla mano e lo sferrò contro Xemnas come un’ascia, solo perché il Nessuno lo fermasse con la mano e lo spingesse di nuovo al suolo con i suoi rovi oscuri.
Con la coda dell’occhio, Sora intravide Quattordici che si muoveva e si rimise subito in piedi. Xemnas le avrebbe ordinato di uccidere Lea… se lo sentiva… qualcuno doveva dire il suo nome, ma nessuno lo ricordava… se avessero detto il suo nome, si sarebbe svegliata…
Rumore di passi dietro di loro, e un cerchio di pilastri di luce separò Sora, Kairi e Lea da Xemnas.
«Roxas?» Lea fu il primo a girarsi.
«Vicino abbastanza da sentire.» Dietro di loro, un Keyblade in ogni mano, Roxas si strinse nelle spalle e sorrise. I pilastri divennero sfere luminose che saettarono verso Xemnas e lo mandarono all’indietro.
Sora prese immediatamente per mano Kairi, e davanti a loro Quattordici fece qualche timido passo in avanti, fissando Roxas, che probabilmente con i pantaloni celesti, la camicia, la cravatta e il maglione beige era quasi irriconoscibile.
«Non mi ricordo di te…» Roxas sostenne il suo sguardo, sorridendole, e dismise le armi. «Ma il mio cuore ti ricorda.»
Si girò verso Xemnas, la furia nel suo sguardo.
«Abbiamo passato un anno con le tue promesse vuote. Ci hai convinti a portare avanti il tuo lurido progetto, facendoci credere che soltanto una volta finito avremmo potuto vivere… ma la realtà è che stavamo già vivendo. Sentendo. Amando. Senza che lo sapessimo. E tu ce lo hai tenuto nascosto!»
Sbuffò.
«Ti chiederei se ti vergogni… ma sono certo che sarebbe un’altra bugia.»
«Ro…xas…» La ragazza gli si stava avvicinando. Era ancora visibilmente confusa… ma quella era la prima volta che Sora la sentiva parlare.
«Sì… sono io… sono qui.»
Roxas prese le mani della ragazza.
«Lo so che sei arrabbiata, e hai paura, e non capisci cosa sta succedendo. Noi non dovremmo essere qui… ma ci siamo. Come nel libro che ci fanno leggere a scuola. Gli eroi sono in trappola, in una terra buia e lugubre con cattivi che vogliono fargli la pelle e una creatura viscida che li sta soltanto ingannando. E non abbiamo scelto noi questa vita, ci siamo stati buttati dentro e questa adesso è la nostra strada. Ma puoi decidere di mollare, se vuoi. I Signori oscuri, le terre morte… li possiamo lasciare nei libri. Ti prego…» Stava piangendo, e Sora era ancora certo che si stesse sforzando di ricordare. «Ti prego, vieni a casa con me… ti voglio bene… ti vogliamo bene…»
La sua voce era scossa dai singhiozzi, ma quando alzò lo sguardo aveva una luce negli occhi.
«… Xion
Il mondo andò fuori fuoco per un momento, e quando tornò nitido, Sora si rese conto che Roxas aveva ritrovato il vero nome della sua amica. E la ragazza davanti a lui adesso, con il cappuccio abbassato, aveva una faccia. Portava i capelli neri corti, somigliava vagamente a Kairi e Naminé, e stava piangendo addosso a Roxas.
Nonostante la loro piccola vittoria, Sora non poteva scacciare il presentimento che qualcosa stesse per accadere, qualcosa di terribile.
Una trappola. Xemnas avrebbe fatto qualcosa. Sora strinse le dita intorno al Keyblade e…
«PASSO PESANTE, CICCIOMIAO!»
Un Fiormiao alquanto familiare apparve nello spiazzo, rimbalzando e gonfiandosi per atterrare dove era Xemnas. Shiro era aggrappata alle sue orecchie. Xemnas si teletrasportò via, e lo sguardo di Sora cadde istintivamente su Kairi, ma nessun Corridoio Oscuro si aprì vicino a loro.
«Shiro, ma che accidenti…?» Xion, che aveva smesso di piangere, le lanciò un’occhiataccia.
La ragazzina incrociò le braccia e finse il broncio.
«Non l’ho neanche colpito…»
«Axel, Kairi, posso chiedervi di tenere Shiro lontana? Qui non siamo ancora fuori pericolo…» Roxas diede un’occhiata a Saïx, che era ancora fermo, ma probabilmente non per molto. Si rovistò nelle tasche, passò un Elisir a Xion e una Granpozione a Sora. «Voi due siete con me?»
 
 
Non era niente di nuovo, niente di non familiare.
Ventus e Aqua avevano già alzato le lame contro Vanitas, e conoscevano Terra come il loro riflesso allo specchio.
Non era neanche la prima volta che li combattevano come se le loro vite, il loro futuro, dipendessero da quella battaglia.
Ma c’era qualcosa che aveva ridato uno spiraglio di ottimismo a Ventus – appena prima del duello, Vanitas aveva asserito che il suo posto era nel suo cuore – lo stesso posto dal quale era stato sfrattato con furiosissimo sdegno undici anni prima. Non lo sapeva. Non sapeva di essere stato sconfitto.
Non era il Vanitas del presente – veniva dal passato, come Xemnas e l’Heartless.
Se la sua presenza, vivo e sveglio a Mostropoli, era stata un indizio, questa ne era la definitiva conferma.
Poteva essere distrutto, senza che fosse un pericolo per Ventus.
L’unica cosa che restava loro da fare era resistere – e combattere, avevano già sconfitto quegli avversari in passato, non sarebbe stato un problema farlo di nuovo. E anche se Terra, posseduto da Xehanort, in un qualche modo sembrava ricordare come fosse stato battuto da Aqua… Vanitas no.
A un certo punto, oltre i muri, sopra di loro, un pennacchio di nebbia nera saettò verso il cielo, e Vanitas rimase a guardarlo per un momento.
«Chissà se era Saïx o il fantoccio.» Sbuffò.
Ventus era quasi adirato da quanto potesse essere noncurante… anche se sentirlo dire, momenti prima, che non era realmente una parte di lui quanto un clandestino… non poteva dire che lo facesse sentire meglio riguardo a sé stesso, ma…
«Ventus! Aqua!»
Una delle pareti di roccia si mosse, e Sora arrivò di corsa. Ventus gli poteva contare almeno due nuove ferite su polsi e caviglie, ma sembrava determinato e trionfante.
«Quattordici si chiama Xion!» Sora ancora spiegava mentre correva. «Ed è libera! Kairi e Lea sono rimasti indietro con lei e Roxas… c’è da…»
Non finì il discorso – Vanitas era comparso dal nulla cercando di prenderlo dall’alto. Appena prima che lo potesse toccare, una barriera lo fermò dov’era.
Ventus guardò Aqua, ma lei era impegnata con Terra… e poi…
«Buongiorno!» Ephemer comparve dal nulla, ancora incorporeo, ma affaticato. «Non fatemelo ripetere, non posso curarmi.»
«Tu?» Vanitas lo fissò, la voce ribollente d’ira.
«Già, io.» Ephemer sogghignò. «Non sei l’unico che può chiedere passaggi alla gente, sai? E sorpresa del giorno, ora sei tu che non puoi far male a me.»
Guardò Ventus.
«Finisci quel che hai iniziato, Ven!»
«E stavolta non è solo!» Sora lo affiancò immediatamente.
Confuso com’era da tutto quello che era appena successo – finire quel che aveva iniziato? Come poteva Ephemer sapere della battaglia di undici anni prima? A meno che non fosse già accaduto qualcosa ancora prima… – Ventus non poté che sentirsi rincuorato per la presenza di Sora.
Sarebbe stato l’ago della bilancia, probabilmente.
Ephemer svanì di nuovo mentre alzava loro i pollici, e lo scontro riprese. Ventus lasciò andare Sora davanti, memore del trucco di Vanitas di svanire e attaccare alle spalle, e d’altra parte sembrava che il loro avversario facesse una certa fatica ad adattarsi a combattere contro due altrettanto potenti.
«Non è più divertente quando sono gli altri ad avere un vantaggio sleale, eh?» Ventus schernì Vanitas mentre lo bloccava dall’aggredire Sora alle spalle.
Era solo questione di tempo prima che lo potessero battere. Se Sora non aveva mai incrociato le lame con Vanitas, la cosa era reciproca, mentre invece Ventus lo conosceva come le sue tasche, ed era uscito vincitore in quasi tutti gli scontri.
CRACK.
Fu quando la maschera nera si ruppe di nuovo che Ventus capì che avevano vinto.
Sora fissava Vanitas nell’unico occhio che aveva esposto, e fu in quel momento che Ventus si chiese come si potesse sentire nell’aver eliminato un nemico con il suo stesso volto e la sua stessa voce. Si trovò a sentirsi grato che Roxas fosse dalla loro parte… Sora sembrava quasi… pentito.
«Avresti potuto essere dalla nostra parte,» disse a Vanitas. «… invece di stare con l’oscurità.»
Vanitas scosse la testa ed emise una risata priva di gioia.
«Io sono oscurità.» Stava quasi fissando il punto in cui Ephemer era svanito. «E sono dalla vostra parte. Sono l’ombra che proiettate. Non potrei starvi più vicino di così.»
«Dovremmo avere libertà di scelta.» Ventus fece due passi verso di lui. «Non solo luce, non solo oscurità… decidiamo noi chi siamo.»
Vanitas sarebbe tornato indietro nel tempo e avrebbe dimenticato… ma Ventus era la prova vivente che l’oblio non era la permanenza di cui parlavano. Si era ricordato di Ephemer, no? Il suo cuore lo ricordava!
«Ventus, ho deciso io chi sono.»
Dal punto in cui Vanitas si reggeva in piedi a fatica si stava alzando una nebbia scura. Sora prese a guardarla, quasi preoccupato.
Prima che Ventus o Sora potessero dire altro, Vanitas scomparve.
«Ventus, andava fatto. Non pensarci troppo.» La voce di Ephemer lo distrasse. «Ricorda perché sei qui!»
Giusto! Terra.
Poco lontano da loro, Aqua sembrava più che capace di tenere testa al loro avversario, ma era visibilmente stanca. Entrambi lo erano.
Ventus incrociò lo sguardo con Sora. Non c’era bisogno che si parlassero per ricordare quel poco che, stanchi com’erano, avrebbero potuto fare.
La differenza.
Ricordava ancora di come Terra aveva reagito a quella vecchia ninna-nanna. Se Ephemer era vicino, sicuramente anche Shiro lo era – probabilmente invisibile come il suo amico di una vita prima. Ora che Terra era stanco, forse c’era una possibilità… e la presenza della sua armatura, dell’ultimo pezzo mancante, forse avrebbe potuto portare i risultati che a Corona non c’erano stati.
«Terra, ricordi Radiant Garden?» Ventus si fermò davanti ad Aqua e dismise il Keyblade. «Mi avevi detto che sapevi che ci sarei stato, se tu avessi avuto bisogno di me. Beh, eccomi
«Ven…» Aqua obiettò, e Ventus ci avrebbe scommesso la faccia che stava per dire che non avrebbe funzionato, ma non potevano continuare a combattere, in un modo o nell’altro qualcuno si sarebbe fatto male…
Terra – il mostro che lo aveva preso – fece due passi verso di lui, e gli puntò il Keyblade alla gola.
«Ecco che torna il paladino delle cause perse.»
Ventus scosse la testa.
«Nessuna causa è pers…» stava dicendo nel suo solito tono di sfida, ma quello che accadde fu quasi troppo veloce perché se ne accorgesse.
Il Keyblade senza nome saettò all’indietro e poi di nuovo in avanti, Ventus si abbassò, ma sentì qualcosa di sottile colpirlo di striscio e poi dolore, e la metà destra del suo campo visivo si coprì di rosso.
Si rese conto di avere la faccia bagnata ma con uno sforzo di volontà non interruppe il movimento, e le sue mani trovarono il suolo, uno dei suoi piedi si alzò in aria e la sua scarpa entrò in contatto con pelle, ossa e muscoli.
Voci urlavano il suo nome, abbassò il piede e ritrovò l’equilibrio. Calmo. La faccia gli faceva un male atroce, ma a parte quello, riusciva a stare in piedi, a vedere dall’occhio sinistro, a respirare normalmente anche se sentiva il cuore battergli nelle orecchie.
Davanti a lui, la mano destra di Terra si era visibilmente arrossata, un’impronta nera di polvere sul dorso che corrispondeva alla suola delle scarpe di Ventus.
Gli occhi del suo amico erano fissi sulla sua faccia.
Ventus era sempre stato il più veloce tra i due. E adesso Terra non sembrava più volersi muovere.
«Non c’è bisogno che tu soffra ancora, Papà.»
Ventus girò la testa. Shiro si era resa visibile – di Ephemer nessuna traccia, ma probabilmente era al suo solito posto, a suggerirle le battute – ed era alla sua sinistra, fissava Terra negli occhi, il Keyblade stretto in entrambe le mani in posizione di guardia che si muoveva su e giù, tradendo i suoi tremiti.
«Non è questo che sei. Sei una brava persona, Papà.»
Mentre Shiro avanzava, qualcuno lanciò un Energira su Ventus, e la faccia smise di fargli male, anche se il suo occhio destro sembrava ancora oscurato. A giudicare dai rumori dietro di lui, Aqua stava per scattare… non avrebbe permesso che qualcun altro finisse ferito…
«Papà…» Il volto di Shiro si contorse in una smorfia, aveva visibilmente paura, ma Terra si stava portando la mano sana alla testa. «Papà, sei il mio eroe.»
Fu allora che Xehanort fece per attaccare di nuovo. Ma il mostro nero, la sottospecie di guardiano che aveva eseguito i suoi ordini fino ad allora, si parò davanti a Shiro a braccia aperte, e fermò l’uomo, schiacciandogli le braccia contro al corpo.
«Non… li… toccherai…»
Un momento, quella voce!
«Non… toccherai… più… la mia famiglia!»
Era la voce di Terra!
Di tutte le persone, Sora sembrava aver pensato in fretta a cosa fare. Era l’unico in quello spiazzo con il Potere del Risveglio, e spinse Ventus di lato, puntò Catena Regale contro Xehanort e il Guardiano, e un raggio dorato li colpì entrambi.
Un pennacchio di fumo nero si dissipò nel cielo, come era successo con Vanitas, e quando la luce si diradò, c’era una sola figura riversa al suolo.
Una figura con i capelli castani.
Ventus fece per guardare Sora… chiedergli se era finita… invece fu Aqua ad arrivare per prima a lui, e il ragazzo non protestò quando gli venne strofinato in faccia quello che sembrava un panno bagnato. Soprattutto perché anche il mondo alla sua destra sembrava tornare a fuoco.
«Ti fa ancora male?» Aqua gli fece alzare la testa, guardandolo negli occhi.
«Sto bene.» Ventus si strinse nelle spalle. Davanti a loro, Shiro li fissava, impaziente di andare, tremante. «Ho ancora una faccia?» Il ragazzo cercò di sdrammatizzare.
«Diciamo che hai tre sopracciglia adesso.» Sora, che ancora guardava Terra immobile, si passò un dito in orizzontale sul sopracciglio destro.
 



«Ti sei avvicinato disarmato a un nemico. Ven… hai idea di quanto mi hai fatta spaventare?»
Non si mosse. La botta che aveva preso in pieno sembrava quasi averlo reso più pesante, ma non sentiva dolore per il colpo di Sora…
… però sentiva la mano destra che pulsava e doleva. Quando lo avevano colpito alla mano?
«E tu, Shiro, dove credi di scappare? Ti avevo lasciata a scuola. Pensavo mi avresti dato retta…»
Aqua. Ven. Shiro!
Terra aprì gli occhi. Erano ancora lì… dov’era Xehanort… lo avevano messo in fuga? E allora perché lui era ancora lì?
Aqua era china su Ventus, sporco di sangue e con un taglio orizzontale al sopracciglio che era ancora rosso, probabilmente curato di recente. E lì vicino… quella bambina… era Shiro?
«Ven…? Aqua…?» Terra non sapeva da dove cominciare. Se non che avrebbe dovuto attirare la loro attenzione.
«TERRA!» Ventus spostò la mano di Aqua dalla sua faccia e corse da lui, buttandogli fuori tutta l’aria dai polmoni con un abbraccio.
«Questa me la stavo per scordare…» Terra ammise mentre Ventus lo lasciava andare. La mano destra gli faceva ancora un male cane – sperava non ci fosse nulla di rotto, anche se Aqua sarebbe stata più che capace di sistemare ferite del genere – quindi si dovette limitare alla sinistra per arruffare i capelli al suo compagno più piccolo.
Aqua si fermò davanti a lui e lo guardò negli occhi.
«Terra… sei davvero tu?»
Sembrava quasi non voler credere a quello che vedeva – e dopo tutto il tempo che doveva essere passato, Terra poteva dire di capirla.
«Non hai mai smesso di illuminare la via del mio ritorno.»
Vicino a loro, Ventus sobbalzò come se gli si fosse accesa una lampadina. Nonostante la situazione ancora strana, nonostante fosse malconcio e visibilmente stanco (anche Terra poteva dire di esserlo, e guardando Aqua lo era di certo anche lei) stava sorridendo da un orecchio all’altro.
«A proposito! Qualche giorno fa, al Regno di Corona… ho capito cosa volevi dire quella notte. Era questo! Illuminare la strada!»
Terra non poté evitare di sorridere anche lui.
«Mi stai dicendo che il mio fratellino è diventato un uomo?»
Si guardò ancora una volta intorno. La bambina – Shiro? Quanti anni aveva adesso? – era ancora ferma dov’era, accanto a Sora. Che invece si sentiva osservato, perché lanciò un’occhiata a Shiro e le diede una leggera spinta in avanti.
«Vai
Lei stava tremando. Terra la guardò e le sorrise.
«Ciao, gattina.»
Fece un passo verso di lei. Poi fu Shiro a colmare il resto della distanza, buttandoglisi al collo e scoppiando in lacrime.
«Shh. Shh. Va tutto bene, tesoro. Sono qui. Sono io.»
Dai pochi passi di distanza che ancora manteneva, Sora si sentiva visibilmente fuori posto, perché prese ad armeggiare con un dispositivo che si era tolto dalla tasca e diede un’occhiata ai corridoi del labirinto.
«Vedo di raggiungere Riku che è andato avanti. Ho dato la vostra posizione a Luna, se aveste bisogno di cure o… di tornare a casa. Shiro sa dove sono gli altri.»
Prese il corridoio e sparì dietro un angolo.
Fu a quel punto che Aqua lanciò un’occhiata a Shiro e Ventus.
«Fatemi indovinare, voi due eravate d’accordo per tutto questo tempo.»
Ventus si incrociò le braccia dietro la testa e rise.
«Sì… e no.» Ammise. «Era tutto un piano di Ephemer. Più o meno.»
Ephemer?
Perché Terra aveva l’impressione di aver già sentito quel nome?

 

Ephemer tipo: "Bonjour!" - meme dell'orso.
(Sì, il discorso di Roxas - lo ha esplicitamente tirato un po' fuori da Le Due Torri, anche se il senso è leggermente invertito. E sì, ha paragonato Xemnas a Gollum. Gli sta bene, direi.)

Un solo capitolo alla fine di Guardians - lettori, reggetevi forte!

 
 
 
   
 
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