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Autore: coopercroft    23/07/2021    0 recensioni
Un anno dopo la morte dello zio Rudy, Mycroft sente il bisogno di raccontare a Sherlock una dolorosa verità.
Revisionato marzo 2022
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Mycroft Holmes, l'uomo freddo e poco propenso ai rapporti umani, si era risvegliato stranamente già stanco. E con la stessa stanchezza nelle ossa era andato in ufficio a tenere le redini del suo prestigioso lavoro governativo, ottenuto a caro prezzo: l'ostilità di suo fratello

Percorse i lunghi corridoi accecato dalle luci interne, nella testa un solo unico pensiero: l'anniversario.

Salutò Anthea che rispose sollecita, ma non fu molto espansivo si appartò in ufficio con una scusa. Lei era sempre così attenta, non voleva che capisse il suo disagio.

Si buttò nel lavoro ma durò poco, sentiva insistente nella testa la voce di suo zio Rudy.

Sbuffò, fece cadere la relazione a cui stava cercando di lavorare e appoggiò malamente la penna sulla costosa scrivania di ulivo, l'aveva avuta in cambio di un favore poco legale.

Si era già preannunciata come una giornata uggiosa e cupa, proprio come si sentiva lui. Si alzò, le dita sottili che premevano sulle labbra.

Fece due passi per quello studio arredato con gusto, dove passava la maggior parte del tempo. Era sistemato sottoterra, un bunker soffocante, ma necessario, visto i pericoli che correva costantemente. Quelli che gli procurava la sconsideratezza di Sherlock.

Si sentiva già sepolto sotto metri di cemento.

Si passò una mano sulla cravatta lisciandola e sistemò l'orologio nel taschino. Era inutile evitare il pensiero che lo tormentava: era il primo l'anniversario della morte di zio Rudy.

Rudolph Vernet, fratello della madre, che nascondeva dietro una facciata mite e comprensiva, un maledetto demone.

L'artefice di quella che era la sua attuale vita. Se era diventato il Mycroft che tutti conoscevano, era unicamente per come lui lo aveva forgiato.

Strinse in un pugno le mani sottili, affondandole nelle tasche, rimase immobile al centro della stanza. Dondolava il corpo, mentre il risentimento lo agitava.

Era stato lui che lo aveva educato per quel incarico governativo, lui che lo aveva reso una perfetta macchina priva di emozioni. E Mycroft aveva pagato caro quel gioco di potere: l'allontanamento da casa, la menzogna di Eurus e quel rapporto complicato con Sherlock.

Afferrò sgarbato la ventiquattrore e chiamò Anthea.

Gli era venuta l'insana voglia di vedere Sherlock.

Il loro rapporto era basato su frecciatine velenose e di suonate di violino sgradite. Eppure in fondo al suo cuore, quello di ghiaccio, aveva bisogno di lui, l'ultima sua speranza di redenzione.

Chiamò Anthea che lo fissò per qualche attimo dubbiosa.

"Vuoi passare da Baker Street Mycroft? Tuo fratello non ti aspetta, sai che non gli piacciono le sorprese."

"Correrò questo rischio." Sospirò chinando il capo. "Più di rimbrottarci a vicenda non vedo che altro possa accadere."

Era protettiva nei suoi confronti, a lui piaceva vederla preoccupata, era l'unica che lo ritenesse una persona... viva e con un cuore. Forse provava qualcosa di più, ma lui non aveva mai voluto capire.

" Anthea, va tutto bene, ho solo bisogno di aria di famiglia." Sorrise, lei annuì stringendo le labbra carnose.

"Contento te Mycroft." Lo redarguì con gli occhi. Sapeva quanto amava Sherlock e quanto dolore gli provocasse vederlo e sentirsi rifiutato, il suo volto sempre attento era oscurato da un dolore che non riuscì a interpretare.

Non si dissero più nulla, salì nella berlina nera con lei al fianco. Sapeva che lo stava valutando di nascosto. Quasi sentiva il suo respiro, lei gli dava sicurezza, spesso le aveva affidato la sua vita. Ma non era mai andato oltre al rapporto di lavoro. Non aveva voluto.

Si girò brevemente a guardarla, i capelli sciolti che le ricadevano sulle spalle, il volto luminoso. Attenta e perspicace come poche, si chiese cosa sentisse per lui. Certo non avrebbe rischiato di rovinare la loro intesa. Sospirò e tornò a guardare la strada, pensando che suo zio Rudy lo stava manipolando anche da morto.

Voleva vedere suo fratello senza capire bene il perché, certi scheletri non dovevano tornare in vita, eppure nel profondo del suo animo aveva bisogno di dire, di parlare: di zio Rudy soprattutto.

Sherlock viveva con John e la piccola Rosie, dopo la morte di Mary Watson avevano, per così dire, raggiunto una certa stabilità di coppia. Niente più colpi di testa improvvisi. John era stato la cura.

Invece il loro rapporto non era cambiato molto, anche dopo aver sopportato le angherie di Eurus a Sherrinford sei mesi prima. Quando lui aveva sperato che sacrificarsi al posto di John avrebbe messo fine ai suoi tormenti e gli avrebbe consentito di espiare finalmente le sue colpe.

Invece il fratello minore lo aveva salvato dirigendo l'arma contro sé stesso, se era vivo lo doveva a lui. Per questo ora era lì, perché Sherlock era cambiato, aveva fatto spazio ai sentimenti nella sua mente logica, aveva realizzato quanto le emozioni valessero la cura.

Mycroft aveva toccato il fondo e lo zio Rudy lo tormentava ancora. Era vitale e lo stava soffocando.

 

 

   
 
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