Mycroft
era rimasto al centro della stanza ancora scioccato, non era riuscito a
dire
una parola.
Si
aggiustò la cravatta mentre percorreva con passi leggeri la
stanza, pensando
che avrebbe preferito fare una riunione al governo piuttosto che essere
lì.
Era
in apprensione per il cambio del pannolino, decise di fare un ripasso,
andò a
esaminarlo dove avevano lasciato tutto l’occorrente.
Tornò
indietro con la memoria a quando Violet lo lasciava accudire Eurus. Non
era una
novità cambiarla e pulirla quando mamma non c’era.
Eurus era una bimba
adorabile e Sherlock li osservava seduto di fianco, aiutandolo e
combinando
pasticci curioso com’era.
Allora tutto
era così semplice e la famiglia gli riempiva il cuore, i
suoi fratelli erano il
suo orgoglio e il suo progetto di vita.
Finì
per abbandonarsi sulla poltrona e attese che Rosie desse segno di vita.
Prese
un libro abbandonato lì vicino, che parlava di animali, di
fate e di gnomi. Ma
vide sul pavimento il vecchio libro dei pirati che aveva regalato al
fratello,
quando era tornato dal college. Era ancora intero e ben conservato.
Lo sfogliò con
attenzione e si ricordò di quel periodo quando il rapporto
con lui non si era
ancora rotto. Non riusciva a spiegarsi come si fossero allontanati.
Sbuffò
avvilito e lo appoggiò sul tavolino.
Sussultò al primo
rumore che proveniva dalla stanza di Rosie.
Per
Dio! Si stava svegliando, si alzò incespicando nei
giocattoli. Mugugnò e cauto
si affacciò alla porta della stanza.
Rosie
si era alzata, era dritta in piedi con le manine strette ai bordi del
lettino,
non strillava e lo fissava sorridente, probabilmente chiedendosi
perché fosse
lì. Non era per niente impaurita. E questo lo
tranquillizzò, visto che il cuore
gli andava a mille.
Mycroft si
avvicinò lentamente e con calma iniziò a
parlarle, doveva metterla a suo agio.
Le vecchie esperienze avute con i piccoli fratelli gli tornarono utili.
"Bene signorina
Watson, vedo che si è svegliata. Dormito bene? Che ne dice
di cambiarsi per
andare a mangiare qualcosa?" Modulò la voce, si
stampò un sorriso gentile.
Si tolse la giacca lentamente e la appoggiò alla sedia,
arrotolò le maniche.
Rosie emise una serie
di risolini divertiti e allungò le braccine. Mycroft si
sorprese, la felicità
della bimba lo sconcertava, si avvicinò goffamente per
prenderla in braccio.
Non ci fu nessun
pianto, Rosie si fidava di quel buffo zio acquisito.
Era
leggera e morbida, aveva quel profumo che solo i bambini hanno. La
afferrò ben
stretta, ebbe un attimo di esitazione perché aveva paura di
farla cadere e la
strinse al petto.
La
portò al fasciatoio e si assicurò che fosse
tranquilla. Emetteva dei gridolini
di stupore. Lo afferrava per le maniche mentre cercava di liberarla dal
pannolino usato. Sudò come non gli capitava da anni, le mani
erano un po'
incerte.
Rosie
sembrava capire il suo imbarazzo e gorgogliava frasi incomprensibili.
Le
gambette scalciavano, ma le tenne ferme quando lui sfilò il
pannolino. Era
incuriosita dalla faccia buffa, arrossata e corrugata di quello zio che
la
stava accudendo. Lo fissava cercando di parlargli.
“Hai ragione piccola Watson, sono un po'
arrugginito, ma alla fine sarai pulita in modo perfetto.”
Ebbe
un attimo di esitazione, era concentrato sul modo di gestire il
delicato corpo
di Rosie, applicò la crema con diligenza e la cosparse di
talco. Inclinò la
testa di lato e approvò il lavoro con un'aria soddisfatta,
la stessa che aveva
quando terminava un incontro al ministero...
“Sei
bravissima nipote, una collaborazione
perfetta. Andremo molto d’accordo.” Le
allungò un buffetto delicato sulla
guancia, lei approvò con un gridolino modulato.
“Quando si condivide un
pannolino è per sempre.”
Rise,
il British Government, mentre chiudeva quello nuovo, sollevato di
essere
riuscito nell’impresa più difficile che avesse
affrontato da anni. Rosie gli
prese un dito e lo scosse forte, faceva forza per sedersi, ma lui era
attento a
non farla scivolare.
“Abbiamo
quasi finito, ora ti sistemo la gonnellina come si addice ad una
signorina e andiamo
a fare merenda.” Buttò il pannolino usato nel
cesto, mentre lei lo prese per la
camicia cercando di arrivare ai bottoni del gilet. Lo fissò
con gli occhi spalancati,
azzurri come un cielo terso.
“Ogni cosa a suo tempo
nipote, per adesso i bottoni li lasciamo da parte.” La prese in braccio, lei
lo avvolse con una
stretta affettuosa.
Avvertì
una sensazione di calore che gli arrivò al cuore e su fino
alla testa. Non
provava nulla di simile da tempo. Da quando aveva abbracciato per la
prima
volta Sherlock. Sentì una pace che lo avvolgeva, annullando
tutti gli errori
che aveva fatto per proteggere la sua famiglia. Lei era innocente e
senza
pregiudizi.
La
portò in cucina, la sedette sulla sua poltroncina,
farfugliava parole senza
senso, mentre le preparava la merenda. Così Mycroft prese a
parlarle di come si
facevano i biscotti e da dove provenisse il latte. Rosie sembrava
incuriosita
da quell'uomo così diverso dal padre e da Sherlock, che
aveva una cravatta
bellissima da afferrare, e una catena misteriosa infilata in un
taschino con
dentro un orologio.
Mycroft le si sedette
di fronte mentre mangiava seminando briciole ovunque, infilando
biscotti in
bocca con tutta la piccola manina. Ogni tanto la ripuliva divertito. Si
sorprendeva a ridere delle sue buffe faccine e lei lo ricambiava, le
allungava
un biscotto inumidito e sbocconcellato. Che lui prontamente evitava.
Aveva
dimenticato quella parte della sua vita, quando si occupava dei suoi
fratelli.
Molte volte erano soli, perché Violet lavorava.
Sherlock e Eurus a quel tempo, erano dei bambini
affettuosi. Maledì
mentalmente la troppa intelligenza della sorella che li aveva portati
alla
tragedia di Sherrinford.
Scacciò quei vecchi
ricordi, si pulì le mani e diede distrattamente un morso al
biscotto di Rosie.
Lei gridò di gioia: lo zio aveva ceduto alle sue insistenze,
masticò divertito.
"Ottimo
Rosie è molto buono, vedo che te ne intendi." Intanto
riassettava la
cucina, da brava massaia, non gli piaceva il disordine e voleva
lasciare
pulito.
La nipote gorgogliava
parole senza senso. Piccoli delicati urletti. "Diventerai una cantante,
piccola Watson."
Terminò la sua merenda
e protestò per scendere. Mycroft la prese delicatamente e la
portò con lui nel
salotto. La mise sulle sue ginocchia e la cullò un po'. Si
succhiava il
pollice, ma lo stava studiando.
Capì
che presto sarebbe partita all'esplorazione e si rassegnò a
buttare il suo
completo sartoriale costoso.
"Allora
Rosie, come possiamo passare il tempo, cosa ti piacerebbe fare?
Papà ha
lasciato un bel libro, che ne dici?"
Ma Rosie aveva trovato
la catena del gilet di Mycroft e l'aveva giudicata troppo interessante.
Prese a
cincischiare nel taschino con le mani paffute in cerca dell'orologio.
Lui la
lasciò fare, si appoggiò allo schienale e la
guardò giocare intenta.
Tratteneva il respiro,
guardando la bellezza di Rosie. I riccioli ribelli, biondi come quelli
della
madre, che se ne era andata troppo presto. Mary era stata una perdita
dolorosa,
mai superata. Ma le cure di suo padre erano state amorevoli e la nipote
con la
sua dolcezza aveva cambiato anche il carattere del suo scontroso
fratello. E
ora anche il suo.
La piccola sembrava
percepire i suoi pensieri, inclinò il capo di lato e lo
guardò gorgogliando,
come per chiedergli cosa stesse aspettando per giocare con lei.
"Nipote,
sono qui disponibile, quando vuoi leggiamo il tuo libro."
Fece un piccolo accenno
con il capo e tornò a mettere le manine dappertutto. Gli
tirava la cravatta e
il fermaglio, e quasi lo strozzava. Ma lui era attento a che non si
facesse
male. Non si era accorto nemmeno del passare del tempo.
Gli occhioni di
Rosie lo guardavano ed erano sereni e riconoscenti. Parlottava,
esplorava ogni
tasca in cui poteva entrare. Le manine cominciarono a salire fino al
volto di
Mycroft, lo toccavano e pizzicavano. Rideva ed emise un comprensibile,
"zio Myc," tentando un umido bacio appiccicoso sulla guancia rasata
di Mycroft, che si arrese senza condizioni.
Il suo cuore aumentò i
battiti. Tutte le emozioni che aveva soffocato per anni,
ritornarono e lo
stordirono. Ma erano piacevoli, un'autentica meraviglia.
Sarebbe stato suo
prigioniero per sempre. Rosie armeggiò un altro po', poi
appoggiò i suoi
riccioli biondi sul petto di Mycroft.
E
lui fece quel gesto affettuoso che aveva dimenticato da tanto, la
accarezzò
delicatamente, quasi tremando. Avere cura di qualcuno non era un
vantaggio, lo
ripeteva sempre, ma Rosie lo aveva fatto cedere. Perché era
bello avere affetto
per qualcuno. Sia nel bene che nel male, era importante amare.
Intanto
la nipote era riuscita a sfilare l'orologio dal taschino, Mycroft la
aiutò ad
aprirlo e le fece ascoltare il ticchettio portandolo vicino al suo
piccolo
orecchio.
"Senti
Rosie? Questa
è la voce dell’orologio,
parla di cose bellissime." Era attenta alle parole di "zio Myc",
la bocca aperta.
"Sta
dicendo che sei una bambina dolcissima.
Senti l’orologio che fa tic tac? È
come il tuo cuore, così amorevole e
delicato. Lo zio lo
porterà sempre con
sé.”
Si
schiarì la
voce.
“Quando
mi mancherai, piccola mia, lo ascolterò e…. non
mi sentirò più solo: Zio Myc ci
sarà sempre, Rosamund Watson."
La
bimba lo guardò curiosa, e improvvisamente diede un bacino
all'orologio.
Mycroft sentì il
cuore schiantarsi. Gli
occhi grigi
inumidirsi, ma era placato, come non succedeva da tempo.
Strinse la piccola al
petto e le baciò la testolina ricciuta. Rosie emise un
versetto di approvazione
e con il ditino paffuto indicò il libro dei pirati, facendo
capire che voleva
guardarlo.
Si
appoggiò a lui, gli occhi puntati sui fogli colorati.
Sfogliava il libro
lentamente, dando il tempo alla piccola di guardare. Mycroft, che
assisteva a
riunioni a volte aspre e accese dove spesso si gridava, si
ritrovò a impostare
la voce morbida e calda, mentre le raccontava le storie che aveva letto
al
piccolo Sherlock.
Cominciò a
parlagli di pirati, tesori e isole misteriose. Alla fine Rosie
partì veramente per
un lungo viaggio, perché si addormentò, con il
pollice in bocca.
Non aveva cuore di
svegliarla, sicuramente se si fosse alzato lo avrebbe redarguito con
gli
occhioni azzurri. Allora rimase fermo, appoggiò il libro e
la tenne vicina
avvertendo il suo abbandono e il suo respiro delicato.
Era da tempo che non sentiva
la vicinanza di un essere umano e la nipote gli rendeva il calore di un
amore
senza limiti.
In
quell'attimo si chiese perché diavolo avesse nascosto per
così tanto tempo, il
suo lato più umano. Non serviva essere l'uomo di ghiaccio,
né il governo
inglese, con Rosie, doveva essere semplicemente lo zio Myc.
Si
abbandonò come non faceva da anni, chiuse gli occhi, tenendo
al sicuro stretta
a sé Rosie. In breve si addormentò.
Sherlock e John li
trovarono così. Watson non credeva a quello che vedeva.
Fecero piano per non
svegliarli.
Holmes
mormorò all'orecchio del compagno. "Te l'avevo detto John,
Mycroft era
magico. Da bambini finiva sempre così. Io che dormivo
abbracciato a lui, con
Eurus dall’altro lato. Perché
Micky era
il nostro rifugio, la nostra sicurezza."
Watson
non sentiva da anni Sherlock usare quel soprannome affettuoso, per il
vecchio
Holmes. Sentì un brivido percorrerlo, lo prese per mano
commosso, si accorse
che gli occhi di Sherlock erano diventati lucidi...
“Ora John siamo finalmente, un’unica
grande
famiglia...”