Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: PerseoeAndromeda    24/07/2021    0 recensioni
Si era già concesso troppo: adesso il suo dolore doveva tornare a fare silenzio…
Se solo avesse potuto permettere al proprio cuore di cessare di battere…
Ma non poteva permettersi neanche quello: gli era stata donata una nuova vita anni prima e, volente o meno, suo dovere era fare in modo che non si rivelasse tanto inutile.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Armin Arlart, Mikasa Ackerman
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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Fanfic partecipante alla challenge ComesAsYouAreNot del gruppo Hurt/Comfort Italia - Fanart and Fanfiction - GRUPPO NUOVO
 
Autrice: Perseo e Andromeda – Heatherchan
Fandom: Attack on Titan
Personaggi estratti: Armin e Mikasa
Titolo: Non preoccuparti per me
Genere: Angst, introspettivo, drammatico, hurt/comfort
Rating: giallo
Avvertimenti: tematiche dolorose e problemi psicologici - Spoiler quarta stagione
 
 
NON PREOCCUPARTI PER ME
 
 
“Non ce la faccio più”.
Non riuscì a trattenersi, tutta la tensione esplose con la sua fuga dalla stanza e lo sbattere della porta alle proprie spalle.
Si appoggiò ad essa con la schiena, una mano tra i capelli, lasciandosi scivolare a terra, continuando a ripetere quella frase tra i singhiozzi:
“Non ce la faccio più… non ce la faccio più…”.
Poi rimase così, strinse le ginocchia al petto e vi affondò il viso
Ci stava provando, ma per quanto tentasse non riusciva ad essere mai abbastanza forte.
Finiva per sentirsi responsabile per ogni cosa, in qualunque modo agisse non gli sembrava mai abbastanza e meritava ogni singolo grammo del peso che gli gravava sulle spalle, con tutti gli interessi.
La verità era che avrebbe dovuto essere morto, quel giorno, sulle mura di Shiganshina e il fatto di essere sopravvissuto gli impediva di concedere a se stesso ogni leggerezza e ogni perdono.
Si sentiva responsabile anche per Eren, per il modo in cui si stava comportando, perché forse non era stato in grado di capirlo. Non era stato in grado di prevedere nulla e, questa sua mancanza nei confronti di chi amava più di ogni altra cosa al mondo, si era risolta in una tragedia immane per tutti loro e, probabilmente, per il mondo intero.
E poi c’era Mikasa, che soffriva così tanto da non sembrare neanche più se stessa, si lasciava trascinare dagli eventi, senza risoluzione, irriconoscibile e spenta.
Mikasa che, tra loro, era sempre stata la più forte, che lo proteggeva da quando erano bambini, adesso si aggrappava a lui, cercando nel suo sguardo, nelle sue parole, nelle sue decisioni, quale fosse la cosa giusta da fare.
La cosa giusta…
“Come se io lo sapessi” mormorò in un gemito, raccogliendosi ancor più su se stesso, la testa tra le mani, a soffocare i singhiozzi, perché nessuno doveva udirlo. Non meritava la compassione di nessuno.
Pensava a Eren, pensava a Mikasa che si appoggiava tanto a lui.
“Io non lo so" singhiozzò “Mikasa, non lo so cosa fare. Ho bisogno di aiuto… ho tanto bisogno di te, ma non posso chiedertelo. Sono un incapace, perché non sono morto quel maledetto giorno? Cosa ci faccio ancora qui?”.
Era così sconvolto che non si accorse della porta che si apriva, facendogli mancare l'appoggio alle spalle. Perché quell'appoggio venne sostituito subito da una figura umana che si accucciò dietro di lui.
Due braccia forti lo avvolsero e un viso gentile affondò tra i suoi capelli.
Armin sussultò e tornò alla realtà.
Sollevò il capo, gli occhi sgranati nell'udire la voce di Mikasa:
“Mi dispiace tanto Armin… perdonami…”.
Si divincolò dall'abbraccio, ma solo per potersi voltare e guardare l'amica negli occhi, pieni di lacrime come i suoi e, ancora una volta, i sensi di colpa, la necessità di proteggerla, il senso di responsabilità che sentiva per ogni cosa, prevalsero su ogni suo bisogno.
Fu Mikasa, tuttavia, a parlare ancora:
“Perdona il mio egoismo. So di non essere l'unica a soffrire, lo so quanto soffri tu stesso, ma…”.
Armin si affrettò a scuotere il capo, la abbracciò con trasporto, attirando il suo viso contro il proprio petto:
“Non devi preoccuparti per me… davvero”.
Accentuò la stretta per fermare i tremori del corpo della ragazza, che scoppiò in un pianto disperato.
Lui non riuscì a far cessare le proprie lacrime come avrebbe voluto, non riuscì a far passare quel senso di soffocamento che gli opprimeva il petto, ma si concentrò su di lei, solo su di lei.
Si era già concesso troppo: adesso il suo dolore doveva tornare a fare silenzio…
Se solo avesse potuto permettere al proprio cuore di cessare di battere…
Ma non poteva permettersi neanche quello: gli era stata donata una nuova vita anni prima e, volente o meno, suo dovere era fare in modo che non si rivelasse tanto inutile.
   
 
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