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Autore: settembre17    24/07/2021    13 recensioni
La raccolta si compone di tre capitoli indipendenti uno dall’altro, ma tutti accomunati dalla domanda “Com’era la Normandia?”.
In ciascuno si immagina che André ponga la domanda del titolo in uno specifico momento della storia. I tre momenti sono alternativi, non consecutivi, a riprova del fatto che molto spesso il “quando” si chiede è importante quanto il “che cosa” si chiede.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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3. Davanti a una tazza di cioccolata
 
Antefatto
 
In un vicolo puzzolente di un quartiere popolare, scampata alla furia omicida di una folla imbestialita, lei aveva urlato il nome di lui; in preda all’angoscia più nera, alla disperazione più grande, con la testa che le batteva per le percosse subite come una campana schiantata da un violento batacchio, con le gambe che non la reggevano per il tremore che si era impossessato di lei, lei aveva urlato il nome di lui.
Solo pochi mesi prima, con calma olimpica gli aveva detto di ritenersi libero, che lei non lo avrebbe più voluto al suo fianco: ora non riusciva a concepire una simile ipotesi. La sua leggerezza nel liberarsi di lui allora si scontrava ora con l’orrore che succedesse davvero. E che succedesse in modo irrecuperabile e violento, e che fosse per sempre.
Lo immaginò cadavere in mezzo alla strada, senza sguardo, senza voce – quella voce! -, le belle mani senza movimento, la bocca senza respiro. Poi provò a immaginare sé stessa viva e lui no e non ci riuscì.
Così comprese la differenza tra ciò che diceva di volere e ciò che davvero voleva.
 
Fatto

- Vuoi un po’ di cioccolata?
- No, ti ringrazio. Vado a riposare.
La delusione fu grande per lei, ma lo lasciò andare perché non voleva più imporgli la sua volontà o la sua presenza, non voleva dirgli che cosa fare o che cosa lei voleva che lui facesse. Voleva che lui si fermasse perché lo desiderava, non per farle un piacere.
Così restò sola con la sua tazza di cioccolata e la tenne tra le mani, pensierosa ma sorridente e in pace.
 
Poi sentì dei passi e lo vide che appoggiava una tazza di cioccolata poco lontano dalla sua:
- Vuoi fare cambio? La tua sarà quasi fredda ormai. –
Lei sorrise e fece segno di no.
- Sei tornato.
- Sì. Sto bene con te, anche se non parliamo.
- Parliamo, invece. Ti prego, parliamo.
Lui si srotolò la benda dalla testa, gli dava fastidio e la ferita non sanguinava più, e poi si alzò per appoggiarla dall’altro lato del tavolo. Mentre tornava a sedersi fece una piccola smorfia di dolore e si toccò con una mano la spalla opposta, poi si sedette e pronunciò il nome di lei.
Lei sussultò di piacere nel sentirsi chiamare come era sicura che lui non avesse mai chiamato nessun’altra.
Poi lui capì, con l’istinto e non con la ragione, che finalmente poteva osare e farle quella domanda, quella che lo tormentava da mesi, quella che riguardava l’unica porzione di vita che non avevano condiviso e che lui viveva come una mutilazione di sé. Così la guardò e, appena prima di portare la tazza alle labbra, chiese:
- Com’era la Normandia?
 
Lei sorrise, ancora:
- Davvero vuoi parlare della Normandia?
- Sì, non trovo un argomento più interessante di questo.
- La Normandia era… ventosa!
E scoppiò a ridere.
- Grazie, proprio questo volevo sapere!
Rise anche lui.
- Ma, seriamente, che cosa facevi tutto il giorno, tutti quei giorni, da sola?
- Per lo più mi crogiolavo nel mio dolore e ti maledicevo!
- Ti prego non ridere, per me è ancora doloroso.
Lei comprese e lo guardò nel suo unico occhio e poi tenne lo sguardo lì per qualche secondo: lui non si era mai sentito guardato così da lei e comprese che una nuova intimità stava nascendo tra loro. Erano vicini, ma ancora non si toccavano.
 
Allora lei cominciò:
- Com’era la Normandia… Sono arrivata a casa di sera, non chiedermi del viaggio di andata perché non ricordo niente. So solo che ho fatto le solite tappe e che ero triste e arrabbiata. Non ho parlato con nessuno, credo.
- Mi dispiace…
- Non devi dispiacerti, davvero. Poi sono arrivata alla villa, ti dicevo, e tutti si sono sorpresi e hanno iniziato a chiedermi di te. Proprio quello che volevo! Non so se te ne accorgi, ma tu lasci una scia di benevolenza dietro di te, quando pronunciano il tuo nome le persone sorridono ed erano tutti così ansiosi di vederti. Pensavano che mi avresti raggiunto. … Hai mai pensato di farlo?
- No, mai. … L’ho desiderato, ma non l’avrei mai fatto.
- Lo so. … Lo sapevo anche allora. Comunque, anche se non c’eri, ti assicuro che ignorarti è stato impossibile. Volevo fingere che tu non esistessi, ma tu eri ovunque. Sai che l’ultima volta che sono stati lì i miei nipoti hanno preso i nostri libri illustrati di quando eravamo bambini? Li ho trovati sul tavolino nel salotto azzurro, in cima c’era il tuo preferito…
- Il libro sui vascelli inglesi!
- Sì, quello. Ha le pagine consumate. Poi ho aspettato giorni prima di entrare nello studio perché non volevo vedere la nostra collezione di conchiglie. E poi un giorno ho ritrovato in cucina, ma che ci facevano lì?, le nostre spade da allenamento. Un altro giorno pioveva e ho preso dall’appendiabiti un mantello prima di uscire. Quando l’ho indossato mi sono accorta che era il tuo…
- Quello rosso scuro… in effetti è simile al tuo…
- Sì, l’ho indossato comunque perché ormai ero già fuori e non volevo rientrare.
- E dove andavi, sola sotto la pioggia?
- Volevo arrivare fino al relitto sulla spiaggia.
Lui bevve ancora un sorso di cioccolata e intanto immaginò lei avvolta nel suo mantello e sorrise con dolcezza. Lei ricambiò il sorriso e bevve un sorso, ma un po’ tremò.
- Hai un po’ di cioccolata qui, disse lui mostrando il punto sul suo viso per non toccarla. Lei si pulì. Poi scavallò le gambe e nel farlo un suo ginocchio si appoggiò a quello di lui. Lo lasciò lì e proseguì:
- Quando sono arrivata al relitto non pioveva più e si era alzato il vento. Mi sono sentita così sola, non fisicamente sola, ma sola nell’anima. Persino un cane randagio mi ha visto e se ne è andato…
Fece un sospiro e poi aggiunse:
- Adesso devo dirti delle cose, ma tu devi promettermi di non interrompermi, perché è difficile.
Lui allontanò la tazza e la mise vicino alla benda che si era tolto, poi appoggiò la mano non fasciata al tavolo e si preparò ad ascoltare. Lei continuò a giocherellare con la sua tazza facendola girare tra le mani. Allora lui le fermò la mano con la sua, non voleva sentire il rumore della porcellana che batteva contro il piattino. Lei ruotò un po’ la mano allungando le dita sul dorso della mano di lui. Lui non si stupì e accarezzò con lo sguardo le loro mani.
Poi lei proseguì:
- So che tu ti incolpi per quella sera, ma il problema vero, per me, non è mai stato quello che hai fatto. Ero furiosa con te per quello che hai detto. Mi hai messo a nudo con le tue parole, non con quello strappo.
Un giorno sono andata alla scogliera e il mare era una furia: io sola là in alto e sotto di me il mare e la nebbia. Allora mi sono messa a guardare il mare e… E ho provato compassione per quel mare: all’improvviso, mi sembrava così… costretto da quella scogliera. Come se volesse trovare spazio e la scogliera glielo impedisse. E il mare mi sembrava che urlasse, che schiaffeggiasse quella maledetta scogliera. E poi ho immaginato che dall’altra parte del mare ci fosse un’altra scogliera e che il mare si scontrasse anche contro quella e mi sono immaginata questo mare immenso che si agita e urla perché non ha spazio, capisci? Forse avevamo letto qualcosa di simile in una poesia, ora che ci penso, ma la poesia non è importante. Il fatto è che io ero quel mare, capisci?
Strinse un po’ di più la sua mano e non la lasciò.
- E quando sono tornata ero ancora quel mare. Ma ero convinta che il mio nuovo incarico e la mia separazione da te mi avrebbero dato lo spazio di cui avevo bisogno.
Lui abbassò lo sguardo, ma le tenne la mano nella sua. Lei si sporse un po’ con il viso verso di lui e la sua voce, più bassa ma sempre chiara, prese un calore che non aveva mai avuto:
- Quello che voglio dirti, quello che voglio che tu sappia, è che oggi sono ancora quel mare, ma io credo di aver trovato una spiaggia da accarezzare, non scogliere contro cui sbattere. … Ho avuto così paura di perderti, oggi.
Le scese una lacrima ma in fretta si asciugò con la mano libera. Poi con un sorriso disse:
- Ecco, ho finito, ma andrei avanti ancora, solo per restare qui così con te.
- Promettimi che torneremo in Normandia insieme.
- Sì, lo desidero così tanto.
- E galopperemo sulla spiaggia…
- Potremmo usare anche solo un cavallo… se vuoi…
- Lo voglio.
E poi lui la baciò.
 
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Grazie, davvero grazie, per il tempo che avete dedicato a queste strane storie.
Un caro saluto a tutti
   
 
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