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Autore: heliodor    25/07/2021    0 recensioni
Nata con grandi poteri magici, Bryce è stata addestrata fin da bambina per diventare la strega suprema, la più forte della sua generazione. Lo scopo della sua stessa esistenza è guidare l’esercito dell’Alleanza nella guerra contro l’Orda.
Quando Malag il rinnegato esce allo scoperto e attacca Valonde, la vittoria sembra allontanarsi sempre di più e molti iniziano a dubitare delle sue capacità.
Per diventare la guida che tutti si aspettano che sia e vincere la guerra, Bryce dovrà rinunciare all’amore, all’amicizia e a tutto ciò che la vita potrebbe offrirle se smettesse di combattere.
Ma sarà davvero in grado di compiere un sacrificio così grande?
Da oggi con il 100% di Mappa in più!
La trovate in cima al primo capitolo.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Sono io al comando, dannata ragazzina

Artesia abbassò la mano e fece sparire il dardo magico. “Esci da questa tenda.”
Maggart non si mosse né smise di fissare la comandante con aria di sfida. “Devi prendere una decisione” disse. “O qualcun altro la prenderà per te.”
“Mi stai minacciando?”
“Ti sto consigliando” rispose lo stregone. “Come ho sempre fatto fino a oggi.”
“Esci, ho detto” disse di nuovo Artesia.
Maggart sembrò sul punto di dire qualcosa ma ci ripensò e voltò loro le spalle.
Quando fu uscito, Artesia si concesse un profondo sospiro. “Dannazione” disse sottovoce. “Non sta andando bene. Non sta andando affatto bene.” Gettò un’occhiata a Bryce. “Non lasciate questa tenda. Nessuna delle due. Per nessun motivo.”
Bryce annuì e Jehla si limitò a emettere un grugnito sommesso.
Artesia lasciò la tenda chiudendo con attenzione l’ingresso. La sentì camminare e poi chiamare qualcuno a gran voce.
Bryce si voltò verso Jehla. “Ce la fai a parlare?”
“Il dolore alla bocca sta passando” rispose la strega. “Ma la guancia mi fa male.”
“Hai messo qualcosa sulla ferita? Potrebbe infettarsi.”
“Se doveva infettarsi l’avrebbe già fatto” disse Jehla. “Artesia ha ragione. Le cose non vanno bene. Maggart è solo l’inizio. Quando tutti sapranno della richiesta di Azaril, avremo dei guai.” Le rivolse un’occhiata supplice. “Mi dispiace. Dovevo dirlo ad Artesia quando me l’ha chiesto. Credevo che avesse il controllo della situazione ma mi sbagliavo.”
“Non è colpa tua” disse Bryce. “Ma di quel rinnegato.”
“Artesia risolverà la faccenda in qualche modo” disse la strega sicura. “È esperta almeno quanto Erix, se non di più. Non devi preoccuparti.”
“Non è di me che sono preoccupata.”
Jehla si accigliò.
“Quelli che sono rimasti con il rinnegato stavano bene?”
“Azaril mi disse di sì.”
“Tu li hai visti?”
Jehla scosse la testa.
Bryce sospirò affranta.
“Ti preoccupi per loro invece che per te stessa?”
“So difendermi.”
Jehla sogghignò. “Maggart e almeno metà di questo campo ti consegnerebbe al rinnegato pur di salvarsi. E l’altra metà resterebbe a guardare.”
“Hai detto che Artesia non lo permetterà.”
“Ho detto che risolverà la faccenda.”
Bryce deglutì a vuoto. “Tu credi che Azaril ucciderà i prigionieri se non mi consegno a lui?”
“Ucciderà tutti quello che vedi in questo campo” rispose Jehla. “Ma sì, inizierà dai prigionieri, non c’è alcun dubbio.”
Non posso permetterlo, pensò Bryce.
Artesia tornò in quel momento e non era sola. Con lei c’erano tre mantelli. Erano due uomini e una donna che potevano avere venticinque o trent’anni al massimo.
Artesia li indicò uno per volta. “Jakos Benski, Tobha Malbasc e Robyt Jessel.”
Tutti e tre le rivolsero un cenno di saluto con la testa.
“Da questo momento in poi saranno la tua scorta personale” proseguì Artesia.
“Ho già una scorta” disse Bryce.
“La strega della notte è insufficiente. Jakos.”
Uno dei tre fece un passo avanti. Indossava un mantello cremisi sulle spalle larghe.
“Lui sarà a capo della scorta. Ti seguiranno ovunque finché sarai al campo.”
“Finché?” chiese Bryce.
“Ti faremo andare via.”
“Io non voglio scappare.”
“E io non ho intenzione di consegnarti ai rinnegati” rispose Artesia con tono perentorio.
“Non puoi decidere per me.”
“Sono io al comando, dannata ragazzina.”
Bryce serrò la mascella.
“Se ti consegnassi ai rinnegati, poi non potrei fare ritorno né a Valonde né altrove. Sarei una infame per chiunque. Peggio, potrebbero inviarmi a Krikor con l’accusa di tradimento. E farei un torto troppo grande a una mia amica.”
“Mia madre…” iniziò a dire Bryce.
“Non parlavo di lei” disse Artesia. “Niente di quello che sto per dirvi deve lasciare questa tenda, avete capito?”
Tutti annuirono e anche Bryce lo fece con riluttanza.
“Bene” disse la comandante soddisfatta. “Maggart è stato chiaro e in questo momento starà cercando di capire se può contare sull’appoggio di qualche altro comandante. Per quanto ne so, almeno due potrebbero supportarlo. Gli altri sono incerti.”
“Falli imprigionare” suggerì Bryce.
Artesia ghignò. “Maggart negherebbe tutto e anche se lo facessi, ormai la notizia si starà diffondendo tra tutti quelli che si trovano nel campo.” Scosse la testa. “Azaril sapeva fin troppo bene quello che stava facendo, ma non gli darò la soddisfazione di umiliarci. Se vuole la principessa, dovrà venire qui e lottare per lei.”
“Io combatterò con voi” disse Bryce.
“Tu andrai via” rispose Artesia. “Jakos, Tobha e Robyt ti scorteranno al sicuro, verso l’armata di Erix.”
“E voi?” chiese Bryce. “I prigionieri ancora in mano ad Azaril?”
Artesia scosse la testa. “Non posso fare niente per loro, ma non importa. Come dice Maggart, moriremo tutti.”
“A me importa” esclamò Bryce.
E soprattutto non permetterò che Vyncent venga ucciso.
“Jakos” disse Artesia. “Portala nella torre orientale. È la più solida e meglio difendibile. Prendi una ventina di guerrieri. Scegli quelli più fidati e abili.”
Jakos fece un cenno di assenso con la testa.
“Stai facendo un errore” disse Bryce.
Artesia girò la testa dall’altra parte.

La folla fuori dalla tenda del comandante si era dispersa in parte. Guerrieri e mantelli avevano formato dei gruppi di cinque o sei che discutevano tra di loro. Mentre attraversava il campo insieme a Jakos e agli altri sentì i loro sguardi posarsi su di lei, esaminarla, scrutarla.
“Mi servono dei vestiti puliti” disse Jehla Metz. “E qualcosa per la ferita alla guancia.”
Jakos la guardò accigliato. “Non puoi allontanarti da noi.”
“Voi occupatevi di Bryce. Posso pensare a me” rispose la strega. “Sono stata in posti più pericolosi di questo.”
Lo stregone annuì. “Prendi anche le cose di Bryce.”
“In quale tenda si trovano? So che è stata spostata.”
“È quella con un drappo rosso davanti all’ingresso, vicino al muro settentrionale.”
Jehla annuì e andò via.
Bryce seguì il terzetto di mantelli cercando di valutarne la forza e l’abilità. Non aveva idea di quali fossero gli incantesimi che sapevano usare, ma era certa che Artesia non li avesse scelti a caso.
Se voglio sopraffarli, si disse, devo attendere che siano separati. Tutti insieme potrebbero battermi o chiamare aiuto se messi in difficoltà.
La torre orientale era più simile al dente spezzato un gigante che spuntava dal terreno. Era grigia e di forma quadrata come le altre quattro che segnavano gli angoli dell’avamposto. L’ingresso era ridotto a un foro scavato nel muro interno.
Jakos gettò una rapida occhiata dentro e le fece cenno di seguirlo. “Starai qui” le disse.
Dentro la torre era buio a parte la luce che filtrava dalle feritoie nella parte opposta. Una lama di luce tagliava in due tre giacigli posizionati sotto il muro.
Bryce si guardò attorno. “È qui che dormite voi?”
Tobha, la donna dai capelli tagliati cortissimi, sedette su una pietra di forma allungata. “Noi siamo la guardia personale di Artesia. Quando si ricorda che esistiamo, si intende.”
Bryce si accigliò.
“Alla comandante non piace avere chi le guarda le spalle.”
Non è molto diversa da me, pensò.
“Ma a volte le siamo utili” disse Jakos.
Bryce sedette in un angolo, la schiena poggiata al muro di pietre grigie e le gambe raccolte contro il petto.
Tobha le gettò un’occhiata perplessa. “Non ho mai fatto la scorta a una principessa” disse divertita. “E quando mi hanno detto che sarei partita con il resto dell’armata, non mi aspettavo di trovarne una proprio qui. Anche se in effetti sei stata tu a trovare noi.”
Bryce si limitò a scrollare le spalle.
“Non dare fastidio alla principessa” disse Robyt sedendo sul suo giaciglio. “Chiedile piuttosto se sta comoda lì o se vuole il tuo giaciglio mentre Jehla le porta la sacca.”
“Sto bene, grazie” disse Bryce accigliata. “Non mi serve il tuo giaciglio. Né quello di nessuno di voi.”
“Visto?” fece Robyt. “L’hai offesa, stupida.”
Tobha arrossì. “Non è vero. Ho solo detto che per me è strano fare la scorta a una principessa.”
Bryce ne aveva già abbastanza di stare nella torre ad attendere senza fare niente. In quel momento avrebbe voluto essere in viaggio verso l’armata dei rinnegati con Jehla. Il pensiero che tra un paio di giorni sarebbe scaduto il tempo concesso da Azaril la faceva fremere di rabbia e di impazienza.
Non ti importa di nessuno.
La voce di Elvana risuonò nella sua mente. Cercò di scacciarla via pensando a Valonde e a Joyce e i suoi fratelli.
Chissà che cosa staranno facendo ora? Si chiese. Joyce starà sicuramente leggendo uno dei suoi amati libri. Roge sarà al circolo a lamentarsi con tutti di non essere partito. La mamma sarà vicino a papà o forse a qualche importante consiglio di guerra. E Razyan? Galef?
Non ti importa di nessuno. E non conosci queste persone, ripeté la voce di Elvana.
Non aveva usato quelle esatte parole, ma sapeva che il senso era il medesimo.
Si schiarì la voce per richiamare l’attenzione di Tobha. “Da quale circolo vieni?”
La strega sgranò gli occhi. “Ulfamir” disse subito. “È molto piccolo ma siamo fedeli alleati di Valonde da trecento anni, da quando re Ramik sposò una delle cugine di Re Alberk di Valonde.”
Bryce annuì fingendo di conoscere quella storia. “E tu, Robyt?”
Lo stregone le rivolse un’occhiata accigliata. “Hai già imparato il mio nome?”
Bryce sorrise. “Imparo in fretta.”
“Decisamente.”
“Di dove sei?”
“Arental” disse Robyt.
“Lo stesso di Artesia” disse Bryce.
Lui annuì. “La mia guida è stata sua allieva. Quando seppe che la comandante cercava un mantello per completare la sua scorta, le suggerì il mio nome.”
“Deve considerarti il suo migliore allievo” disse Bryce.
“Non credo proprio. Solo i peggiori finiscono per diventare una scorta.”
“I peggiori o più sottovalutati” disse Tobha.
“I peggiori e basta” fece Robyt.
Bryce guardò Jakos.
Lo stregone era in piedi vicino all’entrata e fissava l’esterno con espressione accigliata.
“E tu, Jakos?” chiese Bryce. “Da quale circolo vieni?”
“Danusta” rispose lo stregone.
“Danusta” gli fece eco. “Giusto. Avrei dovuto capirlo dal mantello.”
“Come? Ci sono cinque vassalli di Valonde che portano lo stesso colore. Ci saresti potuta arrivare solo osservando i ricami sul mio mantello.”
Bryce gettò un’occhiata alle spalle dello stregone. Il mantello era di raso verde smeraldo. Non vide fregi, toppe o ricami che le potessero rivelare qualcosa sul suo casato o la città di provenienza.
“Tu non ne porti nemmeno uno” disse cercando le parole giuste.
“Sei una buona osservatrice” rispose lo stregone.
Bryce non sapeva dire se dicesse sul serio o la stesse prendendo in giro. La cosa la irritò ma se ne dimenticò quando Jakos cambiò posizione all’improvviso.
“Che succede?” chiese Robyt allarmato.
“Jehla Metz sta tornando” disse Jakos. “E non è da sola.”


 
  
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