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Autore: EcateC    26/07/2021    0 recensioni
12 marzo 1894: l’architetto Henry Holland inaugura il prestigioso ed enorme teatro Royal Drury Lane. Alla serata di gala partecipano inaspettatamente anche Sherlock Holmes e il dottor John Watson, cortesemente invitati dalle alte sfere di Scotland Yard.
La serata scorre piacevolmente, fino a quando i due uomini non incappano in una loro vecchia conoscenza e nel rispettivo consorte…
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Irene Adler, John Watson, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
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Poche volte il dottor Watson aveva visto il suo instancabile amico così stupito. Il fatto accadde in una quieta mattina, durante l’ora della prima colazione.
Sherlock era scattato in piedi con una pagina del Times tra le mani. Un trafiletto in terza pagina, ai lati della notizia principale, riportava la rettifica di una notizia inesatta e datata il quattro giugno di tre anni prima, nella quale veniva erroneamente annunciata la morte prematura di un ricco industriale e della rispettiva consorte. “Il pregiatissimo signor Godfrey Norton, industriale di chiara fama nonché uomo di specchiata virtù, tiene a informare quanti ancora non ne fossero a conoscenza che lui e la sua Signora sono ambedue sopravvissuti al terribile incidente ferroviario avvenuto sulle alpi italiane nell’anno del Signore 1890. Il Signor Norton perdona pubblicamente il consolato inglese del macabro qui pro quo ed è lieto di informare tutto il pubblico lettore che presto si trasferirà a Londra per ampliare le sue fiorenti attività. Il signor John Walter, Direttore e capo redattore di queste umili pagine, rassegna pubblicamente le sue scuse al Signore e alla Signora Norton, affinché loro possano rientrare nel Regno con tutto l’affetto …”
Quando Holmes terminò di leggere, John non aveva ben compreso quale fosse il punto di interesse. Quante volte era accaduto che tra gli stati ci fossero stati dei fraintendimenti? Errori sull’identità delle persone, traduzioni sbagliate, vivi dati per morti e morti dati per vivi! Inconvenienti del genere capitavano nell'Europa non globalizzata di fine ottocento. Il problema era che John non aveva fin da subito collegato il comunissimo cognome Norton a una lettera pervenuta a Holmes pochi anni fa. Una lettera conservata dietro a una fotografia messa in bella mostra sopra al focolare del salotto, accanto ad altre inutili cianfrusaglie impolverate.
“Lo sapevo” fu tutto quello che disse Sherlock, con un sorriso che gli pungeva le labbra “Lo sapevo! Ne ero certo! Watson, cosa le avevo detto esattamente tre anni fa? Donne come quella non lasciano la Terra così banalmente, e infatti così è stato!”
“Ma di quale donna sta parlando?” domandò John, che non riusciva a collegare quanto letto con quanto detto. Sherlock guardò di nuovo l’articolo spiegazzato e poi volse lo sguardo verso il ritratto in bianco e nero di Irene Adler che gli era stato elargito dal sovrano di Boemia in persona.
“Oh” sillabò John, seguendo lo sguardo dell’amico “Quella donna”.
 
 
 
 
Un mese dopo.
 
 
 
“Sa, Watson? Mi fa un certo effetto guardare quella foto e sapere che colei che ne è ritratta si trova qui, in questa città.”
“Sta dicendo che ne è emozionato?”
“No, affatto” rispose subito Sherlock, brusco “Sto solo dicendo che, per quanto mi riguarda, può gettare quella foto nel camino.”
John guardò Sherlock e poi spostò lo sguardo sulla foto di Irene Adler. Erano ormai passati quattro anni da quando il detective l’aveva poggiata lì e John, a furia di vederla, aveva finito per farci l’abitudine e per affezionarsi.
“Non voglio buttare un così bel viso nel camino”  protestò “Lo faccia lei”
Sherlock si accigliò. “Sa cosa le dico, Watson? Lasciamola lì!” esclamò con la pipa in bocca, chiudendosi i polsini con uno scatto delle dita agili e magre “Come sto?” aggiunse, indicando la sua slanciata figura per una volta vestita in un completo da sera.
“Benissimo” rispose subito John “E io?”
“Superbo! Andiamo”
E detto questo i due uomini uscirono, pronti ad andare a una delle serate di gala più esclusive dell’anno.
Era infatti il 12 marzo 1894, un giorno davvero memorabile per tutti gli amanti del teatro, del bel canto e del balletto. Quella sera venne infatti inaugurato il prestigioso e neo restaurato teatro di Drury Lane. Il meraviglioso complesso era stato ampliato in maniera poderosa, arrivando a ospitare ben più di 3500 posti e diventando uno tra i più spaziosi e ambiziosi teatri europei.
“Voi due ingrati giovanotti! Quando vi deciderete di portare fuori anche questa vecchia signora?”
Sherlock sorrise e si voltò “Cara Miss Hudson, appena sarà possibile la porterò alla Scala di Milano a vedere la Turandot! Glielo prometto!”
“Non fare promesse che non può mantenere, Sherlock” lo redarguì la donna “Ma guardatevi, come siete belli tutti e due! È la volta buona che incontrate una brava ragazza.”
Sherlock si voltò subito e la salutò frettolosamente, John invece la ringraziò e le fece un occhiolino.
Il teatro era enorme e gremito come si erano aspettati. Ovviamente, pur essendo moltissimi i posti, Sherlock e John erano riusciti a ottenere due biglietti grazie all’intercessione di Scotland Yard, che li aveva cortesemente invitati come pegno di gratitudine per il lavoro svolto (e come rimedio per non sentirsi ulteriormente in debito).
Sherlock aveva subito accettato, con grande sorpresa di John.
“La musica, l’arte e il bel canto sono ciò che più si avvicina al ben noto concetto di miracolo, mio caro Watson.”
E in quella danza di brindisi, cilindri, camerieri e gonne a ruota, John comprese che Holmes era venuto per un motivo e uno soltanto.
 
“L’ha già vista?” gli domandò con disinvoltura, dopo che entrambi si furono seduti sulle poltrone più piccole e meno confortevoli dei loggioni.
“Di chi sta parlando?” gli domandò subito Sherlock, senza nemmeno alzare lo sguardo dal copione di cortesia. La sua voce tuttavia tradiva una nota di nervosismo.
“Credo che lei lo sappia, Holmes. Io l’ho intravista comunque” lo provocò John “È davvero notevole con quel bell’abito dai toni chiari.”
“Scuri” lo corresse subito Sherlock. John fece un sorrisetto.
Ah!” scherzò “L’ho beccata, amico mio! Questa volta sono stato più furbo di lei!”
Sherlock malgrado tutto accennò un sorriso “Lei è sempre più furbo di me, Watson, solo che non se ne rende conto.”
“La mia furbizia sta solo nel conoscere e nell’accettare i miei limiti” gli rispose John, serenamente “Allora, dove si trova la diva del nostro salotto?”
“Platea, terza fila centrale” gli rispose Sherlock “Esattamente dietro a quella testa a cilindro di Mycroft”
John aguzzò lo sguardo e cercò tra la gente la dama misteriosa, ma senza successo. Dall’alto dove si trovava, vedeva solo acconciature, volti di profilo, signore che si sventagliavano e cappellini.
“Non la vedo. Lei ha proprio una vista da falco, Holmes.”
Sherlock fece un sospiro e appoggiò la schiena sempre dritta alla poltrona.
Pochi minuti dopo il sipario si aprì e il Riccardo III di Sheakspeare ebbe inizio.
 
 
***
 
L'entr'act, ossia il breve intervallo di tempo che separa due atti di una rappresentazione scenica, era la perfetta occasione per ampliare le proprie cconoscenze sociali, per esibire la propria imbellettata presenza in società e scambiare biglietti, sguardi e sorrisi furtivi con l'amante di turno.
Quando giunse quel momento e John si voltò, vide che la poltrona al suo fianco era già vuota...
“Niente calzoni e panciotto quest’oggi?”
Una donna coi capelli raccolti e un elegantissimo abito blu reale si voltò. Appena lo vide, un sorriso le illuminò il volto.
“Signor Sherlock Holmes!” esclamò, stupita “È proprio lei.”
“Io in persona, signora. E lei… È proprio lei, in tutta la sua inequivocabile femminilità.”
“Ahimè, ho dovuto abbandonare i vestiti da uomo dopo che io e il mio Godfrey ci siamo sposati” gli rispose Irene Adler.
“Ahimè” ripetè Sherlock, lanciando un breve sguardo alle sue dame di compagnia, due donne alte e bellissime.
“Come sta?” lo richiamò Irene “Si sta godendo la serata o c’è qualche pericoloso infiltrato da cui io e le mie ragazze dobbiamo guardarci?”
“A parte me, nessuno, signora” scherzò, facendola sorridere.
“Ah!” esclamò un vocione maschile alle loro spalle. Sherlock si voltò verso un uomo biondo e tarchiato. “Lei deve essere il famoso detective col berretto a scacchi!” esclamò con un sorriso bonario, mettendo un braccio intorno al fianco di Irene “Ho sentito molto parlare di lei!”
Sherlock forzò un sorriso “E io invece non ho mai sentito parlare di lei.”
L’uomo ridacchiò “Essere un modesto proprietario di sette acciaierie suppongo non desti lo stesso interesse dell’essere un detective! Godfrey Norton, signor Holmes, molto lieto” si presentò “E lei è la mia bella signora.”
Sherlock gli strinse la mano e lanciò uno sguardo ad Irene “Ho già avuto l’immenso piacere di conoscerla.”
“Il signor Holmes e io ci siamo ritrovati coinvolti in una simpatica avventura nel quel di Boemia” gli spiegò Irene, lanciando uno sguardo a Sherlock.
“Il che non mi stupisce, hai un’anima da vera avventuriera” esclamò Norton, scoccandole un bacio sulla guancia. A Sherlock non sfuggì il sorriso che si scambiarono le due dame da compagnia. “Oh, il marchese D’Andresy! Vogliate scusarmi, ma vado a salutarlo.”
Sherlock fece un contegnoso cenno col capo, che risultò solo rigido e impettito.
“Che distinto gentiluomo” mentì, non appena Norton se ne fu andato.
“Un simpatico viveur” lo corresse la donna con tono civettuolo “È stato un piacere rivederla, detective”.
Costui arrossì leggermente “Altrettanto, Miss Adler”  le rispose, usando appositamente il suo cognome da nubile.
 
 
***

 
“Mai visto tante belle donne in una sola volta, Watson! Stavo per avere un mancamento.”
“Credevo fosse allergico al gentilsesso, Holmes” scherzò il medico, mentre erano seduti nella carrozza, diretti verso casa.
“Lo sono, ma non sono cieco. Miss Adler e le sue ambigue dame da compagnia mi hanno offerto uno spettacolo migliore di quello degli attori.”
“Vuole dire la signora Norton, Holmes.”
Sherlock sorrise, compiaciuto “No. Non esiste nessuna signora Norton, Watson.”
“Oh suvvia!”
“Le garantisco che è così” continuò Holmes “Miss Adler aveva la vera nell’anulare destro ma subito dopo che ci siamo incontrati, l’ha furtivamente spostata in quello sinistro.”
“Dunque? Una svista a cui ha posto rimedio! Capita a tutti.”
Sherlock scosse la testa “Forse capita a lei, Watson, ma non a una donna sofisticata e… Attenta, come Irene Adler. Tiene troppo alle apparenze per commettere un errore del genere. Voleva comunicarmi qualcosa e c’è senza dubbio riuscita. Ho ricevuto il messaggio forte e chiaro.”
John distolse lo sguardo e si soffermò a osservare le umide e grigiastre case di Londra, preoccupato.
“Holmes, ascolti. Non voglio certo mettere in discussione la virtù e la decenza della signora Norton, anche se… Beh, visti i trascorsi con il sovrano di Boemia, mi sento di poter azzardare qualche scrupolo. Tuttavia, fede al dito o no, costei resta una donna sposata e lei non deve cedere alle lusinghe delle donne sposate. È immorale e sbagliato, e glielo dico col cuore in mano.”
Sherlock aggrottò le sopracciglia “Di quali lusinghe sta parlando?”
Il medico spalancò gli occhi, spazientito “Le lusinghe della carne, naturalmente!”
“Oh! Lei crede…” Sherlock arrossì “Perdiana, Watson, lei ha del tutto frainteso. Non mi riferivo a niente del genere, davvero niente del genere!”
“Sherlock, amico mio” lo chiamò col suo nome di battesimo, per la prima da quando si conoscevano “Ci conosciamo da tanto tempo ormai e credo che siamo arrivati a un livello di confidenza tale per cui possiamo parlare apertamente, senza il timore di sentirci giudicati o traditi l’uno dall’altro.”
“Ed è così, infatti. E io con lei sono stato più onesto di un santo” replicò Sherlock, rispondendo all’espressione perplessa del suo amico “Miss Adler non mi ha formulato una proposta indecente con quella vera mal posizionata, come lei ha erroneamente paventato. Ha solo escogitato uno stratagemma per attirare la mia attenzione e convogliarla dritta al punto, ovvero all’inesistenza del suo matrimonio.”
“E per quale motivo lo avrebbe fatto, sentiamo.”
“Il motivo mi è attualmente ignoto, ma credo che abbia qualcosa a che fare con quell’esibizionista senza pudore che si spaccia per suo marito.”
John gli sorrise.
“Sette acciaierie!” continuò Sherlock, senza potersi trattenere “Ancora poco e mi diceva perfino il fatturato.”
“Ah, la gelosia!” esclamò John, divertito “Antico veicolo di perfidia…”
“Non è gelosia la mia, ma genuina irritazione” rimbrottò Holmes, infastidito “C’è qualcosa sotto, c’è qualcosa che mi sfugge.”
“In che senso?”
“Il matrimonio è una finzione, naturalmente. Miss Adler finge di stare con il signor Norton, quando in realtà non prova niente per lui, anzi, le fa ribrezzo” gli spiegò il detective, convinto "Ha arricciato il naso mentre lui le dava un bacio e anche le sue sopracciglia si sono lievemente contratte in un moto di innegabile repulsione.”
“Ma allora perché l’ha sposato, se prova repulsione?” domandò il medico, confuso.
“La domanda è propria questa, Watson. Perché?” si animò Sherlock, assottigliando gli occhi. John si schiarì la voce e guardò l’amico di sempre mentre ragionava intensamente.
“Credevo che queste sciarade sentimentali la lasciassero del tutto indifferente…” lo provocò, trattenendo un sorriso “Sa cosa le consiglio, Holmes? Vada a parlarne con la signora Hudson e le sue amiche durante l’ora del tè. Sono certo che ne uscirebbe una disquisizione degna di un Tribunale.”
“Watson.”
“Sì?”
“Se non la smette, la butto fuori dalla carrozza. È avvertito.”
 
 
 
Dall’altra parte della città, una carrozza elegante e trainata da cinque cavalli ben pasciuti e ben strigliati procedeva rapidamente verso uno dei quartieri più eleganti e signorili della città.
Irene Adler aveva scostato la tenda di velluto e osservava pigramente dalla finestrella i prati impeccabili e i palazzi puliti di Belgravia con una sigaretta tra le dita.
“È una catastrofe, una vera catastrofe” continuava a brontolare Godfrey Norton, asciugandosi la fronte imperlata di sudore con un fazzoletto di fiandra “Dobbiamo fare i bagagli e ritornare a Parigi domani stesso!”
“Non essere ridicolo” gli rispose lei, senza degnarlo di uno sguardo.
“Ridicolo!? Abbiamo quel dannato segugio alle calcagna, Irene!” esclamò Norton, esagitato “Quanto tempo credi che impiegherà a scoprirci!?”
Irene sorrise tra sé e guardò l’uomo in ambasce seduto di fronte a lei “Frì Frì, amico mio, ti ricordo che sono già stata oggetto delle attenzioni di Sherlock Holmes. Come l’ho depistato una volta, posso tranquillamente farlo di nuovo.”
L’uomo scosse violentemente la testa.
“Ecco, a proposito di questo” esclamò quest'ultimo “Era proprio necessario fare la smorfiosetta? Non siamo già abbastanza appariscenti e poco credibili insieme?”
“Perché?” gli chiese lei, tranquilla “La primadonna che sposa il ricco industriale. Siamo una coppia assolutamente nella norma.”
“Io resto dell’idea di tornare a Parigi. Oppure sai cosa puoi fare, mia bella primadonna?” la provocò, lei alzò le sopracciglia “Vai da lui e apri le gambe, vedrai che così risolviamo tutti i nostri problemi.”
“Oh, cielo, Godfrey” esclamò lei, per nulla scandalizzata “Ma ti sembra il modo di parlare a una signora?”
“Non ci sono signore in queste carrozza… A parte me
Irene rise con la sigaretta in bocca.
“Seriamente, Irene, hai idea di cosa succederebbe se venissimo scoperti? Il Buggery Act parla molto chiaro: Impiccagione per me, manicomio femminile per te e non so francamente quale delle due ipotesi sia meglio.”
“Fuggire in ogni caso attirerebbe solo la sua attenzione” gli disse Irene, sospirando una boccata di fumo, tanto sconveniente per una donna dell’epoca “Ti invito a non preoccuparti, Frì Frì. Al buon Sherlock penserò io.”
 
 
“Alla cara Miss Adler mi dedicherò io personalmente, Watson, ma non subito” esclamò Sherlock, con quella luce combattiva negli occhi che lo contraddistingueva “Facciamo passare qualche settimana. Lasciamo che le acque si calmino e che i loro volti insospettiti si rilassino. E dopodiché, quando meno se lo aspettano, ecco che sferriamo il nostro colpo.”
“Ma si rende conto, Holmes, che sta speculando tutto questo sopra a un semplice fede nuziale?” gli domandò John, cercando di riportarlo coi piedi per terra “Che importanza ha se il loro matrimonio ha delle pecche, per così dire? Quanti matrimoni privi di integrità ci sono?”
“Tutti” mormorò Sherlock, dando come sempre sfoggio del suo cinismo aromantico.
“Tutti no, ma molti sì” lo ridimensionò John “Perché questo dovrebbe essere diverso dagli altri? Perché le desta così tanto interesse?”
“Suppongo per un’intima questione di orgoglio” confessò Sherlock “Ho commesso un errore con Miss Adler, un errore di cui ancora non mi capacito e che ancora mi brucia nell’anima. A mia difesa, amo pensare che non sono stato io ad avere sbagliato, ma che è piuttosto lei ad essersi rivelata una donna superiore alle altre, e non parlo di grazia e bellezza.”
“Quindi mi sta dicendo che vuole una rivincita?”
“Risulterei eccessivamente sciocco e infantile se le rispondessi di sì?”
 
 
***
 
 
 
“Sono i dettagli che rendono affascinante una bella donna, Kate.”
Quest’ultima le sorrise, il suo sguardo era adorante.
“Lo sguardo, la postura, il modo di parlare” continuò Irene, procedendo lentamente verso di lei. Erano entrambe discinte e coi capelli sciolti, Irene le afferrò il viso tra le mani e la baciò dritto in bocca  “Ma soprattutto…” sussurrò sulle sue labbra.
“Soprattutto?” la incalzò Kate, con le palpebre a mezz’asta per la concupiscenza.
Irene le sorrise maliziosa e la spinse sul letto.
“L’intelligenza” le rispose, salendo sul letto sopra di lei.
 
 
 
"Sono i dettagli che rendono affascinante un caso, Watson."
“Senta questo!” esclamò John, col Times alla mano “Ieri mattina un parlamentare è stato trovato morto assiderato in un balcone dell’Hotel degli Artisti. La sua camera è stata svaligiata e privata di tutti i preziosi e degli ori. Vuole che andiamo a dare un’occhiata? Mi sembra una faccenda piuttosto singolare.”
Sherlock non gli rispose, aveva lo sguardo perso e fisso in un punto imprecisato del muro. Le occhiaie erano più scure e incisive del solito.
“Holmes?”
Sherlock finalmente spostò lo sguardo su di lui.
“Ha sentito una sola parola di quello che ho detto?”
“Sì, che ho sentito. È un caso noioso, l’ennesimo barbagianni che è stato ingannato e chiuso fuori da una prostituta.”
John lo guardò stupito “Oh, cielo. Crede?”
“Si fidi. Queste donne…” esclamò, cupo “Queste donne, Watson, celano molta più furbizia di quel che sembra. E si approfittano della nostra maschia arroganza che le sottovaluta per sferrarci dei colpi fatali e totalmente inaspettati.”
“Beh, non tutte.”
“La sua amata e compianta Mary Morstan era certamente un’eccezione” aggiunse subito Sherlock, per compiacerlo.
“Esattamente, sì” mormorò il medico “E ritengo che il discorso si possa estendere anche agli uomini, Holmes. Ci sono quelli infidi e crudeli, ma ci sono anche gli uomini onesti come, se posso dire, siamo noi.”
“Ha ragione. Come poi sempre quando si tratta di psiche umana, a me sovente incomprensibile.”
John accennò un sorriso “Bisogna solo essere accorti nello scegliersi i propri amici e la propria compagna.”
“Senza volerlo, io almeno in uno dei due punti lo sono stato. Non avrò una compagna, ma ho trovato in lei un ottimo amico.”
“Vale lo stesso per me. E confido che la vita possa ancora offrici qualcosa, non siamo decrepiti.”
“Giusto…” mormorò Sherlock, anche se il suo sguardo freddo e disilluso diceva chiaramente il contrario. “Andrei a fare una passeggiata.”
“Vengo con lei? Questa mattina non lavoro.”
“No, le rovinerei solo l’umore. Oggi mi sento come un cane senza l'osso” gli rispose Sherlock, mettendosi il suo iconico berretto a scacchi sui capelli “Si goda il bel tempo con chi se lo merita, Watson.”
E detto questo, scese rapidamente le scale, ma invece di andare a fare una passeggiata, Sherlock salì nella prima carrozza disponibile che trovò nel raggio di pochi metri.
“Belgravia centrale, gentilmente” esclamò al cocchiere, sedendosi sulla panca dura e spartana della carrozza a buon mercato.
Quando giunse a destinazione, era come se fosse appena sbarcato in un altro paese. Il quartiere era forse il più benestante e signorile di tutta Londra, e le dame e i gentiluomini che lo attraversavano avevano un aspetto elegante ma non sfarzoso, di classe. Per le strade non c’era il consueto sudiciume per terra, non c’era la puzza di fumo che anneriva le pareti delle case, quella di sterco di cavallo raggrumata negli angoli e di essere umano poco lavato. In compenso, però, non c’era traccia dei monelli o dei mendicanti a cui carpire le informazioni. Se voleva sapere in quale ricca villa abitavano i coniugi Norton senza destare alcun sospetto, doveva farlo da solo. E aveva già in mente come.
Camminò a lungo, incrociando ricche coppiette blasonate con Bassotti e Cavalier King al guinzaglio, attirati fuori dall’inaspettata giornata di sole.
C’erano boutique, caffetterie di gran classe che offrivano scones all’uvetta dall’aspetto delizioso, uffici legali, cliniche mediche e il lindo parco di quartiere, che di giorno era frequentato dalle signore perbene, mentre di notte da quelle di malaffare. Dunque era questo essere ricchi? Camminare per strade alla moda, con cagnolini alla moda e belle signore sottobraccio, fingendo di vivere in un mondo giusto ed equo? Che genere di idiota poteva arrivare a smentire la realtà fino a questo punto?
“Signor Holmes!” lo sorprese una voce conosciuta alle sue spalle “Ma che sorpresa! Qual buon vento la porta qui?”
Sherlock si voltò verso il volto rubizzo di Godfrey Norton. Il gentiluomo dai baffi impomatati lo stava fissando con un’aria forzatamente amichevole, che non bastava per celare tutta l'angoscia e la preoccupazione che provava.
“Oh, signor Norton” esclamò Sherlock, per nulla colpito di vederlo “Le nostre strade si rincontrano.”
“Che incredibile coincidenza, vero?” domandò a colui che meno credeva nelle coincidenze sul pianeta “Ma come mai è qui? Se non erro, Baker Street è dall’altra parte della città.”
La sua ansia era tangibile. Era chiaro come il sole che avesse qualcosa da nascondere.
“Motivi di lavoro” rispose Sherlock, spiccio.
“Oh, capisco, capisco” borbottò subito l’altro, annuendo “Che cosa, se posso chiedere? C’è per caso qualche malintenzionato o qualche brutta faccenda che oltraggia la quiete del nostro rispettabilissimo quartiere?”
“Sono qui a posta per verificarlo, caro signore” rispose Sherlock, con un sorriso affilato.
“Naturalmente, naturalmente” farfugliò Norton, teso e rosso in viso “Bene, molto bene, detective, grazie.”
“Porti i miei saluti alla signora” terminò Holmes.
“Sarà fatto! Anzi, guardi, si trova lì.”
Norton gli indicò il vetro del ristorante di fronte, Sherlock guardò e a sorpresa vide Irene Adler seduta elegantemente a un tavolo, in un elegante vestito color verde agata. Lei gli sorrise, lui accennò un affrettato cenno col capo e si voltò subito.
“Ha davvero una splendida… moglie, signor Norton.”
Quest’ultimo fece il primo sorriso spontaneo del colloquio “Non è l’unico a pensarlo, ma lei è senza dubbio colui che tra tutti mi ingelosisce di più, caro signor Holmes! E non mi faccia aggiungere altro! Arrivederci!”
“Arrivederci a lei” esclamò Sherlock, rigido nel suo impermeabile.
 
 
 
 
“Siamo rovinati. Rovinati!” sussurrò Norton non appena si sedette al tavolo. Irene alzò gli occhi al cielo.
“Frì Frì…”
“È venuto qui. Sa già tutto” continuò l’uomo, scolandosi l’intero bicchiere di vino “Oh, santo cielo, vedo già l'ombra del patibolo che sbuca da dietro l’angolo!”
“Non essere così catastrofista.”
“Sei tu ad essere un’incosciente, Irene” l’accusò, indignato “Perché mai Holmes è venuto qui, allora? Cosa mai può accadere in quartiere come questo a parte due finti coniugi come noi che si fanno ingroppare dalle persone sbagliate?”
“Signore, il suo consommé di manzo” intervenne un impettito cameriere con una zuppiera d’argento in mano.
“Oh, molte grazie” esclamò Norton con un sorriso affettato, aspettando che il cameriere avesse servito anche Irene per continuare “Dobbiamo fare qualcosa, e dato che non è evidentemente uno interessato ai soldi, io resto della mia prima idea.”
“Sarebbe?” domandò Irene, portandosi elegantemente il calice alla bocca. Aveva un’aria elegantemente annoiata.
L’uomo la guardò dritto negli occhi “Ha detto che sei splendida” le rivelò, strappandole un sorrisetto “Sai cosa devi fare.”
“Non sono una prostituta, Godfrey.”
“Oh, andiamo”  banalizzò, infastidito “Siamo alle porte del ventesimo secolo, finiamola con questi stupidi discorsi! E poi è anche un bel tipo, ha due begli occhi scintillanti.”
“Intelligenti” lo corresse la donna “Due begli occhi intelligenti.”
Norton assottigliò lo sguardo “Ti piace, eh?”
“No, ho solo detto che è intelligente” gli sorrise, criptica.
 
 
 
 
“Dovevi vederlo, Watson! Povero diavolo, era così angosciato che mi ha quasi mosso a compassione!” Sherlock fece una delle sue rare e brevi risate “No, amico mio, sto mentendo. La verità è che non mi sono mai divertito così tanto!”
John si lisciò i baffi, perplesso. “Mi racconti ancora una volta come ha fatto a incontrare proprio Godfrey Norton durante la sua passeggiata.”
“Non è questo il punto” esclamò il detective, rapido “Il punto è che avevo ragione su tutta la linea. La foga che ha dimostrato durante quel nostro breve intermezzo mi ha dato una conferma ulteriore, di cui per altro non avevo bisogno. Hanno qualcosa da nascondere e Norton è forse il più impacciato e timoroso bugiardo che io abbia mai incontrato.”
“Hanno?”
“Lui e Miss Adler” borbottò Sherlock.
“Hm” sillabò John, assottigliando lo sguardo “C’era anche la signora durante questo rendez-vous?”
“Sì, ma l’ho solo intravista dentro al ristorante.”
“Anche lei aveva un contegno sospetto?”
“Ma si figuri! Era ritratto della disinvoltura” riferì Holmes, con enfasi “L’astuzia che possiede è pari, se non addirittura superiore, alla goffaggine che possiede il marito.”
John trattenne un sorriso “Accidenti…”
“Abbiamo a che fare con un avversario più capace di quel che sembra, Watson. Ma questa volta non cederò all’arroganza di sottovalutarla.”
“Stia attento a non cedere a qualcos’altro, però” insinuò il medico, molto spesso la voce della ragione.
Sherlock capì e lo zittì con un infastidito sventolio della mano “Non sia ridicolo, amico mio. Le mollezze romantiche non hanno mai esercitato alcun fascino su di me, le considero alla stregua di errori cognitivi, che attentano alla lucidità delle persone. Non sarà certo l’ennesima bella donna a farmi cambiare idea”.
“Senz’altro, Holmes. Senz’altro”
 
 
***
 
 
“Tutto bene, Katy? Ci hai messo molto.”
“Mi ha trattenuto un lurido mendicante” rispose Kate, con una smorfia disgustata “È tutto il giorno che è sotto casa.”
“Un mendicante?” ripetè Irene Adler, voltandosi subito verso di lei “E cosa voleva?”
“Oh nulla” esclamò la ragazza, piegandosi a darle un bacio nella  guancia “Mi aveva solo scambiato per la signora Norton” ridacchiò.
Ma Irene Adler non sorrise e guardò la propria elegante immagine riflessa allo specchio, pensierosa.
“Cosa c’è?” le domandò Kate, notando la sua espressione accigliata. La donna alzò lo sguardo su di lei e le sorrise.
“Credo di sapere chi sia quel mendicante” le rispose, alzandosi con decisione dalla sedia.
“Cosa?” le domandò Kate stupefatta, ma Irene la ignorò.
“Come sto?” le chiese invece, sollevandosi bene il seno dentro al corpetto.
“Sei bellissima, come sempre.”
Irene le scoccò un bacio e poi scese rapidamente le scale di marmo e, incurante del freddo di fine inverno, spalancò il portone di casa e si guardò intorno.
I mendicanti non erano soliti frequentare un quartiere signorile ed elegante come Belgravia, forse tra i più stimati della città. Certo, Irene Adler non ebbe alcun dubbio quando si piazzò di fronte a un accattone, seduto sul marciapiede opposto e ripiegato su stesso come un vecchio straccio. Costui sollevò verso di lei un cappello malconcio, restando ben infagottato nei luridi vestiti…
“Una moneta, bella signora” supplicò con voce arrochita.
Ma Irene, invece di lasciarci cadere la moneta suddetta, ci gettò niente meno che la sua fede nuziale.
“Davvero crede di potermi ingannare in questo modo, signor Holmes?” gli domandò con voce suadente, scostandogli il cappuccio sdrucito dal viso. Il viso pallido e ben lavato di Sherlock riemerse tra i cenci e si rivolse verso la donna, che torreggiava su di lui in controluce.
“Ultimamente gli affari non stanno procedendo molto bene, Miss Adler” improvvisò con un’alzata di spalle, lei sorrise “E nemmeno il suo finto matrimonio, a quanto vedo” continuò, indicando la vera abbandonata nel cappello.
“Il mio matrimonio non è finto, anche se a lei piace pensare il contrario” gli rispose con ovvietà, porgendogli la mano sinistra “Me la rimetta”.
Sherlock guardò la sua mano sottile e poi guardò lei.
“Su avanti, non faccia il sentimentale.”
“Non faccio mai il sentimentale” negò risoluto, prendendo l’anello e infilandoglielo nell’anulare. Le loro dita esitarono le une sulle altre qualche istante più del dovuto, ma Sherlock ritirò la mano come se si fosse scottato.
“E allora” iniziò Irene, mettendosi a braccia conserte mentre lui si alzava in piedi “Si può sapere che cosa ci fa qui, travestito, di fronte a casa mia?”
“Glielo dico, a condizione che lei mi dica perché le sue innumerevoli ospiti entrano in casa sua vestite in un modo ed escono vestite in un altro. Una ha perfino dimenticato la crinolina, come può essere possibile? ”
Irene lo guardò intensamente negli occhi, un lampo di irritazione gli attraversò lo sguardo.
“Stia lontano da me, signor Holmes” gli rispose, facendo un passo verso di lui “Si è giocato la sua possibilità molto tempo fa.”
Sherlock aggrottò le sopracciglia, ma la seguì.
“Si diletta a fare la sarta?”
Irene ridacchiò.
“O forse è un gioco tra voi signore, quello dello scambiarsi i vestiti?”
“Se continua a seguirmi, mi metto a urlare” esclamò tranquillamente Irene, procedendo dritta e sicura verso casa “Al tre, caro. Uno, due…”
“Posso solo sapere se offre questi suoi misteriosi servigi anche agli uomini?” le domandò Sherlock, rapidamente. Irene si fermò a guardarlo, un sorrisetto enigmatico le increspò le labbra truccate.
“Arrivederci, signor Holmes” lo congedò senza rispondergli. Sherlock la guardò salire con grazia i gradini della sua sontuosa abitazione, incantato e affamato di curiosità.
“Lo scoprirò, signora” le disse prima che lei rientrasse dentro “Stia certa che lo scoprirò!”
Lei lo guardò un’ultima volta e poi si chiuse la porta alle spalle.

 
***
 

Quando il Dottor Watson rincasò e vide un barbone cencioso e piazzato senza eleganza sul divano, non diede alcun segno di sorpresa o sconcerto.
“Holmes” lo salutò, appendendo il soprabito.
“Watson” rispose costui “Come è andata la sua giornata?”
“Pustole” esclamò il medico “Un dito del piede in cancrena, un ennesimo caso di sifilide, febbri, marciume vario e altre schifosaggini. Lei invece?”
“Mi sono imbattuto in pratiche che violano i più elementari dettami del pudore sessuale e della verecondia.”
John lo guardò con tanto d’occhi, Sherlock ricambiò il suo sguardo e fece un sorrisetto.
“Vuole per caso sapere di cosa si tratta, Watson?”
“Oh, sì, la prego” lo supplicò, facendolo ridere di gusto.
“Va bene, va bene! Si tratta di Miss Adler…”
“Oh cielo, Holmes! Ancora quella donna!”
“Mi lasci finire” continuò il detective “Ci avevo visto giusto l’altra sera a teatro, il suo matrimonio è stato una astuta montatura per coprire qualcosa di illegale ma allo stesso tempo inoffensivo, qualcosa che non merita certo lo sconto della pena capitale.”
“Sarebbe?”
Sherlock lo guardò “Mi promette di non farne parola con nessuno? Men che meno di riportare quanto gli sto per dire nei suoi scritti?”
“Ha la mia parola di gentiluomo e sopratutto di amico.”
Sherlock come sempre si fidò e annuì. “Ebbene, ho motivo di ritenere che il signor Norton e Miss Adler celino entrambi tendenze omosessuali.”
John sgranò gli occhi “Ma cosa sta dicendo?”
“Ha capito perfettamente” gli rispose Holmes “E si tolga quell’espressione stupita dalla faccia, è più frequente di quanto lei creda.”
“Non sono nato ieri, so benissimo che queste cose esistono” gli rispose John “Solo che arrivare addirittura a sposarsi per poter essere liberi di…Oh! Santo cielo, mai sentito niente di più scandaloso, e dire che sono arrivato ormai a metà della mia vita.”
“Più della metà” lo corresse tranquillamente Holmes, accendendosi la pipa “A Dio piacendo, tra trent’anni togliamo il disturbo.”
John si fece teso “Insomma, spererei anche più di trent’anni.”
“Meglio trenta.”
“In ogni caso” tagliò corto John, riportando il discorso all’argomento principale “Come è riuscito a scoprire un segreto tanto privato della loro vita?”.
Sherlock guardò la fotografia in bianco e nero di Irene Adler posta sulla credenza e poi si rivolse al suo amico.
“Non l’ho effettivamente scoperto. Si tratta più di un’intuizione, che per avventura è correlata a un singolare aspetto della mia vita, a cui sono sceso a patti molti anni or sono.”
“E quale sarebbe questo aspetto?” domandò John, curioso e impaziente “Suvvia, Holmes, non sia sempre così criptico.”
“La solitudine, caro Watson. Caratteristica che accomuna le menti analitiche come la mia. Non le nego che la stima che provo per Miss Adler sia sincera” lo guardò, John gli fece un sorriso comprensivo “Lei è una donna superiore. Tuttavia, ho sempre avuto il sentore che certe… Gioie della vita mi siano state inesorabilmente precluse. Ora questo sentore è diventato una certezza, dato che l’unica donna che io abbia mai trovato meritevole di un vago interesse, è attratta dalle altre donne.”
“Ma ne è sicuro?” domandò John, sedendosi di fronte a lui “Insomma, l’ha vista mentre…” esitò imbarazzato, lasciando cadere la frase a metà “Come dire, l’ha vista in... in atteggiamenti intimi con altre donne?”
Sherlock gli sorrise, divertito “Oh, Watson. Dovrebbe davvero vedere la sua faccia in questo momento.”
John arrossì vistosamente “Mi può rispondere?”
“No. Quel minimo di decoro che mi è rimasto mi trattiene dal fare il guardone in modo così irriguardoso.”
“Bene e giustamente, aggiungerei” replicò il medico.
“Tuttavia, non ho potuto fare a meno di notare il fitto transito di signore e signorine che entra ed esce dalla casa di Miss Adler, per non parlare delle sue fascinose e aggressive dame da compagnia, che sembrano delle valchirie prelevate direttamente dalle foreste svedesi.”
John sospirò, stava iniziando a fare caldo o era una sua impressione?
“Comunque, questa notte avremo tutte le conferme di cui ecessitiamo” esclamò Holmes, compiaciuto “Le va di accompagnarmi a pedinare il signor Norton?”
John sorrise “Pedinarlo dove?”
 
 
 
 
Tre ore dopo…
 
 
 
“Questo non è un quartiere in cui due gentiluomini dovrebbero mai avventurarsi!”
“Oh via, Watson! Siamo stati in un luoghi ben peggiori” minimizzò Sherlock, camminando a suo agio e con le spalle dritte nel quartiere di Crime Alley. John si guardò intorno, ovunque si voltava c’erano bordelli, prostitute ammiccanti, ragazzini vestiti da donna e case della tolleranza dall’aspetto vagamente più sontuoso.
“No, io voglio tornare subito indietro!” protestò il medico, paonazzo “Se qualcuno che conosco dovesse vedermi qui…”
“E che sarà mai” replicò Sherlock, spiccio. Ma proprio in quel momento una prostituta lo agguantò da dietro e gli mise un boa peloso intorno al collo. “No, grazie, signora. Sono a posto così” la dissuase, arrossendo leggermente.
“Che sarà mai, un corno!” sibilò John, cercando di nascondersi tra il cappello e l’impermeabile “Io sono un medico, sono una persona rispettabile!”
“Se un suo conoscente la dovesse vedere qui, significa che anche lui si trova qui” rispose Sherlock, con la sua solita e instabile logica “Ergo, avrete entrambi motivo di tacere e fingere di non esservi visti”
John scosse la testa “Questi posti mi fanno perdere la fiducia nell’umanità. Guardi quel povero figlio laggiù, avrà sì e no l’età di mio nipote"
Sherlock guardò il ragazzino in déshabillé che gli aveva indicato il medico, e poi annuì, contento. “Ottima idea, Watson!” disse subito, lanciandosi verso il prostituto e il lasciando il migliore amico a bocca aperta.
“Holmes! Holmes, in nome del cielo, non starà scherzando!”
“Figliolo” esclamò Sherlock verso il ragazzino ammiccante “Vorresti guadagnare uno scellino facile facile?”
“Sono qui per questo, capitano” gli rispose costui, con un tono forzatamente lascivo “Chiamatemi Eloise”
“Bene. Dimmi tutto quello che sai sul signor Godfrey Norton, senza tralasciare alcun dettaglio”
“Perdonatemi?” esclamò il giovane, facendo finta di non capire
“Ti do due scellini” rilanciò Sherlock, tranquillo. Il ragazzo gli sorrise.
“Frì Frì ci vuole molto bene, viene qui tutti i mercoledì”
Sherlock annuì compiaciuto, John invece era rimasto basito.
“Devo quindi dedurre che è un cliente affezionato” continuò Holmes, come se niente fosse.
“Molto, capitano” gli ammiccò, indicandosi la veste aperta sul petto nudo “Questo vestitino me l’ha regalato lui”
“Vedo. Deve essere una vecchia camicetta di Miss Adler, la taglia è la stessa”
“Come dite!?” sbottò John, senza più riuscire a trattenersi.
“Un’ultima cosa, ragazzo” lo ignorò Sherlock “E questa risposta ti varrà uno scellino in più”
Il giovane si fece serio e tese le orecchie “Mi chieda tutto quello che vuole”
“La compagnia che reclama il signor Norton è prevalentemente femminile o maschile?”
Il ragazzo sorrise, cogliendo al volo il punto “Solo ed esclusivamente maschile”
Sherlock fece un sorriso da volpe e gli mise i tre scellini in mano “È stato un immenso piacere fare affari con te…?”
“Roger” gli rispose il ragazzino tutto contento, facendogli finalmente un sorriso spontaneo “Il piacere è stato mio, signore”
“Watson, chiuda la bocca e venga! Forza!”
Il dottore, che era rimasto a bocca aperta dallo stupore, si disincantò. Fece l’atto di toccarsi il capello per salutare il ragazzo e seguì Holmes a passo svelto.
“Sono sconvolto, Holmes, davvero sconvolto. Povera, povera Miss Adler”
“No, amico mio. Irene Adler non è mai povera, lo tenga bene a mente”
“Ma suo marito…”
“Non è suo marito”
“Oh santo cielo! Che situazione!”
 
***
 
 
Ding dong.
Ad aprire la porta bianca si presentò un maggiordomo di mezz’età, ben vestito e sussiegoso.
“Il signore desidera?”
“Sherlock Holmes” si presentò il detective, lanciando uno sguardo ai sontuosi interni della villa “Gradirei, se possibile, essere ricevuto dalla signora”
“Sono spiacente ma la signora Norton quest’oggi non riceve altre visite. Se mi lascia un recapito, sarò lieto di trasmetterlo alla signora in mattinata”
“Molte grazie. Sherlock Holmes, 221B di… Oh! Ma quella è mia cugina Margaret!” esclamò Sherlock, salutando con trasporto una giovane donna che era seduta nel divano del piano nobile. Costei, vedendosi salutare, si guardò alle spalle e poi lo ricambiò, stranita. “Le spiace se la vado a salutare? Io e la cara Meggie non ci vediamo da un secolo”
Il maggiordomo ci pensò su e dopo aver guardato la donna che salutava e sorrideva, annuì.
“Suppongo di sì. In tal caso, prego. Si accomodi pure”
Sherlock sorrise e raggiunse la sconosciuta con un sorriso smagliante.
“Ci conosciamo?” domandò quest’ultima, divertita.
“Eccome! Non si ricorda di me? La festa di Bertie, Tom che si era ubriacato come al solito?”
“La festa di Bertie…” ripetè costei, cercando di ricordare.
“Non fa niente, lasci che le rinfreschi la memoria. William, di nuovo lieto”
“Elizabeth”
“Elizabeth, mi ricordavo bene” mentì subito Sherlock “Allora anche lei è qui per Miss Adler”
La giovane arrossì subito “Oh, la prego. Non lo dica in giro…”
“Signora, siamo entrambi qui nella seduta della vergogna. Con che coraggio potrei muoverle del biasimo?” la rassicurò Sherlock. Lei ridacchiò.
“Oh, non mi dica! Anche lei? Credevo fosse un qualcosa di riservato alle donne”
“Si figuri se noi uomini possiamo lasciarci sfuggire un’occasione del genere!” esclamò Sherlock, e proprio in quel momento dei passi col tacco alto riecheggiarono dalle scale. Non appena vide i piedi ben calzati sopraggiungere, Sherlock capì che non era lei. Era infatti Kate, la ragazza più vicina a Irene. Appena lo vide, costei rimase stupita.
“Lei? Che cosa…”
“Devo urgentemente parlare con Miss Adler” la interruppe subito Sherlock “Il maggiordomo ne era conoscenza e per questo mi ha fatto passare”
Kate lanciò uno sguardo al maggiordomo, intento a lisciare delle pieghe invisibili sui centrotavola.
“Signora, è urgente” la richiamò Sherlock “Vada pure ad annunciarmi alla nostra amica, se non mi crede”
“Su questo può starne certo” esclamò con Kate, con una smorfia irritata.
Salì rapidamente le scale, attraversò un corridoio tirato a lucido e dopo una leggera e breve bussata a una elegante porta entrò, senza attendere la risposta.
“Sì?”
“È di nuovo lui, di nuovo qui” esclamò stancamente ad Irene, la quale era seduta di fronte alla toeletta “Ha detto di avere un appuntamento con te e che il maggiordomo ne era a conoscenza”
Irene la guardò stupita dal riflesso dello specchio, lasciando intendere che non ne sapeva niente.
“Chiamo la sicurezza?” propose Kate, il suo tono era speranzoso.
Irene la guardò e poi sospirò.
 
“Signor Holmes?” chiamò Kate, tornando al piano terra.
“Sì, prego?” esclamò Sherlock, tranquillamente. Kate lo guardò con odio.
“La signora è pronta a riceverla”
Sherlock le sorrise “Splendido”
 
 
Quando Sherlock entrò, non si aspettava di vedere Miss Adler vestita solo di una coprente ma scollata vestaglia. Per l’epoca, quello era una tenuta sfacciata e sessualmente indecente, che le donne perbene non avrebbero dovuto osare nemmeno di fronte al loro marito, figuriamoci al cospetto di un estraneo. Irene ne era consapevole e forte della sua sfacciata sensualità, accavallò le gambe e lasciò penzolare il piede scalzo e la caviglia nuda.
“Cosa c’è, signor Holmes? Mai vista una caviglia?” gli chiese, alzando le sopracciglia con fare curioso e  indisponente. Sherlock alzò subito lo sguardo su di lei.
“Così rosea e sottile?” le chiese, pensando a quelle irsute e deformi dei pescatori “No, decisamente no”.
Lei piegò il capo di lato e poi con un sospiro si voltò e tornò con le gambe sotto alla toeletta, di fronte allo specchio.
“Per l’ennesima volta, caro” esclamò, mettendosi un’orecchino “Perché è qui e cosa vuole da me”
“Non è ovvio?”
“Oh, sì. In realtà lo è eccome” esclamò lei, spruzzandosi nel collo del profumo “Ma sarei lieta di sentirglielo dire”
“Naturalmente. Come suppongo sia ovvio, sono qui per comunicarle che ho capito tutto” iniziò orgogliosamente Sherlock, mentre Irene aveva preso a ignorarlo “So che il matrimonio che la lega al signor Norton non è altro che una arguta montatura per celare gli orientamenti omosessuali che entrambi condividete…”
“No, non è così”
Se c’era una cosa che Sherlock odiava, quella era l’essere contraddetto.
“Può negarlo, Miss Adler, ma questo non cambierà la realtà”
“Non sono omosessuale, detective” gli rispose lei, guardandolo dallo specchio “Sono bisessuale, conosce la differenza?”
Sherlock assottigliò lo sguardo.
“La posta in gioco è altissima, signora” l’avvertì, mettendosi le mani dietro la schiena “La legge britannica punisce severamente casi come questi, e quando dico severamente intendo con la pena capitale”.
“Quindi?” lo aggredì lei, mettendosi a braccia conserte e guardandolo dritto negli occhi “Cosa è venuto a fare qui? Ci vuole ricattare? Vuole dei soldi? Vuole… Non so, qualcos’altro?”
“Precisamente sì” le rispose sfacciato “Qualcos’altro”
Irene dischiuse le labbra, stupita “Ah. Ecco spiegato il motivo per cui è venuto a dirlo a me e non a Godfrey, dunque”
Sherlock le accennò un sorriso “Non salti a conclusioni affrettate, la prego. Voglio solo sapere che cosa fa con tutte quelle donne che entrano ed escono ogni giorno dalla sua abitazione”
“Non sono una prostituta, se è questo che sta insinuando”
Sherlock non si scompose di un millimetro “Non stavo insinuando proprio niente. Le ho fatto una semplice domanda priva di malizia e ambiguità, che lei tuttavia ha subito equivocato e dirottato verso una direzione ben precisa. Direzione che, stando alla mia decennale esperienza, di solito risulta anche quella giusta. Ergo le chiedo…”
“Sono una dominatrice” lo interruppe lei, secca e infastidita.
Sherlock aggrottò le sopracciglia in una rara espressione interrogativa. “Mi scusi?”
“E in effetti, stando alla mia decennale esperienza, la gente non ha la benché minima idea di cosa ciò significhi, quindi lasci che le dica solo questo. Lavoro unicamente con le donne, perché le donne hanno diritto di provare certe sensazioni liberamente, senza dover essere apostrofate come pazze, senza essere chiamate isteriche, meretrici o possedute. O dobbiamo solo indulgere ai vostri desideri e basta?"
Sherlock scosse la testa, ma era visibilmente imbarazzato, come sempre quando la situazione lo coglieva di sorpresa.
“Bene” terminò quindi Irene, lanciandogli uno sguardo severo. Sentiva chiaramente i suoi occhi acuti pizzicarle la schiena e perciò decise di alzare lo sguardo e di incontrarli dal riflesso. Erano pieni di domande.
“I precettori ci dicevano che le donne non provano alcun tipo di piacere…”
“È una bugia” gli rispose lei, notando un fulmine di stupore balenargli nello sguardo.
“Come poi tutto il resto che ci dicevano” replicò in fretta Sherlock “Almeno avevano una loro coerenza”
Irene lo guardò intensamente. “Ha mai avuto un solo rapporto sessuale in vita sua?”
Dopo un breve attimo di esitazione, Sherlock ritrovò il suo solito aplomb britannico “Sì, naturalmente” le rispose con ovvietà.
Irene Adler si appoggiò allo schienale e gli sorrise. “Ha mai ricevuto un bacio, almeno?”
Sherlock alzò lo sguardo su di lei, un misto tra sorpresa e confusione, ma come di consueto non si lasciò sopraffare dell’emotività.
“Arrivederci, Miss Adler” troncò la conversazione, voltandosi per uscire.
“Aspetti” lo fermò lei “Aspetti un attimo. Mi sento in debito con lei, signor Holmes, ed è una sensazione che detesto più di ogni altra cosa al mondo”
“Non mi deve niente” replicò subito lui “E tutto farei tranne che condannare lei o il Signor Norton a un destino così disumano per il solo gusto di vedervi soffrire. Ha la mia piena parola”
Lei gli sorrise dolcemente “Voglio comunque colmare questo debito. Che ne dice di una seduta gratuita con me?”
Sherlock si irrigidì “Credevo lavorasse solo per le donne”
Lei gli fece un sorriso malizioso “Posso fare un’eccezione”
“No” le rispose, scuotendo la testa “Non è affatto necessario. Grazie comunque”
“Oh, suvvia. Le garantisco che sono molto richiesta” scherzò, ma lui non accennò nemmeno l’ombra di un sorriso.
“Non ho alcun dubbio, ma la mia risposta rimane la stessa” continuò Sherlock, irremovibile “Non sono interessato”
“Ma non sa nemmeno cos’è” protestò Irene.
“Per l’appunto” rispose seccato.
“Ne ha bisogno, si fidi di me” gli porse la mano “Non se ne pentirà”
Sherlock guardò quella mano tesa verso di lui e poi guardò lei, che lo incoraggiò con lo sguardo.
“Arrivederci, Miss Adler”
Irene abbassò la mano con uno scatto “È grande, grosso e intelligente, che paura ha!?” sbottò arrabbiata, ovviamente senza ricevere alcuna risposta “Sherlock!”
Ma lui uscì, senza girarsi nemmeno.
Fece solo pochi gradini e incontrò Godfrey Norton in persona, il quale appena lo vide sgranò gli occhi e si irrigidì istantaneamente. Lanciò uno sguardo agli alloggi di Irene Adler e sbiancò.
“Sa tutto, non è così?” gli domandò, con le labbra strette dall’ansia “Che cosa vuole? Mi dica cosa vuole”
“Ho ricevuto tutto ciò che ho richiesto” gli rispose Holmes, cupo “Siamo perfettamente pari”
Norton lanciò uno sguardo agli alloggi di Irene e annuì.
“Molto bene, allora” esclamò, preoccupato “E Signor Holmes?”
Sherlock si voltò e gli puntò contro i suoi occhi scrutatori.
“Non sono un delinquente” esclamò l’uomo, angosciato “Non ho deciso io di nascere così”
Sherlock, che già era alterato dall’incontro di poco prima, perse le staffe.
“Guardi, il fatto di usare a suo uso e consumo dei poveri ragazzini affamati la rende un delinquente a tutti gli effetti”
Norton arrossì “Ma non è colpa mia! Non sono stato io a metterli in quella strada!” si difese con fervore “Non stato io ad averli ridotti così!”
“Ma contribuisce a mantenerli ridotti così” gli rispose Sherlock, indignato.
“Cosa dovrei fare?” gli chiese Norton, che tutto voleva tranne che inimicarselo.
“Iscriverli in una scuola e pagare loro gli studi. Le risorse finanziarie certo non le mancano”
Norton ci pensò su, poi lo guardò “Se lo faccio, mi giura sul suo onore che non dirà niente alla polizia?”
“Glielo giuro sul mio onore” rispose Holmes, guardandolo dritto negli occhi.
“E sia” deglutì “Lo consideri fatto”
“Vedremo”
“Arrivederci, signor Holmes”
“Arrivederci”
L’imprenditore imprecò mentalmente e raggiunse col cuore in gola Irene Adler, che era ancora nelle sue stanze. Come aprì la porta, la trovò contegnosamente in lacrime e ne rimase stupefatto, non l’aveva mai vista versare una sola lacrima da quando si erano conosciuti. Si chiuse prudentemente la porta alle spalle e andò da lei.
“Ma guarda come ti ha ridotto, povera amica mia! E poi viene a fare la morale a me, a me!
Irene fece un bel sospiro e si asciugò le lacrime “Piantala, Godfrey. Per carità”
“Stai bene?”
“Splendidamente, non si vede?” gli rispose sarcastica.
 
 
***
 

 
Quel giorno, per una serie di sfortune, il dottor Watson rincasò con due ore di ritardo.
“Oh, John! Finalmente è tornato” esclamò Miss Hudson, affacciandosi dalla porta del suo appartamento.
John si tolse il cappello.
“Sì, sono stato trattenuto da una povera donna con cinque bambini, una situazione davvero incresciosa. Perché? È successo qualcosa?”
“Sono due ore che busso alla porta di Sherlock e lui non risponde!” si lamentò l’anziana donna “Gli avevo preparato il tè ma alla fine me lo sono bevuta tutto io perché non mi ha risposto una volta che una!”
John ridacchiò “Sarà immerso in uno dei suoi complicati ragionamenti. Spesso e volentieri non risponde neanche a me”
Miss Hudson scosse la testa con disapprovazione “Beh, gli dica che è molto scortese da parte sua!”
“Sarà fatto!” garantì, e detto ciò  John salì rapidamente le scale.
“Holmes!” esclamò, non appena aprì la porta di casa “Holmes! Ma possibile che adesso nemmeno la signora Hudson si merita una risposta da parte sua? Capisco ignorare me, ma non lei!”
Appena aprì la porta, John si interruppe e si irrigidì.
“Holmes? Tutto bene?” gli chiese. Sherlock era infatti riverso sul letto a pancia in giù, con ancora l’impermeabile e le scarpe addosso. John fece un passo avanti e col piede prese contro a una sottile fiala da iniezione che ormai conosceva fin troppo bene…
“Buon Dio!” esclamò angosciato, accorrendo verso l’amico “Holmes! Sherlock!” lo afferrò per le spalle, constando che scottava. Ipertermia, delirium tremens, stato di incoscienza… Non occorreva un diagnosta per capire che era andato in overdose da cocaina. John aprì subito le finestre e gli tolse il cappotto di dosso.
“John…” mormorò Sherlock in stato di semi incoscienza “John. Sa cos’è una dominatrice?”
John aggrottò le sopracciglia “Conosco il domatore di leoni” esclamò agitato, mentre lo sistemava in posizione laterale e gli reclinava la testa indietro per lasciare libere le vie respiratorie. Sherlock malgrado tutto sembrava vigile.
“Hm… Leoni…” Sherlock fece una smorfia “Sono abbastanza certo… Che non siano leoni”
John prese a trafficare nella sua borsa da medico per cercare l’antico equivalente delle più moderne Benzodiazepine.
“John… John Watson”
“Va tutto bene, Holmes, presto starà bene” gli rispose in fretta, indaffarato a preparare la cura.
“Non ho mai baciato nessuno” lo stupì “Può darmi un bacio?”
John rimase un attimo interdetto con la siringa in mano. Delirio, si rassicurò. Stava delirando, naturalmente, e dopo l’insolito caso Norton (ammesso che di “caso” si potesse parlare) il suo cervello stava traendo semplicemente le fila del caos.
“Stia fermo, ora, amico mio” gli disse, pronto a pungerlo nella carotide, sul collo. Ma Sherlock non rimase fermo, racimolò la poca forza che gli era rimasta per stampargli un bacio dritto in bocca. John si irrigidì istantaneamente e le sue guance si colorarono di un rosso acceso, lo stupore lo bloccò con le braccia a mezz’aria.
Dopo aver centrato il suo obbiettivo, Sherlock fece un mezzo sorriso e crollò sul letto, svenuto.
John chiuse gli occhi per un istante e fece un bel sospiro col naso. “Okay” si disse, per poi iniettargli la cura che gli avrebbe salvato la vita.
 
 
Sherlock dormì per un giorno intero e al risveglio, ormai a mattina inoltrata, si sentì sfibrato, confuso, con un inquietante vuoto mnemonico a preoccuparlo. Tuttavia, bastarono pochi secondi di intensa concentrazione e i ricordi gli ritornarono nitidi: Miss Adler in vestaglia, con i capelli sciolti e le gambe nude. Sherlock rabbrividì, fu come prendere la scossa. E poi i loro imbarazzanti dialoghi, il disagio, quell’impunito di Godfrey Norton… La cocaina…
Sherlock tossicchiò e si trascinò in cucina, gli bastò poco per capire che si era avvelenato di droga e che il suo amico medico lo aveva salvato in extremis.
“Grazie, caro Watson”
Quest’ultimo sussultò e abbassò il Times.
“Di che cosa!?” domandò sulle difensive. Sherlock aggrottò le sopracciglia.
“Di avermi salvato la vita, naturalmente. Di cos’altro dovrei ringraziarla?”
“No, niente. Assolutamente niente”
Sherlock lo guardò con i suoi occhi scrutatori, seppur ancora velati di fatica e sonnolenza.
“Allora, come si sente?”
“Come se fossi appena stato investito da una carovana russa” gli rispose Holmes, massaggiandosi le tempie.
John sospirò, era stranamente teso “Lei deve smettere di intossicare il suo organismo con quella porcheria” lo sgridò “E glielo sto dicendo come medico prima di tutto e poi come amico. Se vuole che gli elenchi tutti gli effetti collaterali…”
“Li conosco già perfettamente” esclamò cupamente il detective, andando in cucina a prepararsi un tè.
“E dunque? Ma si rende conto che se avessi avuto un imprevisto o una qualsiasi emergenza, lei sarebbe morto!?” esclamò John, gridò quasi.
“Mi dispiace, Watson. Lei ha ragione, ha sempre ragione”
John abbassò lo sguardo, dispiaciuto. “Posso sapere almeno cosa è successo?”
“In che senso?”
“Oh, avanti, ormai la conosco come le mie tasche” gli disse John, rabbonito “Se si riduce così, deve esserci stato un motivo. Posso sapere qual è?”
Sherlock sospirò e guardò pigramente l’acqua messa a bollire sul fuoco.
“Sono nei guai, Watson”
“Cosa è successo?”
“È qualche tempo che ho iniziato a sentire una malinconia nuova, ma intensa, che invece di attenuarsi peggiora col passare delle ore” gli spiegò, col capo basso “Una malinconia infida, che io stesso alimento e che mi ha reso insopportabile un vuoto che ho sempre e orgogliosamente ignorato”
“L’amore?” azzardò il medico, certo di dire la cosa giusta.
Sherlock annuì “Temo di sì”
“Lei non è una macchina, Holmes”
“No, infatti”
“Anzi, è un uomo di buoni sentimenti. Non deve rimproverarsi per questo”
Sherlock annuì di nuovo, era da considerare un miracolo il fatto che si fosse aperto in questo modo.
“Posso solo sapere chi è la persona che… Beh, la fa sentire così” gli domandò John, arrossendo leggermente.
“Via, Watson, sono certo che lei lo sappia”
Il rossore di John aumentò. Questi tolse gli occhiali da lettura involontariamente e guardò il migliore amico.
“Holmes io… Sa quanto sia grande la mia stima per lei. Lei è certamente l’uomo più geniale che io abbia mai conosciuto e sono convinto che Leonardo da Vinci non doveva essere troppo diverso da come è lei, mentalmente parlando”
Sherlock lo guardò stupito e arrossì leggermente negli zigomi “Le sue parole sono oltremodo generose e mi colgono del tutto impreparato”
“Sono parole sincere” gli disse John, sempre più imbarazzato “Tuttavia, io… Ecco, la mia vita ha sempre seguito un percorso preciso e alla mia età, dirottare questo percorso…”
“Watson, cosa sta cercando di dirmi?” gli chiese Sherlock, sinceramente confuso “Stiamo entrambi parlando di Miss Adler, giusto?”
John sgranò gli occhi “Oh, certo” esclamò subito “Sì, Miss Adler, naturalmente”
Sherlock gli scoccò un’occhiata sospettosa “E cosa diceva a proposito della sua vita?”
“Ah, lasci stare” minimizzò con un cenno della mano “Niente di importante”
“John Watson, lei mi nasconde qualcosa”
“Non le sto nascondendo nulla, Sherlock Holmes. Se vuole può anche visionarmi con la sua lente di ingrandimento”
Sherlock accennò un sorriso e si versò il tè.
“Vada da lei” disse infine John, guardandolo negli occhi “Conserva la sua fotografia da quanto? Quattro anni? Si conceda almeno un tentativo. Se è vero che il loro matrimonio è inesistente…”
“Nullo per la precisione. Ho motivo di credere che non abbiano mai consumato”
“Ecco. Se è vero che il loro matrimonio è nullo, torni da lei e faccia un tentativo”.
“Temo sia una battaglia persa in partenza” gli rispose Holmes, placidamente rassegnato “Non posso in alcun modo competere con le sue graziosissime amiche”
“Ma certo che può!” lo incoraggiò John, sorprendendolo “Lei è l’uomo migliore che io abbia mai conosciuto e se Miss Adler è una donna così in gamba come lei stesso sostiene, allora ricambierà certamente i suoi sentimenti”
“E che cosa dovrei fare? È tutto così nuovo per me”
“Le restituisca la fotografia” propose Watson, ingegnoso “Può usarla come scusa e poi approfittarne per dirle la verità”
Holmes lo guardò, colpito “Lei sa una più del diavolo, Watson”
“Non sono mai stato un tombeur de femmes, ma ho ancora qualche cartuccia da sparare” minimizzò il medico, con un sorriso amichevole.

 
 
***
 

Ovviamente, Sherlock Holmes non si presentò mai a casa di Miss Adler.
I giorni passarono, e quando il terzo nobiluomo fu trovato morto in circostanze anomale dentro un albergo, Sherlock decise di accettare il caso. Con la mente assorbita e indaffarata dalle indagini, Sherlock finì per smettere di pensare a lei. Era unicamente la sua foto, ancora sistemata sulla credenza, a ricordargli improvvisamente l’esistenza Della Donna, colei che per antonomasia incarnava tutti gli ideali femminili di bellezza, intelligenza e, perché no, furbizia. Ma la mente instancabile del detective era talmente occupata e divertita nei suoi ragionamenti, che aveva messo a tacere il suo cuore e lenito la malinconia.
Sherlock era tornato smagliante e vigile, freddo e logico nei suoi pensieri analitici, statistici e deduttivi.
Ma un’insospettabile sera quel precario equilibrio si ruppe. Dopo aver inseguito una carrozza a rotta di collo per le vie di Londra e arrestato la famigerata prostituta criminale, Holmes e Watson si diressero a casa, stanchi ma soddisfatti. Ma nell’esatto istante in cui i due attraversarono il pianerottolo, Sherlock si bloccò, rigido come un cane da punta che ha localizzato la preda.
“Holmes?”
“Silenzio!” lo zittì a bassa voce, col naso rivolto all’insù “Qualcuno è entrato qui ed è salito in casa nostra”
“Che cosa? Intende… Intende un ladro?”
“È armato, Watson?” gli chiese invece Sherlock, senza smettere di guardarsi intorno.
“Fino al collo, come al solito” rispose il medico, solerte.
Sherlock gli sorrise “Questo ladruncolo è entrato nella casa sbagliata”
“Non poteva fare scelta peggiore” concordò John, divertito.
“Che serata scoppiettante, me la segno sul calendario” sussurrò Holmes, salendo le scale rapido e silenzioso come un felino. John intanto aveva già tirato fuori la rivoltella.
”Al tre” gli sussurrò col labiale “Uno, due… tre!” Velocissimo, Sherlock spalancò la porta e John si intrufolò con la pistola in mano.
“Sappiamo che sei qui, ragazzo” esclamò Sherlock, a voce alta e pacata “Forza, abbandona la refurtiva e nessuno si farà male”
E come aveva immaginato, comparve una figura dall’aria esile e cenciosa. Sherlock fece un sospiro paziente e John abbassò la pistola.
“Monelli come te dovrebbero venire chiusi in un riformatorio” esclamò con aria impettita, ma come gli afferrò il braccio, un’espressione di puro stupore gli si dipinse in volto. Il monello abbassò il cappuccio, liberando una folta chioma di capelli rossi e leonini.
“LEI!” gridò John, incredulo.
“Io” replicò tranquillamente Irene Adler, conciata in modo semplicemente irriconoscibile “Potrei sapere come mai voi due gentiluomini avete una mia foto nel vostro salotto?”
“Holmes, a questa domanda dovrebbe davvero rispondere lei” esclamò John al detective, ancora sbalordito. Irene gli puntò gli occhi addosso.
“È di Watson” mentì rigidamente Sherlock, il medico sgranò gli occhi.
“Cosa!? Ma che bugiardo impunito!”
Sherlock arrossì lievemente “Watson, io avevo proposto di buttarla nel camino e lei ha detto di no, ergo l’immagine è diventata sua a pieno diritto.”
“Questo… Questo non è del tutto vero, lei sa che le cose non sono andate così!”
Irene si sedette sul bracciolo della poltrona e incrociò le gambe “Non è un problema, potete tenerla” esclamò, ravvivandosi i capelli.
John lanciò uno sguardo a Sherlock, ma l’amico sembrava essersi calcificato come un corallo. Allora parlò.
“Possiamo sapere a cosa dobbiamo l’onore di questa effrazione, signora?”
Irene annuì “Naturalmente. Godfrey vuole partire al più presto per Parigi. Non dorme più sogni tranquilli da quando sa di essere stato scoperto, teme che lei possa tradirlo da un momento all’altro” si rivolse a Sherlock.
“È una sciocchezza” esclamò quest’ultimo, nervoso “Gli ho dato la mia parola d’onore.”
“C’è in ballo la sua testa, signor Holmes” gli rispose Irene “Reputo la sua angoscia comprensibile.”
“Quindi lei sta per partire?” domandò John, lanciando uno sguardo a Sherlock “È venuta a salutarci, in poche parole?”
Irene gli sorrise “Sì… e no. Dipende da voi.”
Quella accennata proposta catturò tutte le attrazioni di Sherlock, che si volse verso di lei.
“Cosa intende, signora?”
“Posso andarmene e sparire nel nulla e questa volta per davvero, oppure posso restare, a condizione però che mi permettiate di lavorare insieme a voi.”
Sherlock sgranò gli occhi, John invece fu il primo a reagire.
“Cosa?!” sbottò Watson “Ma lavorare in che senso, scusi?”
“Ai casi, Watson” gli rispose Sherlock, restando fermo e in piedi.
Irene sorrise “Sarò Irving Eagle" disse, alzandosi in piedi "Il giovane apprendista di Sherlock Holmes.”
“No, è fuori discussione” rispose John, sempre più indignato “Lei non può fare i lavori che facciamo noi, è troppo pericoloso.”
“Perché?” sibilò Irene, mettendosi a braccia conserte.
“Ma perché lei è una signora e non è il caso. Non ha idea delle mostruosità con cui veniamo in contatto ogni giorno.”
“Rimarrebbe molto sorpreso del contrario, dottore” gli rispose la donna, indignata. “Sherlock” riprese, voltandosi e cambiando espressione “Sherlock, lei sa che posso farlo! Posso aiutarla, possiedo delle capacità che voi due non avete e l’ho dimostrato! Posso aiutarvi, mi dia una possibilità.”
John, il tanto paziente John, a quel punto perse le staffe.
“Ascolti, se vuole stare insieme a lui, lo sposi!” sbottò, esasperato “Sposatevi, per Dio, e fatela finita con questa pantomima che dura ormai da cinque anni! Basta!”
“Ma possibile che tutto quello che può fare una donna è sposare un uomo!?” sbottò Irene, la sua voce da soprano si impose su quella di John “Non ho bisogno di sposarmi per fare ciò che mi piace e sentirmi una persona realizzata!”
“Io ci rinuncio, basta. Fate vobis” si rassegnò John.
“Voglio solo aiutarvi nelle indagini” esclamò lei, abbassando lo sguardo.
“E perché, in nome del cielo, ci vuole aiutare!?” le chiese John.
“Perché mi annoio!” rivelò Irene, Sherlock la guardò subito “Voi due bellimbusti non avete la benché minima idea di cosa significhi essere una donna in un mondo come questo. Anzi, provateci. Fingete che tutto ciò che vi piace, che vi diverte e vi interessa vi venga negato, anzi precluso, perché il vostro corpo non possiede un attributo.”
“Non è questione di attributi, signora.”
“Invece è così, dottor Watson” sibilò lei, arrabbiata “Non posso diventare un dottore per questo motivo, non posso votare per questo motivo, devo vestirmi come un ridicolo lampadario e stare chiusa dentro casa senza prospettive e libertà per questo motivo. Ma se indosso un paio di pantaloni e i baffi finti ecco che acquisisco subito credibilità e autonomia e le persone iniziano finalmente a prestarmi ascolto. Le sembra una cosa giusta o non è forse questa la vera volgarità da cui dovremo guardarci?”
John strinse le labbra le une contro le altre, in difficoltà. “Holmes” chiamò i rinforzi “Holmes, dica qualcosa gentilmente.”
Sia lui che Irene si voltarono verso il detective, pieni di aspettativa. Sherlock si era infilato la pipa in bocca e aveva un’aria assorta, pensierosa. Come notò di essere osservato, se la tolse e espirò dal naso.
La Donna…” iniziò.
“Irene” lo interruppe subito lei, assottigliando gli occhi.
Miss Adler non ha tutti i torti” parlò rivolto a John “Tuttavia, quello che ci chiede non è fattibile. Forse lo sarà fra cento, duecento anni, ma non certo oggi.”
“Sì, che lo è” esclamò lei con tono intenso, inginocchiandosi di fronte a lui per incontrare i suoi occhi “Lo diventa, se esiste un uomo abbastanza intelligente da andare oltre le convenzioni sociali e permetterlo.”
E detto questo gli sfiorò una mano.
“Holmes, ragioni” esclamò John, guardandolo con aria preoccupata “La prego, almeno lei.”
“Sa qual è il problema, Watson?” domandò Sherlock, senza smettere di guardare Irene.
“Sentiamo.”
“Io ho sempre odiato le convenzioni sociali” esclamò, facendola sorridere.
 
 
***


 
“Chi è stato un detective molto, molto cattivo?”
Sherlock sorrise e diede uno strattone con le braccia, aveva i polsi legati insieme alla sponda del letto.
Ella spalanco le porte e si mostrò come lui non l’aveva mai vista. Come non aveva proprio mai visto una donna. Il seno alto e nudo traspariva da sotto una vestaglia nera e sontuosa, impreziosita da piccoli cristalli e ampiamente scollata sul davanti, e le cosce erano ugualmente nude.
“Che visione incantevole” esclamò Sherlock, rapito.
“Non posso dire lo stesso di lei, signor Holmes” esclamò lei, con un sorriso divertito e le palpebre calate a mezz’asta. Si avvicinò al letto con un’andatura da gatta e lo guardò dalla testa ai piedi, cosa che gli provocò un lieve rossore negli zigomi.
“Sa” iniziò, sorridendo “Ci sono due motivi che spingono un gentiluomo come lei a recarsi da me. Un’inespressa e trattenuta perversione da un lato e il banale desiderio di portarmi a letto dall’altro. Lei a quale delle due categorie appartiene, signor Holmes?”
Sherlock sbatté le palpebre e poi mise in moto il cervello.
“La risposta è piuttosto scontata. Supponevo che fosse suo precipuo compito scoprirlo”
“E infatti io la so già” gli sorrise lei, sfiorandogli l’addome e il basso addome con la lingua del frustino “Ma voglio che sia lei a dirlo”
Sherlock deglutì ma sostenne il suo sguardo, il freddo e le forti emozioni gli avevano causato la pelle d’oca.
“La trattenuta perversione, naturalmente” rispose secco, ma come disse così Miss Adler lo colpì forte nel linguine con il frustino. Lo schiocco improvviso lo fece sussultare, dolore e piacere si infransero insieme in modo innaturale, mai provato prima.
“Dica la verità!” ordinò lei, indignata. Sherlock la guardò con tanto d’occhi, ammutolito. Se stava recitando, era dannatamente convincente. La donna lo colpì di nuovo, più forte, e un ansito che non si era mai sentito gli sfuggì dalle labbra. “Obbedisci, patetico uomo che non sei altro”
Sì, aveva proprio il teatro nel sangue.
“Sono qui per lei” confessò allora Sherlock “Ma non ho mai osato concedermi pensieri tanto irrispettosi sul suo conto”
Irene fece un sorriso beffardo. “E perché no? Noi soli conosciamo le scabrosità della nostra mente, che senso ha trattenerle?”
“Le fantasie sono solo un surrogato di un futuro irrealizzabile” esclamò Sherlock, rapido, senza perderla di vista “Non servono ad altro se non a distrarre gli sciocchi dalla cruda realtà”
“E cosa sono io ora, se non una sua intima e impronunciabile fantasia?” esclamò Irene con voce flautata.
“Lei è reale quanto me”
“Ci pensi, Mr. Holmes. Sono qui con lei, svestita, occupata a dedicarle parte del mio preziosissimo tempo per offrirle una breve ma intensa illusione sessuale. Sono l’esatta definizione di una fantasia”
Sherlock cercò di mantenersi lucido “Perdoni l’impudenza, Miss Adler, ma se così fosse, saremmo impegnati in tutt’altri atteggiamenti”
Quella frase scandalosa la fece semplicemente sogghignare.
“Finalmente” esclamò con un cipiglio compiaciuto “Lo ha ammesso, dunque”
“Non ho ammesso nulla” rispose Sherlock sulle difensive “Era ovvio, l’ovvio non necessita ammissioni”
“L’ovvio è un concetto relativo. Lei suppone di sapere tutto, ma la sua arroganza in realtà è solo un penoso anestetico dietro cui colloca le sue innumerevoli mancanze”
“Continui” disse Sherlock con tono interessato, non riusciva a toglierle gli occhi di dosso.
“Lei è solo. Si giustifica pensando di essere diverso e di bastare a se stesso, ma ci sono momenti in cui non ci riesce e il suo castello di pensieri crolla. E allora cerca di sedarsi con la droga, con le sue indagini e con le sue continue elucubrazioni, che altro non sono se non dei rimedi palliativi”.
 Il respiro di Sherlock, già compromesso, accelerò. La guardò negli occhi, cercando di ignorare il bisogno sempre più acuto sotto la cintura.
“E allora le chiedo” continuò Irene, sedendosi al suo fianco sul pelo del letto “Perché lei è qui? Cosa spera di ottenere da me?”
“Un nuovo rimedio palliativo?” azzardò, ambiguo. Tuttavia, lo sguardo fulmineo che le lanciò, fu esplicito e non sfuggì alla donna, che sorrise.
“Intende del sesso?” gli rispose con una schiettezza spudorata “Mi sembra di averle detto che non sono una prostituta”
“Per la seconda volta lei fraintende, signora. Non intendevo…”
“Vediamo allora se fraintendo questo”
Con un rapido movimento aggraziato la donna salì sul letto e si mise a cavalcioni sul suo addome, stando ben attenta a non sfiorargli nemmeno per sbaglio le parti basse. Sherlock tese istintivamente i muscoli e forzò la catena gli legava i polsi. Irene rise.
“Quindi è così che funziona?” esclamò con voce stentorea, lucido malgrado tutto “Mi sta sottomettendo?”
“No, certo che no” gli rispose lei, piegandosi per accarezzargli gli avambracci tesi “Non ha senso sottomettere qualcuno che già lo è”
“Curioso” esclamò Sherlock, sollevando la schiena con la sola forza degli addominali per raggiungere il suo viso “Non mi sono mai sentito meno sottomesso in vita mia”
“Questo perché non ho nemmeno cominciato”
“Comincia” la esortò lui “Ti prego”
Irene intrecciò le dita tra le sue “Sicuro?”
“Mi annoio” le rispose Sherlock, con un sorriso da volpe.
 







 
 


 
Note
Sono stata molto indecisa sul dove pubblicare questa storia, sul come e sul se. Sul dove: ci sono parecchi richiami a Sherlock BBC (il fatto che Irene sia una dominatrice primo tra tutti) ma ho comunque preferito inserirla in questa sezione, anche se temo non sia molto frequentata. Sul come: la divido in due parti? In tre parti? Alla fine ho deciso di pubblicare tutto e di lasciare a voi la gestione di questo papirotto. Sul se... Beh, in realtà sono sempre indecisa sul se, per ogni singola storia che pubblico, per cui non c'è molto da aggiungere ;)
Oltre a Sherlock BBC, c'è anche qualche richiamo anche alla serie The Alienist, in particolare per quanto riguarda il dramma della prostituzione minorile.
Godfrey Norton non è un personaggio di mia invenzione ma risulta canonicamente il marito di Irene Adler, io poi ci ho ricamato sopra tutta la questione dell’omosessualità. Essere omosessuali a fine settecento comportava infatti realmente la pena di morte, e essere donne era praticamente una condanna. 
Spero che questa storia vi sia piaciuta e che venga letta almeno da qualcuno! A presto,
Ecate
   
 
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