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Autore: dirkfelpy89    26/07/2021    1 recensioni
Marzo 1968. I Magonò sono in subbuglio e, dopo le nuove leggi più restrittive nei loro confronti introdotte dal nuovo Ministro della Magia, marciano in tutto il paese per reclamare più diritti. Quando, nel corso di una di queste manifestazioni, cinque Magonò cadono uccisi da un misterioso terrorista, toccherà ad alcuni Auror indagare e scoprire, forse, quanto il male sia vicino a loro e quanto possa affascinare le menti dei più deboli.
-“Questa storia partecipa al contest Come to the dark side? Ehm… indetto da Severa Crouch sul forum di EFP”
Genere: Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mangiamorte, Marius Black, Nuovo personaggio, Voldemort
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Capitolo 1, Marzo di Sangue

 



Concorde Square, Hogsmeade, 1968

“Libertà, libertà, libertà!”

In quella gelida notte di Marzo un solo grido echeggiava per la piccola piazza centrale della pacifica Hogsmeade.
Una cinquantina di persone, per la maggior parte ragazze e ragazzi di giovane età, si erano assiepate da quella mattina in un angolo della piazza, urlando a squarciagola alcuni slogan ormai ben noti alla popolazione.
“Chi siamo noi?” “Magonò!” “E vogliamo sparire?” “No, no, no!”

Non era la prima volta che quella piccola folla agguerrita si riuniva a Hogsmeade: da mesi erano in corso numerose manifestazioni dei Magonò che abitavano quella parte del paese, un sentimento di protesta che lentamente stava iniziando a serpeggiare per tutta la nazione.
Da sempre considerati cittadini di serie B, costretti a scappare, nascondersi e a confondersi con i Babbani, i Magonò avevano deciso di unirsi, organizzarsi e ribellarsi alle nuove leggi, estremamente restrittive, promulgate dal Ministro della Magia, Eugenia Jenkins.
Volevano poter continuare a far parte della Comunità Magica, desideravano pari diritti e doveri e la fine di tutta una serie di discriminazioni che vessavano i Magonò da tempo immemore.
La cosa aveva creato una pericolosa frattura nel precario equilibrio del Mondo Magico inglese: i più conservatori erano assolutamente contrari a queste rivendicazioni mentre quelli con le vedute più aperte erano pronte ad aiutare, a volte economicamente, i Magonò bisognosi di sostegno.
Giornalisti, esperti politici o semplici ciarlatani si erano assiepati da giorni nella cittadina, pronti a seguire e documentare quella presa di coscienza e le sempre più numerose marce di protesta. Alla gente semplice e pigra di Hogsmeade poco importava di tutto quel fracasso e, dopo un’iniziale curiosità, la cosa ben presto perse ogni attrattiva.

La manifestazione del dieci Marzo del '68 aveva tutte le carte in regola per poter essere un evento tranquillo, senza grosse conseguenze. Il corso degli eventi però prese una svolta inattesa e terribile.
Erano ormai le undici di sera, un vecchio Magonò dalla voce squillante stava arringando la folla con ardore, quando, improvvisamente, Concorde Square venne letteralmente sconquassata da una forte esplosione.
Nel centro esatto della piazza si era venuta a creare dal nulla una piccola voragine. Urla, sangue, morti. Una semplice manifestazione di protesta si era trasformata in un massacro.

/ / / / / / /

“Cinque morti, sette feriti gravi… sicurezza assente… Ministero incapace… bah!” Eugenia Jenkins accartocciò con rabbia e malcelato disgusto la sua copia personale de ‘La Gazzetta del Profeta’.
“Banda di inetti. A nessuno interessa qualcosa di quei Magonò, poi cinque di loro si fanno saltare in aria e la stampa improvvisamente mi sta addosso come un Bolide Fellone!”
“Tecnicamente non si sono ‘fatti saltare in aria’, Ministro!”
Bob Kenningher possedeva molti difetti, compensati da alcuni pregi davvero ammirevoli. Uno di questi era il coraggio: era Auror da più di trent’anni ed era uno dei pochi che si permettesse di rispondere a tono a Eugenia Jenkins, specie quando quest'ultima era di pessimo umore. Accanto a lui, un ragazzo sulla ventina ridacchiò sotto i baffi, guadagnandosi un’occhiataccia del Ministro.
“C’è poco da ridere, ragazzo. Non mi importa un accidenti di quella gente, stiano alla larga da me e dal Mondo Magico, ma se questo caso mette in pericolo il mio governo allora i Magonò avranno la mia più completa attenzione!" sbottò la donna.
"Ammirevole..." borbottò il giovane Auror.
"Sì, è davvero ammirevole il fatto che non vi licenzi seduta stante. Mi aspetto che troviate il colpevole entro breve oppure avrò le vostre dimissioni sulla mia scrivania, ve lo posso assicurare. Ora al lavoro, fuori di qui!” sbraitò la donna, indicando la porta e congedandoli.

I due uscirono da quella stanza il più velocemente possibile per poi incamminarsi verso il dipartimento Auror.
“Non far arrabbiare quella donna, Augustus, non è saggio! Io a breve andrò in pensione, tu sei giovane, hai una vita da passare qui!” disse, a bassa voce, Bob. Augustus ghignò.
“Senti da che pulpito. E poi non la voglio far arrabbiare, è che proprio non la sopporto! Come si è ridotto questo Ministero… spero che il suo successore sia più dignitoso, come minimo!”
“Sono tutti uguali, non farti illusioni Ag!” Bob scosse la testa mentre entrambi uscirono dall'ascensore, diretti verso i loro uffici.
“Comportati bene, impara a chinare la testa ogni tanto, sennò farai la mia fine. Prendere ordini da dei poppanti che hai tirato su in accademia!” sospirò l’uomo, facendo strada verso la loro destinazione.
Augustus alzò le spalle.
“Lo sai che sono diventato Auror a tempo… determinato. Non appena l’Ufficio Misteri riaprirà le candidature è là che mi candiderò. Però, fino a quando avrò l’onore di collaborare con te, farò come vuoi.”
“Certo che sei strano… tre anni di accademia e poi il tuo sogno è di andare in quel seminterrato a… a fare quel che fanno quegli stramboidi!” borbottò Bob, aprendo la porta del dipartimento.
"Non è colpa mia se le prossime candidature saranno aperte tra qualche mese. Non potevo mica stare cinque anni senza fare nulla, e chi la sente mia madre!"

/ / / / / / /

Un caos controllato si era impadronito dei cubicoli degli Auror, decine di promemoria svolazzavano per l’aria alla ricerca del loro destinatario. Un ometto piuttosto malconcio ne acchiappò uno al volo e poi si rivolse ai due.
“Eccovi! La Jenkins vi ha messo sotto torchio, eh?”
“Non più del solito, John!” rispose Bob.
"A quella megera non importa nulla della morte dei Magonò... ma l'opinione pubblica…" aggiunse Augustus, guadagnandosi un'occhiataccia da Bob.
"Parla piano, qui anche le pareti hanno le orecchie!" sussurrò l'uomo, a bassa voce, rivolgendosi al più giovane collega.
"Fai come dice Bob, ragazzo!" annuì John. “Comunque, il capo vi vuole nel suo ufficio. Fate presto, mi è sembrato abbastanza depresso!” l’ometto ridacchiò e poi lesse il suo promemoria mentre i due Auror entrano nell'ufficio del loro superiore.

Quando, circa cinque anni prima, Jeremiah Bellings era stato nominato Capo dell’Ufficio Auror in molti avevano trovato la scelta ingiusta.
Jeremiah non era mai stato un Auror particolarmente bravo, sveglio o intelligente; era una persona tremendamente mediocre tranne che nei giochi di potere dove si rivelava essere un vero asso. In politica riusciva sempre a puntare sui ‘cavalli vincenti’ senza sbagliare una mossa e aveva un vero talento per tenere i piedi in due scarpe senza inimicarsi nessuno.
Un perfetto politico, un pessimo Auror.
Magro, nervoso, la morte di quei Magonò era una delle prime crisi nella sua gestione ed era chiaro che non sapesse bene cosa fare. Seduto tutto storto, dietro la sua splendida scrivania, osservava i due nuovi arrivati con espressione ansiosa e insicura.

“Avete finito con la Jenkins?” disse, in tono flebile.
“Sì, a quanto pare ci ha affidato il caso...” borbottò Augustus.
“Oh, bene!” rispose Bellings, raddrizzandosi un po’ sulla sedia, improvvisamente sollevato dalla notizia.
“Bene? Per voi sì, visto che questo caso è uno dei peggiori degli ultimi anni. Bene, perché se riusciremo a risolvere il caso tutto il governo ne uscirà rafforzato. Se invece le indagini andranno male, cosa importa, avrete già pronti i due capi espiatori!” disse, in tono aspro, Kenningher.
Bellings sbiancò, borbottò qualcosa come "Sciocchezze… cosa vai a pensare..." e, senza guardare i due negli occhi, sospinse verso di loro una pila di fogli.

“Le dichiarazioni dei testimoni, le perizie del San Mungo…”
“A cosa servono, a perdere tempo? Dai, Bellings, non prendiamoci in giro, lo sappiamo che ci sono i Purosangue dietro tutto questo!” esclamò Bob.
“Pu… Purosangue?” pigolò Bellings: "Membri rispettabili della comunità che... che…”
“Che odiano i Magonò, che cercano di bloccare tutte le loro manifestazioni e che, nel frattempo, organizzano nei weekend battute di caccia ai Babbani!” sbraitò Kenningher, paonazzo.
“Ma… insomma, i Black, i Malfoy che organizzando questo massacro… andiamo, leggi troppi libri! Adesso capisco da chi sta prendendo ispirazione quel Moody!” cercò di ragionare Bellings.
“Per la miseria, hanno quasi accoppato Leach, costringendolo alle dimissioni! Cosa gli impedisce di far fuori qualche Magonò?” mugolò Kenningher, sbattendo il pugno sulla scrivania. “Io leggerò troppi libri, ma tu forse dovresti darti una svegliata e capire come gira il mondo fuori dal tuo ufficio e dalla tua poltica!”
“Basta, Bob, dai!" si intromise Augustus, ristabilendo, a fatica, la calma.
“Basta? Come se non sapessi chi ti paga, Bellings!”
“Finiscila!” sibilò Augustus all'amico che, con molta difficoltà, si ricompose.
"Capo, inizieremo a lavorare a questo caso fin da ora” disse infine il giovane Auror, prendendo la pila di fogli appoggiata sulla scrivania “Con permesso."

“Ci hanno affidato questo incarico perché siamo sacrificabili. Non devi reagire così, Bob!" disse Augustus, qualche minuto più tardi, entrando nel suo cubicolo.
“Ma…”
“Comportandoti così fai solo il loro gioco. E meno male che neanche mezz'ora fa mi ammonivi di stare calmo e di non fare sciocchezze!"
"Questo vale per te, io oramai…" borbottò Bob
"La cosa migliore che possiamo fare, adesso, è risolvere questo caso!” esclamò il ragazzo, mettendosi a sedere.
“Sei proprio un politico nato tu, eh?” borbottò Bob, prendendo posto accanto al collega. "Ma io con certa gente proprio non riesco a ragionare!"
“Voglio solo evitare di perdere tempo con persone che non valgono un penny. Lo ripeto, Jeremiah è il simbolo vivente di come questo posto faccia sempre più pena. Non so come hai fatto a resistere per trent’anni con questi microcefali!” esclamò Augustus, dividendo la pila di fogli in due.
“Jeremiah è solo una pedina, quasi sicuramente pagata profumatamente da qualche pezzo grosso. Sicuro ci sono le Sacre Ventotto di mezzo. Comunque su una cosa ha ragione,” disse infine Bob, “i Purosangue non agiscono così.”
“Così come?” chiese il collega.
“Già altre volte hanno cercato di interrompere le manifestazioni dei Magonò. Ci sono stati scontri, qualcuno al San Mungo, ma nessuno prima d’ora è morto!” Bob osservò l’amico, e collega, con intensità. “C’è qualcosa di molto losco dietro a tutto questo, te lo dico io!”

/ / / / / / /

Sin dall'alba dei tempi ai giovani Purosangue veniva insegnato che una casa, una dimora, doveva riflettere la forza e la potenza della famiglia che la possedeva.
Tutte le famiglie delle Sacre Ventotto, nel corso dei secoli, avevano contribuito a creare delle vere e proprie regge, una delle poche eccezioni era il ramo della famiglia Lestrange che dimorava in Cornovaglia. Non che la loro dimora fosse poco elegante, questo no, però era sicuramente la meno pomposa, la più, per certi versi, selvatica e interessante.
Il prato non era tagliato millimetricamente come nelle altre dimore, le stanze non traboccavano di mobili inutili e la presenza della natura era molto più forte rispetto alle altre residenze dell'élite Purosangue inglese.

Erano passati due giorni dall'attentato ai Magonò quando, verso l'ora di cena, una figura sbucò fuori dalla foresta intorno alla dimora dei Lestrange.
Costui si avvicinò velocemente al cancello che delimitava i territori della famiglia, estrasse la bacchetta magica e picchiettò sulle sbarre tre volte. Immediatamente il cancello si aprì è la figura, un uomo molto alto dai corti capelli biondi, si affrettò a entrare.
Sulla soglia della villa lo stava aspettando una giovane donna con lunghi capelli neri e un'aria piuttosto arcigna. I due discussero brevemente, la donna si fece da parte lasciando entrare il nuovo arrivato e poi si chiuse la porta alle spalle.
La temperatura all'interno della villa era molto più calda, grazie alla presenza di numerosi falò che riscaldavano l'ambiente e donavano un po' di tremula luce alle ampie stanze.

Dopo alcuni minuti passati in silenzio, la donna finalmente condusse l'uomo al salone padronale. Sistemato per lungo, davanti un grande focolare, c'era un tavolo di quercia; seduti su rigide poltrone, una decina di maghi e streghe osservavano il nuovo arrivato con curiosità.
La persona che sedeva a capotavola, invece, non era ben visibile, immerso com'era nell'oscurità.
La strega dai lunghi capelli neri si sedette e rimase in silenzio, osservando la persona nascosta nell'oscurità che sedeva a capotavola.

Costui parlò e lo fece con voce fredda e sicura.
"Le notizie delle tue ultime imprese sono arrivati fin qui, Marcus, e me ne compiaccio grandemente."
"Grazie, maestro!" l'uomo, chiamato Marcus, si inchinò leggermente.
"Spero che la tua ultima azione abbia un seguito" rispose la donna.
"Bellatrix, sottovaluti ancora le mie potenzialità…" Marcus sogghignò.

La figura che sedeva nell' ombra si mosse, e finalmente uscì dall'oscurità. Era un uomo dai corti capelli neri, l'espressione glaciale e fredda. Doveva essere stato un bel ragazzo ma c'era qualcosa nella sua immagine, nel suo volto, di sbagliato, di strano.

"Bene, lo sai che mi aspetto molto da te!" sussurrò.
"Ma perché deve essere lui, perché non io, maestro?" Bellatrix si scaldò, osservando Marcus con malcelato fastidio.
"Pazienza, Bellatrix, pazienza!" sibilò l'uomo, piuttosto infastidito, "Hai compiuto magnificamente le missioni che ti ho affidato, ma è ancora presto. Verrà il tuo tempo, il vostro tempo, di uscire allo scoperto e di uccidere più feccia possibile. Ma non è questo il giorno. Lasciamoli in pace, lasciamo credere al Ministero e alla Comunità Magica che voi, giovani rampolli Purosangue, siete fatti della stessa pasta dei vostri nobili genitori; che l'unica cosa che vi importi siano le feste, i balli e la politica. Non appena avranno abbassato la guardia e Lord Voldemort sarà abbastanza forte e con abbastanza seguaci, allora, solo allora mostreremo la nostra vera faccia!"

"Ha ragione, perfettamente ragione, maestro. Ma perché Marcus e non... io!" boccheggiò Bellatrix.
"Perché Marcus viene dalla Svezia e qui in Inghilterra nessuno lo conosce, perché si è unito ai Mangiamorte già mesi fa e ha già ucciso in passato e perché, in caso di fallimento, il suo sangue è molto più sacrificabile rispetto al tuo, Bellatrix!" rispose Voldemort, riempiendo il suo calice di vino elfico. "Le ultime azioni di Marcus hanno avuto molto eco nel nostro ambiente, te lo posso assicurare, Bellatrix. In tanti si stanno lentamente accorgendo che esiste un'alternativa a questo Ministero, che esiste un modo per non dissipare gli insegnamenti dei nostri avi e il loro prezioso sangue puro!"

Voldemort alzò il calice e disse, con voce chiara e potente "A Lord Voldemort, ai Mangiamorte e ad una nuova Comunità Magica!"
Altri dieci Calici si alzarono, unendosi così a quell'oscuro brindisi.

/ / / / / / /

Salve a tutti e bentrovati in questa mini-long che partecipa al contest Come to the dark side? Ehm…, sul forum di EFP, di Severa Crouch.

Alla base di questa fic c’è un periodo storico molto particolare e altrettanto sconosciuto: le marce di protesta dei Magonò contro le politiche del Ministero (casualmente avvennero nel ‘68)
Sappiamo che diversi Purosangue non presero la cosa… molto bene e che reagirono, spesso con violenza. E se dietro ad alcuni di questi episodi si nascondesse la mano di Voldemort e dei suoi, neonati, Mangiamorte?
Focus di questo contest è anche il fascino del male, fascino che nel corso di questa breve storia cercherò di mostrare in alcune delle sue sfaccettature. Perché sì in tanti si unirono a Voldemort per paura, sotto maledizione Imperius magari, ma sono convinto che anche tante persone si uniranno alla causa di Voldemort perché ci credevano, perché avevano qualcosa da guadagnare, perché Voldemort dava loro una ragione, magari sbagliata, di vita.
P.s la cosa dell'Ufficio Misteri ci verrà utile nei prossimi capitoli. Secondo me, lavorando in un ambito così difficile, le candidature per gli Indicibili non sono aperte a tutti.
Questo è il punto d’inizio di questi tre capitoli che, spero, apprezzerete ^^

  
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