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Autore: storiedellasera    26/07/2021    3 recensioni
Estratto dalla storia:
Non poteva essere uno scherzo, un'allucinazione o una cartaccia mossa dal vento. Più Ethan cercava di trovare una spiegazione e più una parola prendeva forma nella sua testa: mostro.
Genere: Horror, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La mano





Doveva essere una giornata come tutte le altre.
Ethan stava tornando a casa da scuola. Come ogni mercoledì, il suo zaino era leggero, rimbalzava allegramente contro la sua schiena. Il giovedì o il lunedì, invece, lo zaino sarebbe stato riempito con enormi libri di grammatica e matematica, rendendolo pesante come un masso.
Ethan svoltò per Oldcape road, una squisita e ampia strada a due corsie che tagliava in due un tranquillo quartiere di periferia. Come ogni giorno, a quell'ora, il quartiere era deserto. Neanche un'anima si vedeva far capolino da qualche finestra o dagli angoli più remoti della strada. Non transitava una sola macchina e non si udiva neanche il cinguettio degli uccellini.
A Ethan non piaceva tutto quel silenzio, lo considerava... innaturale.
Ma c'era qualcos'altro, in quel momento, che disturbava la mente del ragazzino di più di un quartiere troppo tranquillo.
Forse era la pallida luce del sole a renderlo irrequieto. Un cielo terso e denso di nuvole svettava sulla testa del giovane. Ethan ebbe l'impressione di trovarsi in una sorta di gigantesca cupola ingrigita dal tempo. E più andava avanti e più la sensazione di disagio aumentava.
Non riusciva a spiegarsi ma c'era qualcosa attorno a lui che metteva in allerta i suoi sensi... qualcosa che la sua mente non aveva ancora catturato.
Più avanzava per la tranquilla strada e più la sua spiacevole sensazione si tramutava in paura.
E finalmente riuscì ad accorgersene. Da dietro un lampione, posto a circa sei metri da lui, spuntava fuori una mano.

Sulle prime, gli occhi di Ethan registrarono quell'immagine ma il suo cervello non era in grado di elaborarla. Non era più in grado di processare alcun pensiero.
La mano indossava un guanto bianco, immacolato. A Ethan ricordò quei guanti indossati dai personaggi dei vecchi cartoni animati o dai maggiordomi in smoking. Toccava con delicatezza il lampione e tamburellava lentamente su quel palo metallico. La mano... era viva.
Ethan poteva osservarla, così come poteva osservare il polso e una piccola porzione di braccio a cui la mano era attaccata. Il proprietario di quell'arto doveva indossare un abito scuro e a maniche lunghe.

La mente di Ethan era sgombra da ogni forma di pensiero... o forse i pensieri erano ancora lì, ad accumularsi nel suo cervello, solo che il ragazzino non era più in grado di ascoltarsi.
I piccoli movimenti della mano rivelavano, seppur in parte, una certa eccitazione da parte del suo proprietario. Un'eccitazione che Ethan giudicò istintivamente malsana anche se non sapeva dare una spiegazione della sua ipotesi.
-E' uno scherzo- un pensiero emerse poi dal vuoto che regnava nella sua testa.
-Si... è sicuramente uno scherzo. Presto vedrò dei ragazzi, più grandi me, uscir fuori da dietro qualche siepe pronti a prendermi in giro.-
Ethan immaginò tutta la scena: cinque o sei giovani che uscivano dai loro nascondigli, ridendo a crepapelle e con le lacrime agli occhi. Nella sua scenetta mentale, uno di quei ragazzi reggeva dei fili da pesca, fili sottilissimi e trasparenti, collegati alla mano finta che spuntava da dietro il lampione... -...perchè quella mano è finta! Deve esserlo per forza!-
E Ethan provò un certo sollievo nell'augurarsi un simile scenario. L'idea di fare la figura dell'idiota di fronte a dei ragazzi più grandi di lui era un pensiero rasserenante... persino dolce.
Del resto, se non si trattava di uno scherzo...
La mano era ancora lì, a tamburellare lentamente contro il palo della luce.
-Presto usciranno dei ragazzi pronti a prendermi in giro!- Più che un pensiero razionale, quelle parole risuonarono nella testa di Ethan come una supplica.
-E se fosse una cartaccia?! Oppure un guanto mosso dal vento e impigliato contro il palo della luce?- Ethan si sporse in avanti e cercò di aguzzare la vista.
“Che scemo! E' ovvio che si tratta di una cartaccia.” Fece per muoversi nella direzione della mano, ma il suo corpo si rifiutava di obbedire.
La misteriosa mano, in quel momento, si era fermata. Pochi istanti dopo, fece cenno ad Ethan di avvicinarsi a lei.
La paura travolse il ragazzino come un'onda anomala. Sentì dei tremori in tutto il suo corpo. Non aveva mai provato un simile terrore, era così intenso che ebbe l'impressione di restringersi... di rimpicciolirsi.
“E' u-un'allucinazione!”
Ma Ethan non riusciva più a credere alle bugie o alle teorie che formulava.
Di fronte a lui c'era una vera mano che spuntava da dietro un lampione. Non poteva appartenere a un uomo... come poteva esserlo?
Nessun uomo è così sottile da nascondersi dietro un palo della luce.
La mano puntò il dito contro Ethan e subito dopo tornò a fargli cenno di avvicinarsi. Per un instante, il ragazzino fu tentato di accettare quell'invito... solo perchè non voleva far innervosire il proprietario della mano.
Non poteva essere uno scherzo, un'allucinazione o una cartaccia mossa dal vento. Più Ethan cercava di trovare una spiegazione e più una parola prendeva forma nella sua testa: mostro.
Altri brividi scossero il ragazzino.
-Quella è una mano umana, con cinque dita umane, un polso e un palmo... riesco a vedere anche una porzione del braccio- ma ormai per Ethan era chiaro che si trovava di fronte a qualcosa di disumano.
Iniziò ad esser preda dei capogiri. L'intero concetto di realtà si stava sgretolando nel suo cervello. Se doveva accettare l'esistenza di quella cosa, e doveva farlo per forza, allora doveva rendersi conto di non conoscere più nulla del mondo reale.
Chissà quante altre cose, spacciate per mito, erano vere... e chissà quali tra queste cose erano terrificanti.

Si alzò il vento. Una busta di plastica iniziò a danzare a mezz'aria. Ethan la vide piroettare nella sua direzione.
Poi il vento cambiò improvvisamente direzione e la busta virò bruscamente verso il lampione da cui sporgeva la mano. Finì dietro quel palo della luce Ethan sentì un debole pac, il suono della plastica che urta qualcosa... qualcosa di concreto.
Il ragazzino non vide la busta riapparire dall'altro lato del lampione.
Dedusse che era andata a sbattere contro il proprietario della mano. C'era davvero un essere, dietro quel lampione! Un essere dotato di un corpo fisico in grado di occultarsi dietro un esile palo di metallo.
La mente di Ethan lo immaginò come un essere alto, snello, simile a un uomo deforme con occhi enormi e il sorriso pieno di denti affilati.
Sentì le sue gambe liquefarsi per la paura, a stento riuscivano ancora a star in piedi.
-Buon Dio, fa che arrivi un auto! Fa che arrivi qualcuno!-
La mano aveva ripreso a tamburellare sull'asta del lampione. Ora i suoi movimenti erano più decisi e Ethan intuì che quella cosa stava perdendo la pazienza.
Il ragazzino rammentò un vecchio gatto nero che si aggirava nel quartiere. Apparteneva alla vecchia signora Kasparg, che viveva a pochi isolati da quello stramaledetto lampione.
Al gatto nero dell'anziana piaceva giocherellare con i topi e con le lucertole prima di mangiarle. Ethan aveva visto spesso quell'animale appostarsi nell'erba alta mentre puntava le sue prede. E quando lo faceva, c'era una lucina nei suoi occhi... qualcosa che appariva solo quando il gatto era concentrato ed esaltato.
Magari... ipotizzò Ethan ...il proprietario di quella mano, il mostro, stava giocando al gatto e al topo con lui. Chissà quanta frenesia ed eccitazione stava provando in quel momento. Il terrore di Ethan lo deliziava.
-Devo muovermi-
Il ragazzino fece un passo indietro e la mano, come tutta risposta, si irrigidì all'istante... segno che anche il resto del corpo si era trasformato in un fascio di nervi.
Ethan si congelò. Continuava ad osservare quella mano nella speranza di poter captare ogni informazione possibile.
-Se ora scappo...- pensò Ethan -...rischio di aizzarlo!- Il ragazzino sapeva che non bisognava mai fuggire o dare le spalle a un animale... figuriamoci farlo di fronte a un mostro.

Fu proprio mentre rimuginava sul da farsi, che avvertì il suono di una porta aprirsi. Oltre il palo della luce, oltre la mano e il suo proprietario, qualcuno stava uscendo da una casa.
Ethan riconobbe immediatamente l'inconfondibile abito azzurro della signora Kasparg. L'anziana si era fermata sull'uscio della sua casa mentre teneva la porta aperta per far uscire il suo gatto. L'animale si sporse pigramente.
Il cuore di Ethan iniziò a battere all'impazzata. Osò persino sorridere: -posso chiedere aiuto.-
Fece per alzare un braccio e chiamare l'anziana Kasparg, quando il gatto mosse di scatto la testa nella sua direzione. I suoi sensi da felino avevano avvertito la presenza del mostro.
Dalla sua posizione, l'animale aveva una visuale perfetta sulla creatura.
La reazione del gatto paralizzò Ethan dal terrore.
Il tutto durò meno di un istante: l'animale inarcò la schiena e drizzò tutti i suoi peli. Sembrava aver raddoppiato le sue dimensioni, tale era la paura che stava provando. Ma il gatto non riuscì a resistere a quel terrore. Si voltò rapidamente e iniziò a fuggire lontano, superando i giardini delle altre case e sparendo alla vista di un traumatizzato Ethan.
La signora Kasparg inizialmente non riuscì a comprendere il comportamento del suo animale domestico. Iniziò a chiamarlo, poi a guardasi attorno nella speranza di scovare ciò che l'aveva spaventato a morte.
Si irrigidì quando alzò lo sguardo verso il fatidico lampione. Sobbalzò dalla paura e Ethan, di rimando, sobbalzò anche lui.
La signora Kasparg si portò le mani all'altezza del petto, lì dove teneva le pillole per il cuore. Si sporse in avanti e socchiuse gli occhi. Poi, con gesti tremolanti, afferrò il suo paio di occhiali da una tasca. Portò quei grossi fondi di bottiglia sugli occhi e alzò di nuovo lo sguardo verso il lampione.
Ethan fu costretto a fissare tutta la scena: osservò come il volto della signora Kasparg si deformava mentre iniziava a comprendere cosa stava guardando. Vide i suoi occhi spalancarsi, la bocca aprirsi nella speranza di urlare ma non riuscì a emettere alcun suono. Le sue braccia flosce iniziarono ad essere preda di spasmi involontari... spasmi che dilagarono nel resto del suo corpo.
Guidata solo dall'istinto e non più dalla ragione, la signora Kasparg tornò immediatamente all'interno dell'abitazione e sbatté con vigore la porta di casa.

Ethan scoprì di star sudando dalla paura.
La mano non stava più tamburellando sul lampione: le dita erano arcuate e rigide, come se volessero artigliare il palo. La creatura aveva perso la pazienza, non voleva più giocare con Ethan... e presto sarebbe passata all'attacco.
Il ragazzino pensò di dover fare qualcosa altrimenti... altrimenti... non gli piacquero gli scenari suggeriti dalla sua mente.
Fece un passo laterale... o forse era meglio dire che strisciò con un piede. Lentamente, ma senza mai fermarsi, Ethan continuò a strisciare.
Il suo intento era quello di superare il lampione stando a debita distanza da esso. Nella testa del ragazzino era apparso il termine: circumnavigare -ma non siamo in mare- fu l'unico pensiero di senso compiuto che riuscì a formulare in quei momenti così concitati.
E mentre continuava a muoversi, Ethan non fece altro che rimuginare sul quel suo ultimo pensiero. Doveva in qualche modo tenere la mente occupata o sarebbe impazzito. Era arrivato al fianco del lampione, la mano ruotava seguendo i movimenti di Ethan. La creatura roteava attorno al palo, tenendosi sempre nascosta alla vista del ragazzino.

Quando Ethan superò il palo, fu tentato di fuggire ma ogni fibra del suo essere gli supplicava di non fare un gesto così sconsiderato.
Iniziò a camminare all'indietro poiché non voleva distogliere lo sguardo dalla mano neanche per un singolo istante. Ma Ethan non aveva considerato un paio di elementi: stava ancora strisciando con i piedi, anziché alzarli, e il gradino del marciapiede era particolarmente alto in quel punto della strada... urtò con  il tallone e perse l'equilibrio. Il quartiere di periferia roteò di fronte a Ethan, mentre lui cadeva di schiena. Il ragazzino vide il verde dei giardini mescolarsi con il grigio del cielo.
Si schiantò al suolo ma schizzò subito in piedi, come una pallina di gomma.
Tornò a fissare il lampione. La mano era sparita.

Ethan rimase fermo per moltissimi secondi a contemplare il palo della luce, terrorizzato all'idea di rivedere la mano spuntar fuori.
Si alzò di nuovo il vento. Era fresco e produceva un cupo suono.
Il ragazzino era incapace di pensare. La sua testa era completamente vuota.
-Hai visto?! Era solo un'allucinazione!- Disse infine la vocina nella sua testa, dimenticando la reazione della vecchia Kasparg e del suo gatto nero.
Ethan stirò un sorrido dettato dal nervosismo, si sistemò lo zaino sulle spalle e si voltò per riprendere il suo cammino verso casa.
La mano era al suo fianco.
Ethan la vide con la coda dell'occhio e si paralizzò per il terrore.
Era spuntata da dentro una cassetta delle lettere. Una di quelle casette metalliche e blu che si trovano di tanto in tanto ai lati delle strade.
Con il dito indice, la mano aveva tirato all'insù lo sportellino metallico della cassetta... poi si era sporta verso l'esterno.
Ethan si trovava a pochi centimetri dalla mano. Tremava e sudava.
Riluttante, si voltò appena un po' verso la cassetta delle lettere... e gli parve di vedere qualcosa oltre la mano, nel buio di quella cassetta.
Forse non vide nulla o vide qualcosa di così assurdo che la sua mente si rifiutò di conservarla nella memoria del ragazzino.
Sta di fatto, che qualunque cosa fosse aveva sconvolto Ethan... che si era messo a correre.

Ethan fuggì con tutte le sue forze, ringraziando il cielo che quel giorno era un mercoledì e che il suo zaino era leggero. Se fosse stato più lucido avrebbe di sicuro gettato via la sua borsa, si sarebbe messo a urlare o avrebbe tentato di infilarsi in una delle case di quel quartiere.
Ma Ethan era un ragazzino a un passo dall'impazzire dalla paura.
Sentiva i muscoli della sua schiena irrigidirsi, i suoi polmoni andare a fuoco e le sue gambe protestare per la fatica.
Alle sue spalle, qualcosa lo stava inseguendo. Qualcosa di crudele, qualcosa che adorava la caccia.
Ethan vide un'ombra avvicinarsi da dietro, la sensazione che i suoi abiti venissero sfiorati da una presa... e un rumore, un rumore alle sue spalle simile a un respiro profondo e gutturale.
Era così concentrato sul quel suono che non udì il clacson di una Chevrolet alla sua destra.

Susan Doyle, che proprio quel giorno era in ritardo nel tornare a casa, stava guidando la sua Chevrolet nel quartiere di periferia.
Aveva percorso quelle strade un milione di volte e si trovava perfettamente a suo agio nel prendere le curve anche a velocità moderatamente alta.
Il cuore sembrò saltargli in gola quando vide un ragazzino tagliargli la strada all'ultimo momento. Susan Doyle agguantò il volante con entrambe le mane e, invece di frenare, sterzò verso sinistra... fu quel gesto a salvare la vita a Ethan.

Il ragazzino, non aveva udito il clacson dell'auto, bensì l'acuto e rabbioso stridio delle gomme che slittavano sull'asfalto.
Ethan sfruttò lo slancio della sua fuga dal mostro per staccare i piedi da terra e compiere un tuffo che l'avrebbe portato dall'altro lato della strada, evitando la Chevrolet che nel frattempo stava virando nella direzione opposta.
Ethan rotolò tre volte sull'asfalto prima di ritrovarsi disteso al suolo, sottosopra.
Il frastuono dell'auto aveva spinto l'intero vicinato a riversarsi per strada.
In un attimo, Ethan fu circondato da uomini e donne che lo riempivano di domande... ma Ethan incapace di ascoltarli. I suoi occhi fissavano le strade, i lampioni e le cassette delle lettere alla ricerca di una mano in un guanto bianco.

-.-.-

A Ethan non importava di esser stato quasi investito da un auto, non gli importava neanche della ramanzina dei suoi genitori e dell'inevitabile punizione che gli sarebbe giunta il giorno dopo.
Era fuggito! Era riuscito a fuggire dal mostro che lo stava inseguendo.

Quella notte Ethan non riusciva a dormire. Fissava il soffitto della sua camera rischiarato dalla luce lunare. Cercava di riordinare i ricordi di quella giornata ma questi erano troppo confusi nella sua mente... e più si sforzava e più sentiva la paura tornare a sconvolgergli il corpo.
-E se la mano rispunta fuori da qualche parte?- Urlò la sua coscienza mentre Ethan stava per addormentarsi. Alzò lo sguardo verso la finestra. Orrendi pensieri iniziarono ad accalcarsi nel suo cervello.
Deglutì e scese dal letto. In punta di piedi si avvicinò alla finestra e con riluttanza si mise a osservare l'esterno. Diversi lampioni illuminavano la strada attorno alla sua casa... nessuna mano sporgeva da dietro di loro.
Sollevato, ma pur sempre intimorito, Ethan tornò nel letto e si tirò su le coperte fin sotto il mento.
Chiuse gli occhi. Il suo più grande terrore era quello di vedere la mano che si sporgeva dalla finestra della sua stanza. Già si immaginava la scena: quella mano, nel suo guanto bianco, che bussava contro il vetro delle imposte per attirare la sua attenzione. Lui si sarebbe svegliato e la mano gli avrebbe fatto cenno di avvicinarsi a lei.
Ethan riaprì gli occhi: la mano non spuntava da dietro la finestra... ma dall'armadio vicino al suo letto.

   
 
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