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Autore: CaptainKonny    27/07/2021    0 recensioni
Una storia diversa dal solito. Tre angeli dovranno aiutare chi in difficoltà, ma per una volta non saranno soli. Solo che ancora non lo sanno. Un bambino con un passato difficile da superare ed una bambina con un futuro ancora più oscuro da affrontare. Questa storia è dedicata a tre angeli speciali.
Genere: Drammatico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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“Questa storia partecipa a “Componiamo una Canzone – Challenge settimanale, indetta dal gruppo facebook Il Giardino di Efp."

 

 

PROLOGO

-Alle porte del sogno-

 

 

 

Dimenticare

 

Rumore di vetro sul tavolo. Il fondo del bicchiere contro il bancone del bar. Che anche chiamarlo bar in realtà era un eufemismo. Più che altro si trattava di un locale di bassa categoria, l’ideale per chi alloggiava nel motel vicino. Per chi era di passaggio; poco importava si trattasse di un viaggiatore piuttosto che di un fuggitivo, lì a nessuno importava di nessuno.

E all’uomo ricurvo sull’ennesimo bicchiere di whisky in quel momento interessava fare solo una cosa: dimenticare. La vita non aveva più senso. Era inutile, vuota, crudele… quindi tanto valeva affogare la sua mente in quel liquido ambrato dall’aspetto invitante ma che gli faceva bruciare la gola. Lo faceva sentire vivo e vuoto allo stesso tempo.

 

-Un altro!-

 

Disse al barista con voce roca e impastata allo stesso modo, gli occhi lucidi a segnare quanto in realtà fosse già al di sopra della soglia di sicurezza. Un buon barista si sarebbe rifiutato di servire, avrebbe gentilmente chiamato un taxi e invitato il cliente a tornare a casa prima di scordare persino dove abitasse. Ma l’uomo dietro al bancone era un tipo grosso, dall’espressione arcigna e disinteressata, un grembiule lercio legato in vita con il quale asciugava i bicchieri appena lavati. No, a lui non poteva interessare di meno di quell’ometto sulle cui spalle sembrava pesare un macigno enorme. Per quello che lo riguardava, poteva fare un passo fuori dalla porta del suo locale e venire investito da un autobus che non avrebbe fatto alcuna differenza. L’importante era che prima avesse pagato. Quindi gli servì dell’altro whisky.

 

Ai bordi del cielo toccarti e volare

 

-Tess, cosa ci facciamo qui?-

 

Due donne se ne stavano in piedi ad alcuni metri di distanza dal bancone, quanto bastava per non essere d’intralcio a chi si muoveva tra i tavoli e la toilette. Non che la cosa fosse poi di così rilevante importanza visto che nessuno dei presenti poteva vederle. Una era alta e formosa, dalla carnagione scura e i capelli neri striati di grigio e bianco. Quella che aveva appena parlato invece era piccola e magra con lunghi capelli color mogano. Se la prima aveva un’aria sicura e decisa, la seconda invece sembrava persa in quel posto malfamato.

 

-Lo vedi quell’uomo dall’aria piuttosto seccata? Quello piccola è Maurice Thompson, il nostro incarico.-

 

Rispose l’amica con voce triste e rassegnata.

 

-Che cosa gli è capitato?-

 

-Fino all’altro ieri aveva una vita, per così dire, normale. Una casa, una famiglia, un lavoro, la salute… tutto nella norma. Ma poi ha dovuto guardare in faccia la realtà per quello che era veramente e non attraverso una maschera. Due giorni fa sua moglie è morta a causa di una malattia che da lungo tempo l’affliggeva.-

 

-Quindi in realtà sapeva che stava per morire?-

 

-Sì, ma vedi Monica, certe persone piuttosto che affrontare le cose preferiscono seppellire la testa sotto la sabbia e non vedere. Solo che poi, quando questo succede, tutto crolla e affrontare il tutto diventa molto più difficile.-

-Perciò adesso ha intenzione di affogare tutti i suoi problemi nell’alcool?-

 

Tess fece un breve sorrisetto ironico e dispregiativo.

 

-Magari fosse così semplice. Purtroppo temo che il bere sia la parte meno problematica. Da quando si è lasciato andare Maurice non ha perso solo la voglia di vivere e la fede, si è isolato e ha tirato fuori il lato più oscuro e violento di sé- si voltò verso Monica –E non solo con gli sconosciuti.-

 

Quelle ultime parole aveva turbato profondamente il giovane angelo.

 

-Si chiude!-

 

Annunciò il barista.

Con un verso pesante ma soddisfatto dalla bella bevuta, Maurice si mise il cappotto, si sistemò il borsalino in testa e uscì nella fredda notte invernale. Il whisky in circolo lo aveva reso di un non indifferente buon umore, si sentiva leggero, libero da ogni pensiero e preoccupazione; poteva quasi volare. I dei due angeli a debita distanza lo osservavano preoccupati. Loro sapevano che quello che l’uomo chiamava ‘volo’ in realtà non era che un salto… un salto in caduta libera.

 

 

Dimenticare

 

Erano le nove e mezza di sera quando il giovane Harry si coricò sotto le coperte. C’era buio ed era da solo in casa, ma lui  non aveva paura. Non più. Erano altre le cose che lo spaventavano, ma questa volta sarebbero state tenute fuori dalla sedia posizionata sotto la maniglia della porta; per quella sera era al sicuro. Dopo essersi rigirato un paio di volte, le mani sotto il mento, chiuse gli occhi e lasciò che Morfeo lo accogliesse tra le proprie braccia. Un profondo senso di pace lo pervase.

 

*

Si rese conto di essersi addormentato quando davanti a lui cominciò a fluttuare una bolla d’acqua. Allungò un braccio per prenderla, ma questa volò fuori dalla finestra e salì in alto. Si voltò a guardare la porta sbarrata, come ad accertarsi che avrebbe retto finchè non fosse tornato, poi si fiondò all’inseguimento della bolla su per la scala antincendio. Arrivato in cima la bolla se ne stava lì in mezzo, sospesa ad aspettarlo. Si avvicinò piano, quasi si trattasse di un gatto impaurito. Allungò una mano per toccarla ed in un battito di ciglia si ritrovò in tutt’altro luogo.

 

Era una stanza che non aveva mai visto prima: curata in ogni singolo dettaglio, dai colori tenui e freddi, i divani parevano caldi e soffici al punto giusto, mentre i quadri rendevano tutto molto accogliente. Si guardò intorno cercando di capire dove fosse, di ricordare se ci fosse mai stato, di vedere se ci fosse qualcun altro oltre a lui.

 

-E’ permesso?- chiese con voce incerta –C’è nessuno?-

 

Nessuno rispose. Entrò in un’altra stanza. Sul fondo di questa la portafinestra era aperta e una leggera brezza faceva muovere le tende bianche.

 

-C’è nessuno?- ripetè.

 

Avanzò ancora di un passo. Gli sembrò di scorgere una sagoma oltre il vetro, in piedi sul terrazzo, girata di spalle.

Ancora più vicino. Era una donna. Indossava un abito talmente candido da riflettere un tenue bagliore e aveva lunghi capelli castani che come il vestito ondeggiavano. Harry sentì il sangue concentrarsi sul suo viso, le orecchie ronzare e il cuore mancare un battito.

 

Era impossibile. Sapeva che lo era. Eppure…

 

-Mamma-

 

Lo disse talmente piano che si stupì quando lei si girò verso di lui con un bellissimo sorriso in volto; era persino più bella di come se la ricordava. Ora non aveva più alcun dubbio.

 

-Mamma-

 

Lei annuì. Con uno slancio si fiondò tra le sue braccia, circondandole con le proprie la vita, quasi a impedirle di andarsene via.

 

-Sei tu. Davvero. Sei qui-

 

Lei si inginocchiò alla sua altezza, accarezzandogli dolcemente il volto e i capelli come era solita fare quando era ancora a casa con lui e il papà. Lacrime di felicità rigavano le guance del bambino.

 

-Non andare più via. Ti prego. Portami con te. Non lasciarmi da solo-

 

Lei gli pose un palmo sul capo e se lo strinse al petto con più forza, al sicuro. Lì lui sarebbe potuto restare per sempre. Gli diede un bacio. Harry non ricordava quand’era stata l’ultima volta in cui ne aveva ricevuto uno. Così come non ricordava quel buon profumo di fiori che l’accompagnava ovunque andasse; perché era di questo che sapeva sua madre: di casa. E per un attimo, come d’incanto, tutti i problemi e le paure che di giorno in giorno lo facevano stare male, scomparvero. Dimenticati.

 

Oh, quanto avrebbe voluto dimenticarli per sempre. Che tutto quello fosse reale. Poter restare lì con lei e non dover tornare indietro. Ma come succede in tutti i sogni, prima o poi si sa, devono finire. D’istinto Harry alzò il viso e incontro il sorriso della mamma.

 

-Sei sempre bella, lo sai?-

 

Lei non rispose, ma gli parve di vedere i suoi occhi brillare. Avrebbe tanto voluto poter sentire i suono della sua voce e desiderò che accadesse; senza successo. Si sporse ancora più in alto, quanto bastava perché le sue labbra toccassero la guancia di lei… era così morbida e fresca.

*

 

Sebbene gli fosse sembrato di avere gli occhi aperti, il piccolo Harry dovette presto fare i conti con la realtà e aprire davvero le palpebre. Il morbido e il fresco provenivano da niente poco di meno che il suo cuscino. E a svegliarlo… dei forti colpi alla porta.

 

Se ne stette zitto e immobile, la sedia tremava sotto quei colpi che piano piano si facevano sempre più lenti. Sapeva che se non si fosse mosso tutto sarebbe finito presto.

 

-Maledetto ragazzino- bofonchiò una voce impastata –Per stasera ti è andata bene-

 

Harry aspettò che i passi si fossero allontanati a sufficienza prima di trarre un sospiro di sollievo. Per quella notte, l’alcool e la sedia sotto la maniglia lo avevano salvato. Si rigirò nel letto speranzoso di riprendere sonno, ma ancora più fiducioso di riprendere il sogno interrotto. Poteva permettersi ancora per un po’ di dimenticare e forse, se Dio avesse voluto, gli avrebbe permesso di restare con sua madre.

 

Alle porte del sogno baciarti e restare

 

 

 

 

 

 

 

  
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